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Le Vele di Scampia. Da «Anielluccio ‘o pazzo» a «Ciruzzo ‘o milionario»

Redazione Spazio70

È il 1975 e a Scampia stanno prendendo forma le nuove strutture residenziali commissionate dalla Cassa per il Mezzogiorno: le Vele

Napoli, 4 maggio 1982. Gruppi di uomini armati presidiano i negozi dell’area di Secondigliano dalle prime ore dell’alba. Tra i vicoli e le strade del quartiere, decine di giovani in motocicletta vigilano su serrande e vetrine di ogni esercizio commerciale.

Aniello La Monica (in basso a sinistra) e Paolo Di Lauro. Sullo sfondo «Le vele» di Scampia

Gli ordini sono tassativi: bisogna impedire le aperture. «Oggi non si lavora, oggi si piange, siamo in lutto, siamo in lutto tutti quanti!» esclamano gli scagnozzi mostrando spranghe e pistole agli esercenti. «Non ti conviene alzare la serranda, dai retta a me, tornatene a casa così domani il negozio lo trovi». Nessuno osa ribellarsi a simili intimidazioni e la camorra impone il lutto in tutta la zona. Il giorno prima, nella chiesa dei Santi Cosma e Damiano, si sono svolti i funerali del boss, il «grande capo» di Secondigliano: Aniello La Monica, detto «Anielluccio ‘o pazzo» (in foto in basso a sinistra), referente di Michele Zaza e acerrimo nemico di Raffaele Cutolo.

Noto per la sua efferatezza (fu lui, qualche mese prima, ad estrarre il cuore dal corpo del cutoliano Giacomo Frattini) il trentacinquenne La Monica è stato ucciso in piazza Zanardelli, freddato sotto casa con un agguato in pieno giorno. Accanto al cadavere del malavitoso gli uomini del capitano Moia hanno rinvenuto al suolo 16 bossoli calibro 7,65. In pieno clima di faide si potrebbe pensare alla vendetta di un commando della NCO, tuttavia, le cose sono andate diversamente. Ad uccidere Anielluccio sono stati alcuni dei suoi ex «fedelissimi». Da quel momento ha avuto inizio la scalata di un nuovo clan guidato da un giovane malavitoso con grande fiuto per gli affari: Paolo Di Lauro (in foto in alto a destra) che negli anni ’90 darà vita al potente impero economico di Scampia realizzando la famosa piazza di spaccio più grande d’Europa.

Poco incline a logiche militari, fin dagli anni ’70 Di Lauro mostra una forte propensione all’imprenditoria. Non sa sparare, le armi gli interessano poco, in compenso il futuro boss di Scampia gestisce molto bene il denaro. Camorrista atipico, inizia a fare i primi soldi con il contrabbando o le rapine ma con la vendita di biancheria porta a porta ed una rara freddezza nelle partite a poker. Sarà proprio per un aneddoto legato alla sua passione per il gioco d’azzardo che in futuro gli verrà attribuito lo pseudonimo di «Ciruzzo ‘o milionario». Quando Aniello La Monica gli affida il compito di cassiere del clan, Di Lauro è invece soprannominato «’O compagno».

«LE VELE» DI SCAMPIA

Paolo Di Lauro in una foto segnaletica anni ’90. Con 10 figli maschi ha dato vita ad un potente clan a gestione familiare, rimasto egemone fino alla nota faida di Scampia del 2004. A lui è ispirato il personaggio di Don Pietro Savastano della serie Gomorra

È il 1975 e nel frattempo a Scampia stanno prendendo forma le nuove strutture residenziali commissionate dalla Cassa per il Mezzogiorno: le Vele. Il progetto, realizzato dall’architetto Francesco Di Salvo, nasce come sogno utopistico del quartiere ideale: nuclei di socializzazione umana creati accorpando un elevato numero di famiglie in un unico complesso edilizio, una struttura pensata come riproduzione tecnologica in chiave “megastrutturalista” dell’antica realtà urbana della città. Le terrazze a gradoni rappresentano le colline di Napoli, mentre le passerelle metalliche che congiungono gli edifici sono state concepite come moderno rifacimento del caratteristico vicolo partenopeo. Una nuova città nella città. Il tutto disegnato tra ampi spazi di verde pensati per i bambini.

Il progetto si rivelerà un totale fallimento per una lunga serie di motivi: dalle modifiche apportate al programma originario all’utilizzo di materiali inadeguati fino alla mancanza di qualsiasi tipo di manutenzione. Non è tutto. L’occupazione abusiva degli appartamenti da parte di alcune famiglie dopo il terremoto del 1980 e la totale assenza di forze dell’ordine in zona fino al 1987, sommate ad una condizione generale di precarietà e disoccupazione, contribuiranno notevolmente a fare di Scampia un’area di assoluto degrado all’insegna dell’illegalità e della totale assenza di Stato.

Cosa può fornire di redditizio una realtà del genere? Nulla, se non qualche disperato da impiegare come bassa manovalanza per compiere il lavoraccio di turno. Questo, almeno, secondo le logiche della vecchia camorra legata ai business «tradizionali». Per una mente senza scrupoli protesa all’imprenditoria criminale, invece, quelle strutture interconnesse ridotte a «terra di nessuno» possono trasformarsi in una miniera d’oro grazie al nuovo mercato della droga.

Ad Anielluccio ‘o pazzo la droga non interessa, per le nuove generazioni del crimine è ormai un vecchio ostacolo da eliminare.

«La droga non la voleva nel suo territorio — rivelerà un pentito di camorra ai magistrati — anche se era consapevole che per quella polverina bianca ci avrebbe rimesso la pelle, prima o poi».