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Le torture ai danni dei terroristi durante gli anni di piombo. La figura del «professor De Tormentis»

Redazione Spazio70

La struttura agli ordini del De Tormentis sarebbe entrata in azione per la prima volta contro il tipografo delle BR Triaca salvo poi trascorrere un periodo «in sonno» a seguito delle denunce di quest’ultimo

Il waterboarding è una forma di tortura che consente di simulare l’annegamento. Oltre alla morte per soffocamento, sono possibili danni cerebrali, polmonari e all’apparato scheletrico come per esempio fratture provocate nel tentativo di liberarsi. In ogni caso possono permanere danni psicologici difficilmente quantificabili. La pratica del waterboarding ha avuto una certa notorietà a partire dal 2006: l’amministrazione Bush avrebbe autorizzato i propri inquirenti a ricorrere a questo strumento di tortura durante gli interrogatori di sospetti affiliati ad Al-Qaeda. Tra la fine degli anni Settanta e i primi Ottanta il waterboarding sarebbe stato utilizzato in Italia durante gli interrogatori condotti ai danni di alcuni esponenti della lotta armata. Specialista in questa tecnica sarebbe stato un funzionario di polizia noto nell’ambiente con lo pseudonimo di professor De Tormentis. All’indomani dell’uccisione di Moro, la squadra costruita in seno all’UCIGOS era composta da ex ufficiali della mobile di Napoli che avevano conosciuto De Tormentis tra la fine degli anni Sessanta e i primi Settanta. Il gruppo, tenuto in sonno per alcuni anni, viene rimesso in moto quando più forte si fa la pressione brigatista e in particolare col rapimento del generale americano Dozier. Il dirigente Br Antonio Savasta racconta alcuni aneddoti su Dozier: il generale, infatti, avrebbe quasi messo fuori combattimento – da solo, con calci e pugni – il commando introdottosi in casa sua per sequestrarlo, salvo fermarsi di fronte alla pistola puntata contro la testa della moglie. Neppure il blitz NOCS sarebbe andato come usualmente raccontato: i brigatisti avrebbero notato alcuni movimenti, senza tuttavia eseguire l’ordine di uccidere l’ostaggio. Un attimo di esitazione, quindi, decisivo per la buona riuscita del blitz.

UN «LAVORO» SPORCO

Enrico Triaca, il «tipografo» delle Br

Grazie anche ai metodi della squadra guidata da De Tormentis, viene in pochi mesi smantellato ciò che resta delle BR che, dopo l’arresto di Mario Moretti, si erano sbriciolate in vari gruppi (Senzani-Savasta) e gruppuscoli. Sempre con questi trattamenti viene trovato il covo NAR nel quale si nasconde Giorgio Vale che muore in circostanze mai chiarite dopo l’intervento degli agenti. Lo stesso professor De Tormentis conferma le dichiarazioni rilasciate da ex colleghi che hanno assistito ai suoi interrogatori. In particolare conferma di essersi personalmente occupato di Enrico Triaca, il tipografo delle BR, catturato subito dopo la morte di Moro e di due brigatisti che gli rivelano il nascondiglio di Senzani. Del professor De Tormentis parla diffusamente il libro di Nicola Rao «Colpo al cuore. Dai pentiti ai metodi speciali: come lo Stato uccise le Br. La storia mai raccontata». Si tratta di una accurata indagine che contesta la tesi secondo la quale il terrorismo sarebbe stato sconfitto con le sole armi dello stato di diritto, secondo una ricostruzione resa possibile grazie anche alle testimonianze rese da ex colleghi del De Tormentis.

Le squadre dedite al «lavoro sporco» sugli arrestati sarebbero state almeno un paio, ribattezzate con caratterizzazioni degne di un B-movies«I vendicatori della notte» e «I quattro dell’ave Maria». Sarebbero state queste squadre a praticare il waterboarding. Quando il giornalista Piervittorio Buffa, de L’Espresso, racconta cosa sta succedendo ai danni dei terroristi in arresto, viene a sua volta arrestato nel marzo 1982. Dal canto proprio il professor De Tormentis (tuttora in vita) non si schermisce, anzi racconta la sua versione dei fatti. Giustifica il ricorso alla tortura contestualizzandolo agli anni di piombo, identificandolo come uno dei pochi metodi per reperire notizie, risolvere casi a fronte di fortissime pressioni politiche sulla polizia. Quelli dell’Ave Maria, dunque, esistevano ed erano elementi capaci di usare tecniche speciali durante gli interrogatori. Il De Tormentis descrive se stesso come una sorta di punto di riferimento per i suoi uomini, scelti per una missione ben precisa in un contesto di grande difficoltà.

La struttura agli ordini del De Tormentis sarebbe entrata in azione per la prima volta contro il tipografo delle BR Triaca salvo poi trascorrere un periodo «in sonno» a seguito delle denunce di quest’ultimo. La magistratura non prestò alcuna attenzione all’esposto del brigatista: anzi fu Triaca a essere condannato per calunnia salvo poi essere riabilitato molti anni dopo. Il De Tormentis avrebbe invece prestato servizio in polizia per un trentennio, uscendone col grado di questore, per poi esercitare la professione di avvocato (strano destino). De Tormentis avrebbe riferito di essere tra le persone fotografate attorno al corpo senza vita di Aldo Moro in via Caetani (la Renault rossa). In rete rimane una sua testimonianza scritta su un mensile massonico nel quale sottolinea la rilevanza dello Stato etico fascista e la necessità che la polizia abbia autonomia investigativa. Più tardi avrebbe avuto rapporti con un partito politico di estrema destra e sul finire degli anni Ottanta avrebbe partecipato, da avvocato, a un procedimento contro la colonna napoletana delle BR che lui stesso aveva contribuito a smantellare.