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I rapporti tra Br e Raf negli archivi della Stasi

Redazione Spazio70

Sul caso Moro, riemerge dagli archivi anche un interessante documento redatto dal KGB in Italia

Il 20 luglio 2016 si è svolta, davanti alla seconda Commissione Moro presieduta da Giuseppe Fioroni, l’audizione di Gianluca Falanga, deliberata nell’ambito del filone di indagine relativo ai rapporti tra BR e RAF. Falanga ha dedicato diversi contributi alla storia della Repubblica Democratica Tedesca e dei suoi servizi di sicurezza: le sue ricerche – che si basano sulla consultazione di documentazione sopravvissuta alla distruzione degli archivi della Stasi – hanno evidenziato l’attenzione con la quale il Ministero per la sicurezza dello Stato della DDR abbia guardato negli anni agli affari interni italiani.

CASO MORO. UNA DOCUMENTAZIONE ARCHIVISTICA STASI DAL 1979 AL 1989

Falanga ha prima di tutto segnalato che la Stasi lavorava sulla base di direttive molto stringenti del Partito e ha riferito che il tentativo di ingaggiare come informatrice la moglie del brigatista Piero Morlacchi, fra il 1979 e il 1980, non ebbe seguito a causa del timore politico che potesse essere lesa l’immagine internazionale della Germania orientale nel caso in cui la vicenda fosse venuta alla luce. Falanga ha riferito inoltre che la documentazione archivistica della Stasi sulla vicenda Moro si concentra soprattutto sul periodo 1979-1989, mentre non si riscontrano, tra la documentazione superstite, riferimenti anteriori.

La documentazione, tuttavia, è molto consistente per tematiche affini, come quella dei collegamenti internazionali dei movimenti palestinesi. Falanga ha inoltre evocato la cosiddetta Operazione Roma: con questa denominazione le autorità tedesco-orientali solevano indicare un’operazione di controllo e verifica dell’accesso in Germania Est di cittadini italiani, avviata immediatamente dopo la morte di Moro.

Falanga ha ricordato che dopo il sequestro e l’assassinio di Moro la Stasi intensificò il monitoraggio dell’eversione, di cui è testimonianza la schedatura dei terroristi, e ha sottolineato l’importanza dei cosiddetti IMB (Informeller Mitarbeiter), collaboratori esterni non ufficiali della Stasi e dei KP (Kontaktperson), informatori inconsapevoli che la Stasi contattava spacciandosi per un altro servizio segreto. Nel fare riferimento all’esposizione riepilogativa del sequestro Moro comparato al sequestro Schleyer, redatta l’8 giugno 1978 dalla Stasi e resa nota dal Falanga nel 2014, il presidente Fioroni ha sottolineato che vi sono contenute indicazioni che appaiono non adeguatamente approfondite: in particolare per quanto riguarda il numero delle persone che avrebbero contribuito all’agguato di via Fani (almeno quaranta) e il bar in cui alcuni degli attentatori si sarebbero trattenuti, prima di entrare in azione.

Falanga ha riferito che la Germania occidentale, presumendo e conoscendo in alcuni casi la frequentazione fra la RAF e alcuni elementi delle BR, quando è stato rapito Moro ha proposto una collaborazione alla polizia italiana.

L’offerta di aiuto venne accettata: funzionari del BKA (Bundeskriminalamt) installarono al Ministero dell’Interno una base di indagine e di scambio di informazioni. Rispetto all’attività di tale task force, Falanga ritiene esistano dei rapporti di valutazione presso il Bundesarchiv. Ha inoltre richiamato l’attenzione sulla collaborazione con i palestinesi, basata sullo scambio sistematico di informazioni, grazie al quale la Stasi ebbe notizia del lodo Moro e seppe del traffico di armi che passavano dall’Italia. 

