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Pecorelli a Nuovo Mondo d’Oggi. Scoop e servizi segreti al tramonto degli anni Sessanta

Redazione Spazio70

La prima esperienza sul campo del giornalista molisano è un periodo poco trattato, messo in ombra dalla successiva avventura con OP. Tuttavia, proprio a questa fase risalgono i contatti di Pecorelli con i servizi segreti, una relazione molto complessa che si diramerà lungo più di un decennio

di Tommaso Minotti

Il periodo che parte dal 1964 e arriva al 1968, iniziato con il misterioso Piano Solo del generale Giovanni De Lorenzo e finito con la contestazione studentesca, è un lasso di tempo complesso per la giovane Repubblica italiana. In uno scenario caotico, tra lo scioglimento del SIFAR e le furenti lotte politiche attorno alla formula del centrosinistra, si colloca un giornale particolare: Nuovo Mondo d’Oggi, prima mensile e poi settimanale «di politica, attualità e cronaca». A questo periodico collaborò, per un breve ma formativo periodo, Mino Pecorelli.

Alla fine degli anni Sessanta, all’interno della redazione romana della nuova rivista si trovano tutte le caratteristiche tipiche del successivo Osservatore Politico. La prima esperienza sul campo del giornalista molisano è un periodo poco trattato, messo in ombra dalla successiva avventura con OP. Tuttavia, proprio a questa fase risalgono i primi contatti di Pecorelli con i servizi segreti, una relazione molto complessa che si dirama lungo più di un decennio. Per questo è fondamentale analizzare la parabola del futuro direttore di OP a Nuovo Mondo d’Oggi. Solo in questo modo si può comprendere meglio il percorso professionale di Pecorelli.

GLI ESORDI DI PECORELLI NELLE PAROLE DI LANDO DELL’AMICO

A Nuovo Mondo d’Oggi scoop e inchieste scottanti erano all’ordine del giorno. Ma Pecorelli come riuscì ad approdare al giornale romano? Dopo il diploma a Roma, il nativo di Sessano del Molise si laureò in legge a Palermo. Per un certo periodo di tempo, Pecorelli aveva frequentato gli ambienti legati al diritto fallimentare e l’entourage di Egidio Carenini, notabile della Democrazia Cristiana e futura fonte dell’Osservatore Politico e del suo direttore. Resta però da capire come Pecorelli si avvicinò al mondo del giornalismo. Lando Dell’Amico, figura criptica e fondatore dell’Agenzia Giornalistica Repubblica, ha scritto nella sua autobiografia — intitolata La leggenda del giornalista spia. Le rivelazioni del grande amico di Federico Umberto d’Amato e maestro di Mino Pecorelli — che l’ex combattente delle armate di Anders frequentò l’AGR. Dell’Amico, infatti, ricordava come la sua agenzia sia stata «la scuola per una serie di giovani aspiranti giornalisti… Tra questi il neoavvocato ed ex partigiano Mino Pecorelli», che lo stesso Dell’Amico avrebbe infine allontanato a causa della eccessiva sintonia con circoli «particolarmente allarmanti dell’Intelligence militare».

La mezza pagina del libro dedicata a Pecorelli è un’allusione continua. La più significativa riguarda il movente dell’uccisione del giornalista molisano. Secondo il fondatore dell’AGR, l’anonimo killer agì «dopo che Pecorelli ebbe a segnalare come la polizia politica, cioè l’UCIGOS, che faceva capo indirettamente al prefetto Federico Umberto d’Amato nel secondo piano del Viminale, aveva individuato la vera prigione brigatista di Aldo Moro a Roma in via Montalcini, senza che nessuno intervenisse in tempo per liberare il leader della Democrazia Cristiana subito trasferito in un’altra “prigione del popolo”». Dell’Amico proseguiva parlando di Dalla Chiesa, in un oscuro collegamento tra l’assassinio del generale dei Carabinieri e quello di Pecorelli, in una serie di allusioni e non detti tutti da interpretare.

