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«Abbiamo disarmato un Mondialpol». L’orrenda morte di Giuseppe Pisciuneri

Redazione Spazio70

Responsabili dell'omicidio due ex militanti Prima Linea rei confessi dopo la «dissociazione»

Torino, 10 aprile 1980, ore 7:30. Come ogni mattina il trentenne di origine calabrese Giuseppe Pisciuneri, guardia giurata da nove anni in servizio, ha appena lasciato la propria abitazione di via Nizza per recarsi a piedi presso Corso Turati 11, dove ha sede la Mondialpol. Camminando a passo spedito, l’uomo imbocca via Ribet. All’altezza del civico 14 una Fiat 128 di colore verde è parcheggiata accanto al marciapiede. All’interno del veicolo siedono tre giovani, due dei quali si apprestano a scendere rapidamente in strada e ad incamminarsi verso Pisciuneri brandendo una rivoltella.

UNA SMITH&WESSON 38 SPECIAL

Mentre uno dei due malviventi afferra la guardia per il braccio, il complice sfila la pistola d’ordinanza dalla fondina del malcapitato agente, una Smith&Wesson 38 special. Pisciuneri, tuttavia, non demorde e dopo aver sferrato una forte gomitata, con la quale getta per aria uno dei terroristi, tenta di riappropriarsi dell’arma. Nasce una colluttazione, ma nel giro di alcuni secondi si ode uno sparo. Il dramma si consuma rapidamente. Giuseppe Pisciuneri è riverso al suolo nel proprio sangue. Alcuni passanti hanno assistito alla scena da lontano. Qualcuno si è affacciato alla finestra dopo aver udito il fragore del proiettile, tuttavia nessuno ha avuto il tempo di allertare il più vicino posto di Polizia. Rosanna Binelli, 25 anni, moglie dell’agente ucciso, viene trasportata d’urgenza all’ospedale dopo essere stata colta da un malore alla notizia della morte del marito.

Ore 10:30. Presso la redazione del quotidiano Stampa Sera squilla il telefono. Una voce femminile rivendica il «disarmo» dell’agente: «Questa mattina alle ore 7:30 in via Ribet, una ronda proletaria ha disarmato un Mondialpol. Questa operazione si inserisce in una campagna di espulsione dal territorio della gerarchia di controllo sui proletari. Onore ai compagni caduti per il comunismo. Ronde Proletarie».

I responsabili dell’omicidio sono Guido Manina e Daniele Gatto, ex militanti dell’organizzazione armata di estrema sinistra denominata Prima Linea, rei confessi dopo la «dissociazione». Nel 1988 vengono condannati rispettivamente a 23 e 15 anni di carcere anche per altri reati commessi in passato. Tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, Gatto è ammesso alla semilibertà con il lavoro esterno ma nel 1992 si dà alla latitanza durante un permesso premio di sei giorni. Nel 1993 viene arrestato in Spagna nel corso di una rapina durante la quale perde la vita il suo complice, l’ex brigatista Ermanno Faggiani, caduto sotto i colpi della polizia iberica durante un conflitto a fuoco.