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Valerio Fioravanti: «Izzo ci propose di ammazzare Freda»

Redazione Spazio70

Una deposizione in qualità di teste nel corso di un'udienza del Processo per la strage di Brescia

«Quando entrammo in carcere, noi della nuova generazione eravamo più di cento persone. Abbiamo quindi riempito un circuito di estrema destra che fino ad allora era composto da dieci o quindici detenuti. Di conseguenza si sono chiuse immediatamente le bocche perché noi eravamo da sempre dichiaratamente ostili a qualsiasi tipo di rapporto con lo Stato. Quindi, nel momento in cui le sezioni speciali delle carceri sono state invase da noi, tutti hanno negato tutto. Anche quello che forse non era necessario negare, anche cose di poco conto, hanno alzato un muro nei nostri confronti forse ancora più impenetrabile che non nei confronti degli inquirenti. Nessuno ha mai rivendicato lo stragismo, mai».

«IZZO SI DAVA FA FARE PER ACCREDITARSI»

Angelo Izzo

«Io ho conosciuto i racconti di Izzo e di Calore. Calore perché appartiene alla mia stessa generazione ma lui ha fatto politica in Ordine Nuovo, quindi sapeva cose che io non sapevo. Izzo, che credo abbia poco più della mia età, però era entrato in carcere molto prima e siccome non era un prigioniero politico si era dato molto da fare per auto-accreditarsi all’interno di quel circuito che come dicevo prima, fino al 1981 era composto da dieci persone. Le persone di estrema destra erano Tuti, Concutelli, Bonazzi, Freda, Giannettini per un periodo, forse Buzzi… erano veramente poche le persone di estrema destra in giro per le carceri. Izzo apparteneva a quel giro, un giro molto piccolo, un giro molto ristretto e molto isolato. I racconti che facevano loro erano di estremo isolamento. Avevano sempre paura di essere aggrediti dai detenuti dell’altro colore che erano molti di più e quindi tra di loro hanno parlato moltissimo. Tra di loro si sono raccontati molte cose. Io ho ascoltato i racconti di Izzo ma non erano racconti sui quali sentivo di fare affidamento».

«HA PARLATO MALISSIMO DI FREDA»

«Il desiderio primario di Angelo Izzo era quello di essere accettato, era quello di avere una patente di prigioniero politico. Lui a seconda della persona con cui parlava si adeguava. Era molto camaleontico e lo rivendicava anche in qualche modo, si adeguava alla corrente del momento. Quando ha avuto modo di parlare con me ha parlato malissimo di Freda, ha parlato malissimo di Fachini, ma io sapevo che in passato aveva fatto l’esatto contrario e aveva parlato malissimo di me con altri. Si adeguava alla situazione e forse se ne convinceva anche. Io adesso non lo ricordo bene ma è scritto sui verbali, credo che lui avesse detto a un certo punto di aver raccolto una mezza ammissione da parte di Freda e sosteneva, conoscendo la nostra posizione antistragista, che noi avremmo dovuto organizzare l’assassinio di Freda. Io gli dissi: “Io non uccido e non faccio uccidere nessuno soltanto perché tu mi dici che a te ha detto”. Facemmo entrare un registratore, lo demmo a Izzo e dissi: “Se tu riesci a registrare la sua confessione, poi se ne parla, ma se tu mi dici che a te ha detto, io su questo non ho alcuna intenzione di fare niente”. Izzo sosteneva di aver ricevuto da Freda un ammiccamento, una mezza frase che poi lui ha completato dicendo: “Questo voleva dire sicuramente che lui sapeva”. Adesso non lo ricordo esattamente ma se non sbaglio la frase che Izzo attribuiva a Freda era quella sulla natura non voluta della strage di Piazza Fontana. Credo che fosse quello e da lì lui ha fatto tutta una serie di deduzioni».

«REGISTRARE PRIMA DI DECIDERE»

«Tra di noi ci fu una lite su questo argomento perché qualcuno sosteneva che anche se noi avessimo avuto la prova provata di una responsabilità di Freda non avremmo dovuto lasciar trapelare la cosa nei confronti degli inquirenti perché comunque la nostra inimicizia doveva essere totale. La mia posizione era leggermente diversa, io dicevo: “Noi non dobbiamo lasciare la punizione agli inquirenti, della punizione possiamo farcene carico noi però la verità deve essere conosciuta a tutti se davvero questa cosa è successa”. Per me è infame colui che delega allo Stato la punizione di una colpa, però nel momento in cui sono certo che una cosa grave è stata fatta e mi faccio carico io della punizione, dopo posso anche rendere nota la motivazione. La mia posizione era minoritaria e non si è mai capito esattamente per quali motivazioni, prima che questo piano un po’ complicato che io avevo immaginato, cioè di registrare Freda prima di prendere eventualmente una decisione, un altro gruppo, che era quello che riteneva che non si dovesse parlare con gli inquirenti per nessun motivo, lo ferì. Quindi Freda fu ferito in quella famosa aggressione a Novara che ne comportò l’isolamento e da quel momento in poi fu irraggiungibile. Uno può pensare che ci sia un grande disegno dietro a tutto questo, chi ha fatto questa aggressione in realtà non aveva grandi mire, credo sia stato fatto anche per rivalità tra gruppi carcerari, era un problema anche di equilibrio di poteri interni. Io capeggiavo un gruppo molto più piccolo che però aveva un minimo di carisma. Gli altri erano più forti e più numerosi di noi e hanno preso questa decisione che comunque ha interrotto qualsiasi tipo di approfondimento».