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Rapimento e convivenza, poi il matrimonio. Due coppie degli anni 70 raccontano

Redazione Spazio70

Le storie di Salvatore e Damiana, Giuliana e Davide, sono completamente diverse: una è legata alla «tradizione» meridionale del rapimento per sposare la donna amata, l'altra nasce dalla convivenza prematrimoniale

Prima metà del 1977. Le storie di Salvatore e Damiana, di Giuliana e Davide sono completamente diverse: una è legata alla «tradizione» meridionale del rapimento per sposare la donna amata, l’altra nasce dalla convivenza prematrimoniale. Due vicende a confronto, per capire le speranze, i dubbi, le difficoltà di due coppie degli anni Settanta.

Salvatore e Damiano nella casa dei genitori del ragazzo

Immigrati giovanissimi a Milano, Salvatore C., vent’anni e Damiana B. di ventuno, si conoscono a Cologno Monzese nel 1974. Dopo la morte della madre, Damiana decide di venire a Milano con la sorella per cercare lavoro. Le due ragazze affittano due stanze in una vecchia casa e trovano rapidamente un impiego. Damiana , in particolare, conosce proprio sul posto di lavoro Salvatore. Anche Salvatore ha abbandonato il suo paese, San Severo di Foggia, per raggiungere il cugino che lavora a Milano. L’amore sboccia improvviso, ma è subito ostacolato dalla famiglia di Damiana che tempo prima aveva già «promesso» la ragazza a un marinaio tarantino.

«Rapii Damiana per paura che me la portassero via», ricorda Salvatore. «Per una settimana ci siamo nascosti in un alberghetto nella riviera ligure spendendo tutti i nostri risparmi. Era ormai evidente che Damiana sarebbe stata mia e di nessun altro. In seguito parlai coi miei genitori: dissi loro la verità e chiesi un aiuto, un consiglio». D’altronde il comportamento di Salvatore non aveva scosso più di tanto la sua famiglia di origine: «Avevamo capito che faceva sul serio e abbiamo deciso di aiutarlo», dicono i genitori, «li abbiamo tenuti in casa, pagato le spese del matrimonio. Pur essendo meridionali, non siamo rimasti indietro di mentalità: se due si amano, è giusto che stiano insieme. E poi Damiana doveva essere molto innamorata di mio figlio se è riuscita a superare tutte le difficoltà, tutte le maldicenze della gente pur di rimanere con lui. Ci vogliamo tutti bene. Qui dentro ci si sta comodamente anche in cinque: abbiamo aggiunto un posto a tavola e una brandina nel salotto per la sorella di Salvatore». 

«SPOSARCI? COSÌ ABBIAMO OTTENUTO UNA SORTA DI… LIBRETTO DI CIRCOLAZIONE»

In una viuzza della Genova vecchia, c’è una palazzina cadente che dimostra tutti i suoi anni. Qui abitano Giuliana, di ventidue anni, e Davide, di venticinque. Il loro è stato un colpo di fulmine, durante un campeggio in Sardegna. Dopo un anno e mezzo sono andati a vivere insieme. «Ci è sembrato del tutto naturale», dice Davide, «non abbiamo pregiudizi. Non si è parlato di matrimonio perché c’è stata una grande fiducia reciproca. Poi “Giuli” si è accorta di essere incinta e questo fatto ha suscitato molte diffidenze verso di noi. “Giuli” è stata sottoposta sul luogo di lavoro a non poche pressioni: l’avevano assunta con la promessa che non si sarebbe sposata presto. Inoltre il bambino che aspettavamo sarebbe stato una sorta di fuorilegge in questa società».

Davide e Giuliana si sposano nel settembre del 1975, in comune. «Così facendo abbiamo ottenuto il libretto di circolazione», dice scherzosamente la ragazza, «per noi non è cambiato nulla, ma per gli altri eravamo finalmente normali». Davide lavora come impiegato in un ospedale, mentre «Giuli» negli uffici di una società marittima. Tirano avanti con quattrocentocinquanta mila lire al mese. Su consiglio della madre di lei, i due ragazzi tengono un libro maestro in cui annotano con la massima precisione le spese mensili: tra l’affitto, il vitto, le spese per la casa, c’è poco da stare allegri. In media avanzano cinquanta mila lire al mese e con quelle, poco per volta, cercheranno di comprare un’automobile.

Davide ha fatto il Sessantotto e si dichiara comunista: «Ho votato per il divorzio, ma ho grossi dubbi sull’aborto che, in linea di principio, respingo». Giuliana, dal canto proprio, sembra avere le idee molto chiare: «Non deve stupire l’atmosfera normale che si respira nella nostra casa», dice, «noi siamo convinti che la famiglia stia diventando l’ultimo rifugio, il luogo dove si può dimenticare tutto». Davide sembra pensarla allo stesso modo: «Fra queste quattro mura, cerchiamo la sicurezza», afferma, «anche se questo non significa che il nostro rapporto sia uguale a quello dei nostri genitori: qualcosa è cambiato, siamo più aperti e tolleranti anche se in fondo nulla è stato stravolto».