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Morire di overdose a 16 anni. La triste storia di Dario Rizzi

Redazione Spazio70

Secondo l'ultima Relazione sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia, realizzata dal Dipartimento politiche antidroga della Presidenza del Consiglio, nel 2018 i decessi direttamente attribuibili all’uso di sostanze stupefacenti sono stati 334, con un aumento di quasi il 12,8% rispetto all’anno precedente

«Vado in giro con gli amici, rientro per le dieci». Sono queste le ultime parole che il sedicenne Dario Rizzi ha rivolto al padre, poco prima di lasciare la propria abitazione di via Armellini, nel quartiere Affori di Milano. È la sera del 29 dicembre 1979, fa un freddo cane. Il signor Riccardo, gioielliere di 47 anni, è in forte apprensione per il ritardo del figlio. Manca poco alla mezzanotte e il ragazzo non ha ancora fatto ritorno a casa. Non è da lui. Con il trascorrere del tempo l’attesa si fa insopportabile. L’uomo corre a sporgere denuncia alla polizia. «Rientra sempre a casa per le dieci — riferisce ad un agente — da un po’ di tempo non sta neppure tanto bene, sono molto preoccupato». Le ricerche partono immediatamente ma risultano vane: di Dario nessuna traccia fino al mattino seguente.

«ABBIAMO FATTO IL POSSIBILE ED ERA ANCHE RIUSCITO A SMETTERE»

Sono le ore 9:00 dell’ultima domenica dicembre. Al centralino del «113» giunge una telefonata: «C’è un ragazzo morto, riverso su una panchina, si trova ai giardinetti della chiesa di San Nicola, in via Livigno». Accorsi sul posto, gli agenti non possono che constatare ciò che temevano: si tratta del ragazzo la cui scomparsa era stata denunciata in nottata. Il giovane indossa un giubbotto di velluto marrone, un maglione grigio, una sciarpa e un paio di jeans chiari. Corrisponde tutto. Dario avrebbe compiuto diciassette anni a gennaio. Accanto a lui non vi sono siringhe né lacci emostatici, tuttavia, i medici legali non hanno dubbi. Come risulterà dai successivi esami, Dario è stato ucciso da una dose letale di eroina iniettata intorno alla mezzanotte. A confermarlo sarà anche un amico del giovane, anch’egli tossicodipendente:

«L’ho visto mentre si iniettava la roba vicino alla parrocchia — riferirà agli inquirenti — ma stava bene, non avrei mai immaginato che stesse per morire. Dopo aver gettato via la siringa si è incamminato verso i giardinetti». Luogo isolato e talvolta privo di controlli, il parco di via Livigno è spesso ritrovo di tossicodipendenti e spacciatori.

Affranto per la terribile tragedia, il signor Riccardo non appare particolarmente sorpreso quando gli agenti gli rivelano la causa della morte del figlio. «Abbiamo fatto il possibile ed era anche riuscito a smettere» afferma. La brutta scoperta dei genitori risale alla primavera: una boccetta di amfetamine nascosta sotto al letto e poi il ritrovamento della lettera di un amico con chiari riferimenti alla droga. Da quel momento il ragazzo è stato seguito da medici e specialisti ed era riuscito ad allontanare ogni tipo di intossicante fino alla fine dell’estate. In autunno la ricaduta, in inverno la dose mortale.

Gli anni Settanta volgono al termine. Secondo i dati ufficiali pubblicati l’indomani dal Corriere della sera, con la morte di Dario Rizzi sale a 127 il numero dei morti per droga in Italia nel 1979. Nel 1980 saranno 206, un numero impressionante, ma destinato a salire drasticamente, di anno in anno, raggiungendo l’apice nel 1996 con oltre 1500 decessi in un solo anno: una triste vetta per ora mai più raggiunta nel nostro Paese, anche se la piaga è ben lontana dall’essere debellata.

Dalla Relazione annuale sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia anno 2019, realizzata dal Dipartimento politiche antidroga della Presidenza del Consiglio:

«Nel 2018 i decessi direttamente attribuibili all’uso di sostanze stupefacenti sono stati 334, con un aumento di quasi il 12,8% rispetto all’anno precedente. Il 46% dei decessi è attribuibile al consumo di eroina ed il 19% alla cocaina. Il tasso di decessi direttamente correlati al consumo di queste sostanze risulta in sensibile aumento dal 2016».