logo Spazio70

Benvenuto sul nuovo sito di Spazio 70

Qui potrai trovare una vasta rassegna di materiali aventi ad oggetto uno dei periodi più interessanti della recente storia repubblicana, quello compreso tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso.
Il sito comprende sei aree tematiche e ben ventidue sottocategorie con centinaia di pezzi su anni di piombo, strategia della tensione, vicende e personaggi più o meno misconosciuti di un’epoca soltanto apparentemente lontana. Per rinfrescare la memoria di chi c’era e far capire a chi era troppo giovane o non era ancora nato.
Buona lettura e non dimenticare di iscriverti sulla «newsletter» posta alla base del sito. Lasciando un tuo recapito mail avrai la possibilità di essere costantemente informato sulle novità di questo sito e i progetti editoriali di Spazio 70.

Buona Navigazione!

Helmut Kohl, la Stasi e la Tangentopoli mancata della Germania

Redazione Spazio70

Kohl sapeva che la Stasi era a conoscenza di qualcosa che avrebbe potuto danneggiare non soltanto la sua figura di statista, ma anche l'intera storia della Repubblica federale. Questo terribile segreto aveva un nome e un cognome: Adolf Josef Kanter

di Gianluca Falanga

Detto fra il serio e il faceto, Helmut Kohl e gli archivi della Stasi sono come il diavolo e l’acqua santa. Vero è che la legge speciale del 1991, che concesse a milioni l’opportunità di leggere il proprio fascicolo custodito nei meandri della memoria della famigerata polizia segreta della DDR, fu approvata dal Bundestag sotto la reggenza del suo quarto governo, ma non è un segreto che il padre della nuova Germania, il Cancelliere della Riunificazione, ne avrebbe fatto volentieri a meno. Fosse stato per lui, li avrebbe fatti eliminare o intombare sotto una coltre di cemento fino a dimenticarli. E se proprio si doveva fare, rimetterli all’opinione pubblica come il peccato di un potere paranoico, allora dovevano restare segreti per almeno altri trent’anni, onde impedire che le indiscrezioni, illegittimamente raccolte, turbassero il clima sociale, seminando dissapori, alimentando risentimenti o incoraggiando vendette private. Nulla di tutto quanto paventato accadde, anzi, la trasparenza fu una straordinaria medicina e aiutò molte anime tormentate dalla dittatura a chiudere i conti col recente passato per guardare al futuro, come soggetti e non più oggetti. Per molti andò così, ma non per tutti. D’altronde, è comprensibile, per un politico del calibro di Kohl le cose stanno diversamente e la trasparenza come la verità possono rivelarsi scomode o persino fatali, come l’aglio per i vampiri.

Nell’autunno del 2000, quando l’agenzia tedesca di Stato incaricata della gestione del lascito archivistico della Stasi (BStU) annunciò che di lì a poco avrebbe messo a disposizione degli storici e dei media i documenti su Kohl, questo prontamente intervenne, rivolgendosi al tribunale amministrativo di Berlino, per bloccare l’ostensione dei suoi fascicoli. Cominciò così l’annosa causa, una vera epopea giudiziaria, che si trascinò per quasi dieci anni e fece scuola come esempio da manuale di conflitto fra la libertà di informazione e la tutela dei dati personali. La BStU si difese ricorrendo a una modifica delle disposizioni previste dalla legge, approvata nel settembre 2002, che stabilì l’accessibilità al pubblico, anche senza l’autorizzazione dell’interessato, di tutta la documentazione archivistica della Stasi conservata riguardante personalità pubbliche (titolari di cariche politiche) e della storia, con la sola eccezione di informazioni di carattere strettamente privato carpite attraverso attività di spionaggio, quindi illecitamente, e non reperibili da fonti aperte. A sua volta, gli avvocati di Kohl cercarono in tutti i modi di imporre una restrizione della diffusione dei documenti attraverso il divieto agli utenti dell’archivio di condividerne il contenuto con terzi o di girarli alla stampa. La Causa Kohl si è conclusa definitivamente solo nel maggio 2010 con il rilascio consensuale di due faldoni, una selezione di circa un migliaio di pagine complessive, previamente sottoposti all’esame dei legali di Kohl, che ne approvarono la pubblicazione.

