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«Un pomodoro in faccia, please!». Intervista a Nanni Moretti (1978)

Redazione Spazio70

Da un'intervista di Franco Nebbia a Nanni Moretti per la rivista «Il Monello» (novembre 1978)

Nanni Moretti ha ventiquattro anni e può già vantare al suo attivo due film «segnalati» dalla critica: «Io sono un autarchico» ed «Ecce Bombo», che negli ultimi mesi ha riscosso ovunque anche un notevole successo di pubblico. Nanni «l’autarchico», altrimenti chiamato E.B. dal titolo dei suoi unici due film finora usciti nei circuiti cinematografici, è un giovanotto romano, alto, riccioluto, occhialuto, un po’ dinoccolato. Parla con un lieve accento romanesco e si capisce che soltanto da poco, dopo il successo del film, cerca di «risciacquare i panni in Arno», vale a dire di parlare un italiano più «nazionale».

«NON SI PARLA QUASI PIÙ IL “SINISTRESE”»

«Ho lasciato gli studi qualche anno fa per dedicarmi al cinema e non so neanche come sono riuscito a portare “Io sono un autarchico” alla luce. L’ho girato in 8 millimetri come fanno i dilettanti, ma ne è uscito un film compiuto, con tanto di sonoro. Sono riuscito a farlo proiettare dapprima nel circuito “off” di Roma e lì è successo quello che segretamente speravo. Qualcuno si è accorto che io ero uno che aveva delle cose da dire, neanche tanto vecchie, e sono riuscito a ottenere i soldi necessari per girare il secondo film, “Ecce Bombo”. Stavolta in 16 mm, a colori. Nel giro dei miei amici ho trovato qualcuno disposto a recitare con me e non è stato facile, come sembra vedendo il film, arrivare alla conclusione».

— Mi si accavallano le domande. Che vuol dire Ecce Bombo? Gli attori sono professionisti o gente presa dalla strada? Stai preparando un altro film?

«Certo, sto preparando un altro film, dal momento che ho scelto questa strada. Ma non sono in grado di dare nessuna anticipazione, proprio perché non ho niente da dire, non so assolutamente quello che succederà, perché stavolta ci vogliono un po’ più soldi e non è facile trovarli. Ecce bombo, non vuol dire niente, o meglio è il grido che lancia passando una specie di “stracciarolo” al gruppo degli attori perplessi e assorti dai loro problemi. Gli attori erano quasi tutti “professionisti”, nel senso che alcuni di loro già si occupavano attivamente di teatro o di spettacolo in genere. Altri sono stati presi dalla vita, anzi uno di loro ha finito per decidersi a diventare attore».

— Non te lo senti un po’ sulla coscienza?

«E perché? non è mica uno stupido. Sa benissimo a cosa va incontro. Del resto è giovane e ha tutto il tempo che vuole per fare carriera. Poi, intendiamoci: un film come “Ecce Bombo” anche se ha avuto un grosso successo, non è una di quelle cose che possono fare montare la testa alla gente, nel senso che, dico, non è mica “Ladri di biciclette”»

— Questa professione di falsa modestia da uno come te che nei dialoghi del film si slancia contro attori affermati, come Sordi o Manfredi, mi pare fuori posto.

«Io non mi slancio contro nessuno. Questi giovani che parlano nel mio film fanno le considerazioni che puoi sentire in bocca a tanti altri giovani. Ho cercato di condensare i discorsi, le voci, gli atteggiamenti contemporanei, ma i tempi stanno cambiando. Già non si parla quasi più il “sinistrese”, succedono mille cose che cambiano il costume e perfino il modo di pensare delle persone. Non potrò più fare la satira della gente che mi vive intorno, ma dovrò aspettare di aver capito di nuovo cosa dicono, come si atteggiano, come la pensano. Non è facile».

— Cosa hanno detto di te i “grandi” che tu hai “linciato” nel film?

«Io non ho linciato nessuno. I grandi, come dici tu, stanno in vetrina e se gli arriva qualche pomodoro se lo beccano senza fiatare, sennò che “grandi” sono? Spero che un giorno tocchi pure a me».

— Allora hai grandi ambizioni?

«Se no continuavo a studiare lettere, finivo a fare il professorino o l’impiegato di qualche ente parastatale».

— Il cinema è molto diverso?

«Eh sì, il cinema mi piace. Mi appassiona. Ci si fatica tanto, ma ti dà pure qualche buona soddisfazione».