Qui potrai trovare una vasta rassegna di materiali aventi ad oggetto uno dei periodi più interessanti della recente storia repubblicana, quello compreso tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso.
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Che tipo di linguaggio utilizzano i giovani della sinistra extraparlamentare? Quali sono i vocaboli che costituiscono il lessico dei militanti? Qual è il significato dei neologismi maggiormente in voga? Tra il settembre e l’ottobre del 1970 prova a fornire qualche risposta Giuliano Zincone curando, tra le pagine del Corriere della Sera, la piccola rubrica del «Dizionarietto extraparlamentare». Lungi dal voler essere esaustivo, il giornalista si propone di fornire qualche spunto al fine di orientare il lettore nell’universo lessicale della gioventù politicizzata:
Atteggiamento rivoluzionario di ispirazione soreliana, che consiste nel combattere il «sistema» con mezzi violenti. I comunisti usano questo termine in senso dispregiativo per bollare le posizioni di alcuni gruppi estremisti, giudicati estranei alla realtà del Paese, alle lotte dei lavoratori e (soprattutto) alle direttive del partito. È anarcosindacalista «Potere operaio», ma questa posizione, abbastanza forte nel PSIUP, è rappresentata perfino all’interno del PCI.
Stagione (1969) di lotte sindacali per il rinnovo dei contratti di lavoro. Caratterizzato da scioperi (generali, a singhiozzo, a gatto selvaggio ecc.), agitazioni e cortei, ha sancito il peso fondamentale dei sindacati e della base operaia nella vita politica italiana, sollevando apprensioni e ponendo il problema dei rapporti fra progresso economico e giustizia sociale. «Difendere le conquiste dell’autunno caldo» (slogan comunista).
Gruppi di rivoluzionari intellettuali che hanno il compito di guidare le masse, individuando gli obiettivi e la strategia delle lotte. Gli operaisti combattono come aristocratica questa concezione (del marxismo-leninismo) e sostengono che le avanguardie debbono formarsi all’«interno» della classe operaia.
Accusa con la quale i comunisti condannano i gruppi alla loro sinistra sostenendo che le loro iniziative, sganciate dalle masse e dal loro naturale interprete (il PCI), sono destinate al fallimento e finiscono col fornire pretesti allo «Stato borghese», favorendone svolte a destra e repressioni. Dopo il «maggio» francese Cohn-Bendit fu accolto a Roma come un «avventurista» e, conseguentemente, emarginato e abbandonato al suo effimero destino cinematografico.
Titolo nobiliare che identifica chiunque detenga il potere all’interno di un sistema burocratico-capitalista. «Baroni della cattedra», «Baroni della finanza», «Baroni industriali», e (tautologicamente) «Baronie di vertice».
«Bisogna consultare la base», «Senza base non si fa politica», «Potere alla base». Base (opposto di «vertice») è chiunque partecipi, a una iniziativa politica senza ricoprire cariche e (spesso) senza esercitare responsabilità. Nelle piccole formazioni extraparlamentari la ricerca della base (operaia) è il problema centrale.
Chi ha il potere o chi se ne rende (culturalmente, economicamente o politicamente) complice. Spesso, curiosamente, sinonimo di «barone». «Lo stato borghese si abbatte» (slogan operaista).
Seguaci delle idee di Amadeo Bordiga, teorico comunista, che negli anni Venti denunciò il processo di burocratizzazione in corso nello stato sovietico. «I bordighisti – scrive Walter Tobagi – estremizzano la frase di Lenin ‘senza teoria rivoluzionaria niente rivoluzione’ e si dedicano quasi esclusivamente allo studio per preparare quadri perfetti da usare il giorno della rivoluzione».