Fatto sta che, dopo molto tempo trascorso nei tribunali e un passaggio mai chiarito del tutto all’Agenzia Giornalistica Repubblica, su cui non ci sono riscontri oltre alle parole di Dell’Amico, Mino Pecorelli entrò in una redazione vera e propria: quella di Nuovo Mondo d’Oggi.

L’APPRODO A NUOVO MONDO D’OGGI E L’ARCHIVIO COGLIANDRO

Una nostra interpretazione grafica, basata su immagini originali, del colonnello del SISMI Demetrio Cogliandro

Nella primavera del 1967, a seguito di qualche esperienza nel paludoso ambiente della politica romana, Pecorelli conobbe la redazione di Nuovo Mondo d’Oggi. Il giornale, da aprile a settembre 1967 a tiratura mensile e poi settimanale, costava 100 lire mentre un abbonamento annuale 5200. Il direttore era Paolo Senise, il responsabile della redazione milanese Nino Pulejo mentre l’editore era Leone Cancrini. Tra i collaboratori più importanti c’era Eggardo Beltrametti, legatissimo ad ambienti di estrema destra e a Giuseppe Aloia, capo di Stato maggiore dell’Esercito e poi della Difesa tra il 1961 e il 1968. Proprio grazie a Beltrametti, Pecorelli riuscì a entrare in contatto con il generale di cui diventerà stretto conoscente. A settembre del 1967 Pulejo e Senise lasciarono Nuovo Mondo d’Oggi. Le ragioni dell’abbandono, secondo Cancrini, stavano nel fatto che il giornale avesse cominciato ad alzare il tiro delle proprie inchieste, forse grazie alle entrature nei servizi. Cancrini stesso, l’editore, aveva contatti sia con l’intelligence sia con l’estrema destra, ma i casi più eclatanti sono quelli di Senise e Simeoni, rispettivamente primo e ultimo direttore della rivista. Vale la pena approfondire.

Paolo Senise, di professione giornalista, è stata la principale fonte informativa del cosiddetto archivio Cogliandro. Demetrio Cogliandro, colonnello del SISMI e capo del raggruppamento del controspionaggio di Roma dal 1974 al 1982, raccolse tramite Senise dicerie, pettegolezzi e scandali su alcuni uomini politici, tra cui De Mita e Andreotti. Questo insieme di informazioni, più o meno fondate, venivano successivamente passate a Fulvio Martini, direttore del SISMI. Era stato proprio Martini ad assumere Cogliandro nel 1989. In un dossier presentato alla Commissione d’inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro nel maggio del 2015 da Gianfranco Donadio, magistrato collaboratore, si legge: «nel gennaio del 1996, la stampa rivela che “(…) negli appunti sequestrati a Cogliandro, secondo plurime fonti, si fa riferimento a parti omesse del memoriale Moro e all’esistenza di bobine registrate con le deposizioni dello statista alle BR (…)”». Le virgolette alte riportano un articolo di Francesco Viviano su La Repubblica (18 maggio 1996).

In una relazione per la già citata Commissione Moro, declassificata il 22 febbraio 2018, si legge che Cogliandro, il cui nome non appariva mai nelle carte ufficiali del SISMI, passava una parte del suo stipendio di informatore a Senise. Quest’ultimo «attingeva le informazioni riservate negli ambienti politici e giornalistici nei quali era inserito». Era una collaborazione illegale che, però, fruttava molto a Cogliandro. Il colonnello del SISMI aveva dichiarato al comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza che «aveva mandato di fornire notizie utili, con ampia facoltà di scelta e senza un particolare obiettivo». Sempre secondo la relazione resa pubblica cinque anni fa, Cogliandro aveva portato avanti la sua attività illecita anche «nel contesto delle indagini condotte dal SID in merito al cosiddetto dossier MI.FO.BIALI e agli accertamenti su Mario Foligni, segretario del “Nuovo Partito Popolare”, disposti dal direttore pro tempore del SID».

