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Moderazione salariale e mobilità. La «politica dei sacrifici» spiegata da Luciano Lama

Redazione Spazio70

Tra i temi toccati nell'intervista, la flessibilità nel mercato del lavoro, la disoccupazione giovanile, lo scontro generazionale tra più o meno garantiti, il tema della «crisi» e dei conseguenti «sacrifici» richiesti ai lavoratori

Gennaio 1978. Luciano Lama, segretario della Cgil, concede una intervista a Eugenio Scalfari, direttore del quotidiano romano «La Repubblica». L’intervista, uscita col titolo «I sacrifici che chiediamo agli operai», appare storicamente rilevante perché tocca punti – quali la flessibilità nel mercato del lavoro, la disoccupazione giovanile, lo scontro generazionale tra più o meno garantiti, il tema della «crisi» e dei conseguenti «sacrifici» richiesti ai lavoratori – che appaiono ancora oggi centrali nella società italiana. Proponiamo quindi integralmente il lungo colloquio tra Scalfari e Lama, numerando le domande per agevolare la lettura e un eventuale dibattito.

I) Scalfari: «E’ vero che, all’interno dello stato maggiore sindacale c’è stata battaglia nei giorni scorsi?»

Lama: «Sì, è vero»

II) Scalfari: «E lei, personalmente, ha avuto qualche difficoltà? Insomma, la sua posizione si è indebolita?»

Lama: «Difficoltà sì, come tutti quelli che sono impegnati in una azione che incide sulla realtà e sugli interessi concreti della gente. Posizione indebolita non direi, ma questo è un discorso che non riguarda solo me: riguarda il gruppo dirigente del movimento sindacale. Noi siamo arrivati all’appuntamento decisivo, il più importante dall’autunno del ’69 in poi. Ne siamo tutti consapevoli»

«SACRIFICI SOSTANZIALI, NON MARGINALI»

Lama lascia La Sapienza protetto dal servizio d’ordine della Cgil dopo le contestazioni del 17 febbraio 1977

III) Scalfari: «Qual è questo appuntamento?»

Lama: «Bisogna partire dalla riunione del comitato direttivo della Federazione unitaria, la scorsa settimana. Su quella riunione si sono dette alcune cose esatte,altre meno. La verità è che alcuni giorni prima nella segreteria della Federazione e poi nel direttivo abbiamo affrontato un tema di fondo: quello di preparare un vero e proprio programma, una linea di politica sindacale che affrontasse globalmente i problemi del paese in un momento che tutti giudichiamo di gravissima crisi. Certo, non è la prima volta che il sindacato formula proposte di politica economica importanti, ma non eravamo mai arrivati a redigere un programma vero e proprio che tra i suoi punti essenziali avesse anche quelli relativi al comportamento dei lavoratori. Era inevitabile che un tema così scottante suscitasse al nostro interno contrasti anche vivaci. Ma ciò che conta è che alla fine siamo approdati a una linea comune, unanime. Essa è contenuta nel documento che Carniti ha illustrato al comitato direttivo a nome di tutta la segreteria e che il comitato direttivo ha approvato»

IV) Scalfari: «Lei ha detto che il vostro programma contiene un punto relativo al comportamento dei lavoratori. Intende dire: i sacrifici che i lavoratori sono chiamati a fare?»

Lama: «Sì, si tratta proprio di questo: il sindacato propone ai lavoratori una politica di sacrifici. Sacrifici non marginali, ma sostanziali»

V) Scalfari: «E’ questo il punto che ha suscitato i contrasti?»

Lama: «Sì, era naturale che fosse così»

VI) Scalfari: «Ed è questo punto che viene ora affrontato nelle assemblee di base, nelle fabbriche?»

Lama: «Nelle assemblee di base viene discusso il programma nel suo insieme. Per dirla in breve esso riguarda l’impiego delle risorse nazionali, finalizzato a un obiettivo: quello di accrescere l’occupazione e diminuire la disoccupazione. Ovviamente le discussioni più accese nelle assemblee di base si sono svolte e si svolgeranno sulla questione dei sacrifici richiesti ai lavoratori. Il momento centrale del dibattito avverrà il 13 e 14 febbraio, quando si riunirà l’assemblea nazionale del sindacato. Sarà composta dai consigli generali delle tre confederazioni e da un numero di delegati base superiore ai componenti dei tre consigli generali. Sarà un momento determinante nella storia del sindacalismo italiano, perché i rappresentanti dei lavoratori saranno chiamati a decidere sotto gli occhi di tutta l’opinione pubblica quale ruolo la classe operaia intende svolgere per raddrizzare la barca Italia»

«IL MECCANISMO DELLA CASSA INTEGRAZIONE DOVRÀ ESSERE RIVISTO DA CIMA A FONDO»

VII) Scalfari: «Lei parla di sacrifici. Vuole spiegare in che cosa consistono?»

