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7 novembre 1980, l’assassinio di Domenico Beneventano, un eroe dimenticato

Redazione Spazio70

Dopo l'assoluzione di Cutolo, l'assassinio del coraggioso consigliere comunale resta ancora senza colpevoli

Ottaviano (NA), 7 novembre 1980. Ore 6:45. Il trentaduenne Domenico Beneventano, medico chirurgo presso il San Gennaro di Napoli, sta uscendo dalla propria abitazione per recarsi in ospedale come tutte le mattine. Affacciata alla finestra dell’appartamento, la signora Dora osserva il proprio figlio incamminarsi verso l’automobile, una Simca 1000 di colore verde, parcheggiata nelle immediate vicinanze dell’edificio. Il medico non fa in tempo ad entrare nell’abitacolo che viene immediatamente fermato da una voce. C’è qualcuno che lo sta chiamando: «Dottò… dottò… dottore!». Beneventano si gira verso una Fiat 128 di colore blu, ma l’uomo all’interno della vettura non ha più intenzione di parlare ed estrae una pistola facendo fuoco dal finestrino. Domenico Beneventano viene ammazzato con una rapida successione di pallottole sotto gli occhi lacrimanti della madre. La modalità dell’omicidio fa subito pensare ad un agguato di camorra.

UNA OPPOSIZIONE CHE DÀ MOLTO FASTIDIO

Ma perché uccidere un medico che con gli intrighi della malavita non ha mai avuto nulla a che fare? Il motivo è proprio questo. In quei loschi affari, il giovane dottore, non ci voleva entrare in alcun modo. Domenico Beneventano non era soltanto un medico, era anche consigliere comunale, proprio ad Ottaviano, storica roccaforte della camorra cutoliana e città natale di «don Raffaele ‘o professore». Candidato nella lista del PCI, Beneventano è divenuto per la prima volta consigliere nel 1975 e poi di nuovo nel 1980, in un periodo «di piombo» in cui la camorra spadroneggia con ogni mezzo ed è sempre alla ricerca di nuovi spiragli per potersi infiltrare negli affari della vita politica.

Beneventano è all’opposizione, un’opposizione che dà molto fastidio, specialmente agli affari della speculazione edilizia alle pendici del Vesuvio. Il business del cemento e degli appalti, nuova frontiera della malavita organizzata, a Ottaviano incontra un ostacolo tanto deciso quanto inaspettato. Beneventano denuncia il giro di affari che gravita attorno all’edilizia, a discapito dell’ambiente e dei cittadini, preludio di un processo che dopo il terremoto del 23 novembre 1980 diventerà inarrestabile.

LE RICORRENTI MINACCE E LA MORTE

La vita politica di Beneventano viene presto intimidita con ricorrenti minacce. Ma le antipatie della camorra il medico se le era guadagnate anche nel corso della sue attività negli ospedali, come quella volta in cui si rifiutò di fornire un alibi a un malavitoso che pretendeva un falso certificato di ricovero. Ne scaturirono inquietanti avvertimenti e il dottore fu trasferito in un’altra struttura. Consapevole dei rischi ai quali sta andando nuovamente incontro, Beneventano si procura un regolare porto d’armi e acquista una pistola per la legittima difesa. Ma quell’arma non la userà mai.

Nel 1987, il boss della Nuova camorra organizzata, Raffaele Cutolo, viene condannato all’ergastolo come mandante dell’omicidio, sentenza poi ribaltata in appello con l’assoluzione. Oggi, dopo oltre quarant’anni, l’assassinio del coraggioso Domenico «Mimmo» Beneventano resta ancora senza colpevoli.