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Piazza Fontana. Il sopralluogo di Occorsio alla Banca nazionale dell’agricoltura

Redazione Spazio70

Tra gli accertamenti voluti dai magistrati romani nel 1970 anche quello sul tempo impiegato dall'attentatore per collocare la bomba

Lunedì 29 giugno 1970, ore 8,10 del mattino. Sono passati oltre sei mesi dalla strage di piazza Fontana, a Milano. I magistrati romani che conducono l’inchiesta varcano la soglia della Banca Nazionale dell’Agricoltura, luogo del massacro. Il dottor Ernesto Cudillo e il pubblico ministero Vittorio Occorsio si presentano accompagnati da alcuni funzionari della polizia scientifica. Non mancano i legali della difesa e di parte civile.

L’ESPERIMENTO GIUDIZIALE SUL PERCORSO DEL TAXI DI CORNELIO ROLANDI

Il grande salone della Banca Nazionale dell’agricoltura così come si presenta agli inquirenti nel giugno 1970

Il gruppo è ricevuto dal vicedirettore della banca – Alfonso Gelardi – e dal geometra che ha eseguito i primi rilievi poco dopo l’esplosione: ad assistere ai rilievi c’è anche Rolando Grossi, cassiere della banca, rimasto gravemente ferito in occasione dell’attentato. Fuori, nella piazza, c’è una piccola folla di curiosi: assieme a loro molti fotografi e giornalisti.

Terminato il sopralluogo, i magistrati procedono all’annunciato esperimento giudiziale sul percorso del tassì di Cornelio Rolandi e sul tempo presumibilmente impiegato dall’attentatore per percorrere a piedi la distanza tra il luogo di sosta della vettura e il punto centrale del salone ove è stata depositata la borsa contenente il micidiale ordigno.

ALL’INTERNO DELL’ISTITUTO TUTTO È AL SUO POSTO

La visione che si presenta ai giudici e ai legali all’interno della banca è molto diversa da quella di venerdì 12 dicembre. Nulla ricorda più le scene di morte e devastazione apparse agli occhi dei soccorritori. All’interno dell’istituto tutto è al suo posto, tirato a lucido. Il tavolo ottagonale, sotto il quale è stata depositata la borsa con l’esplosivo, non c’è più: è stato sostituito da due tavoli rettangolari posti alle estremità del salone. Le colonne e le travi, quel giorno bruciate e tinte del sangue delle vittime, hanno riacquistato l’originario colore.

«Dov’era il buco dell’esplosione?», domanda Occorsio. Gli viene mostrato da un funzionario della banca: i quindici lastroni di marmo, danneggiati dallo scoppio, sono stati sostituiti. La loro tinta, in contrasto con il resto del pavimento, disegna al centro della rotonda una grande croce. Il magistrato guarda in alto: i vetri della cupola centrale sono stati sostituiti. Sembra difficile immaginare che membra umane siano passate di lì quel maledetto giorno per finire al terzo piano e nella tromba dell’ascensore.

«Qui venne trovato il cadavere di Eugenio Corsini, poco distante erano i corpi di Carlo Silva e di Attilio Valè», dice un ufficiale di polizia, indicando i vari punti del salone in una foto scattata pochi minuti dopo la strage. E così, per tutte le altre quattordici vittime dilaniate dalla deflagrazione.