Lama: «Anzitutto voglio fare una premessa: quando il sindacato mette al primo punto del suo programma la disoccupazione vuole dire che si è reso conto che il problema di avere un milione e seicento mila disoccupati è ormai angoscioso, tragico e che a esso vanno sacrificati tutti gli altri obiettivi. Per esempio quello – peraltro pienamente legittimo per il movimento sindacale – di migliorare le condizioni degli operai occupati. Ebbene se vogliamo essere coerenti con l’obiettivo di far diminuire la disoccupazione, è chiaro che il miglioramento delle condizioni degli operai occupati deve passare in seconda linea»

VIII) Scalfari: «Che cosa significa in concreto?»

Lama: «Che la politica salariale nei prossimi anni dovrà essere molto contenuta, i miglioramenti che si potranno chiedere dovranno essere scaglionati nell’arco dei tre anni di durata dei contratti collettivi, l’intero meccanismo della cassa integrazione dovrà essere rivisto da cima a fondo. Noi non possiamo più obbligare le aziende a trattenere alle loro dipendenze un numero di lavoratori che esorbita le loro possibilità produttive, né possiamo continuare a pretendere che la cassa integrazione assista in via permanente i lavoratori eccedenti. Nel nostro documento si stabilisce che la cassa integrazione assista i lavoratori per un anno e non oltre, salvo casi eccezionalissimi che debbono essere decisi di volta in volta dalle commissioni regionali di collocamento (delle quali fanno parte oltre al sindacato anche i datori di lavoro, le regioni, i comuni capoluogo). Insomma: mobilità effettiva della manodopera e fine del sistema del lavoro assistito in permanenza»

«PUNTARE SULLA RIGIDITÀ DEL LAVORO? UN ERRORE »

IX) Scalfari: «E’ una svolta nell’atteggiamento del sindacato?»

Lama: «E’ una svolta di fondo. Dal 69 in poi il sindacato ha puntato le sue carte sulla rigidità della forza lavoro»

X) Scalfari: «Vi siete resi conto che era un errore?»

Lama: «Ci siamo resi conto che un sistema economico non sopporta variabili indipendenti. I capitalisti sostengono che il profitto è una variabile indipendente: i lavoratori e il loro sindacato quasi per ritorsione hanno sostenuto che il salario è una variabile indipendente e la forza lavoro è un’altra variabile indipendente. In parole semplici: si stabiliva un certo livello salariale e un certo livello dell’occupazione e poi si chiedeva che le altre grandezze economiche fossero fissate in modo da rendere possibile quei livelli di salario e di occupazione. Ebbene, dobbiamo essere intellettualmente onesti: è stata una sciocchezza perché in economia aperta le variabili sono tutte dipendenti l’una dall’altra»

XI) Scalfari: «Vuol dire che se il livello salariale è troppo elevato rispetto alla produttività, il livello di occupazione tenderà a scendere?»

Lama: «E’ esattamente così. L’esperienza di questi anni ce l’ha confermato. Oppure l’occupazione non scenderà, ma la disoccupazione aumenterà perché le nuove leve giovani non troveranno sbocco»

«IMPORRE QUOTE ECCEDENTI DI MANODOPERA ALLE AZIENDE? UN SUICIDIO»

XII) Scalfari: «Parliamo ancora della mobilità. Molti affermano che questa parola serve a nascondere una realtà assai minacciosa: cioè i licenziamenti. Lei ritiene che siano molte le aziende che hanno manodopera in numero superiore alle necessità?»

Lama: «C’è un certo numero di aziende che ha un carico di dipendenti eccessivo. Non si tratta di cifre terribili. Ma neppure esigue. Siamo nell’ordine di parecchie decine di migliaia di lavoratori. Ciò crea problemi umani e sociali molto gravi perché in Italia lo sviluppo economico è bloccato e i lavoratori che perdono il posto hanno il fondato timore di non ritrovarne più un altro. E poi si tratta quasi sempre di grandi aziende, i cui stabilimenti sono situati in centri urbani importanti: ciò accresce il disagio sociale e politico di queste operazioni. Noi siamo tuttavia convinti che imporre alle aziende quote di manodopera eccedenti sia una politica suicida. L’economia italiana sta piegandosi sulle ginocchia anche a causa di questa politica. Perciò sebbene nessuno quanto noi si renda conto della difficoltà del problema, riteniamo che le aziende quando sia accertato il loro stato di crisi, abbiano diritto di licenziare»

XIII) Scalfari: «Per di più proponete che la cassa integrazione non assista i lavoratori per più di un anno. Perché?»

