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Io ho paura

Redazione Spazio70

Film del 1977 con Gian Maria Volonté. Regia di Damiano Damiani

Il brigadiere Graziano è di stanza a Roma durante gli anni di piombo. Ne ha viste di tutti i colori. E’ un veterano, una sorta di factotum della polizia. Meridionale, disilluso, cerca solo di fare il suo dovere e guadagnarsi la pagnotta in tempi difficili, ben sapendo che per tanti suoi colleghi c’è stata solo una corona di fiori e (forse) una targa ricordo. A seguito di un agguato ai danni di un magistrato, Graziano viene chiamato a intervenire assieme a un collega. I due intercettano subito i terroristi: tagliano loro la strada, mettono la macchina di traverso e si catapultano fuori dal mezzo armi in pugno. Dei passanti fanno però perdere ai poliziotti l’effetto sorpresa che avrebbe potuto favorirli: i terroristi riescono così a forzare il blocco grazie ai loro mitra, lasciando sul selciato, fortunatamente illesi perché nascosti dietro le auto in sosta, i due poliziotti. Intanto, presso la caserma di polizia, si svolge l’ennesima commemorazione di due agenti morti per mano terrorista. La tensione è alta e i poliziotti convocano una sorta di assemblea spontanea per capire cosa fare. Graziano non se ne cura: preferisce mettersi da parte e consumare il suo pasto. Interviene solo quando vede il maggiore che con «la sua aria da superuomo» si lancia in accuse irriverenti nei confronti dei giovani poliziotti mandati in prima linea a morire senza adeguata preparazione. Graziano viene preso da parte dal capitano (Bruno Corazzari) e invitato a calmarsi: gli viene infine affidata la scorta di un anziano magistrato fuori da qualsiasi inchiesta sul terrorismo.

UN UOMO DEI SERVIZI E UN TERRORISTA

Il giudice Cancedda (Erland Josephson) è un fedele cattolico, di idee tradizionaliste, esponente della vecchia guardia, con grande senso del dovere. Quando si verifica un omicidio al porto, il giudice è chiamato a occuparsi del caso. Immediatamente i sospetti convergono su un paio di tossici con frequentazioni politiche non meglio precisate. Cancedda li interroga e si convince della loro colpevolezza. Ascolta distrattamente anche un uomo, Lunardi (Claudio Zucchet), che dichiara di non essere mai stato lì tranne che per prendere la nave la sera prima. Graziano assiste alla scena e nota che Lunardi si comporta come un habitué della zona. Rientrati in auto, Cancedda e Graziano parlano dei due giovani arrestati: il giudice dice che molto probabilmente sarà costretto a condannarli, anche se la cosa gli dispiace. Graziano interviene esprimendo i suoi dubbi, soprattutto sul comportamento sospetto di Lunardi. L’intuizione di Graziano si rivela corretta e Lunardi viene arrestato.

Da quest’ultimo personaggio apparentemente minore si sviluppa la storia e iniziano realmente i guai per Cancedda e Graziano. I due vengono avvicinati dalla donna di Lunardi: vorrebbe rendere delle dichiarazioni scottanti sul caso del porto, ma intende farlo subito senza attendere ulteriori dilazioni. Il giudice la ascolta e viene messo al corrente di ciò che realmente c’è sotto: un traffico di armi a beneficio di una organizzazione terroristica operante in Italia. Un caso certamente pericoloso, tanto è vero che la prima reazione di Graziano è quella di tutelarsi chiamando i superiori per sapere come muoversi ed eventualmente essere esentato dal servizio. Cancedda, dal canto proprio, sembra essere eccitato da quello che ha scoperto e induce Graziano a mantenere il massimo riserbo perché non si fida né della polizia né dei carabinieri. Graziano, a malincuore, è costretto a seguire il giudice nelle sue indagini e per forza di inerzia finisce per parteciparvi piuttosto attivamente.

