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«Entrai nelle BR nell’autunno del ’76». Interrogatorio di Adriana Faranda

Redazione Spazio70

Dalla deposizione di Adriana Faranda al processo Moro Quinquies (1996)

Roma, 19 marzo 1996. Adriana Faranda, ex militante della colonna romana delle Brigate Rosse, risponde alle domande del pubblico ministero nel corso di un’udienza del processo Moro Quinquies:

 

— Signora Faranda, lei conosce l’imputato qui presente, Germano Maccari?

«Sì, lo conosco».

— E conosce l’altro imputato, Etro Raimondo?

«Sì».

— Fermiamoci un attimo a Germano Maccari. Lei quando lo ha conosciuto?

«Dunque, io l’ho conosciuto all’interno della mia militanza in Potere Operaio. Alla fine degli anni ’60».

— Che rapporti ha avuto con lui?

«Mah… di comune militanza politica».

— Poi questi rapporti si sono tramutati in una frequentazione più assidua?

«Mah… sono sempre rimasti di carattere politico-organizzativo. Dopo lo scioglimento di Potere Operaio ci furono dei piccoli tentativi di costituire delle organizzazioni che si muovevano sul terreno della lotta armata e furono creati i LAPP di cui facevamo parte sia io, sia Maccari. A questo proposito c’è stato già un processo che ci ha visti coimputati».

— I LAPP cosa erano?

«Era un gruppo: Lotta Armata per il Potere Proletario. Un gruppo che si muoveva a livello soprattutto di movimento, di organizzazione legata al movimento territoriale di Roma».

— Mi può dire che questa è la prima organizzazione in cui ha fatto parte Maccari?

«Sì».

— Insieme con lei?

«Sì».

— E con altre persone?

«Sì. Tutti già processati precedentemente».

— Ne vuole indicare qualcuno?

«C’era Morucci, mio marito, c’era Rosati, c’erano altri provenienti sempre da Potere Operaio…»

— Senta, questi processi che cosa riguardavano? oltre, ovviamente, l’organizzazione dedita alla lotta armata, c’erano fatti specifici?

«Sì, c’era un fatto specifico che era un attentato alla SIP di via Cristoforo Colombo».

— A questo attentato alla SIP di via Cristoforo Colombo ha partecipato anche Maccari?

«Sì, per sua stessa ammissione al processo precedente».

Germano Maccari

— Ed è stato condannato?

«Sì».

— Dopo questa esperienza nei LAPP avete avuto altre esperienze comuni in ambito di organizzazioni? Precedenti al suo ingresso nelle Brigate Rosse, intendo.

«No, no».

— Quindi dopo questa esperienza nei LAPP lei è entrata direttamente nelle Brigate Rosse?

«No. Dopo l’esperienza dei LAPP furono costituite le FAC, che era un altro gruppo armato di cui però Germano Maccari non faceva parte».

— Di quanto precede questo suo ingresso nelle FAC o questa sua militanza nelle FAC al suo ingresso nelle Brigate Rosse, più o meno?

«Mah… l’esperienza delle FAC durò pochi mesi. Subito dopo io entrai nelle Brigate Rosse, nell’autunno del ’76».

— Dopo il suo ingresso nelle Brigate Rosse, lei che ruolo ha assunto?

«Io entrai direttamente come regolare della colonna romana, date le mie esperienze precedenti, e quindi come membro della direzione di colonna».

— Questa sua esperienza nelle Brigate Rosse si è intersecata anche con l’altro imputato che noi abbiamo, di cui io ho fatto il nome, Etro Raimondo?

«Quella nelle Brigate Rosse? Sì, sì».

— Ecco, può dire allora Etro Raimondo che ruolo ha rivestito?

«Etro Raimondo fu sempre un militante irregolare all’interno delle BR. Fece parte inizialmente della Brigata Primavalle, dopo il suo ingresso. Successivamente, nell’autunno del 1977, fu ristrutturata la colonna romana e venne creata una brigata inedita per l’organizzazione, era definita Brigata della controrivoluzione e si occupava di inchieste, di operazioni, non più legate a un singolo quartiere, a una singola situazione di lotta, ma direttamente ai livelli politici più elevati rappresentati nella capitale».

— Visto che si interessava di livelli politici più elevati, quali sono in breve le azioni che ha compiuto questa Brigata della contro e che riguardano la sua esperienza insieme con Etro Raimondo?

«Mah… questa brigata della contro studiava sia le forze politiche, sia la magistratura, sia le forze più propriamente repressive come anti-guerriglia, carabinieri, polizia e fu fatta prima dell’operazione Moro un’altra azione contro un magistrato. Il magistrato Palma».