Teoria di governo adottata all’interno dai comunisti: i rapporti con i militanti sono regolati da ampi dibattiti, ma le decisioni che ne scaturiscono debbono essere rispettare con la massima disciplina, pena la espulsione dal partito. I marxisti-leninisti accettano in genere questa impostazione. Altri gruppi, che la contestano, hanno coniato, polemicamente, il termine di «centralismo burocratico» per sottolinearne il sostanziale autoritarismo.
«La classe operaia deve dirigere tutto»: «Ed ecco tra noi, compagni, un valoroso esponente della classe operaia» (applausi).
È codista, secondo Lenin, chi si mette «in coda» al movimento operaio, negando la «necessità della funzione dirigente del partito» (Tobagi). Il termine si può applicare correttamente ai gruppi operaisti italiani.
Grado militare. «Qui o si fa la rivoluzione o arrivano i colonnelli», «Chi ha paura dei colonnelli?», «Intensificare la vigilanza operaia per prevenire la minaccia dei colonnelli». «In Italia bastano i sergenti» (Il Borghese, settimanale di destra).
Organizzazioni di operai, discendenti dai «soviet» rivoluzionari russi. Spesso affiancati da studenti furono attivi soprattutto nell’ «autunno caldo», in polemica con i sindacati, rispetto ai quali si ponevano in atteggiamento più duro e intransigente nei confronti degli imprenditori. I comitati di base, rapidamente assorbiti dal sindacalismo tradizionale, sono stati sostituiti, nella strategia estremista, dai «coordinamenti operai nazionali».
«La dittatura del proletariato» (slogan dell’ «autunno caldo»). Forma di governo ortodossamente marxista-leninista, propedeutica all’instaurazione del comunismo utopistico (egalitario, prospero e ultra-democratico). Della formula, mai sperimentata, si ignorano (ovviamente) i risultati concreti.
«Democrazia di base», «Democrazia formale» (quella dei paesi capitalisti), «Democrazia sostanziale» (quella dei paesi comunisti).
Leader della «primavera di Praga», espulso e perseguitato per aver tentato di realizzare in Cecoslovacchia un «socialismo dal volto umano». «Il PCI sta con Dubcek, noi stiamo con Mao» (slogan maoista).
Consultazioni mediante le quali la base è chiamata a designare gli individui destinati a rappresentare la collettività. Le elezioni sono in genere contestate dall’estrema sinistra, che vede in esse una delega del potere a minoranze pronte a strumentalizzarlo. Nelle scorse consultazioni regionali il «partito della scheda bianca» raccolse circa ottocentomila voti di persone che (probabilmente) intendevano testimoniare la propria sfiducia nei confronti della classe politica al potere.
Tattica impiegata da estremisti i quali, piuttosto che affrontare le lotte con i partiti già esistenti, si infiltrano all’interno delle loro strutture tentando di conquistarne la maggioranza o di svuotarli dei loro contenuti attraverso un lavoro di proselitismo.
La fa chi non è (come dice Mao) «un pesce nell’acqua», cioè chi non tiene conto della realtà nella quale si trova ad operare: è fantapolitico anche chi imposta il proprio lavoro su ipotesi non verificabili. Questo termine è usato spregiativamente dai comunisti per designare le minoranze estremiste infedeli.
Termine usato negativamente contro chi pretende di organizzare gruppi dissidenti all’interno di un partito. Il fenomeno rappresenta la malattia cronica dell’estrema sinistra ed è drasticamente condannato dal PCI che bollato con l’accusa di «frazionismo» il gruppo del «Manifesto» lo espulse dal partito.
Tecnica di lotta sindacale applicata dagli operaisti. Consiste nel sospendere il lavoro senza preavviso, nei momenti cruciali della produzione industriale e in vari settori della catena di montaggio. Temuti dagli imprenditori, i «gatti selvaggi» sono condannati dalle confederazioni tradizionali, che vedono in queste manifestazioni un pericolo per l’unità sindacale.
