Qui potrai trovare una vasta rassegna di materiali aventi ad oggetto uno dei periodi più interessanti della recente storia repubblicana, quello compreso tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso.
Il sito comprende sei aree tematiche e ben ventidue sottocategorie con centinaia di pezzi su anni di piombo, strategia della tensione, vicende e personaggi più o meno misconosciuti di un’epoca soltanto apparentemente lontana. Per rinfrescare la memoria di chi c’era e far capire a chi era troppo giovane o non era ancora nato.
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Aprile 1983: «Prima linea si scioglie». La formazione armata responsabile di tanti delitti «termina la sua esperienza», secondo le parole di Paolo Zambianchi, Maurice Bignami, Guido Manina, Paolo Azzaroni (fratello di Barbara, uccisa a Torino in un conflitto a fuoco con la polizia) e Tiziano Cardetti. È una decisione che viene presa dopo una lunga pausa di riflessione, in pieno accordo con gli altri militanti dell’organizzazione processati a Firenze: Ronconi, Rosso, Solimano, La Ronga, Galmozzi, D’Elia, Marcetti e altri.
«Rispetto agli esiti della guerriglia negli ultimi anni in Italia», dice Zambianchi, «abbiamo deciso che Prima linea, collettivamente, termini oggi la sua storia nei riguardi di quella esperienza che storicamente ci ha determinato. Nel senso che oggi ci interessa riaprire spazi di agibilità sociale, di lotte di massa, che sono stati, negli ultimi anni, fortemente compromessi dai processi di ristrutturazione del capitale, dai processi di riorganizzazione dello Stato».
«Noi riteniamo conclusa quella esperienza», continua Zambianchi, «perché non ci interessa la pratica residuale di una lotta armata che in alcuni momenti ha avuto anche una possibilità sociale di diffondersi». Si tratta di una contrarietà – verso quella che viene definita «endemicità della pratica armata» – ribadita anche da altri importanti esponenti di Prima linea come Maurice Bignami secondo il quale i dieci anni di lotta armata di sinistra in Italia possono essere definiti «una grande esperienza».
La ricerca di una «soluzione politica» appare, poi, una preoccupazione comune ai militanti di Prima linea detenuti secondo una fase che – dicono – potrebbe portare non a un provvedimento di amnistia – oggetto di ampio e critico dibattito – ma a un non meglio precisato «ribaltamento dei rapporti di forza».