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«Per noi non è una bella vita». La testimonianza di un operaio italiano in Svizzera (1977)

Redazione Spazio70

Dal libro «Elvezia, il tuo governo» di Delia Castelnuovo Frigessi (Einaudi 1977, Serie politica)

Da dieci anni sto sempre con la stessa impresa, non ho mai cambiato e sinceramente mi trovo bene, mi rispettano i padroni, gli impiegati, i compagni di lavoro. Mi trovo molto bene come lavoro e come trattamento del padrone. Da una parte mi sento buono, ma da un’altra mi fa male il cuore. Perché per noi non è una vita bella, che si fa qua. Tornare la sera a casa, mangiare, la bambina sulle gambe, papà, la moglie ti fa da mangià, ti lava la biancheria, ti fa lu letto, qui il letto te lo devi fare da te.

Gli svizzeri non cercano di accostarsi. Sei sempre uno straniero. Io è da poco che sto qua, due mesi. Con gli svizzeri sono stato una settimana e ho notato che tu cerchi di stare con loro pure sul lavoro e loro non ti guardano proprio in faccia.

Qui ci possono vedere perché c’hanno bisogno di noi, se no ci mettevano peggio di Hitler nei forni crematori, nei forni ci mettevano. Qui hanno bisogno perché i svizzeri vogliono lavorare con la cravatta e a noi ci mandano nei peggio lavori che si può esistere. Se no, a quest’ora, sapete altro che Schwarzenbach*

«IL LAVORO NEI CANTONI TEDESCHI? DOPO DIECI ANNI, IL CERVELLO PARTE»

Arrivo in camerata, ci stanno dodici persone su una soffitta, lasciamo perdere le condizioni di abitazione eccetera. Dodici persone: undici spagnoli, un jugoslavo. L’unico jugoslavo di tutta l’impresa in un canto, che non capiva lo spagnolo, non capiva l’italiano, non capiva il francese. Una cosa da farti mettere le mani nei capelli. Per cui è poi abbastanza naturale che in Svizzera, solo tra gli italiani, ci stanno settecento italiani in manicomio. E’ la cosiddetta sindrome dello sradicamento, cioè sono operai qui, otto o dieci anni di lavoro, soprattutto quelli che vengono dai cantoni tedeschi, dopo dieci anni di lavoro il cervello parte. C’è poco da fare, c’è chi riesce ad adattarsi e c’è chi non riesce ad adattarsi, soprattutto perché siamo abituati a comportarci in un certo modo, ad avere certi tipi di rapporti quando siamo a casa e che poi non si ritrovano qui.

Gli svizzeri sono brave persone, ma alcune volte hanno un difetto per cui ci maltrattano. Sul lavoro ci si può parlare. Ma ‘ste ragazze, giovani come me e altre persone, non so… Vai a prendere un caffè e ti esprimono una parola tale, brutta. Non dovrebbero usarla, perché se non era per noialtri stranieri qui si trovavano ancora indietro, per esempio nella costruzione. Ci dovrebbero apprezzare, eppure ci mettono sotto. Il governo italiano potrebbe fare qualcosa, se volesse. Si parla sempre di Schwarzenbach: a noialtri non ci fa né caldo né freddo, perché prima che lui va su noi siamo già in paese. Non gli diamo la soddisfazione di cacciarci via.

Ho contatti con tutti, solo siamo un pochettino mal visti dagli svizzeri. Se vedono una macchina con la targa italiana cominciano a dire delle brutte parole, questo mi capita sempre… Ci sono degli svizzeri molto generosi, che sono come noi italiani, ci apprezzano, ma ci sono degli svizzeri che non ci possono vedere proprio in nessuna maniera. Comunque, io questioni con gli svizzeri non l’ho mai avute. Solo, quando vado dentro un ristorante o un bar, sono con i miei amici italiani, parliamo italiano. Allora cominciano a dire: «Cochon d’italien…». E questa non è una cosa bella, perché anche loro vengono in Italia e sono abbastanza, molto apprezzati. Io li ho visti, gli svizzeri da noi sono trattati bene.

 

* Si allude a James Schwarzenbach politico ed editore svizzero principalmente noto per la sua campagna contro il cosiddetto inforestierimento che culminò con un referendum popolare tenutosi il 7 giugno 1970. Se accettata, l’iniziativa avrebbe limitato il numero di lavoratori stranieri in Svizzera, che nel 1970 erano oltre un milione, al 10 per cento della popolazione di ogni cantone e avrebbe comportato l’espulsione di trecentomila stranieri nell’arco di quattro anni. La votazione segnò un record di affluenza alle urne, ma la proposta venne respinta dal 54 per cento dei votanti.