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Misteri e bugie imperfette sul mostro di Firenze

Paolo Cochi

Proponiamo una serie di articoli sulla vicenda del cosiddetto mostro di Firenze per provare a distinguere, grazie all'apporto documentale, ciò che è reale da ciò che si è stratificato nel tempo attraverso errori investigativi, giudiziari, dicerie popolari e forzature mediatiche

La vicenda giudiziaria del cosiddetto mostro di Firenze continua a far molto parlare: decenni d’indagini, una scia di sangue di almeno sedici vittime, tante morti collaterali, due discusse condanne definitive ai presunti complici di Pacciani (il «contadino dal cervello fino» che però è morto da innocente), i sardi finiti in carcere negli anni Ottanta liberati dal mostro stesso che tornava a colpire, le infruttuose ipotesi su un possibile secondo livello che hanno portato solo ad assoluzioni. Infine, addirittura l’ipotesi di collegamenti con la strategia della tensione degli anni Settanta.

L’obiettivo di questa serie di articoli è quello di stimolare nuove riflessioni riesaminando elementi mai sufficientemente approfonditi, in modo tale da giungere a una realistica ricostruzione dei fatti grazie all’ausilio di tutta la documentazione disponibile.

Partiamo dalla fine di questa intricata e controversa vicenda giudiziaria che vede soltanto alcune parziali condanne per gli ultimi quattro degli otto duplici omicidi, con sentenze che hanno generato tantissimi dubbi e incertezze.

Anche nell’ultima ordinanza di archiviazione – all’interno dell’ultimo filone di indagine – è lo stesso gip Angela Fantechi a scrivere nel novembre 2020: «La sentenza ha lasciato aperti degli interrogativi, sia in ordine agli episodi cui Lotti ha riferito solo de relato, sia all’esistenza di un mandante che avrebbe acquistato i poveri resti escissi dai corpi delle vittime, sia per l’impossibilità di ricollegare ai delitti più recenti l’episodio del 1968 (dove notoriamente era stata utilizzata la stessa arma) per il quale era stato condannato Mele, il marito di Barbara Locci, sia per i dubbi sull’attendibilità di Lotti. Al di là della sentenza passata in giudicato, quindi, molti dubbi sono rimasti».

In seguito vedremo su cosa si basano i dubbi e la poca attendibilità del reo confesso Giancarlo Lotti e del suo compare Fernando Pucci.

Nell’ordinanza del giudice Fantechi, si legge anche un altro interessante passaggio che riguarda, invece, eventuali indagini future : «Deve aggiungersi che l’archiviazione del procedimento non comporta preclusioni di nessun tipo, in qualunque momento nuove emergenze possono condurre ad una riapertura delle indagini»

IL CASO DE NUCCIO

Tornando all’attualità giudiziaria del caso, di recente abbiamo assistito, nella quasi totale assenza di comunicazione mediatica, a un singolare quanto significativo avvenimento che ha generato una bagarre, anche politica, arrivata sino al Senato della Repubblica e alla Camera.

Ben due interrogazioni parlamentari sono state presentate dal deputato Giachetti e dal senatore Rampi al ministro della Giustizia con l’obiettivo di accertare eventuali irregolarità anche attraverso ispezioni da parte del ministero.

 

Vediamo in dettaglio cosa è successo.

Giudiziariamente e formalmente il caso presenta tre duplici omicidi senza alcun colpevole, quelli che vanno dal 1974 al 1981 , nei quali non si è formato alcun giudicato. Pietro Pacciani è stato condannato in primo grado e assolto in appello; la sentenza è stata poi cassata per un vizio di forma e Pacciani è morto prima della celebrazione di un nuovo processo.

Tra questi duplici omicidi, senza giudizio, vi è quello del 6 giugno 1981 nel quale hanno perso la vita, a Scandicci, Carmela De Nuccio e Giovanni Foggi. L’avvocato Antonio Mazzeo, legale della sorella di Carmela De Nuccio, ha chiesto, nel dicembre 2020, l’accesso agli atti del caso e agli altri fascicoli a esso collegati (art. 116 CPP). Dopo un primo assenso alla disamina da parte del presidente della Corte d’assise e del pubblico ministero titolare dell’inchiesta, il legale si è visto revocare l’accesso agli atti da parte del sostituto procuratore Luca Turco. Perché?

Un avvocato difensore di una parte lesa ha il diritto di chiedere copia degli atti e di svolgere indagini difensive. L’articolo 116 del codice di procedura penale lo afferma chiaramente: «Chiunque ne abbia interesse».

Ma dopo un primo incontro in procura e dopo aver presentato ulteriori richieste di approfondimento e specifiche su fatti, persone e circostanze piuttosto significative, Mazzeo ha ricevuto non solo un diniego alla disamina degli ulteriori atti, ma anche una revoca del consenso originariamente concesso a norma del già citato art. 116 cpp che attribuisce il diritto al rilascio di copia di atti processuali. A tale proposito è importante ricordare anche l’art. 327 bis cpp – introdotto dalla L. 397/2000, c.d. giusto processo – che attribuisce il diritto di svolgere investigazioni al difensore di qualunque parte privata, compreso il difensore della persona offesa dal reato (diritto, peraltro, già espressamente riconosciuto dall’art. 38, comma 2 bis, delle disp. att. cpp).