FRANCO SIMEONI E GLI ALTRI

Eugenio Henke

Lo stesso Cogliandro fu all’origine della complessa vicenda di Igor Markevitch, il cui ruolo nell’ambito del sequestro Moro è dibattuto. Fu proprio il colonnello del controspionaggio, secondo la già citata relazione, a elaborare per primo un appunto su un Igor, che avrebbe avuto un ruolo decisivo nella gestione del rapimento del presidente della DC. Insomma, Senise aveva rapporti molto stretti con un elemento di primo piano di vicende trattate ripetutamente da Pecorelli. E, nonostante la collaborazione tra Cogliandro e l’ex direttore di Nuovo Mondo d’Oggi fosse posteriore alla chiusura del giornale, il loro strettissimo rapporto è una testimonianza molto chiara della solidità dei contatti di Senise con i servizi segreti.

Ma c’è anche Franco Simeoni. Una figura che sarà centrale nei primi anni dell’Osservatore Politico insieme a un suo nemico, Nicola Falde. Proprio Falde, ufficiale del SID dal 1966 al 1969, collaboratore di OP dal 1971 al 1974 e direttore dell’agenzia dal 1° dicembre 1973 al 28 febbraio 1974, parlò ripetutamente dei legami di Simeoni con i servizi segreti. In un esposto alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2, Falde affermò che Simeoni è un «giornalista-spia al servizio di Henke per conto del quale aveva svolto missioni all’estero». Eugenio Henke, primo direttore del SID dopo lo scioglimento del SIFAR e futuro capo di Stato maggiore della Difesa, non era l’unico elemento dell’intelligence con cui Simeoni aveva stretti contatti. Anche l’ufficiale del controspionaggio Giuseppe Fiorani, secondo diverse fonti, usufruiva dei servigi dell’ultimo direttore di Nuovo Mondo d’Oggi. Simeoni, successivamente, seguì Pecorelli all’Osservatore Politico, ma tra i due ci furono gravi dissensi e le strade si separarono definitivamente.

Come ampiamente dimostrato, l’approdo di Pecorelli a Nuovo Mondo d’Oggi lo mette in contatto con un ambiente molto vicino ai servizi segreti e per questo fonte di notizie inedite, ma anche foriero di pericoli, in primis la strumentalizzazione. Era un’epoca in cui i vari cacicchi dell’intelligence si sfidavano senza esclusione di colpi anche tramite notizie, giornali e giornalisti.

GLI SCOOP

Mino Pecorelli. Un numero de «Il Nuovo mondo d'oggi» (18 febbraio 1968)

Un numero de «Il Nuovo mondo d’oggi» (18 febbraio 1968)

Le inchieste di Nuovo Mondo d’Oggi riguardavano un ventaglio molto ampio di argomenti. Un’indagine che occupò molto spazio tra le colonne del settimanale riguardava il falso in bilancio della Banca Popolare di Milano e la trasformazione di ACI, ACLI e Touring Club in agglomerati economici dediti al profitto: il titolo era Da enti morali a compagnie di assicurazioni. L’occhio attento di Nuovo Mondo d’Oggi poggiava anche sulle truffe commesse da alcune catene di supermercati e sul contrabbando di carne e burro a opera di alcuni imprenditori. Argomento che venne trattato anche su OP. Ma il giornale romano si interessò anche, nel 1968, alla morte di Enrico Mattei. Venne, infatti, pubblicato un articolo che smentiva la Commissione d’inchiesta, voluta dal ministro della Difesa Andreotti, sulla fine del presidente dell’ENI. Secondo Nuovo Mondo d’Oggi, nel 1962 Mattei era stato ucciso a causa della sua politica filoaraba, contraria a quella delle più importanti compagnie petrolifere.

Non mancavano, inoltre, notizie dagli esteri come un’inchiesta su una truffa di medicinali ai danni dei reduci dal Vietnam e un reportage sull’Onu come ostaggio delle piccole nazioni, tra cui si citava la Corea del Nord. Un altro articolo interessante, dal titolo Corruzione nelle forniture militari. Altro scandalo in USA, si concentrava sulla Hughes, un’azienda che era riuscita, tramite mazzette e corruzione, a vincere un appalto per la fabbricazione di elicotteri destinati all’esercito americano. La Hughes aveva fatto un tentativo anche in Italia, come si evince dalle parole dell’articolo: «L’industria aeronautica italiana si è trovata a dover fronteggiare, nel corso degli ultimi mesi, una massiccia offensiva, condotta con ogni mezzo di corruzione e soprattutto con illecite interferenze politiche…».

