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«Lascio che provino, poi li rifornisco io». La cinica confessione di uno spacciatore (marzo 1978)

Redazione Spazio70

Intervista di Lello Gurrado ad uno spacciatore di Milano (Corriere d'informazione, 10 marzo 1978)

L’incontro con lo spacciatore, di cui ignoriamo le generalità, è stato favorito da una telefonata giunta in redazione, e si è svolto nelle vie del centro città. L’ho incontrato a un incrocio prestabilito, alle 8 di sera, quando era già buio. Lui è salito sul sedile posteriore della mia macchina. Aveva il volto coperto da una sciarpa ed era fuori dalla portata dello specchietto retrovisore. Il colloquio, durato circa venti minuti, si è svolto tra piazza Sant’Agostino, viale Papiniano, corso di Porta Vercelli, viale Venti Settembre, il Parco: con la macchina sempre in movimento. Perché lo spacciatore ha accettato di parlarci? Questo resta, anche per noi, un mistero. Non è stato per soldi (quello che avremmo potuto offrirgli lui lo guadagna, come vedremo, in un batter d’ali); non è stato per fare una denuncia contro qualcuno del “giro” (nel corso dell’intervista non affiora neppure un nome); non è stato per “discolpare la categoria” in questo periodo particolarmente attaccata dall’opinione pubblica. Perché allora? come mai lo spacciatore ci ha cercato? Provate a capirlo dopo aver letto l’intervista.

«QUANTO GUADAGNO? UN MILIONE AL GIORNO»

— Da quanto tempo fai lo spacciatore?

«Circa sette anni».

— Sei anche un tossicomane?

«Sì, mi “faccio” da dieci anni».

— Hai cominciato a spacciare per procurarti la droga?

«No, l’ho fatto soltanto per i soldi».

— Guadagni molto?

«Non mi lamento».

— Cosa vuol dire? Puoi farmi una cifra?

«Un milione al giorno».

— Puoi specificarmi come arrivi a questo guadagno?

«Compro la “roba”, cioè l’eroina, a 80.000 lire al grammo. La rivendo a 110-120.000. Il conto è presto fatto».

— Quanta ne vendi in un giorno?

«Dipende. Di solito un etto mi va via in tre giorni. E allora, se il guadagno è di 30.000 lire al grammo, ecco che in tre giorni porto a casa tre milioni».

— Tutti gli spacciatori guadagnano tanto?

«C’è anche chi guadagna di più. Ma io non voglio forzare il mercato. Non sono un malavitoso. A me sta bene così. Ormai ho il mio giro, i miei clienti fissi e non ho bisogno di alzare il prezzo. Ci pensano poi quelli delle bustine a farlo».

— Spiegati meglio.

«Dunque: io vendo la roba pura. Eroina bianca o “brown sugar”. Pura per modo di dire, perché la bianca è eroina solo al 50 per cento mentre il brown non arriva neanche al 30 per cento. Comunque, diciamo che io vendo la roba così come arriva, senza fare le bustine. Sono gli altri che le fanno».

— Chi sono quelli che fanno le bustine?

«Sono gli spacciatori al minuto. Quelli che fanno le marchette.»

— Cosa vuol dire?

«Vedo che non sai proprio niente. Dunque, ti spiego tutto. A Milano diciamo che ci sono dieci persone che hanno in mano il mercato, giusto? Dopo di queste ci sono, diciamo, trenta compratori di prima mano; poi un’altra sessantina che comprano da quei trenta e infine 150-200 “cavallini”, vale a dire gli spacciatori che comprano roba di terza mano e la vendono in bustine ai tossicomani».

— Naturalmente a ogni passaggio il prezzo aumenta.

«Naturalmente. E alla fine il “cavallino” vende per 20.000 lire una bustina che contiene, quando va bene, 100 milligrammi di eroina. Vale a dire che il prezzo è già arrivato a 200 mila lire al grammo».

— Se tu la vendi a 110 vuol dire che sei tra i primi passaggi.

«Sono tra i primi passaggi».

«LO SPACCIO DAVANTI ALLE SCUOLE? È UNA BALLA»

— Conosci il numero uno di Milano?

