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Mundial ’78. Il gran rifiuto di Cruyff non c’entra col regime dei militari

Redazione Spazio70

L’unico calciatore che affermò espressamente di non voler giocare il Mondiale argentino fu il tedesco Paul Breitner

Johan Cruyff (Amsterdam, 25 aprile 1947 – Barcellona, 24 marzo 2016), calciatore e allenatore olandese, fautore del cosiddetto «calcio totale» . Di ruolo indefinito, è considerato il più grande calciatore europeo di tutti i tempi. Caratterizzato da struttura fisica longilinea (180 cm per 70 kg) era in possesso di una eccellente tecnica individuale, grande visione di gioco, scatto fulmineo e notevole progressione. Capace di muoversi su tutto il fronte d’attacco, era dotato di una forte personalità e di una innata vena polemica. Tre volte pallone d’oro, gli vengono attribuite più di 400 reti in carriera. Giocatore decisivo in tutti i club in cui ha militato, ha impresso un’orma anche nella storia della nazionale olandese di cui è stato capitano per buona parte degli anni Settanta.

IL «PROFETA DEL GOL»

Il giornalista italiano Sandro Ciotti gli dedicherà un film-documentario intitolato «Il profeta del gol» nel quale, accanto all’uomo Cruyff, vengono esposte molte idee del campione olandese su calcio e metodologie di allenamento.

Finalista con l’Olanda nella sfortunata edizione del Mondiale 1974 si è a lungo discusso sul suo rifiuto di partecipare all’edizione di quattro anni dopo in Argentina. Per molto tempo è stata diffusa una spiegazione di tipo «agiografico» secondo la quale il capitano «orange» si sarebbe rifiutato di disputare il Mundial 78 come forma di protesta verso la dittatura militare argentina rappresentata dal generale Jorge Videla. Questa interpretazione degli eventi, la più favorevole a Cruyff, ha trovato larga condivisione in tutto il mondo nei giorni immediatamente successivi alla morte dell’ex campione olandese (marzo 2016). In realtà è più probabile che il rifiuto di Cruyff sia stato motivato da problemi personali. Nel 2008 l’ex campione rilascia una intervista a una emittente radiofonica di Barcellona«Catalunya Radio», nella quale dichiara testualmente: «Forse non sapete che io ebbi problemi verso la fine della mia carriera qui. Qualcuno mi puntò un fucile alla testa:  legò me e mia moglie, davanti ai nostri tre bambini, nella nostra casa di Barcellona. I miei figli andavano a scuola accompagnati dalla polizia.  Poliziotti dormirono nella nostra casa per tre o quattro mesi. Io andavo alle partite con le guardie del corpo. Queste cose cambiano il tuo punto di vista su molte cose. Ci sono momenti in cui altri valori prendono il sopravvento. Volevamo mettere fine a quella situazione, fare una vita diversa. Pensai fosse venuto il momento di lasciare il calcio e per questo decisi di non giocare ai mondiali in Argentina»

Pur non essendoci dubbi sulla valutazione profondamente negativa data da Cruyff al regime militare argentino, le ragioni di tipo personale furono probabilmente più importanti delle considerazioni di carattere politico.

DEI CASI FORTEMENTE RIDIMENSIONATI

Paul Breitner

Presso i super professionisti del calcio il problema della situazione politica argentina durante il Mundial 78 e il dilemma etico di giocare una competizione sportiva a pochi chilometri dai centri di tortura non ebbero un impatto rilevante. Non lo ebbero per i giocatori italiani e nemmeno per gli altri: la parola d’ordine era quella di affermare l’estraneità dello sport rispetto alla politica.

I casi di cui si discusse all’epoca sono stati fortemente ridimensionati. Jorge Carrascosa, capitano dell’Argentina, si ritirò dal calcio alla vigilia dei mondiali per motivi mai chiariti; il portiere svedese Ronnie Hellström di cui si parlò per una sua presunta partecipazione alla marcia di Plaza de Mayo, non ebbe alcun incontro con le donne della protesta [1], mentre l’unico calciatore che affermò espressamente di non voler giocare il Mondiale argentino fu il tedesco Paul Breitner.

Il 7 aprile del 1978 la rivista Stern pubblica un articolo di Breitner fortemente critico verso la dittatura argentina: il giocatore tedesco se la prende anche con i suoi compagni di squadra, definiti degli «eunuchi politici».

A parere di Breitner la Germania campione in carica avrebbe avuto una responsabilità speciale: quella di prendere una posizione chiara sulla questione del Mondiale organizzato dalla dittatura argentina. [2]

Breitner rifiutò di partecipare al Mundial 78 per una congerie di ragioni: non solo a causa del regime dei militari, ma anche per la scarsa motivazione, i diverbi con tecnico e compagni, il complesso passaggio generazionale che stava caratterizzando il calcio tedesco alla fine degli anni Settanta.

Alberto Tarantini, campione del Mondo 1978, decide di parlare dopo 27 anni di silenzio, in una intervista concessa al quotidiano argentino Página12La sua è una difesa a tutto tondo del risultato sportivo:  «I giocatori pensarono a giocare», dice, sostenendo anche di avere personalmente chiesto a Videla della sorte di tre amici desaparecidos.

Il giovane Tarantini era in un bar quando arrivò l’esercito e sequestrò varie persone, tra le quali i suoi amici che non vennero mai più trovati. [3]

Tarantini su Videla: «Videla me sacó cagando»  [4]

FONTI:

[1] Pablo Llonto, I mondiali della vergogna – I campionati di Argentina ’78 e la dittatura, Roma, Edizioni Alegre, 2010.

[2] El Pais, 7 aprile 1978

[3] [4] Pagina 12, 17 settembre 2005