Le motivazioni formali dell’inversione di marcia fatta dal magistrato Luca Turco e del diniego alla disamina degli atti, sono le seguenti: «Non riguardano il reato in esame, bensì altri fatti reato».

Non è dato sapere come si possano considerare «altri fatti reato» gli altri omicidi del cosiddetto mostro, visto che da sempre – a livello investigativo – sono stati trattati in un unico e solo procedimento giudiziario, considerando anche l’esistenza di un palese vincolo pertinenziale – l’arma usata – fino alle modalità di esecuzione e al movente di tutti gli omicidi.

Oltre a questa singolare interpretazione il provvedimento del pm revoca anche l’accesso al fascicolo relativo all’omicidio di Carmela De Nuccio. Perché?

Siamo dunque in presenza di un primo doppio assenso da parte del presidente della Corte d’assise e del pm Luca Turco e poi di una revoca a seguito di richieste più specifiche.

Ma quali sono le richieste di atti ulteriori fatte in procura?

Vediamo i punti più significativi delle richieste di interesse investigativo fatte dal legale Antonio Mazzeo:

Rilevamenti delle scene del crimine dei delitti dal 1974 al 1981.

Fascicolo di approfondimento giudiziario di un soggetto sospettato, nativo del Mugello, posto all’attenzione dal nucleo operativo dei carabinieri, interrogato, perquisito dopo il delitto di Vicchio e trovato in possesso di cartucce calibro 22 serie H. Indicato dagli stessi investigatori come probabile autore del furto di una pistola Beretta rubata nel 1965, mai ritrovata e possibile autori dei crimini. *

Fascicolo inerente l’episodio dell’autostop nel quale un individuo sembra aver anticipato, a una giovane autostoppista, la notizia della lettera con il feticcio spedita al magistrato Silvia Della Monica poi arrivata dopo il delitto di Scopeti.

– L’audio di una telefonata anonima, molto singolare, arrivata ai carabinieri la notte del delitto di Vicchio.

– Il fascicolo relativo a una videocassetta VHS anonima, con tanto di lettera di accompagno definita molto significativa dagli inquirenti dell’epoca (anno 1987)

– Fascicolo fotografico relativo alle diapositive scattate durante il viaggio dai turisti francesi uccisi nel settembre 1985 sempre sulla piazzola di Scopeti

Infine, a seguito di queste richieste di atti respinte, si revoca all’avvocato Mazzeo anche l’accesso agli atti del delitto di Carmela De Nuccio. Il provvedimento non potendo essere impugnato, né tantomeno appellato, rimane a completa e totale discrezione del magistrato titolare dell’inchiesta. 

INIZIA LA BAGARRE POLITICA

Proprio la non appellabilità giudiziaria del diniego di accesso agli atti, in un certo senso, costringe l’avv. Antonio Mazzeo – tramite l’iniziativa di Marco Beltrandi, già parlamentare e oggi componente della segreteria del partito radicale – a sollecitare interrogazioni parlamentari, sulla vicenda, al ministro della Giustizia Cartabia per chiedere che il dicastero di via Arenula assuma informazioni su tutta la vicenda a partire dall’esame, da parte della persona offesa dal reato, dei fascicoli delle indagini fino al fatto che venga garantito il diritto alle indagini difensive.

Il primo a depositare una interrogazione a risposta scritta alla Camera è stato l’onorevole Roberto Giachetti, storico esponente radicale e parlamentare ora nel gruppo di Italia Viva. La data è quella del 7 aprile 2021.

 

Il 22 giugno 2021 è il senatore piddino Roberto Rampi a presentare una analoga interrogazione al Senato. Rampi ha peraltro appena ottenuto con il Partito radicale un grande successo al Consiglio d’Europa, dove è stato approvato un suo rapporto di diciotto pagine di raccomandazioni ai governi affinché venga assicurato in ogni ambito il diritto alla conoscenza da parte dei cittadini. Questa presentazione della interrogazione a risposta scritta al Senato è stata particolarmente osteggiata: incredibilmente un testo identico a quello presentato alla Camera da Giachetti era stato dichiarato inammissibile dagli uffici del Senato ed è dovuta intervenire la presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati ad autorizzarne la presentazione.

Nel prossimo articolo illustreremo la risposta del ministro della Giustizia Cartabia.

NOTE E APPROFONDIMENTI

* Stranamente e incredibilmente, però, questa persona non fu neanche inserita nella lista della Sam – la cosiddetta Squadra anti mostro – che si occupò successivamente di approfondire tutti i sospetti.

Indagini sul Mostro di Firenze : Interrogazione parlamentare al Ministro della Giustizia

Mostro di Firenze. Negato accesso agli atti per indagini difensive