19 MILA PAGINE DI TELEFONATE INTERCETTATE

Tecnici tedesco-orientali addetti all’ascolto e alla trascrizione delle telefonate intercettate

Fra questi documenti resi ostensibili nel 2010 non vi erano materiali particolarmente piccanti, i pezzi più forti erano una copia di una dichiarazione al parlamento fatta da Kohl da neocancelliere in carica nel 1983, evidentemente nota alla Stasi prima che questo la pronunciasse, e una relazione indirizzata dagli analisti al governo della DDR quando era ancora capo dell’opposizione. Nulla invece a proposito del famoso scandalo dei fondi neri, che aveva seriamente ammaccato il prestigio della figura del “Cancelliere dell’Unità”. E nemmeno le trascrizioni e i nastri delle telefonate intercettate, che tanto avevano animato il dibattito negli anni della querelle giudiziaria. Praticamente, solo un’immensa rassegna stampa, un’estesa raccolta di articoli di giornale e lanci di agenzie sulla politica di Kohl, del suo partito e del suo governo. Insomma, notizie da fonti aperte. Per i più, specialmente i giornalisti presenti alla conferenza stampa di presentazione dei due faldoni desecretati, fu una delusione annunciata. L’allora commissaria per i documenti della Stasi, Marianne Birthler, confermò che era solo una piccola parte del materiale custodito in archivio. Svariate strutture operative della Stasi si erano occupate di Kohl.

D’altronde, non era un segreto che, nel primo periodo del lungo cancellierato di Helmut Kohl, dal 1982 al 1989, la Stasi avesse prodotto qualcosa come 19.000 pagine di trascrizioni di telefonate del capo di governo tedesco-occidentale, intercettate da 48 diverse stazioni di ascolto, dislocate sul territorio della Germania orientale e della Cecoslovacchia. Gli operatori della III Divisione, comandata negli anni Ottanta dal generale Horst Männchen, avevano intercettato conversazioni del personale del governo in entrata e uscita da almeno un centinaio di apparecchi privati o di servizio, in media ogni due settimane riuscivano a captarne per intero una del cancelliere, da casa, dallo studio o dall’auto. Sarebbe risultato, infatti, dai documenti scampati alla frettolosa distruzione di una parte della documentazione nell’autunno 1989, che nel 1988 la Stasi era stata in condizioni di intercettare i telefoni a bordo delle autovetture di tutti i membri del gabinetto presieduto da Kohl. Le trascrizioni finivano poi agli analisti, i quali ne traevano materiale informativo per redigere in media all’anno 480 relazioni e 250 dossier. Ma che fine avevano fatto tutti quei documenti?

LO SCANDALO DEI FONDI NERI DEL CDU

Kohl e Honecker, fotografati a Bonn in occasione della prima visita ufficiale di un leader tedesco-orientale nella Repubblica Federale (7-11 settembre 1987. Fonte: Bundesarchiv, Bild 183-1987-0907-017 / Oberst, Klaus / CC-BY-SA 3.0 )

Ma soprattutto: stava davvero solo in questo, la difesa della propria sfera personale ovvero di un principio, un diritto umano costituzionalmente riconosciuto, quello a non essere soggetto a violazioni non autorizzate dell’esistenza privata da parte di un governo, la ragione che spinse Helmut Kohl a dare battaglia in tribunale per impedire agli studiosi, ai giornalisti e all’opinione pubblica l’accesso ai materiali che la Stasi raccolse su di lui? Anche lo scandalo dei fondi neri del CDU, esploso nel novembre 1999 con l’arresto e l’incriminazione per evasione fiscale del tesoriere del partito di Kohl, Walther Leisler Kiep, non spiega del tutto l’azione di Kohl. Per la cronaca: appena un anno prima dell’inizio della Causa Kohl-BStU, l’allora segretario generale dei Cristiano-democratici Heiner Geißler aveva ammesso l’esistenza di un sistema di conti neri per il finanziamento illecito del partito, messo in piedi nell’era Kohl, costringendo quest’ultimo a fare lo stesso in un’intervista alla tv, nonostante in precedenza l’avesse sempre ostinatamente negato. Confessando di avere ricevuto oltre due milioni di marchi di donazioni in nero destinate al CDU, Kohl si era assunto la responsabilità politica per gli “errori” commessi nella gestione delle finanze del partito durante la sua segreteria, ma si era rifiutato categoricamente di fare i nomi dei donatori. Pochi mesi dopo, nella primavera del 2000, si era diffusa la notizia che la Stasi era stata a conoscenza dell’esistenza di un sistema di finanziamento irregolare del CDU, per la precisione di conti e donatori in Svizzera, almeno fin dal 1976. La BStU aveva informato la commissione d’inchiesta parlamentare, istituita per indagare sui fondi neri del CDU, di poterle mettere a disposizione i verbali delle intercettazioni telefoniche effettuate dalla Stasi dei responsabili finanziari del partito a livello federale (nazionale) Uwe Lüthje, Horst Weyrauch e Walther Leisler Kiep, e dello stesso Helmut Kohl.

