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Olaf Scholz negli archivi della Stasi

Redazione Spazio70

La Stasi/HV A registrò Scholz solo nel gennaio 1984, quando aveva 26 anni. La schedatura non fu compiuta nel quadro di un’operazione di acquisizione confidenziale bensì come persona d’interesse nella rubrica dei socialdemocratici (Objektvorgang SPD), insieme a numerosi altri esponenti di quel partito

di Gianluca Falanga

Il 12 gennaio del 2022, l’Archivio federale mise a disposizione della stampa e degli studiosi i file della Stasi riguardanti il cancelliere della Repubblica federale Olaf Scholz, allora in carica da poco più di un mese. L’interpretazione offerta dai media dopo avere preso visione dei documenti fu quasi unanime: la polizia segreta della Germania orientale spiò Scholz per anni quando era un dirigente (dal 1982 al 1988 vicesegretario nazionale) dei Giovani socialisti (Juso), l’organizzazione giovanile del Partito socialdemocratico tedesco (SPD). Unica voce fuori dal coro, quella di Hans-Georg Maaßen, figura politica molto controversa, di orientamento conservatore, e presidente (fino al novembre 2018) del Bundesamt für Verfassungsschutz, l’Agenzia per la difesa della Costituzione, il servizio di sicurezza interno della Germania. Secondo Maaßen, un funzionario di un’organizzazione politica come gli Juso non poteva riuscire particolarmente appetibile sul piano della rendita informativa. La Stasi si sarebbe quindi interessata a Scholz per un altro motivo: pensava di acquisirlo come potenziale agente da coltivare in prospettiva di una sua carriera nel partito e nelle istituzioni della Repubblica federale. A una lettura più attenta ed equilibrata, che non si lasci tentare da interpretazioni ad effetto e scandalistiche, la documentazione presentata dall’Archivio federale non risulta suffragare le deduzioni opposte di cui sopra. Insomma le carte conservate rese accessibili non confermano né il primo né il secondo scenario: Scholz non fu spiato dalla Stasi, che non lo voleva nemmeno reclutare come agente o informatore.

Cominciamo dai fatti cioè dalla documentazione stessa: in che cosa consistono concretamente i file in questione? In primo luogo, occorre puntualizzare che non esiste alcun fascicolo personale su Olaf Scholz, come falsamente riportato in alcuni articoli. Il nome di Scholz è registrato su due schede nominali modello F16, contenenti indicazioni anagrafiche in chiaro (nome, data e luogo di nascita, nazionalità, organizzazione politica di appartenenza). Le schede in questione fanno parte dello schedario microfilmato dell’Hauptverwaltung Aufklärung (HV A), la struttura della Stasi deputata allo spionaggio nella Germania Ovest e all’estero, più precisamente alla copia di back-up microfilmata del registro degli agenti attivi fuori dalla DDR, consegnata da ufficiali del KGB alla CIA nell’estate 1992 e restituita (incompleta) al governo tedesco nel 2003 col nome di Dossier Rosenholz. Dalle schede si evincono due dati significativi: il primo, la Stasi/HV A registrò Scholz solo nel gennaio 1984, quando aveva 26 anni, e non già nel 1977, attenzionato quando era ancora un liceale, come sostenuto da un redattore del settimanale amburghese Der Spiegel; il secondo dato che si evince è che Scholz non fu schedato nel quadro di un’operazione di acquisizione confidenziale, bensì come persona d’interesse nella rubrica dei socialdemocratici (Objektvorgang SPD), insieme a numerosi altri esponenti di quel partito.