— Lei ha partecipato a questa azione?

«No. Non ho partecipato».

— E a organizzare questa azione?

«Ho contribuito, sì, alla sua organizzazione».

— Ci può dire brevemente come è stata organizzata e quali furono i partecipanti a questa azione e quali dovevano essere i partecipanti?

«Dunque… anche su questo ci sono state già delle sentenze precedenti. Fu organizzata interamente ed esclusivamente dalla Brigata della contro e dai due regolari che curavano i contatti dell’organizzazione con la Brigata. Cioè da me e da Prospero Gallinari. Gli altri partecipanti alla Brigata della contro erano Casimirri, Lojacono e Algranati. Tutti già giudicati per questo».

— Erano regolari o irregolari Casimirri, Algranati e Lojacono?

«No. Erano tutti irregolari. Gli unici regolari eravamo io e Gallinari».

Raimondo Etro

Raimondo Etro

— Quindi anche Etro era irregolare?

«Certo ma Etro non passò mai regolare, rimase irregolare per tutta la sua militanza».

— Etro ha partecipato all’azione contro Palma?

«Sì».

— Che ruolo doveva svolgere?

«Lui doveva essere colui che avrebbe dovuto sparare al magistrato con una pistola silenziata. Fatto sta che, per quello che mi fu riferito non essendo io presente, Etro ebbe un’incertezza, un momento di blocco quando l’azione era già partita, quindi… praticamente non svolse il compito che gli era stato assegnato e venne in questo sostituito immediatamente dal Gallinari che era, come si definiva all’epoca questo ruolo, di copertura ravvicinata. Cioè gli era accanto per intervenire comunque in qualsiasi situazione d’emergenza».

— Senta, lei ha ricordato che la Brigata della contro in quel periodo si stava interessando di un’operazione ben più grande che non quella dell’uccisione di un povero magistrato, Riccardo Palma, e lei ha detto, mi sembra, che sia questa uccisione avvenuta poco tempo prima del giorno in cui è scattata l’operazione Moro, il 16 marzo del 1978. Tant’è che dagli atti l’uccisione di Palma è avvenuta il 4 febbraio del ’78, un mese appena, nemmeno un mese prima. Etro lei dice che faceva parte di questa Brigata della contro come irregolare e la Brigata della contro nel frattempo si stava interessando anche dell’operazione Moro. Quindi Etro si stava interessando dell’operazione Moro?

«Sì ma con dei ruoli… beh, io non riesco a ricordare bene tutte le funzioni che Etro ebbe nell’inchiesta. Sicuramente furono coinvolti anche loro perché erano ritenuti, all’interno della colonna romana, coloro che avevano, diciamo, le maggiori capacità, le caratteristiche migliori per poter assolvere a questo ruolo. Anche perché per definizione la Brigata della contro si occupava di questo tipo di operazioni che erano più ad alto livello. Quindi erano destinati proprio a questo scopo. Parteciparono, per quello che mi ricordo, in diverse occasioni a dei momenti di inchiesta, quindi a dei sopralluoghi che inizialmente, nella fase iniziale, venivano svolti unicamente invece da noi regolari».

— Senta, la Brigata della contro aveva una disponibilità di armi in via autonoma? Quello che è stato chiamato in tanti processi “deposito di armi”?

«Ma tutte le brigate disponevano, o in linea teorica avrebbero dovuto disporre, di un deposito autonomo, proprio per non gravare le case dei regolari, non solo di un grosso accumulo di armi, ma anche di tutti i pericoli connessi allo spostamento di queste armi ogni volta che servivano ai militanti di brigata. Quindi il tentativo, per quel che mi ricordo ci furono soltanto una o due eccezioni in tutto, era sempre quello di decentrare questo deposito di armi e ogni brigata aveva un suo posto particolare, gestito direttamente dai militanti di brigata e quindi autonomo».

— Ecco. I posti particolari quali erano? chi li gestiva in modo autonomo? Etro ha mai gestito questo deposito di armi?

«Sì, per quello che ricordo sì. Un primo tempo le armi della Brigata venivano custodite da Casimirri nell’abitazione del padre, nel terrazzo c’era un cunicolo, un posto nel quale si potevano nascondere, però non venne ritenuto sufficientemente sicuro perché a questo terrazzo potevano accedere anche altri inquilini del palazzo e quindi avrebbero potuto scoprirle e quindi venne deciso che se ne sarebbe occupato Etro e per un periodo di tempo ebbe lui in custodia il deposito di brigata».