Contemporaneamente, fonti del Ministero dell’Interno facevano sapere che tutti i verbali delle intercettazioni telefoniche di uomini politici tedesco-occidentali effettuate dalla Stasi, trasmessi per informazione agli organi di sicurezza della Repubblica federale, erano stati distrutti per decisione del governo Kohl, senza essere nemmeno visionati dagli analisti del Servizio di Sicurezza interno (Bundesamt für Verfassungsschutz) e senza informare l’incaricato per la custodia dei documenti della Stasi (precursore del BStU) già nel giugno 1990, prima ancora della Riunificazione tedesca del 3 ottobre. Dal verbale di una riunione della commissione Affari interni del Bundestag datato 19 giugno 1990, recuperato dal Berliner Zeitung, risultava che la cassazione delle trascrizioni era stata affidata a Wolfgang Schäuble, ministro dell’Interno dell’allora governo liberal-conservatore guidato da Kohl, e al suo collaboratore Eckhart Werthebach, dal marzo 1991 presidente del Verfassungsschutz. Schäuble, anche lui coinvolto nello scandalo dei fondi neri, era insieme a Kohl uno dei più decisi sostenitori della proposta di eliminare in blocco il lascito archivistico della Stasi, ufficialmente «per evitare che i conflitti del passato gravassero troppo sulla ricostruzione e quindi sull’avvenire» delle regioni orientali, come spiegò in un’intervista nel 2010: «Ma infine preferimmo rispettare il desiderio espresso dalla Camera del Popolo, liberamente eletta [alle storiche elezioni del 18 marzo 1990] di occuparsi subito del passato, inserendo nel Contratto di Riunificazione l’impegno a regolare con una legge l’accesso ai dossier.»

Ma se le intercettazioni erano già state in buona parte eliminate e se anche l’opposizione di Socialdemocratici e Verdi era concorde a non consentire che i documenti della Stasi sui fondi neri del CDU venissero utilizzati come materiale probatorio in sede processuale, allora cosa poteva temere Helmut Kohl dalla pubblicazione dei suoi fascicoli? Probabilmente, le sue preoccupazioni andavano oltre l’orizzonte di (altri) possibili guai giudiziari. Kohl sapeva che la Stasi era a conoscenza di qualcosa di più grande, che avrebbe potuto danneggiare la sua figura di statista, l’intera sua carriera, anzi l’intera storia della Repubblica federale, di cui era stato indiscutibilmente uno dei protagonisti assoluti, delle personalità di maggiore incidenza e rilievo a livello nazionale e internazionale.

Questo terribile segreto aveva un nome e un cognome: Adolf Josef Kanter.

E un nome in codice: FICHTEL.

