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Mirella Gregori: un misterioso biondo e la pista di S. Giuseppe al Nomentano

Tommaso Nelli

Il contesto ecclesiastico, in questa storia, potrebbe avere avuto un ruolo non sufficientemente approfondito nelle indagini. Come mai la chiesa frequentata dalla Gregori è stata risparmiata dagli investigatori? La tragedia di Elisa Claps insegna che non si deve trascurare nessun luogo frequentato da una persona scomparsa

Un’inchiesta giornalistica, un libro e un biondo per una nuova pista. Quella della chiesa di San Giuseppe al Nomentano. La mancata verità sulla scomparsa di Mirella Gregori, avvenuta a Roma il 7 maggio 1983, è figlia innanzitutto della trascuratezza investigativa che ha riguardato gli ambienti di provenienza della ragazza. Come la sua parrocchia. Un versante mai esplorato e lungo il quale si deve però guardare, se si vuole risolvere questo mistero. La nuova prospettiva deriva dalla somma degli indizi di due lavori: l’inchiesta giornalistica Mirella Gregori: una verità in tre chilometri realizzata da chi vi scrive e il libro Mirella Gregori, la ragazza inghiottita dalla terra di Fabio Rossi.

Nel 2018, per commemorare il trentacinquesimo della sparizione di Mirella con un contributo di speranza, la testata telematica Articolo 21 pubblicò un mio reportage in tre puntate, contenente molte informazioni fino a quel momento rimaste confinate nello scarno fascicolo di indagine della vicenda. La seconda puntata, intitolata Quel misterioso biondo degli ultimi due mesi, poneva l’attenzione sulla figura di un giovane uomo dalla capigliatura flava, materializzatosi per ben quattro volte nella vita della ragazza nei due mesi precedenti la sua scomparsa.

QUATTRO EPISODI PER UN UNICO «BIONDO»?

Il biondo di via del Macao nelle parole della madre di Mirella Gregori. Tribunale di Roma - Ufficio Istruzione, 13/10/1986 (prima parte)

Il biondo di via del Macao nelle parole della madre di Mirella Gregori. Tribunale di Roma – Ufficio Istruzione, 13 ottobre 1986 (prima parte)

Secondo la deposizione resa ai Carabinieri di Roma il 4 novembre 1983 da Sonia De Vito, ultima persona ad aver parlato con Mirella, quest’ultima «due mesi prima di scomparire» (dunque, marzo 1983) le raccontò che all’uscita da scuola «un giovane biondo dopo averla seguita per un breve tratto, l’aveva invitata a salire in macchina, ma lei aveva rifiutato». Precisò inoltre che si trattava di un ragazzo «carino e ben vestito». Mirella Gregori frequentava l’Istituto Professionale Femminile per il Commercio Padre Reginaldo Giuliani situato a via dell’Olmata, a due passi dalla Basilica di S. Maria Maggiore e dalla Stazione Termini. Un centro di gravità permanente di individui ben poco raccomandabili. L’edificio distava milleduecento metri dal bar dei genitori di via Volturno nel quale, il pomeriggio del 6 maggio 1983, i Gregori tennero un rinfresco per festeggiare il rinnovo dell’arredamento. A un certo punto, muniti di macchine fotografiche, si presentarono due individui. Uno di questi chiese alla madre di Mirella, la signora Vittoria Arzenton, se avesse voluto delle fotografie. Era «sui trenta-trentacinque anni» disse la donna in Procura durante il suo primo interrogatorio del 26 maggio 1983. Dal quale si apprende che fosse biondo di capelli grazie al racconto di un altro episodio. Avvenuto quattro giorni prima, il 2 maggio, nella scuola di Mirella. Dove «nel pomeriggio intorno alle h 15, come riportatomi dalla bidella e dalla preside della scuola Padre Reginaldo Giuliani in via dell’Olmata, due persone di cui una giovane, alta e bionda come colui che mi aveva interpellato nel bar, cercarono una ragazza di II^B». Cioè, la classe di Mirella.

Il biondo di via del Macao nelle parole della madre di Mirella Gregori. Tribunale di Roma - Ufficio Istruzione, 13/10/1986 (seconda parte)

Il biondo di via del Macao nelle parole della madre di Mirella Gregori. Tribunale di Roma – Ufficio Istruzione, 13 ottobre 1986 (seconda parte)