SCHOLZ SOGGIORNÒ ALMENO NOVE VOLTE NELLA DDR PER INCONTRI POLITICI

Scholz visita il Memoriale ai caduti della lotta antifascista a Potsdam (1984)

La parte più consistente della documentazione della Stasi riguardante il cancelliere tedesco attualmente in carica è rappresentata da comunicazioni degli uffici operativi di polizia politica agli organi di frontiera contenenti precise istruzioni sul trattamento di favore da riservare a Scholz all’ingresso nella DDR. In altre parole, la Stasi raccomandava di assicurargli «un check-in in modalità preferenziale e particolarmente cortese», risparmiandogli gli estenuanti e sgradevoli controlli, particolarmente rigorosi, che in genere si riservavano ai comuni visitatori in entrata da ovest. Scholz non viaggiava da solo, ma come dirigente Juso alla testa di una delegazione dei giovani socialisti che si recavano oltrecortina in visita ufficiale. Il trattamento di favore, che comprendeva anche l’esenzione dal cambio valuta obbligatorio come dai controlli doganali e il visto d’ingresso gratuito, non era pertanto un privilegio per Scholz, bensì normale prassi riservata alle delegazioni politiche ufficiali provenienti dai paesi occidentali, rientrava cioè nel protocollo desiderato dal regime e gestito dalla Stasi attraverso il personale di frontiera. Fra il settembre 1983 e il giugno 1988 il giovane Olaf Scholz, all’epoca un ventenne con la testa coperta da un casco di riccioli fulvi, che militava nella corrente di sinistra più intransigente all’interno del SPD, i cosiddetti Stamokap (breve per Staatsmonopolistischer Kapitalimsus, nella terminologia marxista-leninista lo stadio terminale di massima centralizzazione monopolistica del capitalismo), si recò nove volte nella Germania orientale, quasi sempre per partecipare a incontri e seminari con esponenti di alto livello della Freie Deutsche Jugend (FDJ), l’organizzazione giovanile della SED, il partito-Stato della DDR.

Il primo soggiorno di cui danno notizia i documenti della Stasi risale al 25 settembre 1983. Con una delegazione di giovani socialdemocratici, in tutto 130 delegati, giunse nella Repubblica democratica in treno, passando i controlli di frontiera a Gerstungen, per partecipare a un raduno della gioventù internazionale che si teneva a Werder, vicino Potsdam. I delegati Juso erano seguiti a ogni passo da 45 accompagnatori della Stasi incaricati di tenerli sotto controllo e curare ogni aspetto del loro soggiorno, che si articolò in sei giornate con un susseguirsi di interventi di funzionari della SED, escursioni e programma culturale serale. Terminato il raduno, funzionari della sezione 2 della XX Divisione, responsabile per le operazioni di sorveglianza e monitoraggio nel settore delle politiche giovanili, stese una relazione di bilancio dal quale si evince che lo scopo del raduno era «sensibilizzare la gioventù occidentale verso la politica di pace dell’Urss, della DDR e degli altri paesi socialisti».

Negli archivi della Stasi a Berlino, dal 2021 integrati negli archivi federali dello Stato, si conservano una serie di relazioni riguardanti anche gli altri viaggi di Scholz a Berlino est. Nei giorni 4-7 gennaio 1984 il vicesegretario federale Juso tornò una seconda volta nella DDR, questa volta su invito del Primo segretario del Consiglio centrale della FDJ, il capo della gioventù comunista della DDR Eberhard Aurich. Il contesto storico dell’incontro è interessante: poche settimane prima, il 22 novembre 1983, il Bundestag aveva votato a maggioranza a favore del dispiegamento di nuovi missili nucleari a media e lunga gittata in Europa occidentale, in attuazione della cosiddetta “doppia decisione” NATO del dicembre 1979, che prevedeva non solo la risposta militare per compensare la lacuna nella deterrenza nucleare causata dallo schieramento sovietico degli SS-20 puntati contro i paesi europei, ma anche un contemporaneo negoziato per il controllo e la riduzione di questi armamenti. Contro lo schieramento dei cosiddetti euromissili americani si era levata la protesta di un vasto movimento, con imponenti manifestazioni che nel 1983 avevano raggiunto il momento di massima mobilitazione. Il movimento pacifista e antinuclearista internazionale non era riuscito a evitare lo schieramento dei nuovi missili, ma la protesta non si esauriva. Il mondo politico, sindacale e l’opinione pubblica tedesco-occidentale erano profondamente divisi sulla questione, nella SPD la disputa fu particolarmente lacerante, il partito si spaccò fra i sostenitori (molti a denti stretti) del cancelliere Helmut Schmidt, che aveva caldeggiato l’istallazione degli euromissili contro la minaccia nucleare sovietica, adoperandosi però anche al contempo a favorire la trattativa con Mosca per scongiurare la crisi della distensione fra i blocchi, e chi invece si opponeva in modo veemente a questa politica. Proprio le posizioni assunte da Schmidt nel conflitto est-ovest finirono per far precipitare la crisi interna alla coalizione di governo social-liberale, con i liberali che nel 1982 abbandonarono l’alleanza con la SPD per passare coi conservatori, spianando la strada al cancellierato di Helmut Kohl.