L’anticomunismo e la collocazione a destra di Nuovo Mondo d’Oggi sono resi manifesti da alcuni articoli del periodico, oltre che dai rapporti personali dei giornalisti. Sul numero del 18 febbraio 1968, ad esempio, era presente un ritratto molto positivo della Spagna franchista dal significativo titolo: La vera Spagna. Lo spezzone più interessante dell’articolo è la grande considerazione del corporativismo: «La via corporativa è propria al senso realistico del genio latino». Echi destrorsi che vanno di pari passo con un reportage molto severo sulle occupazioni delle università romane ad opera degli studenti di sinistra. Anticomunismo appena mitigato da due articoli di opinione intitolati: «A destra si pensa che…» e «A sinistra si pensa che…» .

L’ATTACCO AL PSI

Mino Pecorelli. Un numero de «Il Nuovo mondo d'oggi» (25 febbraio 1968)

Un numero de «Il Nuovo mondo d’oggi» (25 febbraio 1968)

I primi articoli di Pecorelli su Nuovo Mondo d’Oggi erano incentrati sul petroliere Attilio Monti. Quest’ultimo, insieme all’ex comandante della Guardia di Finanza Domingo Fornara, era accusato di contrabbando di petrolio e di evasione fiscale. Ma il giornalista molisano partecipò anche all’offensiva, molto decisa, contro i deputati del PSI Giovanni Pieraccini e Achille Corona, esponenti autonomisti accusati di aver ricevuto finanziamenti dal SIFAR. I contorni della vicenda sono nebulosi, ma Nuovo Mondo d’Oggi non si risparmiò negli attacchi, iniziati proprio in concomitanza con lo sbarco di Pecorelli al giornale nella primavera del 1967. Nel già citato numero del 18 febbraio 1968 venne inserita una lettera aperta, non firmata e sotto forma di editoriale, al presidente del Consiglio Aldo Moro. L’esponente democristiano pugliese aveva smentito in Parlamento la notizia sui pagamenti a Pieraccini e Corona. Il dibattito alla Camera, che riguardava il caso SIFAR nella sua interezza, era stato chiuso con un criticato voto di fiducia, 329 favorevoli contro 214 contrari.

Sembrava la parola fine sulla vicenda, ma Nuovo Mondo d’Oggi difese le sue fonti e contrattaccò. Nell’editoriale gli echi antipolitici non mancano con riferimenti ai temi classi del Paese reale contro il Parlamento e alla verità contrapposta ai politicanti. Così si legge: «Ella (Moro ndr) ha costretto i suoi compagni di maggioranza governativa, anche se riluttanti, a scegliere tra la verità e la crisi, con lo spauracchio dello scioglimento anticipato delle Camere» e poi ancora: «Ciò che conta è salvare le poltrone pericolanti, costi quel che costi, si tratti del prestigio delle istituzioni o del buon nome di vecchi collaboratori». Le accuse al presidente del Consiglio erano molto aspre. Moro veniva definito «l’avvocato d’ufficio dei suoi sodali». Era anche accusato di essere intervenuto unicamente con l’obiettivo di proteggere uomini di Stato e delle forze armate coinvolti in giochi di parte e partito.

Dopo l’editoriale viene dedicato un altro articolo alla questione. Il titolo è: Ricorsi storici e interrogativi pertinenti. I giornalisti di Nuovo Mondo d’Oggi tracciano un parallelo tra Giolitti e lo scandalo della Banca Romana con Moro e la questione SIFAR, con la stoccata finale ai deputati socialisti: «…come, una buona volta, si dovrà accertare se e di quanto siano aumentati i patrimoni personali di molti illustri campioni del PSI, al governo e nei dintorni di esso. Documenti alla mano; con buona pace dell’on. Moro, non falsificati». Moro, infatti, aveva difeso i nuovi alleati di governo affermando che i documenti presentati fossero stati artificialmente modificati. Dal punto di vista dei tribunali, la vicenda si fermò subito alla Procura di Roma che non intentò mai un processo e mai interrogò Pieraccini e Corona.

