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Agli albori della musica alternativa

Redazione Spazio70

Il contesto in cui nasce la musica non conforme è ampiamente attraversato dalla scia di sangue generata dagli anni di piombo, in cui annegano numerosi «camerati»

di Ettore Pelati

La Musica Alternativa nasce in modo spontaneo, dall’esigenza dei giovani militanti di estrema destra di trovare una propria voce, diversa dai canti altisonanti e retorici di un passato lontano e da quella dei cantanti dell’epoca in cui invece si ritrovavano i giovani della fronda opposta. A muoverli non era solo un’esigenza espressiva, ma l’urgenza di costruire una vera e propria mitologia di esempi umani ed ideali cui ispirarsi nell’esercizio della militanza di ogni giorno.

Il contesto in cui nasce la musica non conforme è ampiamente attraversato dalla scia di sangue generata dagli anni di piombo in cui annegano numerosi «camerati». Quei morti lasceranno il segno nei ragazzi di quella generazione, specie nei giovani militanti, e ne ispireranno tanto la lotta politica quanto la vena musicale; ricordiamo tra gli altri i fratelli Mattei, vittime del rogo di Primavalle, i padovani Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola, prime vittime delle Br, lo studente greco Mikis Mantakas e il lutto che ha lasciato il solco più profondo nell’immaginifico dell’estrema destra: Sergio Ramelli.

Durante quella stagione di sangue il MSI, in evidente imbarazzo per i fatti di Piazza della Loggia e dell’Italicus, non riesce a tutelare e a guidare i suoi giovani che sentono il bisogno di riscoprire le radici delle loro idee e che mirano a costruirsi una loro precisa identità, estranea ad un mondo che volevano cambiare e da cui si sentivano, non a torto, ripudiati. Nasce così il Campo Hobbit, una due giorni di dibattiti, musica e militanza la cui prima edizione si tiene tra l’11 e il 12 giugno 1977 e che si ripete, attraverso non pochi problemi, altre due volte riscuotendo sempre successo.

Oreste Lionello e Pippo Franco con l’Onorevole Giulio Andreotti al Bagaglino (1988)

La nuova voce della destra affonda profonde radici nell’inventiva dei cabarettisti del Bagaglino e del Giardino dei Supplizi che, attraverso canzoni e brevi sceneggiati, si prendevano gioco della politica del tempo.

Attorno a questo mondo orbitano artisti del calibro di Pingitore, Mario Castellacci e molti altri come: Pino Caruso, Oreste Lionello, Pippo Franco, Gianna Preda e Leo Valeriano, uno dei più grandi ispiratori dell’Alternativa, in prima linea nel divulgare la cultura di Destra reinterpretando e riadattando motivi propri del Fascismo e ridicolizzando gli avversari politici. Assistiamo quindi ad una vera e propria ribellione culturale di una parte politica che non trovava ascolto nel panorama comune.

Di Giorgi e Ferrario, nel libro «Il nostro canto libero», mia fonte principale, individuano tre caratteristiche fondamentali della Musica Alternativa: coerenza ideale dei contenuti, a-commercialità e durata nel tempo in quanto ancora oggi emergono nuovi gruppi dediti a questo genere che, rinnovando la forma, hanno dato vita al cosiddetto «Rock Identitario» restando però fedeli ai riferimenti storici, politici e culturali.

BRANI SEMPLICI, ESTREMAMENTE CHIARI

Morsello in Scusate se non posso venire, Londra ottobre 1996

Mentre in Italia e in Francia, grazie all’attività di Jack Marchal (sua la definizione di «rock identitario» per connotare il filone alternativo di destra), si sviluppa la musica spontanea dei militanti, nel resto d’Europa prende piede il movimento skinhead che troverà il suo sfogo nel genere hard rock e punk. Gruppi musicali d’ispirazione nazionalista vicine alle due correnti aderiranno al RAC (Rock Against Communism), nato in Inghilterra negli anni Ottanta.

Per capire il valore che aveva assunto la musica per i ragazzi di destra basta rifarsi a queste poche righe rintracciabili sul sito della Compagnia dell’Anello, uno dei gruppi musicali storici: «Momento aggregante per chi militava a destra in quegli anni era il canto. Si cantava […] forse inconsapevolmente ma, di fatto, ripetendo il rito antico dei militi di ogni tempo che nel canto trovavano il momento di unificazione nella vittoria come nelle avversità».

Erano brani semplici, ma estremamente chiari, per intenderci, come cantavano gli Amici del Vento, altro pezzo di storia nell’ambiente: «Basta prendere una chitarra, farci sopra quattro accordi». Si cantava dopo una manifestazione, nelle sezioni o, addirittura, come vera e propria arma di militanza per diffondere i sogni e le emozioni di un mondo sconosciuto e, spesso, anche temuto. Sono i singoli cantautori che diffondono i loro pezzi durante incontri e manifestazioni in tutta Italia. Immenso fu a tal proposito il contributo delle tre edizioni del Campo Hobbit (’77, ’78’, ’80) in cui nasce l’idea di far conoscere all’esterno la musica nata nel ristretto ambiente di destra. Nascono così i primi settimanali a tema e le prime «radio libere» come Radio University, Radio Conero e Radio Alternativa in cui era possibile confrontarsi in diretta su molteplici temi in modo totalmente indipendente dal partito.

Negli anni Ottanta l’impegno politico giovanile subisce un generale e diffuso indebolimento. Il filone alternativo ne risente ma riesce a sopravvivere grazie all’operato dei «traghettatori» che, diffondendo in prima persona le canzoni non conformi, contribuiscono a creare una specifica tradizione, soggetta in quel periodo anche alle influenze skin. È agli albori degli anni Novanta che i nuovi autori ricercano una maggiore qualità e una più ampia fruibilità. Da questo momento si può iniziare a parlare più propriamente di «Rock Identitario». Nonostante gli sforzi, nonostante la creazione di case discografiche indipendenti, l’Alternativa non ha «sfondato» nel panorama musicale odierno, ma è normale che sia cosi: sono canti di contestazione, di protesta, e non verso un singolo governo, non verso una politica discutibile, ma contro gli stessi valori alla base del mondo moderno, della società emersa a fatica dalle rovine della Seconda Guerra Mondiale e delle naturali contraddizioni che ogni epoca porta con sé. Sono canti di ribellione, di una illusione quasi infantile, composti da militanti ingenui e genuini, ancora politicamente vergini e salvi dalla logica delle poltrone: per dirla alla Massimo Morsello sono «canti assassini, canti bambini».