GIOVANI SOCIALDEMOCRATICI E COMUNISTI UNITI CONTRO GLI EUROMISSILI NATO

Scholz a una marcia di protesta contro gli euromissili americani

L’Olaf Scholz che nel gennaio 1984 arrivò nella DDR alla testa di una delegazione di dirigenti Juso faceva parte del fronte di più radicale opposizione allo schieramento degli euromissili e di contestazione del nuovo corso politico occidentale di più risoluta e muscolare contrapposizione al blocco comunista. Non è un caso che proprio la dirigenza dell’organizzazione vivaio del personale politico della SPD venisse invitata nella Germania orientale, accolta con tutti gli onori dalla dirigenza del regime di Honecker. Consapevole di non riuscire più a tenere il passo di una nuova corsa agli armamenti, il Cremlino cercava di reagire con una campagna di mobilitazione su larga scala di tutte le risorse a disposizione: i partiti comunisti occidentali, le front organizations foraggiate e controllate dai paesi socialisti, il movimento di protesta internazionale. Il supporto massiccio, sia aperto che clandestino, alle forze organizzatrici della contestazione disarmista e antimilitarista in Europa occidentale avrebbe dovuto fare da traino a una grande e articolata offensiva politica anti-Nato. La focalizzazione della protesta in Germania Ovest, dove un ampio cartello di forze e iniziative extraparlamentari era riuscito a raggiungere e mobilitare ampi strati della popolazione contro il governo Schmidt, aveva spinto i sovietici ad affidare alla Stasi un ruolo fondamentale nelle operazioni di finanziamento occulto ed eterodirezione della contestazione, secondo un modello già collaudato negli anni Cinquanta e Sessanta. Ma anche a livello di politica ufficiale, l’intesa Juso-FDJ era evidentemente funzionale, dal punto di vista della SED, ad approfondire la frattura che il rigetto della nuova dottrina offensiva reaganiana aveva provocato nella sinistra tedesca.