L’INTERVISTA A ROBERTO PODESTÀ

Mino Pecorelli. Il numero de «Il Nuovo mondo d'oggi» con l'intervista a Roberto Podestà

Il numero de «Il Nuovo mondo d’oggi» con l’intervista a Roberto Podestà (fonte: pinterest.it/Edgardofilm/)

Il 19 novembre 1967 Pecorelli e Nuovo Mondo d’Oggi uscirono con uno scoop esplosivo. L’intervistato era Roberto Podestà, colonnello dei paracadutisti pluridecorato. Egli raccontò che, nel 1964, fu incaricato di uccidere e rapire Aldo Moro. Il contesto dell’operazione era il golpe De Lorenzo. La responsabilità dell’eliminazione del politico pugliese sarebbe poi stata addossata alle sinistre. Podestà affermava anche di aver parlato con un ex ministro che, così si legge nell’intervista, «… agiva d’accordo con alte personalità politiche… (a detta di Podestà si trattava dell’on. Randolfo Pacciardi, del senatore Merzagora e del generale De Lorenzo)». Il colonnello, sempre secondo l’articolo, doveva rapire Moro e dare la colpa a organizzazioni di sinistra, provocando così l’intervento di De Lorenzo e della sua organizzazione. A golpe non avvenuto, Podestà venne trasferito in una base NATO dove, in difficoltà economiche, venne arrestato per spaccio continuato di assegni a vuoto. Come prova delle sue parole, l’ex membro della Nembo mostrò a Pecorelli una serie di cartine con segnalato il tragitto di Moro, orari degli spostamenti, fotografie della casa del politico pugliese e una lista di tutti gli agenti del servizio di sicurezza con caratteristiche fisiche e informazioni varie.

Fu un’intervista esplosiva che mostrava tutta la profondità dei contatti di Pecorelli già nel 1967. E Nuovo Mondo d’Oggi era il palcoscenico adatto a uno scoop del genere. Ma l’inchiesta più importante del giornale romano era un’altra, mai pubblicata.

LA PRO DEO, FELIX MORLION E UNA CASSA DI DOCUMENTI

Una immagine di padre Felix Morlion

Il protagonista di questa oscura storia è Felix Morlion, un frate domenicano belga. Durante la Seconda Guerra mondiale Morlion agì prima a Lisbona, fino al 1940, e poi, dall’anno dopo, a New York dove organizzò la Pro Deo, una sorta di servizio segreto cattolico con ramificazioni in tutto il mondo, da Ottawa a Montevideo. Nella grande mela Morlion ricostituì il CIP, Centro informazione Pro Deo. Arrivato in Italia nel 1944, agì in sinergia con monsignor Giovan Battista Montini, il futuro Paolo VI, e riuscì a entrare in contatto con i massimi esponenti della DC, un giovane Andreotti e De Gasperi compresi. A Roma fonda l’Università Internazionale degli Studi Sociali Pro Deo, l’attuale LUISS. Fondamentale per la Pro Deo era il Centro Informazioni e Pubblicazioni che aveva il ruolo di agenzia di stampa. Tra i finanziatori della scuola c’era l’American Council for the International Promotion of Democracy under God e altre associazioni, non tutte cattoliche. Morlion aveva avuto stretti contatti con il generale William Donovan, direttore dell’OSS. Quest’ultimo era stato decisivo nel portare Morlion in Italia. Ma cosa sapevano a Nuovo Mondo d’Oggi?

