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I «Nuclei armati proletari». Maria Pia Vianale

Redazione Spazio70

Abituate alle donne di camorra, le agenti in servizio si trovano per la prima volta al cospetto di una «guerrigliera rivoluzionaria»

Napoli, 21 maggio 1975. Un’importante operazione antiterrorismo ha condotto gli uomini del vicequestore Ciocia, del commissario Ciccimarra e del capitano Conforti alla scoperta di due covi dei «Nuclei Armati Proletari», organizzazione eversiva di estrema sinistra attiva da poco più di un anno ma già responsabile di numerose azioni. Le basi del gruppo armato sono state individuate in due diverse località. Una a Pozzuoli, al civico 5 di via Vitagliano, l’altra a Sorrento, in via degli Aranci 35. Il covo di Pozzuoli è una centrale per la produzione di documenti falsi e si trova in un appartamento preso in affitto da una giovane donna. Ammanettata dagli agenti mentre si accinge a entrare in casa, la ragazza ha con sé tre milioni di lire in contanti e una patente falsa intestata a Renata Longobardi. Dietro questa identità fittizia si cela un’estremista ventunenne di nome Maria Pia Vianale.

In questura la ragazza ostenta sicurezza e determinazione, cercando di nascondere ogni tipo di reazione emotiva. «Le tremavano le mani e le labbra», racconta un’ispettrice, «ma si controllava, era preparata, sapeva già come comportarsi». Per le assistenti di polizia la Vianale rappresenta un piccolo cambiamento di routine. Abituate alle donne di camorra e alle pregiudicate comuni legate alla prostituzione e al traffico di droga, le agenti in servizio si trovano per la prima volta al cospetto di una presunta «guerrigliera rivoluzionaria». La osservano con un pizzico di curiosità. Non ha l’aspetto di una criminale. È una bella ragazza, alta, mora, ben vestita. Indossa una camicia a righe bianche e celesti infilata in un cinturone; jeans attillati e sandali alti.

 

«ERA BELLISSIMA GIÀ ALLORA»

Dinnanzi alle assistenti di polizia la Vianale non necessita di ordini e inizia a spogliarsi spontaneamente, come da procedura. Durante la perquisizione spunta un anello. Una piccola fede d’oro, senza nomi né date.

«Da chi lo hai avuto?»

«Non mi ricordo»

«Perché non lo portavi al dito?»

«Mi andava di tenerlo nei pantaloni»

Il suo fidanzato è il «nappista» Giovanni Gentile Schiavone ed è latitante. Quel giovane studente di medicina rappresenta uno dei fattori determinanti nel cammino della Vianale verso l’eversione. Lei, studentessa di lingue presso l’Istituto Universitario Orientale di Napoli, proviene da un ambiente tranquillo del quartiere Arenella, al confine con il Vomero. Nata a Taranto il 21 settembre 1954, si trasferisce con la famiglia a Napoli all’età di due anni. La prima volta che il suo nome compare sui giornali è negli anni Sessanta, la politica però non c’entra nulla.

Lo scrittore napoletano Antonio Piscitelli ricorda così quell’evento: «Le nostre foto comparvero sul “Corriere di Napoli” quali studenti modello dell’anno. Avevamo voti altissimi, eravamo pagelle d’oro. Andammo a ritirare le nostre medaglie al cinema “Fiamma”. Lei aveva dodici anni ed era bellissima già allora».

I FONDATORI DEI «NAP»

Dopo gli studi presso gli Educandati femminili nel 1973 si iscrive all’università dove ha modo di conoscere e frequentare coetanei che gravitano attorno agli ambienti dell’estrema sinistra extraparlamentare, simpatizzando per le frange più intransigenti fino a frequentare estremisti come Giovanni Gentile Schiavone (che diviene il suo compagno di vita), Nicola Pellecchia e Vitaliano Principe, fondatori dei NAP. Ed è proprio nel corso delle indagini su questa nuova formazione eversiva che la Vianale finisce nel mirino delle forze dell’ordine.

Il suo nome diviene noto agli inquirenti a seguito di un incidente dinamitardo. In data 11 marzo 1975, nel rione Fuorigrotta, una deflagrazione accidentale in un covo dei NAP uccide Giuseppe Vitaliano Principe, studente venticinquenne di medicina originario di Castellammare di Stabia. Tra quelle mura devastate gli agenti rinvengono armi, munizioni, esplosivo, denaro in contanti, documenti e nomi, tanti nomi segnati in una agenda che si rivelerà preziosissima per le forze dell’ordine. Tra quegli appunti figura anche lei, Maria Pia Vianale. Il suo arresto si verifica poco più di due mesi dopo.

LA MORTE DI ANTONIO LO MUSCIO

Nel 1976 si apre il processo ai Nuclei Armati Proletari e la Vianale si distingue in aula per una particolare aggressività. Nel corso delle udienze grida slogan e proclami a pugno chiuso, insulta i giudici, deride e minaccia la Corte. Durante la notte del 21 gennaio 1977 fugge dal carcere di Pozzuoli assieme alla nappista romana Franca Maria Salerno. L’evasione ha luogo intorno alle ore 03:00, grazie ad un gruppo di complici che opera dall’esterno segando una sbarra alla cella e fornendo alle detenute delle scale di corda. Ad agevolare la fuga anche le condizioni inadeguate della struttura e la scarsa presenza di personale notturno.

In data 22 marzo la Vianale, ormai ricercata in tutta Italia, viene riconosciuta da un poliziotto su un autobus di Roma. L’agente Claudio Graziosi finisce ucciso da un colpo di pistola alla schiena esploso dal nappista Antonio Lo Muscio. In data 1° luglio 1977 è invece Lo Muscio a morire sotto il fuoco delle forze dell’ordine, raggiunto da una raffica di mitra dopo essere stato riconosciuto da alcuni carabinieri sui gradini della Basilica di San Pietro in Vincoli.

Quello stesso giorno Maria Pia Vianale viene arrestata assieme a Franca Salerno. Tornerà in libertà nel 1996.