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Il «dossier eroina» dei Collettivi comunisti autonomi e l’omicidio Tinelli-Iannucci

Redazione Spazio70

«L'eroina è vicina. Il movimento se ne è accorto in ritardo mentre giorno dopo giorno una larga fascia di giovani scompariva dalle assemblee, dalle piazze, dai sacri templi del culto dell'ideologia»

«L’eroina è vicina, il movimento, quello ufficiale se ne è accorto in ritardo. Le analisi sulla crisi economica, i dibattiti sull’organizzazione, sulla classe, non hanno lasciato vedere che giorno dopo giorno una larga fascia di giovani scompariva dalle assemblee, dalle piazze, dai sacri templi del culto dell’ideologia».

«A nostra disposizione sono solo sospetti sull’attività di rispettabili personaggi ben coperti da regolari traffici commerciali tipo import export, di cui si può dall’esterno osservare l’aumento vertiginoso ed inspiegabile del tenore di vita e qualche agente delle tasse trasferito perché troppo curioso. Nella perquisizione eseguita nel novembre scorso presso la sede del centro di lotta contro l’eroina, i poliziotti trovarono una lista di nomi di spacciatori su cui si stavano svolgendo delle indagini accurate, si misero a ridere affermando di conoscere gente più potente».

UN «LIBRO-INCHIESTA» O UN MERO «LAVORO DI COLLAGE»?

Lorenzo Iannucci (a sinistra) e Fausto Tinelli

Questi brevi stralci sono tratti dal testo «Dossier Eroina: nomi ed indirizzi degli spacciatori di Milano e provincia» (1978), un’inchiesta a cura dei Collettivi Comunisti Autonomi e del Centro di lotta e informazione contro l’eroina. Il testo rappresenta un lavoro di investigazione negli ambienti dello spaccio di droghe pesanti tra Milano e dintorni. Nelle pagine del rapporto (circa un centinaio) è possibile leggere un elenco alfabetico di nomi e indirizzi di spacciatori, talvolta integrati da schede biografiche, fotografie delle piazze di spaccio e curriculum giudiziari dei pusher. Alla creazione del dossier hanno partecipato attivamente anche Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci (meglio noti come «Fausto e Iaio»), due ragazzi diciannovenni vicini agli ambienti del centro sociale Leoncavallo uccisi a colpi di pistola la sera del 18 marzo 1978. Le indagini sul duplice omicidio (che hanno coinvolto alcuni personaggi della destra eversiva) non hanno avuto alcun esito.

«Si tratta soltanto di un lavoro di collage e nemmeno molto accurato: hanno messo insieme una serie di ritagli di giornali in cui sono citati gli arresti per spaccio di sostanze stupefacenti, ma hanno lasciato fuori molti nomi grossi, gente da uno o due chili di eroina. Comunque per noi questi personaggi sono tutti noti e arcinoti: qui non si dice proprio nulla di nuovo».

A rilasciare queste dichiarazioni, pubblicate sulle colonne del Corriere d’Informazione in data 5 maggio 1978, è Enzo Portaccio, capo della squadra narcotici di Milano. Nelle oltre cento pagine del rapporto è comunque possibile leggere un lungo elenco di nomi di spacciatori, talvolta integrati da fotografie, schede biografiche, indirizzi e curriculum giudiziari dei pusher. Alcuni stralci estrapolati dalla bozza del dossier vengono pubblicati da L’Espresso (e in parte anche dal Corriere d’Informazione) nella prima settimana di marzo 1978. I toni impiegati dal settimanale sono agli antipodi rispetto al giudizio che successivamente darà il capo della narcotici. Si parla di «rivelazioni bomba», di «Gotha degli spacciatori» e si afferma che probabilmente il dossier in questione «sarà il libro più esplosivo fra quanti usciti negli ultimi anni sulla droga, certo il più coraggioso», offrendo in anteprima ai lettori un elenco nel quale compaiono anche nomi e cognomi di alcuni militanti di estrema destra definiti al tempo stesso «noti fascisti» e «spacciatori di droga», con tanto di anno di nascita e indirizzo di casa.

«PER LORO COMBATTERE L’EROINA ERA UNO DEGLI IMPEGNI PIÙ GRANDI»

18 marzo 1978: sono passati una decina di giorni dall’anteprima pubblicata da L’Espresso. In serata, l’emittente Radio Popolare interrompe le trasmissioni per una drammatica comunicazione: «Sono le 21.17, interrompiamo le trasmissioni per una notizia che ci è appena arrivata: Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, due giovani di 19 anni, sono stati uccisi questa sera in via Macinelli, dietro il Centro Sociale Leoncavallo, dove doveva tenersi un concerto blues. I due stavano andando a questo concerto. Sono stati inseguiti da tre individui e uccisi a colpi di pistola. I loro corpi sono ancora per terra».

I giovani Tinelli e Iannucci, noti agli amici come «Fausto e Iaio», avevano partecipato alla realizzazione del dossier sull’eroina.