Generale nordvietnamita, simbolo (dopo la morte di Ho Ci-minh) di opposizione organizzata e vincente nei confronti dell’«imperialismo occidentale». «Giap-Giap-Giap-Ho Ci-minh» (antico slogan maoista).
Organizzazione di studenti di centro-sinistra fortemente critica nei confronti dell’attuale struttura universitaria e attiva nella facoltà romana di architettura. Nello scorso luglio si oppose agli estremisti (che esigevano «il voto politico assembleare») pretendendo lo svolgimento regolare degli esami. Da queste divergenze nacquero scontri cui presero parte anche le forze dell’ordine.
Capitale del Vietnam del nord. «Hanoi non sembra disposta a negoziare». «Chi non è con Hanoi è contro di noi». «Prima o poi bombardano anche Hanoi».
«Fase suprema del capitalismo» secondo Lenin. Marxisti-leninisti, comunque, non esitano a definire «imperialista» anche la politica estera dell’URSS, stato-guida dei paesi anticapitalisti.
Atteggiamento tipicamente «piccolo borghese» duramente attaccato dalla rivoluzione culturale cinese, dai maoisti italiani e, in genere, dall’estrema sinistra. Il termine implica il rifiuto della disciplina e quindi totale assenza di vocazione rivoluzionaria. Gli «anarchici individualisti» che tra l’altro condannano i paesi socialisti come incarnazione del «principio di autorità», sono ovviamente emarginati dall’area della sinistra extraparlamentare e rappresentano un fenomeno più culturale che politico.
Disobbedienza organizzata nei confronti degli «strumenti del sistema» (ivi compresi i sindacati). «In ogni momento potrà rimettersi in moto il meccanismo della lotta continua, degli scioperi selvaggi, dell’insubordinazione operaia». (Previsione di un operaista).
Fuoristrada militare. È utilizzato nelle cariche della polizia per trasportare i militi e disperdere i dimostranti. «Attenti, arrivano le gip!», «Per forza erano così arrabbiati: li hanno tenuti tutta la notte chiusi nel gippone».
Il nome (preso a prestito dal «maggio» francese) designa i reparti che formano la «polizia» dei dimostranti. Armati di bastoni, catene, sbarre di ferro e protetti da elmetti e fazzoletti antigas imbevuti di limone, hanno compiti di servizio d’ordine. Spetta a loro respingere i «provocatori» e (eventualmente) affrontare i poliziotti o confonderli con manovre diversive.
«Lotta dura – senza paura». Il termine designa (con una certa enfasi) soprattutto gli scioperi e le altre attività sindacali: «Gli operai sono scesi in lotta». «Lotta continua»: periodico cui fa capo l’omonimo schieramento politico che raccoglie sotto bandiere anarcosindacaliste anche un buon numero di «cattolici del dissenso», favorevoli alla violenza e agli «scioperi selvaggi».
«Bisogna imparare la lezione del maggio francese». Preoccupazione «moderata» di chi teme che anche in Italia l’esasperazione del dissenso violento determini una «svolta a destra». Comunque: «È maggio, fioriscono le lotte» (slogan di lotta continua).
Gruppi estremisti variamente organizzati e frazionati che accusano il PC di essere «degenerato» e «revisionista». Intendono ricollegarsi alla più «genuina tradizione comunista» e vedono nei quadri rivoluzionari «avanguardie esterne» rispetto al movimento operaio. Il PCI li accusa di frazionismo, avventurismo, velleitarismo, anarcosindacalismo etc. In realtà esistono in Italia almeno dieci partiti marxisti-leninisti, ferocemente ostili gli uni agli altri.
Statista sovietico inventore dell’omonima bomba incendiaria, nota come «bottiglia molotov».Essa consiste in un recipiente fragile riempito di liquido infiammabile e munito di stoppino, acceso il quale, il prodotto è pronto per essere lanciato.
