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Valerio Fioravanti: «L’amicizia con la malavita comune a me non piaceva»

Redazione Spazio70

Dalla deposizione del leader NAR, già prosciolto nel 1991

Perugia, 8 luglio 1997. Valerio Fioravanti risponde alle domande del pubblico ministero nel corso di un’udienza del processo per l’omicidio del giornalista MinoPecorelli (1979). Già prosciolto dalle accuse nel 1991, il leader dei NAR depone in qualità di testimone. 

Alessandro Alibrandi

Fioravanti, lei è stato arrestato, se non erro, nel 1980?

«Il 5 febbraio 1981».

— I suoi rapporti con Alessandro Alibrandi, che lei conosceva già in epoca precedente, si sono interrotti prima del suo arresto o in coincidenza con il suo arresto?

«Si sono interrotti prima i rapporti, chiamiamoli così, ‘operativi’. Sono rimasti i rapporti affettivi ma quando io sono stato arrestato erano molti mesi che non vedevo Alessandro. Forse un anno».

— Lei cosa sa, o cosa intende riferire sulla base del suo atteggiamento processuale, in merito ai rapporti tra Alibrandi e la malavita romana di questo periodo?

«Che non so niente di esatto. So quel poco che mi ha raccontato Cristiano, quello che ho appreso dalle carte processuali».

— Lei ha conosciuto o ha mai sentito parlare di Franco Giuseppucci?

«Ne ho sentito parlare ma non l’ho mai conosciuto».

— Lei sa se Alessandro Alibrandi conosceva Giuseppucci?

«Credo di sì ed è stato l’argomento su cui noi ci siamo poi separati. Adesso non saprei dire in che termini, con quanta intimità si conoscessero, si frequentassero, se facessero qualcosa insieme. Comunque questa amicizia con la malavita comune a me non piaceva. L’ho spiegato ad Alessandro più volte, in diverse maniere, fino a quando le nostre strade si sono poi separate».

— Ed è stato quindi anche lo stesso Alibrandi che le ha confermato di conoscerlo?

«Ne abbiamo fatto, in realtà, più una questione di principio che non di fatti specifici. Per me lui non doveva avvicinarsi a quel giro perché era troppo giovane, troppo piccolo, troppo ingenuo. Lui invece trovava che fosse gente simpatica e… abbiamo discusso di questo, non di fatti specifici».

«SCOMMESSE USURA? NON C’ENTRAVA PIÙ NIENTE CON QUELLO CHE FACEVAMO»

— Lei ci ha detto che qualcosa le ha riferito anche suo fratello Cristiano. Vogliamo soffermarci un po’ su questo?

«Certo».

— Vorrei chiederle più specificamente: le risulta che Cristiano abbia ricevuto da Alessandro Alibrandi una proposta di partecipare ad azioni criminose con la malavita?

«Non credo. Credo che quello di cui discutevano all’epoca era se investire parte del loro denaro nel giro delle scommesse clandestine legate non so se all’ippodromo o al cinodromo. Quello era l’argomento di discussione. Infatti chiedevano anche a me se volevo mettere parte dei miei soldi in queste attività e lì andammo a discutere, insomma, perché un’attività del genere ha poco a vedere con la politica. Investire i soldi, interessarsi del tasso d’interesse, dell’usura, delle scommesse clandestine non c’entra più niente con quello che stavamo facendo noi. Lì ci siamo persi di vista. Non credo che abbiano fatto reati insieme, i nostri proventi erano le rapine in banca. Insomma, ciò che facevamo noi era questo».

— Le vorrei ricordare un episodio: quando lei venne sottoposto al procedimento penale per l’omicidio Pecorelli, tra le altre fonti di prova c’era anche una dichiarazione di suo fratello Cristiano che era una dichiarazione de relato riguardante una frase, un discorso fatto proprio da Alessandro Alibrandi. Ecco, ricorda questo?

«Non ricordo la frase. Ricordo questo strano atteggiamento di Cristiano, però adesso non ricordo esattamente la frase».

— Ricorda che Alessandro Alibrandi, nel quadro di una proposta di partecipare ad azioni criminose che suo fratello rifiutava o quanto meno era restio ad accettare, disse che anche lei, Valerio Fioravanti, aveva partecipato ad alcune azioni tra le quali l’omicidio Pecorelli?

«Non mi ricordavo se era Cristiano o Walter Sordi. Comunque sì, questa frase l’ho sentita».

— Quindi ricorda se questo discorso venne fatto nell’ambito di una proposta di partecipare ad azioni criminose? Proposta rivolta a Cristiano.

«Ma credo che il riferimento fosse sempre quello di investire il denaro nell’usura, credo».

— Ricorda se queste dichiarazioni furono oggetto di un confronto e quindi furono ripetute davanti a lei, in una certa misura, da Cristiano?

«No, non lo ricordo».

«VOLEVO CAPIRE SE DIETRO DI NOI C’ERA QUALCUNO CHE CERCAVA DI GESTIRCI»

— Allora le ricordo il verbale di confronto del 4 aprile 1986 tra lei e suo fratello Cristiano:

“Fioravanti Cristiano:

Confermo le dichiarazioni rese in data 1 aprile 1986 delle quali è stata data lettura. Confermo in particolare che fu Alessandro Alibrandi a dirmi nell’estate del 1979, mentre tu ti trovavi detenuto per la pistola di Ponte Chiasso, che l’omicidio Pecorelli era stato commesso da te e da Massimo Carminati per un favore fatto a quelli della Magliana. Di tale fatto non ti chiesi mai conferma diretta perché non gli diedi importanza e comunque non era nostro costume in quanto tra di noi vi era la massima fiducia e quindi tutto ciò che facevamo non richiedeva spiegazioni”.

Lei risponde:

“Questa storia la sento per la prima volta e non riesco a darle un’interpretazione, escludo anche io che Alessandro possa aver millantato qualche cosa, sono portato quindi a ritenere che si sia trattato di un sistema per indurre prima Alessandro e poi te a ‘lavorare’ per altra gente approfittando del fatto che io fossi in prigione e quindi non immediatamente contattabile per una verifica diretta. Mi sembra un po’ lo stesso meccanismo di quando poi Alessandro venne portato con un trucco ad incontrare Delle Chiaie evitando che io ne venissi conoscenza”.

«Sì, questo è quello che io le stavo dicendo dall’inizio: che a me di tutto questo meccanismo non interessava tanto capire chi facesse la spia, chi non facesse la spia, cioè queste sono cose che francamente erano irrilevanti. Però volevo capire se dietro di noi c’era qualcuno che cercava di gestirci, che cercava di metterci l’uno contro l’altro o di farci dire determinate cose. Questo volevo sapere. Siccome Alessandro una cosa del genere non se la può essere inventata, o se l’è inventata Cristiano oppure qualcuno ha raccontato delle storie a questi ragazzi e siccome non era il primo caso, io stavo cercando di capire chi metteva in giro queste storie, per quale motivo, cosa volessero guadagnarci o cos’altro dovessero nascondere. Questa era l’unica cosa che mi interessava, francamente».