UN FUORICLASSE DELLO SPIONAGGIO

Adolf Kanter, Bonn 1993 (foto di Marc Darchinger)

Chi pensa che Guillaume sia stato il più grosso colpo messo a segno dallo spionaggio della Germania orientale, evidentemente non conosce Adolf Kanter. Sarà stata anche una mossa spettacolare, piazzare una talpa direttamente nell’ufficio di Willy Brandt, ma al netto del clamore il celeberrimo Kanzlerspion fu, in termini di rendita, nulla di eccezionale. A confronto con un fuoriclasse come Kanter, Guillaume era un modesto mestierante, e la sua fama decisamente esagerata rispetto al valore informativo di altri ben più proficui “esploratori di pace” (Kundschafter des Friedens, così la Stasi usava chiamare i suoi agenti in Occidente). In sostanza, un prodotto dello scandalismo giornalistico occidentale, parole di Markus Wolf, che arrivò a definire Guillaume il più grave errore della sua carriera, dato che la sua cattura nell’aprile 1974 provocò le dimissioni del cancelliere socialdemocratico, che solo due anni prima era dovuto intervenire a salvare, comprando il voto di due deputati conservatori, decisivi per fare fallire la mozione di sfiducia presentata dall’opposizione. Ne era rimasto molto scontento il Cremlino, che avrebbe voluto conservare Brandt alla guida del governo di Bonn in tutti i modi, affinché portasse avanti la sua Ostpolitik.

A conti fatti, HANSEN alias Guillaume era stato assistente personale del cancelliere per meno di due anni. La fonte FICHTEL erogò invece informazioni ininterrottamente per quattro decenni, dal 1948 al 1989/90, una “longevità” operativa straordinaria (la media di una spia infiltrata dalla Stasi nelle istituzioni della Repubblica federale, nei ministeri e nei partiti, era di dieci anni), e muovendosi sempre ad altissimi livelli. Wolf stravedeva per Kanter, affascinato dalla sua eccezionale disciplina e freddezza fuori dal comune, e ancora di più dalla rara precisione con cui era possibile manovrarlo a distanza per penetrare come una lama nel burro della zona grigia del potere, dove s’incontrano interessi politici ed economici, dove la decisione politica si compra e si vende. Per sette anni, infatti, dal 1974 al 1981, Kanter fu capo-lobbista del consiglio di amministrazione della Flick, all’epoca il più grande e influente gruppo industriale tedesco di proprietà familiare. Dal suo ufficio a Bonn, nel cuore del distretto governativo, raccoglieva informazioni di carattere riservato sul mondo politico, dell’industria e della finanza per conto dell’azienda, col compito di condizionare l’attività legislativa ed esecutiva del parlamento e del governo intrattenendo rapporti personali con tutti i massimi rappresentanti dell’establishment politico-economico della Germania Ovest.

Da Bonn, dove era indubbiamente uno degli uomini meglio informati sulle dinamiche e la vita intima del potere nella Repubblica federale (al punto da comparire nella lista delle spie con le quali doveva essere mantenuto il contatto anche in caso di guerra), i rapporti riservati di FICHTEL alias Kanter arrivavano dritti sulla scrivania del generale Wolf, stanza 982, al nono piano della Haus 15, sede degli uffici dell’Hauptverwaltung Aufklärung (HV A), l’intelligence estera della DDR, presso il quartier generale della Stasi nel distretto di Lichtenberg. Come risulta dai dati del cervellone elettronico SIRA, nel quale venivano registrate tutte le “consegne” di materiali informativi inviati dagli agenti della Germania orientale sparsi per il mondo, Guillaume fece pervenire a Berlino Est, nel periodo clou della sua azione spionistica fra il 1969 e il 1974, appena 45 relazioni; Kanter produsse da contro più di 1200 dossier, quasi tutti classificati dagli analisti dell’HV A con la valutazione di eccellenza “prezioso”. I fascicoli dell’operazione FICHTEL riempivano 36 faldoni, per un totale di oltre 14.400 pagine, la maggioranza delle quali sono state eliminate dai commando di macerazione organizzati nell’inverno 1989/90 per evitare che finissero nelle mani del “nemico”. Fortunatamente, le banche dati del sistema informatico, scampate al “diluvio” insieme al cosiddetto dossier Rosenholz ovvero una copia di back-up dello schedario delle fonti all’estero, consentono di ricostruire l’opera spionistica di Kanter, cogliendone la portata, l’eccezionale potenza e il rilievo storico.