I RAPPORTI TRA BR E RAF. IL RUOLO DI UNA INTERPRETE

Falanga ha inoltre riferito che nel 1990, dopo la caduta del muro, si è scoperto che dieci terroristi della RAF si erano nascosti nella Germania dell’Est: tre di questi hanno raccontato che Moretti si recava a trovarli a Parigi nell’estate 1978 per discutere di una possibile alleanza militare, idea che fu poi abbandonata dallo stesso dirigente Br nell’agosto del 1979. Fra i terroristi tedeschi e le BR esisteva – secondo Falanga – una frequentazione precedente rispetto alla quale Moretti era subentrato. Nel 1979 la Stasi aveva reclutato Brigitte Heinrich, che il 16 febbraio 1983 raccontò al maggiore Voigt l’esistenza di una interprete tra la RAF e le BR, precedentemente al 1979. Inoltre – secondo quanto riferito ancora da Falanga – i terroristi tedeschi avrebbero parlato di una proposta, proveniente da Mario Moretti, volta a vendicare nel 1979-1980 i compagni arrestati e uccisi. Il piano sarebbe poi stato abbandonato nonostante l’avanzato stato di preparazione. L’obiettivo di Moretti, insomma, sarebbe stato quello di integrare la RAF nella strategia brigatista: al riguardo Falanga ricorda come Moretti considerasse le BR una organizzazione politicamente più strutturata rispetto alla RAF e per questo da porsi in una posizione egemonica rispetto al gruppo tedesco.

La RAF e i rapporti con il terrorismo tedesco. In questa seconda fase dei lavori si è cercato di sviluppare, attraverso specifiche deleghe a collaboratori della Commissione, quella serie di elementi logico – fattuali che depongono, almeno a livello di ipotesi, per un coinvolgimento operativo, dell’organizzazione terroristica tedesca RAF (Rote Armee Fraktion) nella vicenda del sequestro e della morte di Aldo Moro. Tale partecipazione, sia in ambito investigativo sia nella copiosa narrativa e nel giornalismo d’inchiesta, è stata sempre ipotizzata come altamente probabile. Al fine di comprendere meglio il tenore degli incontri tra appartenenti alle BR e alla RAF, che atti processuali (ordinanza – sentenza di rinvio a giudizio del giudice istruttore Ferdinando Imposimato del 12 gennaio 1982) danno per avvenuti a Milano in epoca antecedente al sequestro Moro, si sono svolte attività finalizzate ad individuare la donna, ovvero le donne che fungevano da interpreti in occasione di tali incontri. La Commissione, tramite suoi collaboratori, il 17 novembre 2015 ha escusso Vito Messana, che negli anni Settanta faceva parte di un movimento terrorista denominato Azione Rivoluzionaria che si ispirava al terrorismo tedesco (Movimento 2 giugno).

Messana, pur non appartenendo direttamente alle Brigate rosse, è uno dei terroristi che all’epoca del sequestro Moro erano detenuti e per i quali le Br avevano chiesto la liberazione. Messana ha dichiarato di non essere a conoscenza «di fatti specifici o comunque di una diretta partecipazione» di gruppi tedeschi al sequestro Moro. Ha però riferito che, nel corso della sua detenzione presso le carceri di Nuoro e di Bergamo, nei primi anni Ottanta, aveva stretto rapporti, prima epistolari e poi di conoscenza personale, con Johanna Gabriele Hartwig, originaria di Norimberga, detenuta nelle carceri italiane in quanto appartenente ad Azione Rivoluzionaria, che in seguito sposò. La Hartwig gli riferì di essersi trovata in carcere insieme a Inge Kitzler, anche lei tedesca e brigatista, moglie del brigatista Andrea Coi, di origine sarda: la stessa Kitzler avrebbe fatto da interprete in un incontro, avvenuto a Milano nei primi mesi del 1976, tra i vertici delle Brigate rosse ed i vertici della RAF tedesca.

UNA DIFFICILE INTESA OPERATIVA

Messana ha inoltre riferito di altri incontri operativi successivi al sequestro Moro, che, secondo quanto raccontatogli da Moretti, non avevano prodotto «alcuna intesa operativa» a causa delle grandi differenze di mentalità e prospettiva, essendo le BR proiettate più sul mondo operaio a differenza della RAF che invece sarebbero state maggiormente proiettate sul cosiddetto terzo mondo.

Gli episodi raccontati da Messana sono stati evidenziati anche nell’audizione di Gianluca Falanga. Sulla base della documentazione consultata presso gli archivi della Stasi, Falanga ha sottolineato che nel 1983 Brigitte Heinrich, un’estremista tedesca, reclutata dalla Stasi, che aveva vissuto diversi anni in Italia, soprattutto a Milano, dove aveva avuto una serie di frequentazioni in aree prossime al brigatismo, raccontò al già citato maggiore Voigt che una donna, il cui nome è stato obliterato negli atti, faceva da interprete fra la RAF e le BR, in un periodo anteriore al 1979.

Questa donna non si identificherebbe con Ingeborg Kitzler, ma sarebbe la persona che l’avrebbe sostituita nella funzione di interprete. Allo scopo di precisare questi elementi, in data 23 luglio 2016 la Commissione ha escusso Andrea Coi e Ingeborg Kitzler, sua compagna.

