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Non contate su di noi, di Sergio Nuti (1978)

Redazione Spazio70

Il regista non evita «buchi» e «pere» in primo piano e nel rinunciare a risvolti romanzeschi propone una realtà estremamente cruda

Diciotto anni prima di «Trainspotting», cinque prima di «Amore Tossico» e tre prima di «Noi i ragazzi dello zoo di Berlino». Il primo e unico lungometraggio del montatore Sergio Nuti rappresenta una storica «full immersion» cinematografica nel tormentoso universo dei tossicodipendenti. Siamo nella Roma «caldissima» del 1977. Mentre la capitale è alle prese con un’ondata burrascosa di violenza, lungo la città si moltiplicano i segnali di un nuovo terrificante flagello. L’eroina, che ha già fatto il suo esordio da alcuni anni, inizia a diventare una presenza ossessiva, invasiva, sempre più drammatica e opprimente. Cabine telefoniche, giardinetti, stazioni: le siringhe usate si moltiplicano ad ogni angolo di strada. È nel bel mezzo di questa realtà che il trentenne Nuti, studente romano di filosofia, dà inizio alle riprese del suo esordio alla regia.

UN FILM SFORTUNATO

La storia, interpretata da attori non professionisti, si svolge nello squallore della grigia periferia cittadina. Maria, giovane tossicomane appena uscita dal carcere di Rebibbia, si imbatte casualmente in Flauto. I due diventano amanti e lei introduce il ragazzo nel suo ambiente offrendogli per la prima volta l’eroina. Da quel momento in poi l’ansia di «procurare la roba» diventa l’autentico motore della vicenda, la spinta principale che anima una comitiva di giovani eroinomani a poco a poco sempre più ridotti a mucchio di corpi vuoti e rassegnati, dai quali però, di tanto in tanto, riesce ancora a scaturire qualche flebile traccia di sentimento.

Il regista non evita «buchi» e «pere» in primo piano e nel rinunciare a risvolti romanzeschi propone una realtà monotona, cruda, che non mette a proprio agio lo spettatore, ponendolo al cospetto di una quotidianità alienante ma senza dubbio lontana da facili tentativi di autocommiserazione.

Un film sfortunato, povero di mezzi e non certo privo di difetti ma anche sincero e spontaneo nell’audace tentativo di documentare il dramma di una generazione. Anticipatore di pellicole «cult», è stato immeritatamente scaraventato in un oblio durato quarant’anni. Uscito nelle sale cinematografiche nel 1978 ha riscontrato scarsissimo successo al botteghino (complice anche la distribuzione inadeguata) e dopo essere stato marchiato per decenni come «film introvabile» è divenuto disponibile in DVD e Blu Ray nel 2019.

La pellicola si avvale di un’efficace colonna sonora firmata Enzo De Luca, Massimo Altomare e Maurizio Rota. Quest’ultimo, in qualità di attore, veste i panni di Robby, mentre il regista interpreta Flauto e Francesca Ferrari recita nel ruolo di Maria.