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«Il mio viaggio in India? Quando arrivi lì capisci che tutto è lecito». L’eroina e la lunga strada verso Goa

Redazione Spazio70

Da un articolo di «Lotta continua» (1980)

«Perché tanta meraviglia per i diecimila che vanno a morire in India? Quanti ne muoiono qui in Italia, quanti di più? Quanti eroinomani ci sono in Occidente? Il problema è semmai perché tanti ragazzi scelgono l’India e Goa e perché non reagiscono alla morte che sentono magari vicina qui come là».

Chi parla sono Sergio e Adriana, hanno poco più di trent’anni e sono appena ritornati dal loro secondo lungo viaggio in India. La prima volta era stata tre anni fa ed erano rimasti per dieci mesi. Adesso sono tornati appena da un mese dopo un viaggio di un anno, di cui sette mesi in India, il resto in Estremo Oriente.

«L’India è un viaggio sicuramente sconvolgente, arrivi lì e ti accorgi che tutti i tuoi parametri culturali non ti servono. Le tue conoscenze, quello che hai sempre ritenuto giusto o ingiusto da quando sei nato, lì non servono, è tutto capovolto e puoi solo tentare di capire. Adesso sembra che tutti quelli che vanno in India ci vanno per un viaggio di morte, ma questo è pazzesco. Noi contiamo di ritornarci ancora, per noi è stato un viaggio importante e positivo».

«IN INDIA TUTTO È SCONVOLGENTE»

«Di questi diecimila», continuano Sergio e Adriana, «molti prendevano eroina anche qui oppure non la usavano ma erano intenzionati a usarla. L’eroina non fa parte della cultura indiana. Sino a tre-quattro anni fa proprio non la trovavi, figurati che prima gli eroinomani andavano in India per disintossicarsi. E’ tutta importata. Dalla Thailandia la maggior parte, ma anche dal Pakistan, dalle fabbriche della Bayer. E tutto il traffico è naturalmente in mano agli occidentali. L’India come derivato dell’oppio produce la morfina che trovi nelle farmacie. Certamente molti iniziano a farsi in India perché è facile trovare qualsiasi tipo di droga e poi perché magari arrivi alla stazione di Bombay, non sei mai partito dall’Italia, e certe cose ti sconvolgono proprio. Tutto è sconvolgente. Questa cosa della “fabbrica degli storpi” di cui ha parlato qualche giornalista è proprio vera. E tu impazzisci a vedere un bambino mutilato, storpiato, con una manina tagliata dagli stessi genitori perché così potrà fare meglio l’elemosina e potrà forse sopravvivere. La religione induista contempla come obbligatoria l’elemosina. Oppure ti sconvolge avere accanto a te, nella sala di aspetto alla stazione degli autobus, un lebbroso con gli arti ridotti a moncherini, con le piaghe aperte, in mezzo agli altri, e gli altri che sembrano non farci caso. Impazzisci. In India non esistono i diversi. Non esistono i cottolenghi, tutto è per la strada. Non ci sono manicomi. Il trattamento che viene riservato ai pazzi è il taglio a zero dei capelli, così tutti possono accorgersene, e niente di più. Lo stesso viene riservato agli occidentali “flippati” che vengono ricoverati in ospedale. Gli altri finiscono nelle galere».

«CI SONO TANTI TOSSICOMANI MANTENUTI IN ORIENTE DALLE LORO FAMIGLIE: LA DROGA COSTA MENO E NON C’È PERICOLO DI SCANDALI»

«Goa», continuano, nel racconto della loro esperienza, i due ragazzi, «è il concentramento di tutto e di tutti. Trovi tutte le sostanze stupefacenti che esistono al mondo e trovi davvero l’umanità più svariata e incredibile. Goa è uno stato a sud di Bombay. Ci saranno una ventina di spiagge tutte molto belle, lunghe, assolate e con i palmeti dietro. Diresti che è un paradiso. Trovi gli occidentali ricchi che vanno nel grande albergo, trovi il viaggiatore simpatico che si arrostisce al sole e che “spipetta” o che si fa spinelli, trovi i turisti ricchi indiani che vengono a vedere gli occidentali. E poi ci sono gli sconvolti. Goa è stata una colonia portoghese sino al 1961. E’ cristiana al 90 per cento, è l’unico stato dell’India dove trovi centinaia di chiese. Goa potrebbe essere in qualsiasi parte del mondo. In genere ti affitti una casa per pochissimo, mille lire al giorno e puoi cucinarti quello che vuoi. Anche per meno, se resti per sei mesi ad esempio. Quando arrivi a Goa capisci che tutto è lecito e impari a non sconvolgerti più per niente. Ti può capitare di incontrare una ragazza nuda sotto effetto di allucinogeni che gira cospargendosi di merda di vacca con lo sguardo perso. O ragazzi coperti di piaghe e infezioni: piccole ferite mai curate che si riempiono di pus. E a un certo punto l’organismo non reagisce più. L’alimentazione è totalmente diversa e il clima e la tua sudorazione e tutto il resto fanno sì che tutto ti funziona in modo diverso. Puoi vedere anche gente come imbambolata seduta a terra che non parla per giorni, che si lascia andare e non ha più nessuno stimolo. E non è solo eroina. Durante i famosi party sulla spiaggia che vengono fatti quasi ogni sera intorno a un falò a cui partecipano cinque-sei mila persone, puoi divertirti e sentire musica e ballare tutta la notte. Ma puoi cominciare a farti tre-quattro droghe diverse. Ti prendi due acidi poi sniffi o ti fumi eroina, mangi un pezzetto di oppio, mangi la datura (che è un’erba allucinogena) e poi sei fatto per le feste. Allora si che veramente stai lì solo per quello e non te ne frega più niente degli altri e del posto dove sei. L’eroina come molte altre sostanze allucinogene è un viaggio tutto suo. Ti interessa solo procurarti la roba e niente altro. Ti prostituisci e sei disposto a derubare anche il tuo compagno di viaggio. Noi abbiamo incontrato una ragazza italiana di 18-20 anni. Pesava ormai non credo più di 40 chili, era appena uscita dall’ospedale (e davvero non sappiamo come abbia fatto) per l’epatite virale. Ciò nonostante continuava a prendere oppio perché aveva dolori tremendi e non credere che ci siano solo gli eroinomani scalcinati senza soldi e passaporti. Noi abbiamo conosciuto ragazzi inglesi e tedeschi, mantenuti in India addirittura dalle famiglie: erano eroinomani anche in Europa. In India gli costa di meno e non c’è il pericolo di scandali».

