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Hebe de Bonafini, da coraggiosa leader dei diritti umani ad alleata di autocrati e corrotti

Redazione Spazio70

Si considerava a pieno titolo una componente dello staff dei Kirchner. Nel 2017 era stata chiara sul cambiamento avvenuto nell'associazione delle Madri di Plaza de Mayo: “Non siamo più un'organizzazione per i diritti umani. Ora siamo un'organizzazione politica; con un partito, che è il Kirchnerismo”

Con la morte di Hebe Pastor de Bonafini (1928-2022), scompare una delle fondatrici dell’Associazione Madres de Plaza de Mayo. Mentre sono noti a tutti i suoi grandi meriti nel portare all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale la realtà dei desaparecidos durante il regime dei militari in Argentina, meno note in Europa sono le sue posizioni politiche e le violente dichiarazioni espresse anche nei confronti di altri rappresentanti di organizzazioni attive nel campo dei diritti umani, nonché gli scandali finanziari della sua associazione, che, nel Paese sudamericano, hanno finito per gettare un’ombra sulle iniziative a supporto di coloro che hanno vissuto sulla propria pelle gli anni della dittatura.

A tal proposito abbiamo chiesto a Ceferino Reato di darci un sintetico ritratto di Hebe de Bonafini — protagonista discussa e discutibile, ma essenziale per capire l’Argentina di ieri e di oggi.

Di Ceferino Reato*

Figura emblematica di quel coraggioso intreccio di organizzazioni per la difesa dei diritti umani sorto durante l’ultima dittatura argentina, la più sanguinaria della nostra storia, Hebe de Bonafini ha raffigurato come nessun altro la problematica transizione della maggioranza di esse dalla società civile alla società politica, per dirla con le parole di Antonio Gramsci. Queste organizzazioni, e Bonafini in primissimo piano, hanno finito per far parte di una coalizione di potere schierata con la coppia formata da Néstor e Cristina Kirchner, presidenti tra il 2003 e il 2015. Néstor morì nel 2010 e la sua vedova, Cristina, è da allora la leader indiscussa del peronismo e della sua versione di centrosinistra, il kirchnerismo.

Hebe de Bonafini, Hugo Chávez e Fidel Castro (REUTERS/Andres Stapff)

In fondo, Hebe non è mai cambiata: fu sin dall’inizio una persona in possesso di nozioni molto basilari di formazione politica, benché astuta; inoltre, fu coraggiosa durante la dittatura di Jorge Rafael Videla e compagnia, quando erano in pochi coloro che avevano l’audacia di difendere i diritti umani. Ma fu anche una ferrea ammiratrice, tra gli altri, di Fidel Castro e Hugo Chávez, che l’hanno portata a sostenere anche la ETA basca, le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) e altri gruppi di questo tipo. Una volta disse, per esempio: “Stiamo con i compagni delle FARC, stiamo con Chávez. Uribe (il presidente colombiano ALVARO Uribe) è una merda e un figlio di puttana.”

Durante la dittatura subì il sequestro e la scomparsa dei suoi due figli maschi, il peggior dolore che possa essere riservato a una madre. Lungi dal rinchiudersi in casa, queste perdite la spinsero a reclamare giustizia per i figli in Plaza de Mayo, davanti alla Casa Rosada, la sede del potere politico, dove incontrò altre madri che soffrivano come lei, e insieme iniziarono a girare attorno alla piramide bianca che abbellisce il centro di questo spazio pubblico, con il capo coperto da un fazzoletto bianco. Nacquero così le Madres di Plaza de Mayo, l’organizzazione per i diritti umani che divenne poi nota a livello mondiale (scissa in due diverse associazioni indipendenti dal 1986, ndt)

Hebe ha sempre sostenuto di dovere la sua coscienza politica ai propri figli: “Prima che fosse sequestrato il mio primo figlio, io ero una donna qualsiasi, una casalinga tra le tante. Non sapevo tante cose. Non mi interessavano. La questione economica, la situazione politica del mio Paese mi erano totalmente estranee, indifferenti. Ma quando scomparve mio figlio, l’amore che sentivo per lui, l’ansia di cercarlo fino a trovarlo, di implorare, di chiedere, di esigere che me lo consegnassero; l’incontro e l’angoscia condivisa con altre madri che sentivano il mio stesso anelito, mi hanno introdotto in un mondo nuovo, mi hanno fatto sapere e riconsiderare molte cose che non prima non sapevo e non mi interessava sapere.”