Secondo una cassa di documenti ricevuta da Pecorelli, l’università Pro Deo era un centro di spionaggio legato ai servizi segreti del ministero dell’Interno. La fonte era, con ogni probabilità, Antonio de Angelis, monsignore e dirigente dell’università Pro Deo. Felix Morlion, invece, era accusato di essere un agente della CIA. Per contestualizzare meglio i contorni dell’inchiesta occorre leggere integralmente il testo di presentazione, pubblicato sul numero 39 di Nuovo Mondo d’Oggi, uscito il 2 ottobre 1968:

«Il più complesso e misterioso intrigo degli ultimi venti anni, una vicenda sconcertante che coinvolge enti, istituzioni e personalità che si ritenevano al di sopra di ogni sospetto, una ridda paurosa di miliardi. Per gettare uno spietato e coraggioso fascio di luce su quello che potrà essere definito il più sensazionale scandalo dei nostri tempi, abbiamo condotto per mesi, pazienti indagini e minuziose ricerche in archivi finora ritenuti “top secret”, al di qua e al di là dell’oceano, abbiamo interrogato decine di testimoni, abbiamo raccolto centinaia di documenti, sfogliato decine di dossiers. Ora è venuto il momento di raccontare quello che le autorità, le polizie, i servizi segreti, i magistrati tengono ancora gelosamente custodito, nel nome della ragion di stato, sotto il velo del riserbo. È venuto il momento di raccontare, senza reticenze, senza timori, senza ombre, tutta la “operazione Pro Deo”.

Affari e devozione, come qualcuno degli inquirenti l’aveva battezzata. Affari, sesso e devozione, si potrebbe aggiungere. Una vicenda i cui protagonisti, in buona o cattiva fede, sono altissimi Prelati, Presidenti del Consiglio e Ministri italiani e stranieri, diplomatici e spie, nobildonne dell’aristocrazia nera e giovani e intraprendenti monsignori, Generali e grandi industriali. Poche indiscrezioni trapelate nel passato e subito soffocate con ogni mezzo. Episodi scandalosi denunciati e “bloccati”, fino al giorno in cui un banale “incidente” ha consentito alla Magistratura Italiana di sollevare la prima cortina su questa sensazionale vicenda di cui, dal prossimo numero, “Mondo d’Oggi” informerà la pubblica opinione con una documentata inchiesta in esclusiva mondiale. Un’inchiesta attenta e complessa che coinvolgerà la Gestapo nazista e la CIA americana, il Vaticano ed i servizi segreti di tre paesi della NATO, la Fiat, la Montecatini, la Michelin, la Bata C., Mary Luce e l’Ordine dei Domenicani, in un giro vorticoso di interessi per alcune decine di miliardi di lire e sullo sfondo impensabile di avventure galanti nei quartieri alti della Capitale.

Racconteremo perché certi monsignori percepivano “rimborsi spese” di centomila lire al giorno per le più incredibili missioni nei più diversi paesi del mondo. Racconteremo la verità su certe lettere “autentiche” spedite dalla Segreteria di Stato Vaticana. Racconteremo tutto su appalti e commesse industriali per i quali una tonaca bianco-nera o bordata di rosso valeva di più del nulla-osta del SIFAR. Descriveremo le operazioni di finanziamento disposte dal Banco di Sicilia, dal Banco di Roma, dalla Banca del Lavoro, o dalla Banca dell’Agricoltura in favore di personaggi ultrapotenti. Pubblicheremo le fotografie e le lettere di uomini politici ritenuti intoccabili. Vi mostreremo i documenti riservati del Dipartimento di Stato e degli uffici speciali che hanno raccolto l’eredità dell’OVRA e capirete quando e perché un anello di ametista può essere più efficace di una “Browning” per raccogliere un’informazione o far tacere un testimone.

Tutta la nostra documentazione è stata riprodotta in triplici esemplari, depositati uno presso una banca estera, il secondo presso un notaio italiano, il terzo presso un fiduciario del nostro gruppo editoriale. Da oggi, ovunque, si parlerà della “Operazione Pro Deo”»

Il titolo della nota è Chi sono e cosa fanno questi signori? ed era accompagnata da una foto di Morlion con Mariano Rumor, Giuseppe Spataro e tre agenti della CIA. L’inchiesta integrale non venne mai pubblicata perché intervenne Federico Umberto d’Amato. Il capo dei servizi segreti del ministero dell’Interno fece leva sulla disastrosa situazione economica di Nuovo Mondo d’Oggi e, in cambio dell’appianamento dei debiti, impose l’insabbiamento dell’indagine e la chiusura definitiva del giornale. La maggior parte dei documenti venne poi ritrovata nella sede dell’Osservatore Politico dopo la morte di Pecorelli. Ma cosa c’era di vero nelle accuse a Morlion?