I due si erano presentati come i fratelli di questa giovane, ma l’inserviente, sempre secondo il resoconto della signora Arzenton, «non ricordava più quale cognome avessero chiesto». Siccome la segreteria era chiusa, furono invitati a ritornare per l’orario di apertura, le 16:30, ma non si presentarono. E tanto basta per capire che fossero due impostori. Perché un fratello sa quando trovare sua sorella a scuola. Sarebbe stato interessante saperne di più sulla circostanza, ma nel fascicolo non ci sono né la testimonianza della bidella e né quella della preside. L’ultimo avvistamento chiamò in causa la stessa Mirella, che nell’aprile 1983 fu vista passeggiare sottobraccio con «un giovane alto, biondo, riccio, di età non specificata» a via del Macao, una breve parallela di via Volturno distante un chilometro dall’abitazione dei Gregori. Lo riferì la madre di Mirella al giudice Ilario Martella il 13 ottobre 1986, quando si presentò spontaneamente per riportare questa notizia, appresa da una inquilina del palazzo nei giorni immediatamente seguenti il mancato ritorno a casa della figlia. Precisò che fu «una delle tante persone venute ad esprimermi, nella mia abitazione, la propria solidarietà», ma non ne ricordava il nome e non rammentava se avesse messo le forze dell’ordine già al corrente del fatto, comunque mai verbalizzato.

LA PARROCCHIA DI S.GIUSEPPE AL NOMENTANO

Caso Mirella Gregori. Identikit del biondo riccio comparso nel bar di via Volturno il 6 maggio 1983 secondo la descrizione fornita ai CC di Roma da Vittoria Arzenton - F. Rossi, "Mirella Gregori, la ragazza inghiottita dalla terra" pag. 67, Runa Editrice

Identikit del biondo riccio comparso nel bar di via Volturno, il 6 maggio 1983, secondo la descrizione fornita ai CC di Roma da Vittoria Arzenton (dal libro di Fabio Rossi, «Mirella Gregori, la ragazza inghiottita dalla terra», Runa Editrice, 2023, pag. 67)

A oggi, non sappiamo se il biondo di questi quattro episodi fosse sempre lo stesso. Certo è però che ricorse nella vita di Mirella in un arco temporale ristretto e a ridosso della sua scomparsa. Ed è certo pure che, quando il quotidiano romano Il Tempo il 28 ottobre 1983 pubblicò gli identikit dei due fotografi comparsi nel bar dei Gregori il giorno del rinfresco, in base alle descrizioni della signora Arzenton, uno di questi, oltre che biondo, era pure riccio. Come il biondo a passeggio di via del Macao. Il più importante dei quattro, perché presente nell’esistenza della giovane, nonostante lei avesse un ragazzo (Massimo, quindici anni, coetaneo) che biondo non era.

Su quell’ignoto accompagnatore non sono mai stati svolti approfondimenti. Come nella parrocchia di S. Giuseppe al Nomentano. Dove, a distanza di quarant’anni, spunta un giovane uomo dai capelli biondi. Il merito è della testimonianza inedita di Giuseppe Calì, il cameriere del bar dei De Vito, raccolta da Fabio Rossi per il suo libro. Alla domanda dell’autore sulle parole di Sonia emerse nel documento del SISDe (un inedito di chi vi scrive dal 2016) relativo all’artefice della sparizione di Mirella, Calì ha risposto: «Penso che si stava riferendo a una persona che in quel periodo veniva spesso al bar, un tizio più grande di me dai capelli biondi che frequentava la vicina chiesa».

Premesso che siamo a disposizione di Sonia De Vito qualora volesse beneficiare del diritto di replica, le parole di Calì fanno senza volerlo da sponda alle informazioni agli atti fin qui esposte e sono un ulteriore invito a guardare nei mondi di Mirella per trovare la soluzione al suo dramma.

L’IGNOTO «SIGNORE DEGLI APERITIVI»? NON ERA BONARELLI

Caso di Mirella Gregori. Confronto tra la madre, Vittoria Arzenton, e Raoul Bonarelli. Tribunale di Roma - Ufficio Istruzione, 13 ottobre 1993

Confronto tra Vittoria Arzenton e Raoul Bonarelli, Tribunale di Roma – Ufficio Istruzione, 13 ottobre 1993

Su quella chiesa, infatti, si accendono nuovamente i riflettori a seguito di un altro episodio, sconosciuto agli inquirenti quando sentirono l’ex cameriere. Il 15 dicembre 1985, mentre aspettava di essere ricevuta in udienza da Giovanni Paolo II in visita ufficiale alla parrocchia, la signora Arzenton riconobbe in un uomo del servizio di vigilanza del Pontefice lo stesso che aveva visto al bar dei De Vito conversare amabilmente in più di una circostanza con la figlia e con l’amica Sonia. Da me soprannominato l’ignoto signore degli aperitivi quell’individuo, sempre a detta della mamma, frequentò il locale fino alla sparizione della figlia. E soprattutto si mostrò infastidito quando la signora lo riconobbe nel personale di sicurezza di Karol Wojtyla. Però la sua descrizione fornita alla giudice Adele Rando nel 1993 – «Tra i trenta-quaranta anni, altezza un metro e settanta circa, viso ovale, occhi sorridenti, accattivanti, capelli lisci bruni tagliati corti e vestiva, quando lo vedevo seduto al bar, abiti sportivi, ma sobri» – non combacia né col profilo descritto da Calì a Rossi, né con l’identikit del giovane biondo.

