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La città sconvolta: caccia spietata ai rapitori

Redazione Spazio70

Film del 1975 di Fernando Di Leo, con Luc Merenda e James Mason

Luc Merenda è Mario Colella, un meccanico, ex pilota di moto, che sbarca onestamente il lunario: rimasto vedovo per la prematura scomparsa della moglie, vive col suo unico figlio in un rapporto di complicità e spensieratezza. L’idillio si rompe nel momento in cui Colella junior viene rapito, assieme a un compagno di scuola, unico figlio di un ricchissimo costruttore, da una banda di spietati delinquenti. A questo punto entra in scena l’onnipresente commissario, interpretato dal bravo Vittorio Caprioli. Quest’ultimo convoca entrambi i genitori: il ricco ingegner Filippini (James Mason) e il Colella-Merenda, che non riesce a capacitarsi sul perché gli abbiano sequestrato il figlio. Emerge una prima differenza tra i due: se il meccanico si dimostra propenso a vendere tutto per racimolare una cifra sufficiente a placare i rapitori, Filippini-Mason, pur dimostrandosi preoccupato per il destino del figlio, sembra voler trattare la spinosa questione come uno dei suoi tanti «affari», di fatto pensando di poter risolvere tutto al pari di una contrattazione tra domanda e offerta. Filippini promette, comunque, tutto il suo appoggio economico per liberare entrambi i ragazzini senza alcuna distinzione.

Il ricco Filippini commette però l’errore di tirare troppo per le lunghe e i rapitori pensano di mandare un eloquente segnale al ricco costruttore procedendo all’esecuzione del meno «prezioso» tra i due rapiti, cioè proprio il figlio di Colella. Il povero meccanico verrà chiamato in obitorio per il riconoscimento del cadavere e accuserà, tra le lacrime e non a torto, il ricco compagno di sventura per aver contrattato troppo giocando sulla pelle del figlio. Naturalmente Filippini, ormai spaventatissimo, riuscirà a riscattare, pagando, il proprio erede e uscirà di fatto dalla storia.

Da questo momento in poi Colella, da mite meccanico, si trasforma in un angelo della morte e si farà carico di tutti i ruoli possibili: poliziotto, giudice e carnefice.

UN «REVENGE» CON QUALCHE AMBIZIONE SOCIOLOGICA

«La città sconvolta» si pone nell’ambito della filmografia dileana in maniera equidistante tra i veri capolavori (Milano calibro 9 in primis) e le pellicole più insulse e mortificanti. Non parliamo dunque di un film imprescindibile, ma nemmeno di una truffa. Di Leo lavora su una sceneggiatura non sua apportando qua e là modifiche che permettono di far rivivere allo spettatore – per alcuni momenti – quello stato di tensione, di assoluta concentrazione sugli eventi narrati, tipica dei suoi film più riusciti.

Tipico film sul genere «revenge», con qualche ambizione sociologica, «La città sconvolta» si fa seguire tutto sommato bene. La pellicola non può possedere la forza narrativa né di Milano calibro 9 né di altri lavori dello stesso Fernando Di Leo come La mala ordina o Il boss. La pellicola in effetti, più che un frutto della genuina ispirazione del regista, sembra essere la conseguenza di una sorta di «obbligo contrattuale» per accordi firmati in precedenza.

A metà degli anni Settanta era molto sentito il problema dei sequestri di persona a scopo di estorsione e il film si pone evidentemente in questo scenario. Interessante il contrasto di psicologie tra il ricco costruttore e l’umile meccanico mentre meno convincente appare l’inverosimiglianza con la quale Merenda sfugge ai vari agguati tesi dalla banda di sequestratori. Anche l’ipotesi che una organizzazione dedita ai sequestri, una volta scoperta, permetta al padre di uno dei sequestrati di entrare nel giro e conoscere i capi, appare francamente incredibile. Luc Merenda appare però sufficientemente cattivo, determinato, e l’immagine del giustiziere vestito di nero che mi muove in moto è abbastanza suggestiva.
La musica, curata da Luis Bacalov, è una rielaborazione del celebre motivo di Milano calibro 9.