“LE ARMI DEI NOSTRI FIGLI”

Fu un cambiamento molto repentino, che non si è fermato alla difesa dei diritti umani, allo stato di diritto e alla democrazia nella sua versione liberale. Al contrario, difendeva la lotta armata, la via prescelta dai suoi figli e da tanti altri giovani per realizzare una rivoluzione comunista o socialista.

Per questo lamentava la mancanza di un “autentico” Museo della Memoria: Che peccato che non siano esposti i FAL (fucili automatici leggeri, spesso usati dalla guerriglia durante le loro azioni, ndt), le armi con cui nostri figli vollero fare la rivoluzione. Se il museo non vuole mostrare com’era questa organizzazione rivoluzionaria, le lotte che si sono combattute, le azioni realizzate, allora non serve a nulla”.

Hebe de Bonafini e Cristina Kirchner

Per rendere onore al suo stile molto diretto, pur tralasciando le sue parolacce, Hebe de Bonafini era un’autoritaria di sinistra. Qui (in Argentina, ndt) abbiamo sofferto molti autoritari di destra. Però non mancano nemmeno gli autoritari di sinistra. Ed Hebe era una di loro.

Vediamo a questo proposito tre frasi:

— “Il governo (di Cristina Kirchner) deve prendere il controllo dei mezzi di comunicazione. Dobbiamo metterci gente nostra.”

— “Dobbiamo prendere esempio dai preti, che ti prendono da piccolo e ti danno un catechismo: pa, pa, pa, pa, e a quattro anni sei già rincoglionito”.

— “I giudici della Corte Suprema di Giustizia sono delle canaglie, complici della dittatura. Devono dare le dimissioni e devono andarsene se non vogliono aiutare il popolo. Dobbiamo strappare a questa Corte la decisione, che è nostra, e dobbiamo prendere il Palazzo dei Tribunali. Prendiamolo!”.

Ha sempre criticato la Chiesa cattolica, i papi e, in particolare, Jorge Bergoglio finché questi non si è seduto sul trono di San Pietro e allora si sono riconciliati. “Francesco ha detto che alle Madres del Plaza de Mayo si permette tutto. Davvero sono strafelice. Così continuerò a insultare perché a quanto pare Dio mi perdona”, spiegò.

“CHE BRUCI VIVO ALL’INFERNO”

Hebe de Bonafini odiava invece Giovanni Paolo II per il suo ruolo da protagonista nella caduta del blocco sovietico. Quando il papa polacco morì, lo celebrò con queste parole: “Noi (Madres) speriamo che bruci vivo nell’inferno. È un porco. Anche se un prete mi ha fatto notare che il maiale si mangia, e questo papa è indigeribile”.

Horacio Verbitsky (Augusto Starita / Secretaría de Cultura de la Presidencia de la Nación)

Tra i suoi grandi nemici figuravano, ovviamente, Stati Uniti, Gran Bretagna, Israele e, in generale, gli ebrei. Per esempio, si rallegrò per il crollo delle Torri Gemelle nel 2001: “Per la prima volta hanno passato il conto agli Stati Uniti. Mi trovavo a Cuba con mia figlia e sono stata molto felice quando ho ascoltato la notizia. Non sarò ipocrita su questo tema: non mi è dispiaciuto per niente l’attentato. Sono stata molto contenta che, per una volta, la barriera del mondo, questa sporca barriera, piena di cibo, di oro, di ricchezza, gli sia crollata addosso”.