Su di lui la Arzenton, coadiuvata dall’avvocato Gennaro Egidio, svolse una ricerca che nel 1987 fece scivolare nel fascicolo di indagine un appunto col nome di un funzionario della vigilanza vaticana residente nei dintorni di via Nomentana: Raoul Bonarelli. Ma quando fu predisposto il confronto tra i due in Tribunale (13 ottobre 1993) lei, assistita anche dalla figlia Antonietta, ammise l’errore: «Il qui presente signor Bonarelli non è la persona da me vista sedere abitualmente presso il bar di via Nomentana, intrattenersi con le ragazze».

«NE HA AVUTI TRE O QUATTRO DI QUESTI PRATICONI IL PRETE, NO?!»

Il riferimento ai «praticoni» di S. Giuseppe al Nomentano nell'intercettazione telefonica tra Raoul Bonarelli e la moglie. Criminalpol, 13 ottobre 1993

Il riferimento ai «praticoni» di S. Giuseppe al Nomentano nell’intercettazione telefonica tra Raoul Bonarelli e la moglie. Criminalpol, 13 ottobre 1993

Però proprio Bonarelli al termine di quell’interrogatorio fornì, senza volerlo, un altro indizio che ci tiene ancora dentro S. Giuseppe. Parlando al telefono con la moglie che chiedeva chi fosse l’uomo della vigilanza col quale era stato confuso, ipotizzò uno della parrocchia: «Per me è uno di quelli che stava lì intorno in quel periodo, uno di quelli che collaborava pure… che ce ne ha avuti tre o quattro di questi praticoni il prete, no?!». Appurato che, secondo il vocabolario Treccani, praticone è «chi esercita una professione, un mestiere, un’arte, una tecnica, basandosi più sull’esperienza pratica, quotidiana, che su un’adeguata preparazione teorica (sempre con una connotazione limitativa e talvolta anche spreg.)», ci si domanda: come mai Bonarelli pronunciò proprio quel termine? A chi si riferiva? A un laico o a un ecclesiastico? Non lo sappiamo. Perché in entrambe le inchieste sul caso non fu più convocato.

Nella primavera del 2015 mi recai a S. Giuseppe al Nomentano. Ancora non conoscevo l’esistenza del biondo e volevo raccogliere la testimonianza di qualcuno che avesse conosciuto Mirella. Fu un viaggio a vuoto. Così cercai il parroco dell’epoca, don Silvano Minorenti, molto sbrigativo al telefono. Si limitò a dire che non ricordava granché di Mirella Gregori, se non che fosse una ragazza come altre di quell’ambiente. La cui presenza in questa storia è qualcosa in più di una semplice casualità. Perché emerge pur percorrendo due strade indiziarie parallele: quella del misterioso biondo e quella dell’ignoto signore degli aperitivi. Semplice coincidenza? E come mai quella chiesa è stata risparmiata dagli investigatori? La tragedia di Elisa Claps insegna che non si deve trascurare nessun luogo frequentato da una persona scomparsa.

L’ISTANZA DI RIAPERTURA DELLE INDAGINI SUL CASO GREGORI

Dall’archiviazione delle ultime indagini su Mirella Gregori sono trascorsi otto anni. Nonostante l’uscita delle informazioni sul misterioso biondo e del noto documento del SISDe, i famigliari, tramite i loro legali, non hanno mai presentato una richiesta per una loro riapertura. In compenso, sono state organizzate conferenze e speciali televisivi sulla vicenda. In uno di questi, andato in onda su Cusano TV domenica 16 luglio nel programma Giallo d’estate, l’avvocato Nicodemo Gentile, nuovo legale della famiglia, ha comunque annunciato imminenti novità: «Posso dare una certezza, una conferma: noi quanto prima presenteremo anche una istanza di riapertura della indagine per Mirella».

Ci auguriamo che ciò avvenga e anche alla svelta. Perché servono fatti e non parole. Se gli adolescenti che nel 1983 frequentavano S. Giuseppe, oggi sono persone di mezza età, gli adulti dell’epoca, dentro e fuori la parrocchia, sono anziani, molto anziani, oppure potrebbero non esserci più. E siccome il tempo perso dal 2015 non si recupererà, d’ora in avanti la regola dovrà essere di non sprecarne altro. Sempre che si voglia la verità e non si giochi a cercarla.