L’importanza attribuita dal regime della DDR all’incontro delle organizzazioni giovanili comunista (est) e socialdemocratica (ovest) è confermata dal fatto che il primo giorno della visita Scholz e Rudolf Hartung, rispettivamente il vicesegretario e il segretario federale Juso, furono ricevuti da Egon Krenz, membro del Politbüro, segretario del Comitato centrale della SED per le questioni afferenti la sicurezza dello Stato e vicepresidente del Consiglio di Stato della DDR, insomma il numero due del regime alle spalle di Erich Honecker. Da un documento stilato da funzionari della Stasi (sezione HA XX/2) apprendiamo che Hartung espresse a Krenz la volontà dei giovani socialdemocratici di intensificare ulteriormente la campagna di resistenza contro gli euromissili, aggiungendo che a loro parere l’Urss avrebbe dovuto esercitare maggiore pressione sugli USA schierando missili nucleari puntati direttamente contro il territorio americano. Le posizioni dei giovani socialdemocratici e di Scholz in quella fase erano dunque particolarmente filosovietiche, rivendicando un disarmo unilaterale della Nato e dimenticando che lo schieramento degli euromissili era una risposta al potenziamento dello schieramento missilistico sovietico. Si tratta di posizioni, quelle manifestate da Hartung e Scholz nel 1984 (ma ribadite ancora negli anni a venire), minoritarie nel movimento disarmista e antinuclearista. Infatti, nonostante il vigoroso tentativo di infiltrare, condizionare e strumentalizzare la protesta da parte della DDR, riccamente documentato dagli archivi della SED e della stessa polizia segreta tedesco-orientale, quel vasto movimento riuscì nel suo complesso a sottrarsi alla manipolazione; il contributo concertato delle organizzazioni foraggiate e controllate da dietro la Cortina di ferro come il piccolo partito comunista tedesco DKP e il partito pacifista DFU, ma anche (come hanno “confessato” dopo il 1990 alti dirigenti dell’HV A come Werner Großmann e Günter Bohnsack) il movimento dei “Generali per la Pace” e quello dei “Medici contro la morte nucleare”, riuscì sicuramente ad alimentare il clima di protesta generalizzato, ma la mobilitazione disarmista diede prova di resistenza alla strumentalizzazione, sviluppando una contestazione indipendente dalla logica dei blocchi, addirittura manifestando il rifiuto dell’ordine di Yalta e rivendicando, almeno in una sua parte, anche il disarmo nucleare dell’Urss.

PER IL DISARMO UNILATERALE DELLA NATO: LE POSIZIONI FILOSOVIETICHE DEL GIOVANE SCHOLZ 

Egon Krenz in una immagine ufficiale risalente alla metà degli anni Ottanta (fonte: Archivio federale tedesco)

Il movimento pacifista indipendente, che seppure in condizioni meno favorevoli all’espressione del dissenso si sviluppò contemporaneamente anche nella DDR, contestò il pacifismo di facciata del regime di Honecker, il quale temendo una pericolosa saldatura della protesta antimilitarista a cavallo delle due Germanie, lo fece reprimere duramente dalla Stasi, perseguitando e imprigionando chi abbracciava posizioni di contestazione della politica nucleare sovietica e cercava una sponda col movimento occidentale. Scholz e compagni ne erano perfettamente consapevoli, tant’è che, come si legge nella relazione della Stasi sull’incontro con Krenz, i due dirigenti Juso chiesero informazioni di due dimostranti pacifisti tedesco-orientali arrestati e, stando al documento, si accontentarono della risposta fornita loro da Krenz: «nella DDR nessuno viene arrestato per le proprie idee, ma solo se viola le leggi.» Al colloquio con Krenz seguì, il secondo giorno della visita, un colloquio presso la rappresentanza diplomatica della Repubblica federale a Berlino est. Secondo la relazione dei funzionari della Stasi, i dirigenti Juso avrebbero comunicato ai diplomatici di Bonn che i giovani socialdemocratici condividevano le stesse posizioni della FDJ sulla disputa degli euromissili americani. Alla domanda, che cosa ne pensassero dei missili sovietici schierati nella DDR contro la Germania Ovest, Olaf Scholz avrebbe risposto che il problema erano i missili americani e non quelli sovietici e che lui personalmente (rovesciando la verità, che un dirigente socialdemocratico non poteva non conoscere) non giudicava i missili nucleari sovietici una minaccia, bensì un atto di compensazione per ripristinare un equilibrio saltato per l’aggressione americana.