Coi ha confermato l’episodio del fatto che la sua compagna fu utilizzata come interprete in un incontro tra militanti italiani e della RAF, su richiesta di Raffaele Fiore. Anche la Kitzler ha confermato l’episodio, ricordando di essere andata in treno a Milano e di aver incontrato poche persone di nazionalità italiana e tedesca. Non è stata però in grado di fornire altre precisazioni.

Si tratta in ogni caso di dichiarazioni molto probabilmente omissive sui rapporti tra RAF e BR in quanto sia Andrea Coi, elemento di spicco della colonna torinese scarcerato dopo quasi trent’anni di detenzione, sia la Kitzler hanno offerto la netta percezione di soggetti non completamente distaccati dall’ideologia che li ha portati alla loro militanza; da qui la conseguente poca disponibilità a ricostruire pienamente la storia e i rapporti intrattenuti dalle Brigate rosse con la RAF.

Sul punto è stato escusso il 29 ottobre 2016 Patrizio Peci che ha ricordato lo stesso episodio dell’incontro milanese in questi termini: «L’unica circostanza che posso riferire è legata alla necessità di disporre di un interprete in occasione di una riunione che doveva tenersi a Milano tra elementi della RAF, la cui identità non conosco, e Lauro Azzolini. Fu scelta per questo incarico la compagna di Andrea Coi, un militante della colonna torinese, di nome Ingeborg, tedesca, giunta da poco tempo in Italia. La donna andò effettivamente a Milano, ma l’esito dell’incarico che le fu affidato fu infelice. Parlando non molto bene l’italiano traduceva a stento e a un certo punto Azzolini si accorse che non rendeva il senso dei concetti che egli voleva esporre ai tedeschi».

IL MEMORANDUM KGB DEL 1980

Peci, per quanto riguarda la questione del secondo interprete che avrebbe sostituito la Kitzler, ha riferito di non essere a conoscenza della circostanza, mentre all’epoca del suo pentimento, sentito il 2 aprile 1980 dalla magistratura, aveva dichiarato di essere a conoscenza di una donna che sarebbe poi stata arrestata a Milano.

È stato anche acquisito un memorandum redatto nel 1980 dal KGB sul terrorismo italiano pubblicato, con un commento dello studioso Fernando Orlandi, dal CSSEO – Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale con sede a Levico. Tale memorandum fa parte di un corpo di documenti provenienti dai Servizi di sicurezza bulgari resi pubblici da una Commissione di divulgazione istituita in Bulgaria dopo il cambio di regime del 1990.

Il memorandum, che è tra i non molti documenti non distrutti, è stato sicuramente ottenuto nell’ambito degli scambi informativi tra i Servizi di sicurezza bulgari e il KGB ed è uno dei rarissimi documenti accessibili elaborati dal KGB sul terrorismo italiano.

Nel documento, che contiene una ricostruzione delle varie tappe del terrorismo brigatista in Italia, si afferma che a partire dal 1979 il terrorismo italiano «ha superato le frontiere nazionali» e che nell’ultimo periodo si è avuta notizia di «incontri che hanno avuto luogo fra rappresentanti delle organizzazioni terroriste di diversi paesi del mondo ai quale hanno partecipato anche gli italiani». In particolare, per il caso Moro è emerso che alla preparazione del piano per il sequestro avrebbero partecipato membri del gruppo terrorista della Germania occidentale Baader-Meinhof mentre altri legami sarebbero stati attivati con l’organizzazione palestinese FPLP e con terroristi francesi.

Il ragionamento portante del documento esprime la valutazione che i Servizi segreti italiani sarebbero riusciti a penetrare all’interno delle organizzazioni terroristiche orientandone l’evoluzione: in particolare, dopo aver ottenuto informazioni sui crimini in preparazione, sarebbero intervenuti soltanto contro quelli che non rientravano nei loro piani politici, creando in tal modo le condizioni per l’attività di altri gruppi considerati «utili» o al contrario soffocandone altri. In questa «riconversione» dell’azione dei terroristi «direttamente o indirettamente» i Servizi segreti sarebbero stati «coinvolti» e avrebbero portato su di sé «la responsabilità per l’uccisione di Aldo Moro». Tutto ciò in un quadro orientato contro gli interessi del PCI al quale comunque non vengono risparmiate critiche.

Nel complesso le attività investigative svolte dalla Commissione confermano l’esistenza di contatti tra le Brigate rosse e la RAF fin da epoca precedente al sequestro Moro. È ragionevole ritenere che la natura di tali contatti non sia stata di carattere esclusivamente politico, ma abbia riguardato anche il livello logistico–operativo.