Lama: «Perché non vogliamo trasformare il lavoro produttivo in assistenza. E poi capita spesso che i lavoratori in cassa integrazione trovino un altro lavoro, un lavoro in nero, e contemporaneamente beneficino del salario corrisposto dalla cassa. Questi fenomeni, specialmente al Nord, sono abbastanza diffusi. E debbono assolutamente cessare. Naturalmente non abbandoniamo i licenziati al loro destino. La nostra proposta è che i licenziati siano iscritti in speciali liste di collocamento e abbiano priorità assoluta per il reimpiego. In città come Torino, Milano, Bologna, dove il “turnover” è elevato, il reimpiego dei licenziati non dovrebbe presentare insormontabili difficoltà. Naturalmente occorre che gli uffici di collocamento diventino una istituzione completamente diversa da ciò che sono ora: siano l’organo che gestisce in entrata e in uscita il mercato del lavoro»

XIV) Scalfari: «E l’agenzia del lavoro di cui si parla?»

Lama: «Il nome ha poca importanza. Sì, più o meno è il progetto della Agenzia del lavoro»

«I LAVORATORI LICENZIATI? DEBBONO AVERE PRECEDENZA ASSOLUTA. ANCHE RISPETTO AI GIOVANI»

XV) Scalfari: «Non pensa però che dare priorità assoluta di reimpiego ai lavoratori licenziati sia un’iniquità assoluta a danno dei giovani in cerca di primo impiego? Non si perpetua in questo modo quel contrasto tra società – quella degli occupati e quella dei non occupati – che è all’origine di molti dei nostri squilibri attuali?»

Lama: «L’osservazione è esatta: dal punto di vista di una astratta giustizia, non ci dovrebbe essere priorità. Ma dal punto di vista concreto, il salto che facciamo nel riammettere il principio che si possa licenziare la manodopera eccedente e che la cassa integrazione operi per periodi limitati è già enorme. Credo che ci sia un interesse generale a non rendere drammatiche, esplosive, certe situazioni sociali. Almeno fino a quando il meccanismo di sviluppo non si sarà rimesso in moto, noi dobbiamo tutelare il lavoratori licenziati con priorità sugli altri. Ripeto: è una ingiustizia, ma in concreto sarebbe follia non commetterla. Alla base di tutto c’è il problema dello sviluppo: se l’economia ristagna non c’è ufficio di collocamento o Agenzia del lavoro che possa risolvere la questione»

XVI) Scalfari: «Lei ritiene che accorciare l’orario di lavoro potrebbe essere la soluzione?»

Lama: «Può contribuire, certo. Ma teniamo presente che noi siamo il paese dove l’orario di lavoro effettivo è uno dei più bassi tra i paesi industriali evoluti. Lavoriamo mediamente 40 ore settimanali con un numero di festività più alto che altrove. La tendenza di tutti i paesi capitalistici è di accorciare l’orario, ma bisogna che gli altri paesi si allineino con noi prima che noi si possa muovere un altro passo in quella direzione. Ripeto: il problema si risolve soltanto con una ripresa dello sviluppo»

XVII) Scalfari: «Quindi dell’accumulazione del capitale?»

Lama: «Sì, dell’accumulazione del capitale opportunamente programmata dallo Stato e indirizzata al fine di accrescere il più possibile l’occupazione. Questa è la nostra linea»

«SENZA UN’ALTA COSCIENZA DI CLASSE, QUESTI DISCORSI SAREBBERO IMPOSSIBILI»

XVIII) Scalfari: «Lei ha detto all’inizio che c’è stata battaglia al vostro interno per definire questa linea e che non mancheranno i contrasti con la base. Dunque state affrontando ostacoli grossi»

Lama: «Sì, è vero. Quando si deve rinunciare al proprio particulare in vista di obiettivi nobili, ma che in concreto non danno benefici a chi è chiamato a sopportare sacrifici, ci vuole una dose molto elevata di coscienza politica e di classe. Si è parlato molto da parte della borghesia italiana del guaio che in Italia ci sia un sindacato di classe. Ebbene: se non ci fosse un’alta coscienza di classe, discorsi come questi sarebbero impossibili»

XIX) Scalfari: «Lei pensa che la accettazione della linea sindacale che state proponendo sia legata da parte della classe operaia a una determinata formula politica?»

Lama: «Certamente la proposta di un governo socialmente e politicamente rappresentativo faciliterebbe l’approvazione della nostra linea. Le ragioni sono evidenti. Ma la nostra decisione prescinde completamente dal tipo di formula di governo che finirà per essere adottata. La Federazione sindacale ha preso le sue decisioni al buio rispetto alle soluzioni politiche ed è impegnata a portarle avanti quale che si lo sbocco politico della crisi»

XX) Scalfari: «Vuole dire che le soluzioni politiche le sono indifferenti?»