«Il movimento studentesco è morto». La contestazione degli studenti attraversa, effettivamente, un momento di crisi, dovuto soprattutto alle divergenze tra i vari «leaders» aderenti a diversi partiti operaisti o marxisti-leninisti. E’ presumibile che il Movimento, per sopravvivere, finisca per darsi una struttura di partito autonomo e un minimo di burocrazia.
Gruppi del movimento studentesco, attivi soprattutto a Roma. Auspicano tra l’altro un’alleanza fra Europa e Cina, da contrapporsi a quella (ipotizzata come imminente o sotterraneamente esistente) fra URSS e Stati Uniti.
Aggettivo: «lotta operaia», «movimento operaio», «partecipazione operaia», «consigli operai», «Potere operaio, armi degli operai» (slogan operaista). «Studenti e operai uniti nella lotta» (slogan del movimento studentesco).
Formazioni che fanno capo al periodico «Potere operaio»; insieme con i «lottatori continui» rappresentano i fautori degli «scioperi selvaggi» e del sabotaggio industriale. Slogans operaisti: «Direzione operaia dell’organizzazione». «Sì alla violenza operaia», «La Fiat è la nostra università». L’operaismo vede nella fabbrica il nucleo di lotta e di lavoro politico.
Movimento politico americano di estrema sinistra. Teorizza e mette in pratica la «guerriglia urbana» ed è polemico nei confronti delle organizzazioni «integrazioniste». L’estrema sinistra italiana vede nelle «pantere nere» un modello di coerenza rivoluzionaria e un esempio di «autodifesa violenta» al quale ispirarsi.
Anarchico italiano morto in circostanze misteriose, precipitando da una finestra mentre era interrogato dalla polizia sugli attentati di Milano e Roma. Benché gli anarchici siano emarginati dai gruppi estremisti, la fine di Pinelli diede luogo a numerose manifestazioni di protesta.
«Sindacati felloni, servi del padrone e pompieri delle lotte». Operaisti e marxisti-leninisti vedono nel sindacato uno strumento del «sistema borghese» e lo accusano di soffocare l’incendio rivoluzionario acceso dallo «spontaneismo operaio».
«Il potere politico nasce dalla canna del fucile» (pensiero di Mao); «Lotta di classe – potere alle masse». E, naturalmente «potere operaio», «potere studentesco», termini coniati su «potere negro» (black power) e opposti al «decadente» flower power di estrazione hippy e non-violenta.
Chi disturba una manifestazione estremista con atteggiamenti o discorsi ostili o, semplicemente, dimostrando il proprio dissenso. La sola presenza della polizia costituisce, in genere, una «provocazione».
Bimestrale politico diretto da Pier Giorgio Bellocchio, Grazia Cerchi e Goffredo Fofi. Fortemente critico nei confronti della sinistra tradizionale, svolge un accurato lavoro di divulgazione e costituisce un necessario punto di riferimento culturale per i gruppi extraparlamentari.
Dirigenti di un’organizzazione politica. La «formazione di quadri rivoluzionari» è, in questo momento, l’attività principale dei marxisti leninisti e dei superstiti del Movimento studentesco. Anche perché, frazionata la «base», i «quadri» costituiscono una buona percentuale, se non la totalità, degli aderenti.
Operazione tipicamente «revisionista» e «socialdemocratica». Consiste nell’introdurre miglioramenti (economici, politici, sociali) all’interno di un «sistema capitalistico», consolidandone le strutture e il «potere mistificatorio» e ostacolando, conseguentemente, la «crescita della coscienza rivoluzionaria nelle masse».
Il termine designa ogni attività intimidatoria o violenta adottata da chi detiene il potere contro chi tenta di toglierglielo. E’ «repressione», naturalmente, anche l’applicazione di leggi che, essendo strumento dello «Stato borghese» non esprimono la volontà popolare.
