Qui potrai trovare una vasta rassegna di materiali aventi ad oggetto uno dei periodi più interessanti della recente storia repubblicana, quello compreso tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso.
Il sito comprende sei aree tematiche e ben ventidue sottocategorie con centinaia di pezzi su anni di piombo, strategia della tensione, vicende e personaggi più o meno misconosciuti di un’epoca soltanto apparentemente lontana. Per rinfrescare la memoria di chi c’era e far capire a chi era troppo giovane o non era ancora nato.
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Gennaio 1976. Un gruppo di giovani militanti missine protesta contro la proiezione del film «Salò o le 120 giornate di Sodoma» di Pier Paolo Pasolini. I cartelli esibiti dalle attiviste portano la firma «Eowyn», nome di un’eroina del romanzo fantasy «Il Signore degli Anelli» con il quale è stata battezzata una nuova rivista, tutta al femminile, all’interno dell’area rautiana del MSI. Il gruppo del mensile Eowyn vorrebbe proporre una liberazione della donna in chiave tradizionale, un’alternativa al moderno femminismo contro la decadenza della società dei consumi. Tale esperienza si colloca in un contesto, quello della seconda metà degli anni ’70, che impone al mondo della destra di rispondere alle esigenze generazionali dei giovani militanti, tentando un rinnovamento dell’area con la nascita di iniziative culturali e nuove forme di aggregazione.
Nel 1980, nel corso dello speciale televisivo «Nero è bello», dedicato al mondo dell’estrema destra italiana, Giampiero Mughini rivolge tre veloci domande ad alcune giovanissime militanti del gruppo Eowyn:
– Qual è il vostro atteggiamento nei confronti del moderno movimento femminista?
«Noi non condividiamo assolutamente la concezione antagonista delle femministe, questo antagonismo tra i sessi. Noi siamo per una complementarietà, pensiamo che uomo e donna insieme possano uscire dalla crisi di questa società che avvelena sia l’uomo che la donna».
– Mi sembrava, da quello che dicevi poc’anzi, che venisse fuori un quadro idilliaco, come cioè se la donna in Italia avesse avuto sempre pari dignità nel rapporto con l’universo maschile. Non mi sembra che sia stato così, te lo dico da uomo.
«Nella logica nostra questo problema non esiste. La donna all’interno della famiglia, all’interno delle strutture sociali, acquista dignità per quello che è. Pertanto, la casalinga non ha meno dignità dell’uomo che porta i soldi a casa. Mia madre che è casalinga non si è mai sentita inferiore a mio padre, anzi…»
– L’ultimo editoriale della vostra rivista finisce con due aggettivi: cameratescamente e dolorosamente. Vorrei la spiegazione di questi due aggettivi.
«Dolorosamente perché è un’analisi che noi facciamo in un particolare momento e quindi invitiamo tutti coloro che sono impegnati politicamente con noi nel partito a fare delle analisi un pochino più profonde per cercare di risolvere alcune situazioni molto difficili. Cameratesco è quello spirito che accomuna chi combatte la stessa battaglia».