«Sia Fausto, sia Lorenzo», dichiara ai giornalisti del Corriere della Sera una compagna di scuola di Tinelli, «frequentavano il centro sociale Leoncavallo, al Gruppo di controinformazione sulla droga: anche loro sapevano alcuni nomi grossi di spacciatori e volevano denunciarli. Per loro combattere l’eroina era uno degli impegni più importanti: sono convinta che per questo li hanno fatti fuori». Altre persone vicine ai due ragazzi, invece, sembrano escludere questo movente. Paola, diciassette anni, era la fidanzata di Iannucci. Ai giornalisti rilascia la seguente dichiarazione: «L’hanno ammazzato e non so perché. Forse non cercavano lui e neppure Fausto, hanno sparato sui primi due che hanno incontrato». La giovane non si lascia convincere neppure dalla pista politica: «Anche politicamente Iaio non era certo tra i più attivi del Circolo. Andavamo alle manifestazioni, questo sì, ma le nostre giornate passavano come quelle di tutti gli altri ragazzi come noi. Mano nella mano nei vialetti del parco Lambro. Iaio suonava la chitarra, aveva tanti amici. Di sera, se non andavamo al Circolo, ci mettevamo nella trattoria qui di fianco e giocavamo a carte».

LA NON SUPERABILITÀ DEL LIMITE INDIZIARIO DEGLI ELEMENTI RACCOLTI

Ma cosa è accaduto esattamente a via Mancinelli? Testimoni affermano di aver visto da lontano, qualche istante prima dell’omicidio, gli assassini discutere con le vittime. Erano in tre: due abbigliati con impermeabili chiari e uno con un giubbotto scuro. Poi i colpi di pistola: tanti proiettili esplosi ma nessuno bossolo rinvenuto al suolo. Con ogni probabilità i sicari hanno agito avvolgendo le armi con dei sacchetti di plastica. Al duplice omicidio, con il passare dei giorni, seguono varie rivendicazioni con sigle di sedicenti gruppi che rimandano al mondo neofascista, come «Gruppo Armato Sergio Ramelli», «Gruppi Nazionali Rivoluzionari», «Brigata Franco Anselmi».

Gli inquirenti affermano di non escludere alcuna pista ma inizialmente puntano al mondo della droga. Con il tempo le indagini si allargano a vari ambienti, trascinandosi per diversi anni senza mai giungere a una conclusione. Nel dicembre del 2000 il GUP di Milano Clementina Forleo accetta la richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero affermando che «pur in presenza dei significativi elementi indiziari a carico della destra eversiva ed in particolari degli attuali indagati, appare evidente allo stato la non superabilità in giudizio del limite appunto indiziario di questi elementi, e ciò soprattutto per la natura de relato delle pur rilevanti dichiarazioni».

I principali indiziati (tutti successivamente prosciolti) erano tre personaggi dell’estrema destra: Massimo Carminati, Mario Corsi e Claudio Bracci, contro i quali pendevano le dichiarazioni di alcuni «pentiti» vicini all’area neofascista.

L’INTERVISTA A DANILA TINELLI E IL DECRETO DI ARCHIVIAZIONE

Qualche anno dopo l’archiviazione, la signora Danila Tinelli, madre di Fausto, viene intervistata da un’emittente televisiva.

— Perché proprio Fausto e Jaio?

«Io abitavo in via Monte Nevoso numero nove. Sopra di me avevo i servizi segreti».

— E davanti a lei?

«Davanti a me le Brigate rosse».

— E che vuol dire questo? C’entra qualcosa?

«Può darsi che c’entrino tutti».

— Dovendo chiudere il cerchio: suo figlio è morto per?

«Secondo me è legato a Moro. E da lì non mi muovo. Perché non può venire un commando da Roma, su commissione, a uccidere due estranei che nessuno conosceva».

In merito a tale ipotesi, nel decreto di archiviazione n. 6989/97 R.G.P.M. N. 4958/98 R.G.G.I.P. Tribunale di Milano Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari, si può leggere quanto segue: «Come si è detto, il delitto in questione fu commesso il 18.3.1978, ossia due giorni dopo il sequestro dell’on. Moro. Inoltre una delle vittime, il Tinelli, abitava in via Montenevoso 9, nello stabile posto di fronte a quello, contrassegnato dal civico numero 8, in cui era ubicato il noto covo delle Brigate Rosse. Sulla base di questa coincidenza spazio-temporale si è voluto costruire, ad opera di taluni elementi della Commissione Stragi, ed in particolare dell’On.Luigi Cipriani, un possibile nesso tra il delitto in questione e il sequestro Moro. Ora, è evidente come non potrebbe reggere la versione in base alla quale Tinelli e Iannucci sarebbero stati uccisi dalle stesse Brigate Rosse, magari per aver visto i due, o anche uno solo di essi, qualcosa di compromettente legato al suddetto covo. La rivendicazione del delitto in questione da parte di più forze, tutte della destra eversiva, e le stesse dichiarazioni di esponenti di tali forze nel senso dell’appartenenza di tale delitto alla loro area, finisce per minare alla base la logicità di tale possibile spiegazione. Non si comprenderebbe, infatti, perché gruppi dell’estrema destra avrebbero dovuto accollarsi un delitto di appartenenza ad opposta area terroristico – eversiva. Ed in effetti nella versione più accreditata di tale possibile nesso tra i due delitti, come del resto propugnata dallo stesso On. Cipriani, il delitto in questione sarebbe stato voluto ed eseguito in termini di “avvertimento” alle Brigate Rosse, e ciò ad opera di forze, i servizi segreti che, scoperta la base terroristica, avrebbero voluto mandare ai terroristi un “segnale”… Tali possibili nessi, peraltro non sorretti da alcun elemento, sia pur solo indiziario, degno di essere preso in considerazione in questa sede, non spiegherebbero comunque le operate ed illustrate rivendicazioni formali e sostanziali del delitto in questione».