Il belga fu protagonista, per tutti gli anni Cinquanta, di campagne anticomuniste e ultracattoliche nel contesto dei riformati servizi segreti vaticani. Quindi la sua contiguità con certi ambienti è acclarata. Lo stesso rapporto di Morlion con la CIA è avvalorato da una serie di prove. Nell’archivio a Montevideo di Licio Gelli è stato ritrovato un dossier sul frate domenicano, intestato a Federico Umberto d’Amato. Secondo il documento, Morlion era a capo di un’organizzazione informativa statunitense che usava come copertura la Pro Deo. Anche lo storico gesuita Robert Graham conferma l’appartenenza di Morlion alla Central Intelligence Agency. Insomma, i documenti arrivati in mano a Nuovo Mondo d’Oggi erano esplosivi e molto precisi. Per questo l’intervento del moloch dei servizi segreti italiani con l’hobby della cucina fu tempestivo e risolutivo.

INTRIGHI E PROBLEMI INTERPRETATIVI

Il giornalismo di Pecorelli, con il suo stile allusivo e le notizie informatissime, si ritrova in Nuovo Mondo d’Oggi. La differenza è che, quest’ultimo, aveva un tono decisamente più scandalistico. Lo testimoniano sezioni del giornale come Controvento, una serie di brevi note che raccoglievano un po’ di tutto e Relazioni pubbliche, dedicata a temi economici. Ciò non toglie che, per Pecorelli, il periodo a Nuovo Mondo d’Oggi rappresentò un ottimo modo per cominciare a stabilire le sue fonti, tra cui monsignor Antonio De Angelis e Giancarlo Elia Valori, ben addentro al Vaticano e grande amico del direttore di OP. Altre differenze stanno nell’uso più disinvolto delle fonti derivanti dai servizi segreti, di cui Nuovo Mondo d’Oggi si faceva megafono. Era un’epoca di lotta furibonda all’interno dello Stato profondo e il giornale romano si prestava a queste strumentalizzazioni. In questo senso era molto meno indipendente rispetto a quello che sarà l’Osservatore Politico, sia come agenzia sia come settimanale.

Rimane il fatto che, per Pecorelli, l’esperienza a Nuovo Mondo d’Oggi fu una palestra di giornalismo decisiva. L’avvocato molisano, tuttavia, riconosceva l’eccessiva vicinanza di alcuni suoi colleghi a settori dei servizi segreti e ciò si nota soprattutto nel rapporto burrascoso con Simeoni. Per questo, una volta alla guida di OP, cercò di evitare gli errori che avevano condotto alla chiusura forzata di Nuovo Mondo d’Oggi, in ultima analisi, vittima di un vero e proprio attacco alla libertà di stampa. L’intelligence del ministero degli Interni intervenne in maniera pesante facendo leva sulle difficoltà economiche dell’editore del giornale, Cancrini. L’esplosiva inchiesta sulla Pro Deo rimase in mano a Pecorelli, ma fu insabbiata. Ciò non toglie che, sulle pagine di Nuovo Mondo d’Oggi, notizie riservate e reportage esclusivi, come l’intervista di Pecorelli a Roberto Podestà, trovavano ampio spazio. Spazio che era molto più difficile trovare sui principali giornali italiani.

Nuovo Mondo d’Oggi fu quindi per Pecorelli una palestra professionale difficile e al tempo stesso formativa, nella quale il futuro direttore di OP poté accrescere le proprie fonti riservate. Analizzarne la breve storia aiuta a comprendere meglio un mondo giornalistico oscillante tra scoop, inchieste pilotate e pressioni provenienti da politica e servizi segreti. Il giornalismo d’assalto di Pecorelli, che fu la sua condanna, nacque proprio in quegli anni turbolenti.