«No, credo che lo conoscano in pochi. Meglio così, comunque. Non voglio conoscerlo».

— Conosci i dieci del primo passaggio?

«Qualcuno».

— Quanta eroina si vende a Milano in un giorno?

«Non meno di cinque chili. Un giro di almeno un miliardo».

— Quali sono le zone di maggiore smercio?

«Giambellino, piazza Vetra, piazza Piola, Parco Solari, Loreto e Brera».

Sono sempre giovani i compratori?

«Sempre più giovani».

— Non hai scrupoli a vendere droga ai minorenni?

«Non sono io a offrirla. Sono loro che me la chiedono».

— Sai che lo spacciatore di droga è la persona più odiata dalla società moderna?

«Non me ne frega niente della società. Non mi ha mai dato niente. Che mi odi pure. Io ho schifo di lei».

— Che cosa pensi quando sai che un drogato, magari un tuo cliente o un tuo amico è morto per un “buco”?

«Penso che è stato un pirla che ha esagerato, ha voluto “farsi” troppo. Che bisogno c’è di farsi un grammo alla volta quando bastano 20-30 milligrammi?».

— Solo per questo si muore?

«Sì. Chi muore è sempre uno che ha voluto fare lo spiritoso».

— Quanta gente comincia ogni giorno a Milano?

«Tanti, tantissimi. Non saprei farne un conto».

— Come fa uno spacciatore ad avvicinare uno che vuole cominciare?

«E’ il contrario. E’ chi vuole cominciare che avvicina lo spacciatore».

— Ma dove lo trova? come lo distingue?

«Te l’ho già detto: in piazza Vetra, al Parco Solari, a Brera chi vuol cominciare non ha che da scegliere».

— E davanti alle scuole?

«Questa è una balla. Non c’è nessuno che vende davanti alle scuole. Chi vuoi che vada a rischiare per uno sbarbatello? No, è meglio non fidarsi. Credimi, quella dello spaccio davanti alle scuole è una storia. Sono gli studenti che, quando vengono pizzicati con la bustina in tasca dicono che gliel’ha appena venduta uno spacciatore. Ma non è vero».

— E la storia del Macondo è vera?

«Sciocchezze! Una bolla di sapone. Lì fumavano e basta. Non c’era niente di pesante».

— Il tuo nome è tra i quaranta pubblicati da un settimanale con la qualifica di spacciatore?

«Sì. In quell’elenco c’è anche il mio nome.»

— E gli altri sono giusti?

«Tutti giusti. Ma non ci sono i pesci grossi».

— Pensi che avrai delle grane adesso?

«Ho paura di sì. Sono già in attesa di processo e se mi “bevono” un’altra volta sono guai».

— Che cosa vuol dire “se mi bevono”?

«Se mi pizzicano, se mi arrestano, se mi portano dentro. Ma è difficile beccarmi. Ormai mi sono organizzato. Non ho mai un grammo di roba in tasca. Al massimo una bustina per me e questo non è reato».

«UN MIO PRINCIPIO ETICO? NON VENDO MAI A UN RAGAZZINO CHE NON HA ANCORA PROVATO»

— Ma non provi niente a vendere morte a un ragazzino? A un tredicenne, un quattordicenne?

«Non sono io ad offrirla, è sempre lui a chiedermela».

— Però sai di vendere morte.

«Certo che lo so. Ma anche lui sa di comprarla».

— E non hai scrupoli?

«Nemmeno un po’».

— Pensi di vendere ancora per molto? Non hai intenzione di ritirarti?

«Per fare cosa? ormai ho bisogno di vendere. O vendo o faccio le rapine. Meglio vendere».

— Non hai paura di morire?

«Meglio morire che finire di nuovo in galera. Ci sono già stato un paio di anni qualche mese alla volta, ed è proprio brutta».

— Sai che se ti beccassero le mamme di Milano sarebbero capaci di linciarti?

«Lo so. Ma perché non linciano prima i loro figli?»

— C’è almeno un principio etico nella tua attività?

«Non vendo mai roba ad un ragazzino che non ha ancora provato. Non sono mai stato io il primo».

— Ma cambia qualcosa?

«Niente. Comincio a vendergli la roba una settimana dopo».