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Mirella Gregori, secondo il SISDE un’amica sapeva chi la portò via

Tommaso Nelli

Ecco il documento “riservato” dei servizi segreti a cui i magistrati non hanno dato peso

L’amica di Mirella Gregori sapeva con chi quest’ultima andò via il giorno della sua scomparsa. Almeno questo è quanto si deduce da un appunto del SISDE (il servizio segreto civile, oggi AISI) agli atti dell’inchiesta giudiziaria archiviata nel maggio 2015 dalla Procura di Roma e conosciuta perché perlopiù incentrata sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. In quell’indagine si affronta anche il caso di Mirella Gregori, quindicenne romana sparita nel primo pomeriggio del 7 maggio 1983 (quarantaquattro giorni prima di Emanuela Orlandi). Era un sabato e lei stava aiutando la mamma in casa, quando si assentò per scendere a salutare un amico delle medie, un certo “Alessandro”, che le aveva citofonato. Da quel momento, sparì nel nulla. Gli inquirenti concentrarono le attenzioni su Sonia De Vito, coetanea amica di Mirella, figlia del proprietario del bar “Italia”, situato all’inizio di via Nomentana, proprio sotto casa dei Gregori. Le due ragazze, quel pomeriggio, prima che Mirella andasse via con “Alessandro”, trascorsero alcuni minuti assieme.

De Vito fu iscritta nel registro degli indagati durante la prima inchiesta giudiziaria, ma poi fu prosciolta. Nel secondo iter investigativo fu nuovamente ascoltata, ma non le fu mai chiesto niente in merito a quanto annotato dal SISDE mercoledì 26 ottobre 1983. Quel giorno, alle 15:30, una fonte del Servizio era nel locale dei De Vito e avrebbe assistito a un dialogo tra Sonia e un’amica «senza alcun dubbio relativo alla nota vicenda della scomparsa di Mirella Gregori».

“COME HA PRESO MIRELLA POTEVA PRENDERE ANCHE ME”

Come scritto nel documento inedito che riportiamo, a un certo punto, pronunciate dalla De Vito, «venivano udite chiaramente le seguenti frasi:

“Certo… lui ci conosceva, contrariamente a noi che non lo conoscevamo… quindi poteva fare quello che voleva…”

“Come ha preso Mirella poteva prendere anche me, visto che andavamo insieme…”».

Affermazioni semplici e chiare, per quanto sconcertanti: secondo l’appunto del Sisde, Sonia De Vito conosceva l’uomo che portò via per sempre Mirella Gregori. Ma chi era costui? Per caso, il quarantenne di bell’aspetto e sempre ben vestito, assiduo frequentatore del bar “Italia”, che la madre di Mirella raccontò di aver visto molte volte intrattenersi con la figlia e Sonia ai tavolini del locale? Oppure un’altra persona, conosciuta dalle due ragazze in un altro ambiente? Ma le due – che, secondo quanto dichiarato dalla De Vito il 17 maggio 2011, avevano allentato i rapporti da un anno, quindi ben prima della scomparsa, perché lei si era fidanzata – che luoghi frequentavano assieme abitudinariamente? Sonia rimase molto colpita dal dramma di Mirella. Almeno sempre secondo il SISDE, che rilevò: «La figlia del gestore, nel pronunciare le frasi di cui sopra, appariva preoccupata e palesemente “toccata” dall’argomento».

Ma allora perché De Vito non ha mai parlato di questo agli inquirenti? Forse perché l’individuo in questione era uno potente che la ricattò insieme alla famiglia intimando il silenzio? Non lo sappiamo. Anche perché lei, quando è stata sentita dall’autorità giudiziaria (5 agosto 2010 e 17 maggio 2011), ha dichiarato di non sapere chi fosse il soggetto descritto dalla madre della Gregori e le è sembrato riconoscere, in maniera molto sommaria, in un album con quaranta foto sottopostole dalla Mobile, un cliente del bar dell’epoca.

LE MOLTE DOMANDE PRIVE DI RISPOSTA

Giovanni Falcone diceva che le battaglie non si vincono pretendendo l’eroismo degli inermi cittadini, ma impegnando le forze migliori. Che in questo caso sono i magistrati. Viene allora da chiedersi: perché Capaldo e Maisto, dopo aver acquisito il 24 luglio 2013 l’appunto del SISDE, sul quale il Servizio — e su questo occorre domandarsi il perché — appose “Emanuela Orlandi” come “oggetto”, non hanno mai convocato la De Vito quantomeno per approfondirne il contenuto? Perché non hanno accertato chi fosse l’altra amica della conversazione (per i nostri 007, una commessa di un negozio limitrofo)? E ancora: era al corrente dell’identità del misterioso rapitore? Probabilmente i due magistrati si sono attenuti al verdetto della collega Adele Rando, che nel 1997 prosciolse Sonia De Vito dall’accusa di reticenza, e quindi non hanno attribuito importanza al documento del SISDE.

Sennonché queste domande restano ancora senza una risposta che invece sarebbe necessaria, perché potrebbe incanalare il mistero sul binario della verità e potrebbe dimostrare come, per un’adolescente sparita all’improvviso, sia fondamentale il contributo delle persone a lei più prossime. Cioè le amiche. Un principio valido anche per Emanuela Orlandi, pensando alle sue compagne di giochi che in questi decenni sono assurte a vestali del silenzio. Voluto o imposto? Questo è un altro interrogativo che, una volta risolto, condurrebbe con buone probabilità a una verità attesa da troppo tempo. Come quella su Mirella Gregori.

Articolo originariamente pubblicato su Cronaca & dossier (settembre 2016)