«IL FUMO MIGLIORE DI TUTTA GOA? LO VENDE UN CLAN DI SARDI»

«Un cittadino italiano non potrebbe stare più di sei mesi in India nel corso di un anno. Ma in realtà i modi per restare più a lungo sono molti. Puoi corrompere la polizia come in tutti i posti del mondo. Rubi o speculi alle spalle degli indiani con business vari: per esempio, traffici in spezie. Noi abbiamo incontrato un gruppo di italiani che non si facevano nessun problema a vendere chiodi di garofano agli indiani trafficando dal Sud al Nord. E poi ti vendi tutto quello che ti sei portato dall’Occidente: i jeans e l’orologio. Oppure molti fanno contrabbando di alcol. In molti stati c’è ancora il proibizionismo e tu come turista puoi avere un permesso per l’acquisto di alcolici, permesso che poi ti rivendi o che sfrutti in vario modo. Infine traffichi droga. La maggior parte degli italiani non eroinomani, anzi ferocemente contro l’eroina, che vivono in India, si è organizzata in veri e propri clan. Noi abbiamo conosciuto il clan dei sardi che vende il miglior fumo di tutta l’India. Li chiamano i “charsy” da “charas” che è il nome dell’hashish in India. Loro durante il periodo dei monsoni (maggio-settembre) vanno sulle montagne. Nella regione di Manali, nello stato di Himachal Pradesh, c’è una delle produzioni maggiori e di migliore qualità del mondo. Puoi acquistarlo liberamente negli spacci dello Stato o puoi andare, come fanno loro, nelle coltivazioni direttamente. Questi “charsy” finito il monsone in genere scendono chi a Delhy, chi a Benares, chi a Goa dove sono certi che potranno rivendere l’hashish se di buona qualità a prezzi europei. Il Manali di prima qualità si vende a 100 rupie la tola (ovvero 10 mila lire per dieci grammi). In Italia costa cinque mila lire al grammo anche se però di così buona qualità non ne arriva. Ecco, noi crediamo che la maggior parte della gente che va in India si faccia delle ottime canne e poi che vada per stare bene, per conoscere un modo di vita differente e probabilmente senza molta ideologia “orientaleggiante” anche se ci sono anche gli “scimmiottatori” degli indiani. Quelli che non si rendono conto che indiani non saranno mai, che mai potranno cogliere profondamente e intensamente l’induismo, dato che si portano tutto il loro essere occidentale appresso. Gli indiani sono un popolo estremamente tollerante. Uno in India può andarci per mille motivi. Credo sarebbe pazzesco se dopo aver improvvisamente scoperto che esiste il fenomeno dei “dispersi” sicuramente grosso e preoccupante, si finisse per credere che chi va in India ci vada per morire. La dimensione “da viaggio” è straordinaria. Sviluppi una grande solidarietà con tutti gli altri viaggiatori. Ti accorgi che puoi vivere veramente con poco e cambia completamente il tuo rapporto con la natura, con te stesso e con molti tuoi bisogni. E’ una cosa bella, insomma».

«Io non so quanti ragazzi europei partono per l’India», concludono Sergio e Adriana, «saranno forse 10 milioni l’anno o non so forse di più. Certo tanti. E partono perché sanno stare di bene e non perché si va incontro alla morte. Proprio no. Invece di meravigliarsi tanto sarebbe meglio andare in giro per i cessi dei bar italiani per capire che il fenomeno non c’entra niente con l’India. E poi è importante dire che tra i dispersi c’è molta gente che “sceglie” di non tornare. Perché magari è partito per non fare il servizio militare o perché in Italia si stava proprio male».