La visita del gennaio 1984 si concluse con un incontro all’Istituto di politica interazionale ed economia a Berlino est, istituzione di copertura funzionale al cosiddetto Westarbeit, l’azione combinata di condizionamento e spionaggio della Stasi/HV A in Germania Ovest e nei paesi Nato. Uno dei collaboratori dell’istituto era Kurt Wand, giovane socialdemocratico, anche lui militante Juso della corrente Stamokap e collega di Scholz nella redazione di una rivista marxista. Nel 1993 si scoprirà che Wand era stato una spia dell’HV A, nome in codice KUGEL (sarà per questo condannato a un anno di reclusione per spionaggio). Presente all’incontro del 6 gennaio 1984, Wand alias KUGEL scrisse un’informativa di cinque pagine, che sono scampate alla distruzione quasi completa dell’archivio dell’intelligence estera della DDR nel 1990. In quel documento si riporta che Hartung e Scholz ribadirono ai loro interlocutori tedesco-orientali il loro auspicio che fosse l’Urss a controbattere l’“offensiva” americana schierando missili nucleari sulla soglia degli Stati uniti, dal momento che i missili sovietici puntati su obiettivi europei non rappresentavano «una minaccia adeguata per gli USA». Sull’incontro all’istituto relazionò anche la solita sezione HA XX/2 della Stasi, osservando con soddisfazione che gli Juso non avevano posto domande di contenuto provocatorio, ma affermato piuttosto che l’immagine della DDR nei media tedesco-occidentali doveva essere migliorata, le dichiarazioni dei politici tedesco-orientali riportate dando loro maggiore spazio e, più in generale, la cronaca non avrebbe dovuto limitarsi a riportare solo fatti negativi, che mettevano in cattiva luce la DDR ai lettori occidentali.

GIOVANE, MA GIÀ POLITICO NAVIGATO E INFLUENTE: SCHOLZ OSPITE D’ONORE DEL COMITATO CENTRALE DELLA SED 

Scholz (il secondo, partendo dal basso e da destra) e Krenz nel 1984

La serie delle relazioni d’intelligence prodotta dalla Stasi sugli incontri fra esponenti Juso e FDJ prosegue con un’altra visita ufficiale dei giovani socialdemocratici nell’ottobre 1986 al quartier generale della gioventù comunista a Berlino est. Questa volta Scholz capeggiava la delegazione al fianco del capo Juso Michael Guggemos. Una informativa della Stasi riporta un ritratto di Scholz in quell’autunno 1986. La leggibilità del documento è resa difficile dagli omissis apposti dall’Archivio federale, presumibilmente a protezione dei dati sensibili e personali dell’odierno cancelliere. Nonostante la giovane età (28 anni), Scholz è indicato come «vecchio professionista della politica, che esercita una forte influenza nell’organizzazione». I dirigenti FDJ avrebbero discusso con lui personalmente e non con Guggemos le questioni principali in agenda, poi confluite in un documento comune di accordo firmato dalle due organizzazioni. La Stasi sembra avere avuto a disposizione informazioni piuttosto dettagliate sul conto del giovane Scholz, compresa l’entità dei suoi introiti di avvocato. Ancora una volta, Scholz fu ricevuto da Egon Krenz, il 15 ottobre 1986, stavolta direttamente nel suo ufficio presso il Comitato centrale della SED, nella sede centrale del partito in riva alla Sprea, al centro di Berlino est, il cuore del potere della dittatura in Germania Est. L’incontro Scholz-Krenz fu riportato anche in prima pagina sull’organo di stampa della SED, il quotidiano Neues Deutschland. Da una nota di Krenz conservata nell’archivio del partito, il numero due del regime e Scholz sarebbero convenuti sulla necessità di «rafforzare la lotta per la preservazione della pace», Scholz e compagni avrebbero ribadito che la loro rivendicazione restava il ritiro di tutti i missili dall’Europa, intendendo però con tutti solo quelli americani e non quelli sovietici.