IL PATTO ALL’ORIGINE DELLA CARRIERA DI HELMUT KOHL

Ancora Aldof Kanter, questa volta in compagnia di Eberhard von Brauchtisch (1976)

Chi lo conobbe, lo descrive come una figura dai modi piacevoli e dall’aspetto decisamente anonimo. Originario di Plaidt, un piccolo paese della Renania, era cresciuto in una famiglia cattolica. Dopo la guerra, combattuta giovanissimo con la Wehrmacht in Serbia, aveva abbracciato la militanza comunista, fondando una sezione regionale della Freie Deutsche Jugend (FDJ), l’organizzazione giovanile della SED, il partito comunista tedesco installato al potere dai sovietici nella Germania orientale. La sua carriera di spia era cominciata molto presto, quando ancora non esistevano né la DDR né la Stasi e il regime di Berlino Est era ancora in via di costituzione, venendo arruolato nel 1948 nella rete informativa clandestina della SED a Ovest, col nome in codice di fonte CK3. La sua prima missione segreta, quando aveva 24 anni, fu quella di lasciare la FDJ per infiltrarsi nella Junge Union, l’organizzazione vivaio del CDU, dove ebbe modo di fare la conoscenza di tanti giovani e ambiziosi aspiranti politici di professione, come il futuro manager della Flick Eberhard von Brauchtisch e il futuro cancelliere Helmut Kohl. Quest’ultimo aveva chiaro fin dai primi passi nel mondo della politica che per arrivare in alto non bastavano l’impegno e le idee, ci volevano soldi, tanti soldi. Con Brauchtisch e Kanter strinse un patto: loro gli avrebbe recuperato i fondi necessari all’ascesa, lui, una volta giunto al potere, avrebbe assicurato incarichi di riguardo e influenza.

Alle riunioni di Kohl con Brauchtisch e Kanter partecipava indirettamente anche Markus Wolf, il quale nel 1952 aveva rilevato la direzione dell’HV A e la gestione della fonte CK3, ribattezzata FICHTEL. Nel giro di qualche anno, Kanter divenne segretario generale della sezione tedesca del Movimento federalista europeo di Altiero Spinelli. Il lavoro politico e l’impegno nel movimento europeista non gli servivano solo per rifornire Berlino Est di preziose informazioni circa la politica estera della Repubblica federale, utili a compensare l’isolamento diplomatico della giovane DDR, bensì anche per recuperare risorse in nero da pompare nell’inarrestabile scalata al potere di Kohl, che nell’arco di un decennio fra la metà degli anni Sessanta e i primi anni Settanta, conquistò la segreteria del CDU, prima in Renania e poi quella nazionale. Nel 1967, Kanter conobbe una prima battura d’arresto: gli ispettori della Corte dei Conti federale si accorsero delle irregolarità nella gestione dei finanziamenti pubblici tedeschi ed europei di istituzioni come il prestigioso centro Europahaus, diretto proprio da Kanter e utilizzato da Kohl e Brauchtisch per il riciclaggio del denaro. Indagato dalla Procura di Coblenza per truffa e appropriazione indebita, a proteggerlo scattò subito il patto di amicizia con Brauchtisch e Kohl, che intervennero sul sottosegretario alla Giustizia della Renania-Palatinato (Kohl si accingeva allora a diventare Primo ministro del Land) per ottenere la sostituzione del procuratore Abbott con un magistrato più mite, che assolse Kanter da ogni accusa.