Teoria dovuta a Bernstein e formulata nel 1898 al congresso socialista di Stoccarda. Propone una «revisione» della dottrina marxista, per adeguarla alla realtà dello Stato e della società moderni. I revisionisti ritengono, in sostanza, che la «lotta di classe» abbia fatto il suo tempo. «Cricca revisionista» è, secondo Pechino, il partito comunista sovietico e «revisionista» (fellone, venduto, degenerato ecc.) secondo le nostre minoranze extraparlamentari, è il partito comunista italiano.
Scioperi che non si propongono soltanto di «dislocare in avanti il potere degli operai» attraverso le riforme di struttura (teoria del PCI) né di ottenere aumenti salariali (atteggiamento socialdemocratico, tradenunionista, corporativo), ma intendono boicottare la produzione, al fine di creare il clima di lotta giudicato necessario all’esplosione rivoluzionaria.
È la teoria che si esprime negli «scioperi non integrabili». Lo scopo è quello di saggiare il «grado di resistenza della classe padronale» e di superarlo, in modo da mobilitare attraverso la violenza e l’esasperazione «l’ira delle masse rivoluzionarie». Questo semplice meccanismo (provocazione-repressione-insurrezione) non ha mai dato fino a oggi, risultati vincenti.
Strumento rivoluzionario tra i più efficaci: i «quadri» estremisti spendono parte del loro lavoro a coniarli, raffinandone l’incisività. Qualcuna di queste parole d’ordine è una citazione o un calco di antichi motti popolari. Tra questi è notevole il seguente distico maoista: «E se la Cina ci dà il fucile: guerra civile – E se la Cina ci dà il cannone: rivoluzione».
Teoria secondo la quale il movimento operaio (e, in genere, la base) sceglie spontaneamente, ripudiando ogni direttiva esterna, gli obiettivi per i quali battersi e la strategia da adottare nelle lotte. Lo spontaneismo, condannato da Lenin (secondo il quale gli operai, senza guida, sono incapaci di un autentico atteggiamento rivoluzionario, perché preoccupati soprattutto di ottenere aumenti salariali a breve termine) è ovviamente condannato dal PCI che se ne vede esautorato dalla sua «funzione dirigente» ed egemonica di avanguardia della classe operaia.
Statista sovietico, morto nel 1953. Impose alla Russia una dittatura molto dura e una rigida intransigenza in politica estera. Dopo la sua fine molte sue direttive furono contestate dai nuovi dirigenti dell’URSS, e molte delle sue vittime riabilitate. Le sinistre extraparlamentari hanno rivalutato la figura di Stalin e ne hanno esaltato la spietatezza «rivoluzionaria». Anche a Mosca, recentemente, è ricomparso il busto del defunto dittatore fra i simulacri degli eroi comunisti. Nonostante questo ripensamento «revisionista» Stalin conserva il suo posto fra i grandi «dirigenti rivoluzionari» (a Pechino) e fra i grandi criminali della storia (in Occidente).
Giornale murale, striscia di carta sulla quale vengono scritti messaggi politici e informazioni rivoluzionarie nelle università e nelle fabbriche. La Cina, durante la rivoluzione culturale, era tappezzata di Tatze-bao. In Italia questo mezzo di comunicazione, già molto diffuso tra i giovanissimi dell’Azione Cattolica, ha avuto un rilancio per merito degli studenti maoisti.
«La bomba atomica è una tigre di carta», «Il capitalismo è una tigre di carta», etc. Slogans di origine maoista. Servono a smitizzare chi detiene il potere e a incoraggiare chi aspira a conquistarlo: significano che non esiste avversario, per quanto feroce e agguerrito, che possa resistere alle masse armate di spirito rivoluzionario.
Termine spregiativo creato dal nome dei sindacati inglesi (Trade Unions). Designa la tendenza ad accontentarsi di aumenti salariali e miglioramenti sociali, escludendo il passaggio dalla lotta sindacale a quella politica o rivoluzionaria.