Nel biennio successivo vi è notizia di altri cinque soggiorni di Scholz nella DDR: nel dicembre 1986, ricevuto ancora al Consiglio centrale FDJ insieme al segretario federale Juso Bernhard Groth (ma non sono conservate relazioni sui colloqui), pochi mesi dopo Scholz si recò ancora a Wittenberg, in Sassonia-Anhalt, per intervenire con un discorso a una manifestazione pacifista organizzata dalla FDJ, e poi ancora su invito del Consiglio centrale FDJ il 7 gennaio 1988, per inaugurare una mostra intitolata Frauenbilder (Immagini di donna”). Nel maggio 1988, Scholz tornò a Berlino est per seguire un seminario organizzato dal FDJ sul tema “Opportunità e necessità di una collaborazione fra giovani comunisti e socialdemocratici per garantire la pace nel mondo”. Secondo una nota redatta da un funzionario della FDJ, Scholz avrebbe confermato in quell’occasione «la volontà della Gioventù socialista della SPD di intensificare i rapporti di collaborazione costruttiva con la FDJ», aggiungendo che era sua convinzione che «in virtù dell’evoluzione dei paesi socialisti la democrazia socialista assumerà caratteri del parlamentarismo borghese». Scholz si sarebbe inoltre dichiarato interessato a partecipare a giugno all’Incontro internazionale per le zone denuclearizzate in programma a Berlino est, cosa che effettivamente fece e fu quello il suo ultimo viaggio nella DDR, dove ormai veniva accolto con tutti gli onori, come un ospite di Stato. Nel giugno 1988, infatti, un funzionario del Comitato centrale del partito venne a prenderlo al checkpoint di Bornholmer straße a Berlino con la limousine nera di rappresentanza.

OLAF SCHOLZ NEL CERVELLONE ELETTRONICO DELL’HV A DI MARKUS WOLF

Olaf Scholz in un file Stasi. Nel documento si analizzano i possibili punti di contatto tra i Stamokap e le posizioni marxiste-leniniste oltre alla disponibilità di collaborazione con i comunisti in un contesto di contrapposizione con la leadership SPD

Oltre che nei documenti cartacei della Stasi, Olaf Scholz ha lasciato traccia nelle banche dati SIRA dell’intelligence estera HV A, nella fattispecie nel database TDB-12, dove sono registrate in stringhe, contenenti date, nomi e indicazioni tematiche, le informative in entrata trasmesse dagli agenti tedesco-orientali operativi all’estero. Il nome di Olaf Scholz compare in 19 stringhe, ma nessuna di queste motiva l’affermazione dei commentatori che ne hanno dedotto che Scholz sarebbe stato spiato ad Amburgo come studente, avvocato e funzionario Juso dalla seconda metà degli anni settanta fino al 1987. Le informazioni che si possono trarre dai dati elettronici inseriti dai tecnici dell’HV A attestano solamente il fatto che il nome di Scholz compariva menzionato nei documenti trasmessi da una serie di fonti del servizio attive in Germania Ovest, nomi in codice KUGEL, GUSTAV, GIESBERG, KONRAD, HOLM, HEINE e UDO. Si tratta presumibilmente (dei documenti trasmessi è registrata solo la provenienza, il tema e la data di ingresso, il loro contenuto non è più ricostruibile per via della distruzione dei file cartacei) di informative prodotte dalle spie su colloqui e incontri nel corso dei quali si era parlato di Scholz o lo si era soltanto menzionato oppure Scholz compariva fra i nomi elencati nella lista dei partecipanti a un determinato evento, di cui le spie informavano Berlino est. Il nome Scholz, per esempio, veniva fatto in cinque pagine di corrispondenza interna alla SPD trasmesse in copia da una talpa dell’HV A piazzata nella segreteria regionale del partito ad Amburgo. In altre quattro informative dedicate a congressi della SPD Scholz era menzionato fra i delegati partecipanti. Un ulteriore rapporto proveniente dalla fonte GUSTAV alias Carl Guggomos, giornalista del foglio della sinistra movimentista taz ed ex firma della redazione berlinese dello Spiegel, menzionava Scholz commentando le relazioni fra gli Juso e la piattaforma pacifista Friedensforum, ma nemmeno questo prova che Scholz fosse spiato da Guggomos. L’unica fonte dell’HV A che menziona Scholz nelle sue informative con un qualche regolarità (12 volte nell’arco di nove anni) è il già citato KUGEL alias Kurt Wand, ma si tratta di informazioni trasmesse alle quali gli analisti del servizio segreto di Markus Wolf attribuirono un voto di bassa utilità. Nelle informative più significative, invece, il cui contenuto confluì in relazioni inviate al Politbüro della SED o al KGB, il nome di Olaf Scholz non compare.