ADOLF KANTER A BONN: CAPO-LOBBISTA E UFFICIALE PAGATORE DELLE MAZZETTE AI PARTITI 

Markus Wolf

Scampato il pericolo, all’inizio degli anni Settanta la spia di Wolf si trasferì a Bonn, dove aprì con soldi dell’HV A, un’agenzia informazioni e consulenze per politici e manager. Tale attività gli consentì di penetrare in profondità nell’establishment politico-economico nella capitale tedesco-occidentale. Uno dei suoi principali clienti fu il colosso industriale Flick, tornato rapidamente in auge nel secondo dopoguerra, dopo la condanna subita a Norimberga dal magnate Friedrich Flick per crimini contro l’umanità a causa dello sfruttamento di massa del lavoro forzato di prigionieri di guerra e deportati in condizioni di schiavitù. Negli anni Trenta, il trust del carbone e dell’acciaio diretto da Flick, allora uno degli uomini più ricchi al mondo, aveva contribuito in termini finanziari e organizzativi all’ascesa al potere di Adolf Hitler. Negli anni Sessanta e Settanta, la proprietà del colosso industriale applicò lo stesso metodo all’establishment democratico, comprandosi ministri e partiti politici con tangenti milionarie. A gestire il “programma” di corruzione era Brauchtisch, amministratore delegato della holding, che nel 1974 assunse l’amico Kanter come procuratore e responsabile esecutivo delle operazioni di finanziamento illegale dei partiti. La spia di Wolf era ora nel cuore del potere corrotto della Germania Ovest. Nel suo ufficio al centro del distretto governativo, Kanter teneva i libri paga per conto di Brauchtisch e fissava le somme da corrispondere a ministri e segreterie di partito per assicurare al gruppo Flick atti e decisioni compiacenti del parlamento e del governo, per esempio sostanziosi benefici fiscali. Era Kanter stesso a consegnare personalmente le buste e le borse cariche di banconote, fondi neri destinati per lo più al finanziamento delle campagne elettorali.

Mentre a Bonn si riempivano le casse del nero dei partiti, a Berlino Est si gonfiavano di informative i faldoni della Stasi. FICHTEL non era solo una fabbrica di kompromata, di indiscrezioni utili al ricatto, sulle scrivanie di Wolf e degli analisti della Prima sezione HV A, responsabile della penetrazione spionistica delle istituzioni politiche e di governo della Germania Ovest, giungevano anche verbali riservati di sedute del gabinetto e di importanti commissioni parlamentari, relazioni su vari temi della politica energetica, estera, economica, finanziaria e nel campo della ricerca scientifica del governo federale e delle amministrazioni dei Länder, documenti sulle strategie di partiti e candidati per le campagne elettorali. La DDR avrebbe potuto fare saltare in qualsiasi momento l’establishment politico-economico della Repubblica federale, semplicemente facendo trapelare indiscrezioni alla stampa. E nel 1981 lo scandalo esplose davvero: il cosiddetto Flick-Affäre, la scoperta di una maxitangente del gruppo Flick ai partiti accese un faro sul sistema del finanziamento irregolare di tutte le forze politiche rappresentate al Bundestag, facendo tremare alle fondamenta il sistema politico e incrinando la fiducia dei tedeschi occidentali nella democrazia dei partiti. Come accertò una commissione parlamentare d’inchiesta nel 1984, al CDU di Kohl erano andati 15 dei circa 26 milioni di marchi versati, e altri 665.000 marchi di tangenti erano andati a Kohl personalmente.

LA STASI E LA TANGENTOPOLI TEDESCA MAI ESPLOSA

Eberhard von Brauchtisch se la cavò con una condanna a tre anni di reclusione per evasione fiscale e favoreggiamento, che non gli impedì di proseguire la carriera di manager negli anni Novanta. Dopo la fine della Guerra fredda, dichiarò di essere sicuro che a innescare lo scandalo era stata la Stasi, per impedirgli di diventare presidente della Confindustria tedesca. Markus Wolf si incaricò di smentirlo, ma ci tenne ad aggiungere una significativa precisazione: nel 1981 era emersa solo la punta dell’iceberg della corruzione politica nella Germania Ovest. Quanto alla tangentopoli tedesca mai davvero esplosa, non sarebbe stato un problema imbeccare la magistratura, ma si era preferito proteggere la fonte. La vera ragione del riguardo della DDR nei confronti del nemico era però un’altra. Berlino Est preferì tenersi in caldo la carta delle informazioni fornite da Kanter per giocarla con più profitto su un altro tavolo. Lo Stato tedesco-orientale era, sulla soglia degli anni Ottanta, a un passo dalla bancarotta. Già durante il cancellierato di Schmidt si era avviato un negoziato segretissimo con Bonn per creare in Svizzera una banca comune delle due Germanie, attraverso la quale la Repubblica federale avrebbe potuto fornire alla DDR gli aiuti finanziari di cui necessitava urgentemente. In cambio di prestiti garantiti da Bonn, la DDR avrebbe dovuto fare concessioni in ambito umanitario, per esempio facilitando i viaggi all’Ovest dei propri cittadini e riducendo il cambio valutario forzato imposto agli occidentali per l’ingresso nella DDR, concessioni che il regime di Honecker giudicava però dolorose ed eccessive. Il delicatissimo negoziato era proseguito anche dopo il cambio di governo nel 1982 e l’approdo alla cancelleria di Helmut Kohl. Ai negoziatori della DDR bastò qualche vago cenno alle dettagliate conoscenze che Berlino Est aveva non solo della corruzione, ma di come Kohl aveva costruito le sue fortune politiche fin dagli anni Cinquanta, per ottenere che Bonn abbassasse le pretese. Fra l’estate 1983 e il 1984, prima il presidente bavarese Strauß e poi il governo Kohl concessero alla DDR due crediti di un miliardo di marchi ciascuno. Il regime di Honecker rimosse i sistemi di sparo automatico ai confini (in realtà cedendo a pressioni internazionali) e alleviò leggermente il regime dei controlli alle frontiere per i visitatori tedeschi occidentali.

