Qui potrai trovare una vasta rassegna di materiali aventi ad oggetto uno dei periodi più interessanti della recente storia repubblicana, quello compreso tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso.
Il sito comprende sei aree tematiche e ben ventidue sottocategorie con centinaia di pezzi su anni di piombo, strategia della tensione, vicende e personaggi più o meno misconosciuti di un’epoca soltanto apparentemente lontana. Per rinfrescare la memoria di chi c’era e far capire a chi era troppo giovane o non era ancora nato.
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Mikaeli «Mikis» Mantakas nasce ad Atene, nel quartiere Papagos, il 13 luglio 1952. Figlio di una coppia di antifascisti oppositori del regime dei colonnelli, verso la fine degli anni Sessanta si trasferisce in Italia. Il giovane non è ancora particolarmente interessato alla politica e si dedica prevalentemente allo studio. Dapprima risiede nella città di Bologna, dove lavora lo zio, poi si sposta a Roma dopo aver subito una violenta aggressione da alcuni studenti di sinistra che lo definivano «una spia del regime dei colonnelli». Nella capitale il ragazzo studia presso la facoltà di medicina e frequenta un bar di via Siena dove stazionano molti giovani di destra provenienti dalla vicina sezione del Fuan. È lì che Mantakas conosce una ragazza di nome Sabrina: fervente attivista del Movimento Sociale Italiano che diventerà presto la sua fidanzata. Per il greco, il Fuan è inizialmente un luogo in cui coltivare rapporti umani e nuove amicizie. Con il tempo ne diviene ufficialmente tesserato, partecipando attivamente ai cortei e alle attività di volantinaggio.
Il 28 febbraio 1975 riprende il processo a tre militanti di Potere Operaio, autori del rogo di Primavalle, l’attentato incendiario che nel 1973 causò la morte di un bambino di otto anni, Stefano Mattei, e di suo fratello Virgilio, di anni ventidue, figli di un militante del MSI. L’atmosfera è estremamente tesa fin dalle prime ore del mattino. La morte dei fratelli Mattei è una terribile vicenda che da due anni infervora gli animi dei militanti di destra. Gli estremisti di sinistra, che sostengono invece l’innocenza degli imputati (Lollo, Clavo e Grillo) sono prossimi allo scontro con gli avversari politici radunati in corteo attorno al tribunale. La violenza esplode rapidamente con insulti, scazzottate, lancio di sassi e bulloni. L’intervento della polizia con i lacrimogeni non placa del tutto i disordini, ma si limita a spostarli verso altre aree della città. In piazzale Clodio, un’auto dell’ufficio politico della Questura viene raggiunta dal lancio di bottiglie incendiarie. Una volta fuori dall’abitacolo in fiamme, tre agenti vengono malmenati da una folla di manifestanti armati di spranghe e bastoni. Gli aggressori si dileguano grazie ai colpi di pistola esplosi in aria da un quarto poliziotto giunto sul posto per soccorrere i colleghi. I disordini sono tutt’altro che finiti e continuano a verificarsi in diverse aree della capitale. Il più grave ha luogo in via Ottaviano, dove un gruppo di autonomi assalta con bottiglie incendiarie e colpi di arma da fuoco la sede del Movimento Sociale Italiano. Alcuni ragazzi di destra sono barricati all’interno dell’edificio. Tra loro vi è anche il giovane greco.
Riportiamo di seguito la cronaca di quegli istanti redatta dal quotidiano romano Il Messaggero del 1° marzo 1975:
«Gruppi di “ultras” di sinistra si radunano attorno alla sede del Msi. Alcuni gruppi sono giunti da piazza Risorgimento, altri da via Ottaviano. Primo scontro con i missini, durante il quale vengono lanciate due molotov contro la sede. Lo scontro continua per alcuni minuti, poi dalla sede neofascista escono in forze. E’ la guerriglia. Volano “molotov” e vibrano nell’aria le spranghe di ferro da ambo le parti. La polizia, riunita in piazzale Clodio, viene spostata d’urgenza verso via Ottaviano. Quando la polizia giunge in forze — un’intera colonna di automezzi — il peggio è accaduto: lo studente greco Mikis Mantakas è stato colpito alla testa da un proiettile. Si è accasciato al suolo proprio sotto l’orologio situato all’angolo fra piazza Risorgimento e via Ottaviano. Fabio Rolli è stato raggiunto da un proiettile sull’ingresso della sede del Msi. Il tipografo Antonio Picariello racconta: “Mentre passavo in motoscooter ho visto un gruppo di giovani che si picchiavano fra loro all’angolo fra piazza Risorgimento e via Ottaviano. Improvvisamente uno ha estratto una pistola e ha sparato all’impazzata. Uno è caduto sotto l’orologio, un altro davanti alla sede del Msi. Io ho sentito una fitta ad un braccio e sono caduto dalla motoretta”. Il Picariello era stato raggiunto da due proiettili: alla sesta vertebra lombare e al braccio sinistro».