Litigò persino con il giornalista Horacio Verbitsky, nonostante la comune militanza per i diritti umani e nel kirchnerismo: “Verbitsky è un servo degli Stati Uniti. Riceve uno stipendio dalla Fondazione Ford e, oltre a essere un ebreo, è totalmente filoamericano”.

Sfogò la sua rabbia anche contro Estela de Carlotto, la presidente delle Abuelas de Plaza de Mayo, e contro Graciela Fernández Meijide, anch’essa madre di un desaparecido e autentica combattente per i diritti umani.

“NON SIAMO PIÙ UNA ORGANIZZAZIONE PER I DIRITTI UMANI”

In cambio, era una ferma sostenitrice dei Kirchner e si riconosceva come stella nel firmamento dei pezzi grossi del kirchnerismo. Aveva ben chiaro il cambiamento che aveva avuto luogo all’interno delle Madres de Plaza de Mayo, come disse nel 2017: “Non siamo più una organizzazione per i diritti umani. Siamo una organizzazione politica; adesso anche con un partito, che è il kirchnerismo”.

Hebe de Bonafini con l’ex presidente argentino Néstor Kirchner

In questo passaggio dalla società civile alla società politica, Bonafini ottenne che i Kirchner mandassero a processo tutti i militari e poliziotti accusati di crimini contro l’umanità durante la dittatura e che, in cambio, restassero in libertà e ricevessero onori i guerriglieri e i loro familiari con tanto di risarcimenti, pensioni e monumenti.

Per reciprocità, Bonafini e le organizzazioni per i diritti umani hanno funzionato, e continuano a farlo, come una sorta di scudo etico dinanzi alle frequenti accuse di corruzione che macchiano i leader del kirchnerismo a ogni suo livello.

Va detto che tale alleanza strategica fu cercata da Néstor Kirchner appena giunto al governo, nel 2003 (vedi articolo su Magdalena Ruiz Guiñazú, ndt). Fino a quel momento, il leader patagonico non si era mai interessato alle violazioni dei diritti umani durante la dittatura e si era sempre rifiutato di ricevere Hebe de Bonafini durante le visite alla sua provincia, Santa Cruz. Tuttavia, nel 2003 Kirchner aveva bisogno di ampliare la sua base di consenso sociale e sfruttò così il prestigio di Hebe e di altre leadership simili: “Il nostro punto di partenza devono essere i diritti umani. Hebe è un carrarmato. Ed il più grande di tutti i simboli. La madre di tutte le Madres”, come spiegò a un filosofo di partito, José Pablo Feinmann, per telefono dall’aereo presidenziale a metà di quell’anno. Fu un’alleanza di ferro. Bonafini e le sue organizzazioni passarono a maneggiare moltissimo denaro, il che sfociò in iniziative molto discusse e in gravissime denunce di corruzione, ma fu sempre protetta dal potere di cui ormai lei era parte integrante.

Néstor Kirchner lo sapeva molto bene. “La sinistra ti dà immunità, Ramón”, come spiegò nel 2004 al senatore peronista Ramón Puerta. Immunità che Néstor Kirchner cercava e che hanno però finito per sporcare Bonafini e le organizzazioni per i diritti umani.

[Traduzione e adeguamento a cura di Spazio 70. La versione originale del presente articolo, scritto in esclusiva per noi da Ceferino Reato, è consultabile qui]

* Giornalista e scrittore, la sua ultima pubblicazione è intitolata “Masacre en el comedor”. Già redattore della sezione politica nazionale del giornale Clarin, caporedattore di Perfil, corrispondente dell’agenzia internazionale ANSA di San Paolo del Brasile, Reato è stato consigliere stampa dell’ambasciata argentina in Vaticano. Molto attivo sul circuito radio-televisivo argentino, ha pubblicato diversi libri d’inchiesta tra cui una serie di interviste all’ex dittatore Jorge Rafael Videla. Nel 2017 è stato riconosciuto dalla Fondazione Konex come uno dei cinque migliori giornalisti dell’ultimo decennio nel campo della ricerca.