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L’Operazione Condor

Redazione Spazio70

Nel 1992 il giudice paraguaiano José Augustín Fernández scopre, durante un’indagine in una stazione di polizia di Asunción, archivi dettagliati che descrivono la sorte di migliaia di desaparecidos

Durante gli anni Settanta, gli Stati Uniti organizzano una massiccia operazione di politica estera volta a mettere «sotto tutela» quegli Stati del Centro e Sud America nei quali viene ritenuta troppo forte l’influenza socialista. Il piano è noto col nome di «Operazione Condor». Il programma, attraverso la C.I.A., ovvero  il servizio segreto statunitense, punta a coinvolgere apparati militari, organizzazioni di estrema destra, partiti politici e movimenti di guerriglia anticomunisti sudamericani con l’obiettivo di rovesciare governi ritenuti non affini dal punto di vista ideologico anche se eletti democraticamente come quello di Salvador Allende in Cile.

L’impegno statunitense è giustificato da interessi economici e politici molto rilevanti: in gioco c’è il controllo politico e commerciale delle società latinoamericane e del locale mercato delle materie prime. In questo quadro, la C.I.A. fornisce assistenza attiva, finanziamenti e coperture ai servizi segreti sudamericani, nonché l’addestramento di quadri operativi negli Stati Uniti. L’Operazione Condor prevede inoltre il massiccio ricorso alla tortura e all’omicidio degli oppositori politici. Non sono stati rari i casi di ambasciatori, politici o dissidenti assassinati oltre i confini dell’America Latina. Nel 1992 il giudice paraguaiano José Augustín Fernández scopre, durante un’indagine in una stazione di polizia di Asunción, archivi dettagliati che descrivono la sorte di migliaia di desaparecidos: si tratta di persone rapite, torturate e fatte sparire tra gli anni Settanta e Ottanta da forze armate e servizi segreti di Cile, Argentina, Uruguay, Paraguay, Bolivia e Brasile. Gli archivi contano 50 mila persone assassinate, 30 mila scomparse. Incalcolabile il numero degli incarcerati. Tali documenti vengono ribattezzati «Archivi del terrore».

I CASI PRATS, LEIGHTON E LETELIER

Il 30 settembre 1974, il generale Carlos Prats e la moglie vengono assassinati dalla DINA cilena con un’autobomba a Buenos Aires, città nella quale vivono in esilio. Pinochet e la direzione della DINA, nella persona di Manuel Contreras, vengono riconosciuti colpevoli di questi omicidi per stessa ammissione di Contreras. L’agente cileno Enrique Arancibia Clavel viene incarcerato in Argentina per questo omicidio.

Bernardo Leighton, politico democristiano in esilio in Italia dopo il colpo di stato di Pinochet, viene gravemente ferito durante un attentato il 5 ottobre 1976 a Roma.

Orlando Letelier, ministro del governo di Salvador Allende destituito dal golpe, viene assassinato con un’autobomba il 21 settembre 1976 mentre si trova in esilio a Washington. Ancora una volta la responsabilità è attribuita alla DINA, in stretta collaborazione con la C.I.A. americana. In una lettera aperta apparsa sul Los Angeles Times il 17 dicembre 2004, il figlio di Orlando Letelier, Francisco, scrive che l’omicidio del padre è ascrivibile all’Operazione Condor definita come «una rete di intelligence utilizzata da sei dittatori sudamericani dell’epoca, per eliminare i dissidenti».