Il greco è riverso al suolo in un lago di sangue. L’arrivo dell’ambulanza si rivelerà inutile. Dopo l’assoluzione nel processo di primo grado nel 1977, nel 1980 per l’omicidio Mantakas sarà condannato in appello (in contumacia) il brigatista Alvaro Lojacono, ex militante di Potere Operaio.
«Roberto Scialabba, 23 anni, compagno rivoluzionario assassinato in questa piazza il 28-2-78 dai fascisti servi del regime. La nostra lotta non si fermerà. I compagni caduti ci hanno insegnato a non farci trovare morti»
Questa è l’iscrizione che si legge sulla lapide eretta a piazza Don Bosco a Roma in memoria di Roberto Scialabba, giovane militante di Lotta Continua nato ad Anzio il 6 settembre 1954. La sua morte è in un certo senso collegata a quella di Mantakas, ma questo Roberto non l’ha mai saputo poiché si tratta di un legame assurdo, stabilito da altri. Con gli episodi di violenza che i neofascisti hanno voluto vendicare, Roberto, non c’entra nulla, tuttavia, il biennio 1977-78 è terribilmente spietato, soprattutto nella capitale, soprattutto tra i giovani. La ferocia dell’odio politico è sempre lì, dietro l’angolo, pronta a travolgere chiunque, colpevoli e innocenti.
Il 7 gennaio 1978 un commando di estrema sinistra uccide a sangue freddo due ragazzi inermi: Francesco Ciavatta e Franco Bigonzetti, giovanissimi militanti del MSI. Durante le manifestazioni di protesta che ne scaturiscono finisce ammazzato anche un terzo attivista, Stefano Recchioni. Il movimento eversivo di estrema destra che in futuro diventerà noto come «Nuclei Armati Rivoluzionari» ha giurato vendetta. La data è già fissata: il 28 febbraio. L’anniversario della morte di Mantakas dovrà essere celebrato nel sangue. Negli ambienti carcerari si è sparsa una voce: pare che i responsabili della morte dei due missini frequentino uno stabile occupato dalle parti di Don Bosco. L’idea è quella di andare lì armati, puntare una pistola contro i presenti, costringerli a farli parlare e giustiziare i colpevoli sul posto.
A bordo di tre macchine, assieme ai fratelli Fioravanti ci sono Franco Anselmi, Alessandro Alibrandi, Dario Pedretti, Francesco Bianco, Paolo Cordaro e Massimo Rodolfo. Giunti in Via Calpurnio Fiamma i ragazzi scoprono con rammarico che l’edificio occupato è stato già sgomberato dalla polizia. All’interno di quel «covo di rossi» non c’è più nessuno. Ma è il 28 febbraio e Fioravanti decide di ripiegare su due compagni a caso, del resto in quella zona non è difficile trovarne. Si punta alla piazza. Il gruppo si divide: Cordaro, Pedretti e Rodolfo attendono a bordo di due vetture a circa un chilometro di distanza. Nei giardinetti di Don Bosco entrano i Fioravanti e Anselmi. Bianco e Alibrandi aspettano in una macchina a pochi metri dal piazzale.
Gli orologi segnano le 23:12. I tre ragazzi armati si avvicinano a una comitiva di giovani seduti alle panchine. A giudicare dall’abbigliamento (e dai giornali che alcuni di loro hanno in tasca) si tratta di militanti di sinistra. Franco Anselmi e Cristiano Fioravanti sparano all’impazzata. Qualche pistola si inceppa. Spara anche Valerio, colpendo un giovane. Nella piazza ci sono ora due ragazzi feriti, sono fratelli. I fratelli Scialabba. Uno dei due, Nicola, riesce a darsi alla fuga mentre l’altro, Roberto, è steso a terra in fin di vita. Valerio Fioravanti si avvicina ai due sparando a vuoto verso il fuggitivo, poi si reca sul moribondo e lo finisce senza pietà, colpendolo alla testa. Il ventitreenne Roberto Scialabba è la prima vittima di Valerio Fioravanti. Nei giorni a seguire, alcuni giornali parleranno ingiustamente di «regolamento di conti tra spacciatori» e nonostante le ripetute rivendicazioni, la verità tarderà a circolare nei canali mediatici. Nel 1982 sarà il collaboratore di giustizia Cristiano Fioravanti a rivelare agli inquirenti la dinamica dell’accaduto.