— Quando fu poi organizzato l’assalto in via Fani, il 16 marzo 1978, lei ha sempre dichiarato nei precedenti processi che non vi ha partecipato. Lei però sapeva chi vi doveva partecipare?

«Sì».

— Ha saputo se vi doveva partecipare anche Etro Raimondo?

«No, no. All’interno dell’azione di via Fani no. Non lo ricordo assolutamente».

— Ha saputo invece quale ruolo poi ha svolto Etro Raimondo dopo l’azione di via Fani?

«Sì. Doveva semplicemente, dopo l’azione di via Fani però non ricordo in quali tempi, ritirare le armi che erano dei componenti del commando e che facevano capo alla brigata».

— Bene. Passiamo a Germano Maccari. Lei ha parlato di Germano Maccari con la sua comune esperienza all’interno dei LAPP, poi ha parlato dell’esperienza all’interno delle FAC in cui però non vi ha trovato Maccari. Quando lei passa nelle Brigate Rosse, Germano Maccari la segue nelle Brigate Rosse?

«Mah… dopo parecchio tempo».

— Dopo parecchio tempo, che intende? Dopo l’operazione Moro o prima dell’operazione Moro?

«Prima dell’operazione Moro».

— E che cosa fa Germano Maccari all’interno delle Brigate Rosse prima dell’operazione Moro?

«Mah… prima dell’operazione Moro rimane in contatto con alcuni militanti delle BR che lui già conosceva, come Morucci, suppongo, oppure Moretti che aveva successivamente conosciuto».

— Sempre come irregolare?

«Sempre come irregolare. Non viene inserito in nessuna struttura operativa delle BR. Cioè non viene inserito in una brigata, per intenderci».

«Dopo l’operazione Moro sì. Venne inserito nella Brigata di Torre Spaccata. Sempre come irregolare».

— Durante l’operazione Moro si è deciso che Germano Maccari che, come lei ha detto, faceva parte delle Brigate Rosse anche se in qualità di irregolare, di far svolgere qualche ruolo a Germano Maccari?

«Nell’epoca precedente a Moro?»

— No, no. Durante l’operazione Moro. Che ruolo ha svolto?

«Dunque… fin dall’inizio, quando lui venne reclutato da Seghetti, e poi i suoi contatti passarono a me e a Valerio, venne valutato che lui potesse essere la persona adatta a gestire assieme ad Anna Laura Braghetti l’appartamento di via Montalcini che era destinato ad essere la prigione dell’onorevole Moro».

— Perché era la persona adatta?

«Mah… ci voleva una persona di grande affidabilità. Una persona seria che si presentasse bene e quindi riuscisse a reggere come professionista che acquistava un appartamento assieme alla Braghetti, quindi che fosse adatto comunque a sostenere un ruolo se qualcuno avesse bussato alla porta. Serviva una persona molto affidabile dal punto di vista organizzativo, cioè una persona politicamente salda, affidabile dal punto di vista militare, con dei nervi molto saldi, solidi, che non rischiasse di perdere la testa e che avesse quindi un’esperienza già nel campo della lotta armata».

— E tutto questo voi lo faceste presente agli altri militanti delle Brigate Rosse facendo parte della direzione di colonna romana o addirittura del comitato esecutivo nazionale?

«Sì, certamente lo facemmo presente. Lo facemmo presente anche perché Germano era un compagno molto conosciuto nell’ambiente quindi non aveva bisogno di tantissima presentazione. Era conosciuto quasi a tutti i regolari della colonna romana di quei tempi».

— In che sede si decise di affidargli questo ruolo?

«Venne proposto a Mario Moretti, ovviamente, poiché Moretti essendo componente esecutivo era l’unico che poteva poi, in ultima istanza, prendere la decisione, se approvare o meno, la proposta che stavamo facendo».

— E fu approvata questa proposta?

«Per quello che ne so io, sì.»

— E divenne esecutiva, sostanzialmente?

«Sì».

— Quindi lei dice che Germano Maccari insieme con la Braghetti doveva gestire la base di via Montalcini che doveva servire per tenere sequestrato Moro durante tutti i 55 giorni?

«Durante tutti i 55 giorni».

— Durante tutto il periodo del sequestro?

«Sì, durante tutto il periodo del sequestro».

— Non ci sono state altre basi, dunque?

«Non c’era nessuna possibilità a Roma di attrezzare una base alternativa. Non avevamo né i mezzi né le possibilità tecniche».