Perduto l’incarico di capo-lobbista del gruppo Flick in seguito allo scandalo, Kanter non smise di operare. Tornò a lavorare in proprio, investendo una buonuscita di 320.000 marchi per aprire una nuova agenzia di consulenze per top-manager e politici di livello. Ma, intanto, Kanter aveva ormai accesso all’ufficio del cancelliere. Attraverso l’amicizia personale con il parlamentare cristiano-democratico Philipp Jenninger, ministro della Cancelleria con responsabilità per i negoziati con la DDR nei primi due governi Kohl, Kanter era in condizione di informare Berlino Est direttamente dall’interno della compagine governativa. Nel 1984, Kanter fu a un passo dal venire scoperto e arrestato. Il Verfassungsschutz individuò il suo appartamento a Bonn come una base coperta della Stasi. Probabilmente, allora fu Jenninger a proteggerlo, per evitare che un secondo caso Guillaume danneggiasse le relazioni con Berlino Est. Kanter, infatti, fungeva da prezioso back channel rispetto alle trattative fra le due Germanie per un avvicinamento che fosse vantaggioso per entrambe. Oltre alla questione della banca svizzera, Bonn e Berlino Est discutevano, tenendo fuori le rispettive superpotenze di riferimento, di una prospettiva di confederazione economica dei due Stati tedeschi, che avrebbe potuto fare cadere il Muro di Berlino con quasi dieci anni di anticipo. La crisi della DDR si era nel frattempo aggravata e il regime di Honecker dava segni di essere disposto a barattare la rimozione del cosiddetto “Vallo antifascista”, quindi la libertà di movimento dei suoi cittadini, col risanamento del dissestato bilancio finanziario dello Stato tedesco-orientale. Contrario a una tale prospettiva d’intesa con Bonn, Markus Wolf, che di lì a poco proverà (senza fortuna) ad atteggiarsi a riformatore democratico, contribuì al fallimento del negoziato usando Kanter per incoraggiare l’ostruzionismo dei falchi nella cerchia dirigente della SED.

La fonte FICHTEL rimase attiva fino al collasso finale della DDR nell’autunno 1989. Kanter sarà scoperto soltanto nel maggio 1994, circa un anno prima del processo lampo, condotto quasi interamente a porte chiuse per contenere la curiosità dei media, che lo condannò a due anni con la condizionale. Sulla sentenza, estremamente mite per quattro decenni di spionaggio dal cuore del potere, fu posto il segreto di Stato. Kanter affrontò la giustizia con tutta tranquillità, certo che ciò di cui era a conoscenza rappresentava la sua assicurazione. E, infatti, sia Kohl che Schäuble non mancarono di proteggerlo ancora una volta. Il giudice Joachim Vonnahme, formulando le motivazioni della sentenza, evitò di entrare nei dettagli delle attività lobbistiche di Kanter e non fornì mai risposta a chi gli domandava se avesse subito eventuali pressioni politiche. Kanter morì nel 2010, quattro anni dopo la scomparsa di Markus Wolf, portandosi nella tomba i suoi segreti proprio come il suo leggendario maestro. Segreti che, anche da morto, dovevano continuare a fare paura anche ad un uomo come Helmut Kohl, passato alla storia come il riunificatore della Germania divisa, ma anche come un potente che si credette sempre al di sopra della legge.