Riassumendo, la documentazione della Stasi riguardante Olaf Scholz è frutto dell’intensa attività di scambi, incontri e collaborazione politica fra le organizzazioni giovanili della SPD e della SED negli anni ottanta nell’ambito della contestazione della politica NATO di più decisa contrapposizione all’Urss e ai suoi alleati del Patto di Varsavia, un cambio di corso politico che chiuse bruscamente il decennio precedente della distensione fra i blocchi e innescato dalla crisi degli euromissili. I documenti della Stasi non consentono di affermare né che Scholz fu spiato dall’apparato di sicurezza della DDR né che fu preso in considerazione come potenziale spia da reclutare. Il significato storiografico dei documenti disponibili presi in esame sta su un altro piano: documentano come Olaf Scholz intrattenne per anni rapporti regolari e piuttosto stretti con esponenti di alto livello del regime della DDR. Questo aspetto di vicinanza politica alla DDR, confermato ancora più chiaramente dalla contemporanea documentazione prodotta dagli uffici della FDJ, conservati a Berlino nella sezione SAPMO (Archivio dei partiti e delle organizzazioni di massa della DDR) dell’Archivio federale, è rimasto finora assente da tutte le ricostruzioni biografiche dedicate all’ascesa dell’attuale capo del governo tedesco: nelle sue funzioni di vicesegretario giovanile dei Giovani socialisti democratici Scholz considerava la FDJ, il vivaio della nomenclatura di partito del regime tedesco-orientale, un importante alleato nella lotta politica contro la NATO, la politica americana e i governi tedeschi guidati da Schmidt e Kohl.

NON SPIATO, MA «COCCOLATO». L’IPOTESI AGENTE D’INFLUENZA INCONSAPEVOLE 

Il futuro cancelliere durante uno dei suoi soggiorni nella DDR

L’interesse era reciproco e ricambiato, almeno a giudicare da come a Berlino est, parlando metaforicamente ma non solo, gli veniva srotolato il tappeto rosso in occasione delle sue visite. Storicamente, il trattamento privilegiato non sorprende, se teniamo presente il contesto politico generale: all’epoca Scholz era un dirigente di un’organizzazione in aperta opposizione alla linea politica adottata dal cancelliere Schmidt e dalla maggioranza dei deputati del SPD nel Bundestag. Il conflitto interno ai socialdemocratici, alla sinistra tedesca tutta, era tatticamente interessante e potenzialmente assai utile per la DDR come per il Cremlino. Scholz non fu allora spiato, ma “coccolato” e quest’ultimo aspetto non è sufficiente a provare che lo si volesse acquisire come informatore, circostanza che – come abbiamo visto sopra – è contraddetta dalla modalità di registrazione negli schedari dell’HV A. Vi sarebbe però una riflessione da fare sulla coltivazione di un rapporto di collaborazione politica e in che modo questa poteva risultare interessante a un servizio segreto come la Stasi/HV A nel quadro del Westarbeit.