Lama: «Niente affatto, ma vuol dire che ci sono obbiettivi ancora più importanti che superano la fedeltà di partito. L’obiettivo di dar lavoro ai giovani è di immensa portata. Una società che lascia i giovani senza sbocco, è condannata. Debbo dire che la disoccupazione giovanile c’è ormai in tutti i paesi a capitalismo avanzato. Non è un fatto soltanto italiano. Ma da noi si manifesta con una intensità maggiore che altrove»

«IL CAPITALISMO? MOSTRA SEGNI DI DECLINO, MA PUÒ GARANTIRE ANCORA FASI DI SVILUPPO»

XXI) Scalfari: «Se il problema è di tutti i paesi capitalisti, vorrebbe dire che il capitalismo non è più in grado di risolvere il problema degli sbocchi. Allora come si concilia questa decadenza del capitalismo con l’ipotesi di una ripresa dello sviluppo economico in Italia, senza la quale lei non vede soluzioni ai nostri malanni? Ha capito la domanda?»

Lama: «Ho capito benissimo. Effettivamente il capitalismo mostra segni di declino. Ma questi sono problemi di tendenza a lungo termine, sui quali non siamo chiamati a discutere per lo meno in questa sede. Io sono convinto che il capitalismo sia in fase declinante. Ma ciò non significa affatto che nel medio periodo non possa ancora sostenere intense fasi di sviluppo. L’Italia ha avuto una intensa fase di sviluppo per tutto il periodo 1950-63. A mio avviso può averne un’altra. Ripeto: è proprio per collaborare a questo obiettivo e utilizzarlo per riassorbire la disoccupazione che noi chiamiamo la classe operaia a un programma di sacrifici. Naturalmente tutte le categorie e tutti i gruppi sociali devono fare altrettanto»

XXII) Scalfari: «Ciò vuole dire che il sindacato propone un grande programma di solidarietà nazionale?»

Lama: «E’ esattamente questo quello che proponiamo»

XXIII) Scalfari: «E’ vero che il governo Andreotti lo avete fatto cadere voi o per essere più precisi i metalmeccanici con la manifestazione del 2 dicembre a Roma e con la minaccia dello sciopero nazionale?»

Lama: «La pressione del movimento sindacale ha certo avuto un peso. Per esempio, alcuni partiti più legati alla classe operaia hanno avvertito la pressione e hanno accelerato i tempi del chiarimento. I partiti non organizzano anime morte, ma uomini vivi. Niente di strano che alcuni di essi sentano in maniera speciale i loro rapporti coi lavoratori e altri i loro rapporti coi proprietari di case. I partiti rappresentano ceti sociali»

XXIV) Scalfari: «Lei pensa che la battaglia che avete intrapreso sarà vincente dentro la classe operaia?»

Lama: «Sì, ho fiducia che questo avvenga. Il gruppo dirigente della Federazione è compatto e leale. Tutti stanno facendo la propria parte. Occorre che la classe operaia si dia carico del problema nazionale: è fondamentale. Personalmente ho legato ormai il mio ruolo di dirigente sindacale a questo obiettivo. Se l’obiettivo non dovesse passare, ne trarrò anche personalmente le conclusioni. Ma questo sarebbe il meno. Se non dovesse passare, vorrebbe dire che nella classe operaia avrebbero vinto gli egoismi di settore. Se ciò avvenisse non ci sarebbe più speranza per questo paese. Ma io non credo che avverrà»

Dopo la pubblicazione dell’intervista arriva la «precisazione» di Lama: «Caro Scalfari, il servizio pubblicato sul tuo giornale questa mattina concernente la nostra lunga conversazione di ieri corrisponde alle opinioni che ho espresso sui problemi trattati. Solo su un punto mi corre l’obbligo di precisare. Laddove io ho parlato, e a lungo, di personale eccedente, esuberante in determinate imprese, personale che non può indefinitamente né restare a carico delle imprese né essere assistito dalla cassa integrazione, tu hai adoperato, forse attribuendo alla questione un carattere formale, la parola “licenziamento”. In realtà non ho usato questa parola perché licenziare i lavoratori anche esuberanti significherebbe isolarli dagli altri, metterli nel rango dei disoccupati e impedire che essi godano di quella priorità nel reimpiego di cui tu stesso e giustamente parli nell’intervista. In sostanza, riconoscere come io riconosco che il personale esuberante non può essere accollato indefinitamente alle aziende non può significare far diventare gli esuberanti dei licenziati. A scongiurare questa prospettiva deve servire appunto la mobilità, con una gestione del mercato del lavoro che garantisca entro termini ravvicinati, in massima un anno, il reimpiego senza interruzione del rapporto di lavoro. Ciò implica non una diminuzione, ma un aumento del potere sindacale e un uso diverso di questo potere perché la situazione è cambiata rispetto al passato»