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Settantamila lire al mese. Inchiesta sulle Forze dell’ordine

Redazione Spazio70

Da: La Stampa, 11 ottobre 1970

«Settantamila lire al mese. È lo stipendio di un agente, uno di quegli uomini che con i carabinieri sono impegnati 24 ore su 24 per difendere la città dalla delinquenza. Tre problemi: aumentare il numero, rendere più elastico il regolamento, rivalutare i salari. Abbiamo analizzato la situazione delle forze dell’ordine a Torino: un panorama desolante, un agente ogni 4500 abitanti, pochi mezzi a disposizione, un’incredibile quantità di servizi da sbrigare. Poliziotti e carabinieri lavorano ogni giorno sottoponendosi a turni sfibranti. Vanno a pranzo all’ora di cena, dormono un paio d’ore per notte, sovente sono costretti anche a rinunciare alle ferie o a farle in periodi dell’anno poco invitanti. Quanto guadagnano questi uomini che a volte rischiano la vita per tutelare la sicurezza dei cittadini? Un agente riceve circa 70 mila lire al mese; 100 mila un giovane vicebrigadiere; 150 mila un maresciallo con 30 anni di servizio. Sono cifre che si commentano da sole. Ma non basta. I poliziotti sono inquadrati come i militari, soggetti ad una implacabile disciplina. Giorni fa un sottufficiale che aveva trascorso venti ore in servizio, di cui buona parte appostato all’angolo di una via per sorprendere un pregiudicato, rientra in caserma. È soddisfatto perché l’operazione ha avuto il risultato sperato. Lo attende un’amara sorpresa: il colonnello ispezionando le camerate ha constatato che il suo letto non è rifatto a regola d’arte e l’ha punito.

UN REGOLAMENTO ASSURDO E ANACRONISTICO

Le difficoltà di polizia e carabinieri in servizio a Torino nei primi anni Settanta. Il problema della prostituzione
Una Giulia Super 1600 (fonte: Poliziadistato.it)

Peggio ancora per i carabinieri. La bandoliera di traverso, un bottone sfilacciato, il cappello un tantino sulle ventitré e fioccano i rapporti, le consegne, le ammonizioni. Quante volte abbiamo dovuto scartare una fotografia di cronaca per non dare motivo di procedere contro un carabiniere? Sì, quel bravo carabiniere aveva bloccato l’auto dei banditi, aveva catturato un delinquente dopo una dura lotta, era in colpa: non si era preoccupato di assestare la bandoliera prima che il fotoreporter sparasse il flash. — Dovremmo essere detective, non soldati. Dovremmo avere maggior libertà di movimento, altrimenti come facciamo a svolgere le indagini? Queste le proteste degli agenti. Sono vincolati da un regolamento assurdo e anacronistico. Un vicebrigadiere durante un’inchiesta si reca più volte in un night. Il fatto viene segnalato ai superiori, il sottufficiale viene richiamato, deve spiegare, e non una volta sola, i motivi per cui è stato costretto ad andare nel locale notturno. Lavorare in simili condizioni fiacca lo spirito. Per questo e sempre più difficile trovare dei giovani disposti ad arruolarsi, mentre al contrario molti se ne vanno alla prima occasione favorevole. Aumentare il numero degli effettivi, rendere più elastico il regolamento, rivalutare i salari: sono tre problemi che attendono da tempo di essere risolti e che non possono più subire rinvii. Il lavoro del poliziotto e del carabiniere è oscuro, ingrato, spesso pericoloso. Poche soddisfazioni, molti sacrifici. Sono esposti alle critiche del cittadini, pronti a protestare al primo sbaglio. E non hanno un adeguato tornaconto né morale né finanziario. A Torino sono 450: devono garantire la sicurezza e l’ordine pubblico nella città e nella provincia Il loro lavoro li porta a contatto con le più dure realtà della vita. Ma a loro non è permesso soffrire, avere le stesse reazioni degli altri uomini. Perché sono poliziotti e carabinieri, persone che rischino la vita per 70 mila lire al mese.

VIA PIFFETTI: UNO DEI QUARTIERI GENERALI DELLA PROSTITUZIONE

Via Piffetti e le strade adiacenti: un tempo un quartiere quieto e riservato. Vecchi palazzi umbertini o neogotici, non belli ma decorosi, portoni tirati a lucido, silenzio. Lo abitavano e lo abitano i ceti della piccola e media borghesia subalpina. La sera, pochi lampioni si accendono nelle vie, che restano in penombra. Forse per questo, è diventato uno dei quartieri generali della prostituzione. Ecco che cosa accade, come è descritto in un esposto con 257 firme, inviato a La Stampa, al prefetto, al questore e al sindaco (ma perché in carta bollata da 600 lire? Nessuna legge prescrive formalità per rivolgersi a un giornale). Per tutta la notte gruppi di prostitute e squadre di sfruttatori; code di clienti degni di loro che formano fragorose colonne d’auto; gimcane, brusche frenate, stridere di freni; strade bloccate per contrattare, liti, schiamazzi. Un turpe spettacolo. Il comportamento delle prostitute configura spesso il reato di adescamento, clienti e protettori violano il codice penale e quello della strada.

“È impossibile per gli abitanti — dice l’esposto — riposare, impossibile alle donne uscire dopo le 21 senza essere molestate dai potenziali clienti e insultale dagli sfruttatori. Un senso generale di insicurezza pervade tutti i cittadini che, rincasando, si trovano a contatto con questa feccia”. Lo stesso, e peggio, accade in via Ormea, fra via Lombroso e corso Marconi: prostitute “che invitano il passante con parole e gesti sconci mentre molto spesso intervengono i protettori con insulti e fare minaccioso. La via è ostruita da auto parcheggiate in doppia fila, come scende la sera si assiste a turpi contrattazioni, battibecchi, denaro e pacchetti misteriosi che cambiano di mano”. Un altro lettore segnala che in questa strada perfino il comando dei vigili urbani è assediato dalle prostitute: “Perché — chiede — i vigili escono almeno dalla porta e non denunciano queste professioniste all’ufficio tasse?”. Ancora da via Berthollet ci scrive una madre:

“A pochi passi dall’oratorio salesiano san Luigi, davanti ad una drogheria stazionano sino a tarda ora parecchie prostitute molto giovani con abiti che non sono abiti, ma camicette che a mala pena coprono gli indumenti intimi”. Parole sguaiate, sordide contrattazioni, pose provocanti e oscene. “Abbiamo tutti ragazzi che vanno a scuola — prosegue la madre — e che vedono attraverso le finestre; non possiamo mettere la carta ai vetri come ai tempi degli oscuramenti”. Scene disgustose. “Chi dice che non adescano? — afferma la donna. — Bisogna vedere quando passano le macchine e non accennano a fermarsi. Le prostitute si fanno avanti, tendono le dita per indicare il prezzo, fanno altri gesti significativi. Guai se qualcuno si lamenta. Diventano aggressive, spalleggiate dagli sfruttatori. Disgustoso anche il comportamento dei clienti. “Assomigliano — scrive la nostra lettrice — a uomini che non hanno mai visto donne o che tornino dal Polo Nord dopo anni di permanenza”. Una gazzarra che continua sino alle 3 di notte. “E i cittadini sono costretti a subire”».