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Julia Calzoni, barbaramente uccisa a sedici anni

Redazione Spazio70

Due studenti di medicina, considerati vicini ai «sanbabilini», verranno condannati all'ergastolo

Peschiera Borromeo (MI), 27 marzo 1976. Ore 8:00. Nella frazione di Mezzate, lungo le campagne che conducono all’Idroscalo, un anziano contadino è intento a raccogliere cicoria selvatica. Sembrerebbe un mattino come tanti, ma la serenità di quell’uomo sta per essere turbata da una macabra scoperta. Tra i rovi e le sterpaglie il pensionato scorge il corpo senza vita di una giovanissima donna, distesa in posizione supina, con i capelli sporchi di sangue ed il cranio spaccato. È una ragazza alta e bionda, di bell’aspetto. Indossa un costoso completo di velluto nero ed un’elegante camicetta in seta. Al polso ha un Cartier d’oro e alle orecchie dei vistosi pendenti d’argento con brillanti. Si direbbe una fanciulla dell’alta borghesia che con ogni probabilità non è stata uccisa durante un tentativo di rapina, tuttavia, non ha con sé alcuna borsa.

Giunti sul posto i carabinieri appurano che la giovane è stata picchiata selvaggiamente prima di essere «giustiziata» con cinque colpi di pistola calibro 7,65 e 6,35. La sera precedente era stata denunciata la scomparsa di una ragazza con le stesse caratteristiche della vittima. Il riconoscimento avviene dopo alcune ore: quel corpo è dalla sedicenne Julia Olga Calzoni, appartenente alla ricca famiglia dei conti Sforza.

IL SEQUESTRO SIMULATO

Gli assassini usciranno allo scoperto molto presto, quasi subito.

Si tratta di due intimi «amici» della ragazza, anche loro appartenenti all’alta borghesia milanese: i ventiduenni Giorgio Invernizzi e Fabrizio De Michelis, due studenti di medicina considerati dagli inquirenti «vicini agli ambienti di piazza San Babila».

Julia Calzoni

Inizialmente i giovani vogliono coinvolgere Julia in un sequestro simulato per estorcere denaro alla facoltosa famiglia della ragazza. Lei sembra d’accordo, ma poi vede la situazione degenerare in un «gioco» di folle sadismo ed insensata brutalità. In un delirio di onnipotenza, i due daranno sfogo ad una violenta esaltazione legata al senso di dominio su una giovane donna indifesa.

Un dettaglio struggente è rappresentato dalla forte attrazione di natura sentimentale che Invernizzi esercita sulla sedicenne. Julia infatti si era abbigliata in maniera elegante ed estremamente accurata proprio per far colpo sul ragazzo, con il quale aveva un appuntamento.

«COME NEI FILM»

Giunti in un luogo isolato nei pressi dell’idroscalo, uno dei ragazzi colpisce la giovane alla testa con una spranga di ferro. I due si aspettavano di vederla svenire priva di sensi, «come accade nei film». Ma Julia è soltanto ferita. È sconvolta e barcollante, ma ancora cosciente, difatti chiede in lacrime il perché di tanta ferocia. A quel punto i ragazzi infieriscono brutalmente spaccandole il cranio.

Non è finita. Dopo aver estratto le loro pistole, mirano alla testa e all’addome e fanno fuoco senza pietà. Dopo aver gettato le armi nel naviglio (tre pistole, tre coltelli, una spranga e diverse munizioni) i due vanno via come se nulla fosse accaduto, lasciando il cadavere disteso sul terreno.

Secondo i piani i ragazzi avrebbero dovuto chiedere ugualmente il riscatto alla famiglia di Julia, ma i Carabinieri cominciano a torchiarli molto presto, prima ascoltandoli come semplici testimoni, poi, dopo aver notato delle incongruenze, fanno pressione fino a far confessare loro la verità.

Giorgio Invernizzi e Fabrizio De Michelis saranno condannati all’ergastolo. Tra i diari di Julia, barbaramente uccisa a soli sedici anni, saranno rinvenute poesie e lettere d’amore dedicate al suo assassino.