In contesti politici complessi, assai più utile di un agente, di una semplice spia che dall’interno di un’organizzazione o un’istituzione carpisce e trasmette informazioni e indiscrezioni sulle discussioni in corso o sui processi decisionali, può risultare una persona che esercita più discretamente, ma in modo continuo, una certa influenza sui decisori, un agente di influenza magari inconsapevole del ruolo che svolge, inconsapevole di farsi strumento della linea politica di altri, perché i suoi intenti sono sostanzialmente coincidenti con quelli di altri, che invece consapevolmente lo strumentalizzano. Pensiamo per esempio a una figura come Günter Guillaume, spia di Markus Wolf che divenne nel 1972 referente personale del cancelliere socialdemocratico Willy Brandt. Nonostante l’accesso ai dossier segreti e la sua presenza alle riunioni della cerchia più stretta di collaboratori e consiglieri di Brandt, i suoi rapporti informativi inviati a Berlino est non si sono poi rivelati di qualità eccellente, tant’è che gli storici dell’HV A considerano altre le spie più preziose del servizio tedesco-orientale nella sua breve ma intensa e affascinante storia. Ma Guillaume andrebbe valutato anche sotto un altro aspetto: aveva accesso anche alla dimensione privata di Brandt, poteva osservarne gli umori e i problemi caratteriali (la sua nota depressione e labilità emotiva), aveva inoltre la possibilità, fino a un certo punto, di regolare e influenzare l’accesso all’ufficio del cancelliere, quindi la possibilità di parlare col capo del governo, condizionare Brandt attraverso chi e quando otteneva udienza oppure no. Questo per dire che esistono modalità di esercizio della manipolazione assai raffinate, forme di impiego di agenti d’influenza parzialmente o completamente inconsapevoli e di sottile condizionamento dei decisori politici, che vanno al di là del classico spionaggio. Queste non possono essere sottovalutate, ma possono risultare alquanto difficili da riconoscere e valutare.

NEL 2007 SCHOLZ SI OPPOSE A UNA VERIFICA DELLA PRESENZA DELLA STASI NEL BUNDESTAG

Possiamo allora pensare che il rapporto con il giovane Scholz potesse essere orientato anche in un’ottica del genere? Detto brutalmente, Scholz un agente d’influenza inconsapevole, un “utile idiota” da coltivare con cura per la sua influenza e le prospettive di carriera? Sarebbe, in linea di principio, una terza opzione a metà fra lo spiato e la spia, ma non vi sono elementi per concretizzare ulteriormente questo scenario. Probabilmente, Scholz fu solo un simpatizzante occidentale della DDR, come ve ne furono tanti altri nella Repubblica federale e anche altrove. Ciò non gli ha impedito di realizzare la straordinaria carriera che ha fatto. Non bisogna dimenticare, però, che il Bundestag, il parlamento della Repubblica federale, è a oggi una delle istituzioni politiche che non ha voluto sottoporre la propria storia a un’approfondita verifica delle attività clandestine di condizionamento subite dalla DDR nel corso dei decenni della divisione tedesca durante la Guerra fredda. Prima di morire, Markus Wolf rivelò che a sua memoria nelle legislature degli anni Settanta e Ottanta il suo servizio segreto era stato attivo nel Bundestag con una presenza numerica di spie e agenti d’influenza da poterci formare un gruppo parlamentare. Scholz, nel 2007, fu uno dei parlamentari più nettamente contrari alla realizzazione di uno studio che facesse luce su questo scabroso tema (sia chiaro, la contrarietà fu comune a tutti i gruppi parlamentari allora rappresentati), perché si rischiava di squalificare l’immagine dell’istituzione parlamentare e perché, a suo parere, sarebbe stato difficile «separare con nettezza le vittime dai complici». Appare infine bizzarra, a rifletterci bene dopo aver valutato correttamente la qualità dei documenti, la reazione che il cancelliere ha fornito ai giornalisti che lo pregavano di commentare la pubblicazione del suo “fascicolo” (che tale non è, come abbiamo visto) della Stasi: «Naturalmente sono al corrente del fatto che sono stato anche spiato, non è bello ma tant’è». Alla domanda, se avesse letto i documenti della Stasi su di lui prima che li esaminasse la stampa, Scholz ha risposto di no.