Dal nome di Lev Trotzki, rivoluzionario russo entrato in dissidio con Lenin e con Stalin e assassinato a Città del Messico nel 1940. Fautore della «rivoluzione permanente», Trotzki accusò Stalin di aver burocratizzato l’Unione Sovietica. I trotzkisti tendono a organizzare, parallelamente ai partiti comunisti esistenti, formazioni eterodosse, con funzione di critica e con compiti di «avanguardia rivoluzionaria».
Gruppo anarchico attivo nella facoltà romana di architettura, già noto per le sue insurrezioni contestative nelle case degli intellettuali di sinistra accusati di moderatismo. Oggi più politicizzati, gli «Uccelli» hanno stretto alleanza con il Movimento studentesco, insieme con il quale rivendicano il «voto politico assembleare».
Formazione politica nata da gruppi di lontane origine trotzkiste, poi avvicinatesi al pensiero di Mao Tse Tung. L’Unione, molto rigorosa, centralizzata e disciplinata, si autodefinì «il nucleo di acciaio che si avvia a proclamare il glorioso Partito Comunista Italiano (marxista-leninista)» e formulò anche un decalogo che prevedeva (tra l’altro) la pena di morte per chi desse in affitto una casa. Recentemente l’Unione si è scissa in diversi gruppi ed è in piena decadenza. Allo smembramento deve aver contribuito notevolmente il seguente giudizio emesso da Radio Pechino: «L’Unione dei comunisti italiani marxisti-leninisti, guidata da Aldo Brandirali, è una setta di fascisti pagata dal capitale internazionale e dall’imperialismo americano.»
Il nome designa, spregiativamente, il lavoro teorico e politico svolto con scarsa sensibilità nei confronti della «base» e, in genere, la tendenza a escludere i più dalle decisioni. La sinistra extraparlamentare accusa tutti i partiti tradizionali di «verticismo (e di «burocraticismo»); gli operaisti vedono anche delle teorie «marxiste-leniniste» delle «avanguardie esterne» una manifestazione di verticismo.
Fronte di liberazione nazionale del Vietnam del Sud. «Vietcong vince perché spara» (slogan marxista-leninista). I gruppi della sinistra extraparlamentare vedono nel Vietcong l’incarnazione di una lotta rivoluzionaria portata avanti con successo contro un avversario teoricamente meglio armato e organizzato. «Due, tre, molti Vietnam. Due, tre. molte Valle Giulia» (slogan del Movimento Studentesco ricalcato su una parola d’ordine di Guevara).
È uno degli ultimi capisaldi teorici del Movimento Studentesco romano di architettura. I contestatori, insieme con gli «Uccelli», sostengono che il voto d’esame non debba essere dato in seguito a interrogazione nelle materie in programma, ma nel corso di un’assemblea che dibatta temi politici collegati con la loro futura professione (speculazione sulle aree fabbricabili, rapporti tra urbanistica e sottosviluppo, etc).
Negli slogans murali il cognome del presidente degli Stati Uniti è generalmente scritto con la svastica al posto della X.
Panfilo, imbarcazione da diporto a vela o a motore. Simbolo elementare di opulenza: «Colare a picco lo yacht dei padroni», «Il PCI viaggia in yacht noi nuotiamo con Mao».
Dal nome dell’uomo politico ucraino Andrej Zdanov, membro del presidio del Soviet Supremo del 1937. Il termine designa comunemente (specie per quanto riguarda i fatti dell’arte) l’intransigenza e l’ottusità culturale del periodo stalinista. Anche a causa dello zdanovismo, per esempio, la pittura sovietica, molto progredita e interessante fino agli anni Venti, si è ridotto a puro e semplice strumento di propaganda governativa. Alcuni artisti aderenti ai movimenti di estrema sinistra di sono convertiti allo zdanovismo (o al «realismo socialista»): «No all’arte borghese, sì all’arte del proletariato in lotta!»