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Qui potrai trovare una vasta rassegna di materiali aventi ad oggetto uno dei periodi più interessanti della recente storia repubblicana, quello compreso tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso.
Il sito comprende sei aree tematiche e ben ventidue sottocategorie con centinaia di pezzi su anni di piombo, strategia della tensione, vicende e personaggi più o meno misconosciuti di un’epoca soltanto apparentemente lontana. Per rinfrescare la memoria di chi c’era e far capire a chi era troppo giovane o non era ancora nato.
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Detenuto in attesa di giudizio

Redazione Spazio70

Film con Alberto Sordi del 1971. Regia di Nanni Loy

Il geometra Di Noi (Alberto Sordi) vive e lavora in Svezia con la bella moglie indigena e i due bambini. Gli affari vanno a gonfie vele e la società per la quale lavora ha appena avuto un importante appalto dalle autorità del luogo. Di Noi decide di concedersi una breve vacanza prima dell’effettivo inizio dei lavori, ripromettendosi di tornare in Svezia per seguirne da vicino la realizzazione. Carica sulla sua Volvo moglie e figli, aggancia la roulotte, e si dirige carico di nostalgia verso il Bel Paese come tanti altri suoi connazionali. I Di Noi scendono verso il Sud cantando e scherzando, senza presagire alcunché su ciò che sarebbe successo di lì a poco. Alla frontiera del Brennero l’allegra famiglia viene come da procedura fermata per il controllo passaporti. Gli agenti chiedono gentilmente al geometra di scendere dall’auto, a causa di un piccolo disguido: «sarà una cosa da niente», dicono. Di Noi segue le guardie di frontiera in ufficio, ma dopo pochi secondi viene caricato su un’Alfa dei Carabinieri e portato in carcere. L’ingresso nel penitenziario è scioccante. Nessuno dice nulla a Di Noi sulle ragioni dell’arresto. L’ispezione corporale e lo scatto delle foto segnaletiche sono due momenti assolutamente drammatici. Il tutto avviene tra il totale disinteressamento di chi dovrebbe prendere in custodia il nuovo arrivato, un numero tra tanti, al quale viene anzi rinfacciato un atteggiamento da finto innocente. Di Noi viene trasferito da un carcere all’altro: su gomma, su rotaia, via mare. Visita quasi tutte le carceri d’Italia e viene esibito – in catene con gli altri detenuti – al qualunquismo e allo sguardo accusatorio dei normali e bravi cittadini. Intanto la moglie svedese (Elga Andersen) cerca di capire dove sia finito, scontrandosi con la diffidenza e l’inefficienza dell’apparato burocratico italiano. La donna riesce con pazienza a ricostruire le tappe della via crucis del marito, ma arriva sempre un attimo in ritardo: quando pensa di averlo finalmente trovato, scopre che è stato di nuovo trasferito. Quando Di Noi deve scegliersi un avvocato, la cosa appare difficile perché non ne conosce nessuno: le guardie carcerarie gli consiglieranno comunque qualche nome, con la speranza di ottenere una conseguente tangente.

UN TITOLO INCREDIBILMENTE ATTUALE

Durante una rivolta carceraria – dovuta alle difficili condizioni di detenzione e a un drammatico suicidio – Di Noi dà prova di tutto il suo senso di inadeguatezza. Gli altri detenuti escono dalle proprie celle, ma quando qualcuno apre la sua il geometra rimane dentro per paura di compromettere ulteriormente la propria situazione. A seguito della rivolta repressa in modo violento dalla polizia, Di Noi e gli altri vengono nuovamente trasferiti. Sarà in questo ultimo carcere che il geometra conoscerà gli abusi sessuali da parte di un gruppo di camorristi.

Drammatico film di Nanni Loy con un indimenticabile Alberto Sordi, Detenuto in attesa di giudizio è un titolo incredibilmente attuale, considerando che ancora ai giorni nostri il 34 per cento dei detenuti è per l’appunto in attesa di giudizio. La pellicola si avvale di un convincente Lino Banfi (qui nelle vesti di un ineffabile direttore carcerario) e di una pletora di visi e caratteristi ben conosciuti dai cultori del cinema di genere italiano degli anni Settanta (Nazzareno Natale e Tano Cimarosa su tutti).
Commovente la scena della messa nella quale i detenuti compiono un piccolo gesto di disobbedienza, recitando a voce alta una preghiera disattendendo quanto disposto dal regolamento penitenziario. Il film spiega mirabilmente le difficili condizioni della detenzione che portano il carcerato a uno stato di annichilimento vicino all’impazzimento: lo stesso personaggio interpretato da Sordi comincia a dare di matto e per questo gli viene imposta una camicia di forza.

Detenuto in attesa di giudizio ricorda allo spettatore quanto sia ancora sorprendentemente facile essere privati della libertà personale a causa di un errore giudiziario e come in ogni caso si possa finire nell’occhio della riprovazione popolare: nel film, i detenuti vengono insultati per strada da tanti bravi italiani durante gli spostamenti da un carcere all’altro.