Durante un appostamento, i due notano e fotografano un terrorista latitante: lo seguono e scoprono che si incontra con un uomo misterioso nei pressi di Ostia. Graziano non conosce la persona in questione, ma si limita a fotografarla con un teleobiettivo. Quando svilupperà le foto in compagnia di Cancedda quest’ultimo riconoscerà il colonnello Ruiz (Raffaele Di Mario) dei servizi segreti. A questo punto il caso si fa davvero scottante: un terrorista latitante, sospettato di aver messo le bombe sui treni, che incontra un alto esponente dei Servizi. Graziano è sempre più scosso e chiede al magistrato di non menzionarlo nel rapporto che questi è tenuto a stendere sull’accaduto.

Quando Cancedda decide di andare dal comandante dei Servizi, suo antico conoscente, per fargli sapere che cosa succede nei suoi uffici, Graziano decide di non seguirlo (anche se poi starà dietro Cancedda in veste di «privato cittadino»). Il giudice resta tutta la notte presso l’abitazione del generale e ne esce solo al mattino, sconvolto. Quando Graziano ritorna da Cancedda il giorno dopo, lo trova nel suo studio intento a bruciare le foto che ritraggono l’uomo dei Servizi col terrorista. A questo punto gli chiede cosa abbia detto il generale, ma il magistrato si rifiuta di rispondere: Graziano ha però capito tutto, in particolare che il comandante dei Servizi sapeva benissimo che i suoi uomini erano in contatto con i dinamitardi dei treni. Graziano capisce anche che lui e Cancedda sono in grave pericolo, assieme ai coniugi Lunardi. Tutto appare ancora più chiaro quando l’uomo muore «suicidato» in carcere e la donna vola giù dal nono piano del suo appartamento. Cancedda fa fatica ad aprire gli occhi, pensa a un duplice suicidio, mentre Graziano è fermamente convinto che si sia messa in moto una macchina capace di stritolare tutti quelli che sanno, loro due compresi.

UN FILM «MINORE» DI VOLONTÉ DA NON SOTTOVALUTARE

A metà strada tra thriller politico e poliziesco puro, questo film di Damiano Damiani ha la capacità di entrare bene nel contesto degli anni di piombo senza compiere strumentalizzazioni politiche. Emerge, infatti, la repulsione per la violenza da qualsiasi parte provenga così come la ormai consolidata convinzione che lo Stato (o parte di esso) non sempre abbia lavorato per il mantenimento delle libertà costituzionali. «Io ho paura» non intende essere un film storico: non c’è infatti alcun lavoro documentaristico o revisionistico. La sceneggiatura prende piede e si sviluppa nel contesto di quegli anni fatti di stragi, di giudici e poliziotti assassinati e di trame rispetto alle quali i servizi di sicurezza spesso non hanno fatto mancare il proprio apporto. Gian Maria Volonté regala ancora una volta una interpretazione degna del suo nome: certo si tratta forse di un titolo «minore» nella sua filmografia, ma la sua capacità di dare spessore al ruolo resta notevole.

Lo spettatore si ricorda di un personaggio come quello del brigadiere Graziano, sempre in bilico tra l’umana paura e la voglia di tener fede al proprio ruolo. Un poliziotto vero, quello di Volontè, non stereotipato, capace di sostenere una dialettica continua col giudice Cancedda (quasi votato al martirio e mosso da una incrollabile fede in Dio e nella Giustizia). Le figure di Graziano e Cancedda sono tutt’altro che improbabili e anzi pienamente riscontrabili nel contesto di persone che garantiscono a prezzo di grandi sacrifici personali la sicurezza collettiva.

Nel film ci sono almeno un paio di scene cult capaci di essere perfettamente attinenti col periodo storico rappresentato, facendo intuire i cambiamenti in corso anche dal punto di vista sociologico. I ruoli di contorno sono azzeccati, in particolare quelli del colonnello Ruiz e della donna di Graziano (Angelica Ippolito). Il film è musicato da Riz Ortolani: melodie minimalistiche capaci di sposarsi egregiamente con le varie, spesso drammatiche, scene.