Qui potrai trovare una vasta rassegna di materiali aventi ad oggetto uno dei periodi più interessanti della recente storia repubblicana, quello compreso tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso.
Il sito comprende sei aree tematiche e ben ventidue sottocategorie con centinaia di pezzi su anni di piombo, strategia della tensione, vicende e personaggi più o meno misconosciuti di un’epoca soltanto apparentemente lontana. Per rinfrescare la memoria di chi c’era e far capire a chi era troppo giovane o non era ancora nato.
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Roma, 27 gennaio 1978. «A me piacciono i musicisti veneti del 700: Vivaldi, Albinoni, anche se tra i camerati c’è la malattia per Wagner, per Beethoven». La voce è quella di un ragazzo, strascica un po’ la erre. «Per me va bene anche Guccini — questa volta parla una giovane, avrà meno di vent’anni — non me ne importa che sia di sinistra. Nelle sue canzoni si dicono cose che vanno bene anche a noi di destra». «Io sono Danilo, iscritto al “Fronte della gioventù”, amo i libri impegnati. Diciamo i romantici che si rifanno ai nostri solidi valori». «Io consiglio Gentile: è l’unico che sia riuscito a minare le basi del marxismo». Siamo nella sala M della Rai; va in onda alla radio per la rete tre: «Cosa significa essere fascisti a vent’anni», una trasmissione ideata dalla redazione di «Un certo discorso», curata da Carlo Massa che precisa al microfono: «Noi siamo antifascisti, ma tutti noi che abbiamo lavorato al programma siamo partiti da una premessa: è giusto avere una posizione di chiusura nei confronti del MSI perché conosciamo le finalità del partito, ma non dobbiamo accettare la logica del “demonizzare” il giovane di destra. Secondo noi questa discriminazione porta inevitabilmente alla violenza e allo scontro fisico».
Partono le registrazioni: sono interviste realizzate dai redattori della rubrica con la collaborazione del GR3. Sono decine di giovani, ragazzi e ragazze di destra che parlano di due temi: la loro cultura e il loro privato, in studio, per il dibattito ci sono quattro invitati: Donatella, 21 anni, Daniele, 24, di sinistra dell’area del «Movimento», Flavia e Maurizio, di destra. La ragazza fu arrestata nella sezione del MSI della Balduina dopo l’uccisione del militante di «Lotta continua», Walter Rossi, e poi fu scarcerata per mancanza di indizi.
Maurizio Gasparri è il segretario provinciale del «Fronte della gioventù», l’organizzazione giovanile missina, ma alla radio parla a titolo personale. Questa è solo la prima puntala di «Cosa significa essere fascisti». La seconda andrà in onda la prossima settimana su altri due temi: la militanza e la storia. Sono le 15 e 30, dopo le registrazioni è previsto il dibattito in studio, quindi arriveranno le telefonate da tutta Italia. Lo schema ricalca il dibattito sulla violenza organizzato da radio private di sinistra all’indomani dell’omicidio dei due missini avvenuto a Roma di fronte alla sezione di via Acca Larenzia, ma è la prima volta che va in onda una trasmissione simile alla Rai. I giovani di destra cominciano a parlare. Sul nastro si sentono le loro voci; come in uno specchio esce il ritratto di «un giovane fascista del ’78». Cultura ne ha poca e sembra subito infarcita di contraddizioni, luoghi comuni, confusione. Tra i film preferiti, le voci citano: «Guerre stellari», «Il deserto dei tartari» (per la nobiltà della guerra); «Arancia meccanica» (per lo scontro tra la violenza dei giovani e quella della società), un «Uomo chiamato cavallo» (il simbolismo e la spiritualità della vita degli indiani sono i nostri, afferma un intervistato), ma c’è un ragazzo che dice che anche «Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto» è un film contro le istituzioni e che quindi può andare.
Fin qui sembra quasi un discorso da salotto. Il capitolo «cultura» finisce con un giovane ex detenuto che pubblicizza le poesie di Brasillac. Lo stacco che segue è un’intervista con Pino Rauti, deputato missino molto stimato fra i giovani della destra «dura». Tra l’altro egli afferma che «la nostra società è una specie di anarchia perché l’uomo non vuole fare più l’uomo, la donna non la donna e perfino al prete pesa ormai la tonaca» e via di seguito mentre ribadisce che quelli di destra non «possono essere per le comuni, la promiscuità, la droga, l’aborto e l’omosessualità», bollando così la cultura «marxista» a suo parere imperante. E’ a questo punto che dalle voci registrate esce il vero ritratto del giovane di destra, maschio o donna che sia. L’omosessualità viene definita «una malattia» ; la donna è pari all’uomo, «anzi per noi è un uomo — dice orgoglioso un ragazzo — e così dimostriamo di restituirle la dignità di essere umano». Il sesso? «E’ solo una componente dell’amore — dice una ragazza — non si può essere materialisti». Ne esce una confusione culturale indescrivibile che però fa salvi alcuni concetti «basilari»: il corporativismo, la gerarchia, la famiglia. «Di destra si nasce — afferma convinto un certo Paolo — io ci sono nato, poi l’ho anche scelto». Dice un altro: «Per noi la vita è rischio, non siamo borghesucci».
Si apre il dibattito in studio. Flavia appare nervosa: «Dite di essere contro i borghesi, di essere rivoluzionari, ma le vostre idee sono vecchie di duemila anni», dov’è la novità? domanda Carlo Massa. «Siamo rivoluzionari — risponde con un certo imbarazzo Flavia — vuol dire che vogliamo tornare ai valori primordiali, alle basi, alle civiltà del passato». Interviene Donatella, la ragazza di sinistra: «Voi avete scritto sul vostro giornale che la dedizione è propria alla donna e che per affermarsi, la donna deve fare la sua vita dell’uomo». Il telefono squilla incessantemente. « lo credo che la donna si realizzi in casa con i figli — confessa Flavia —, a ciascuno la propria identità e il proprio ruolo», rivendica. Cominciano le telefonate. Le coordinano in studio due redattori: Daniela Bezzi e Piero De Chiara. Un certo Maurizio da Caserta dice che «il programma è ambiguo e ripete il concetto che i fascisti non devono parlare, perché devono essere giudicati per le violenze che commettono e non per quello che dicono». Forse ha ragione, ma le loro parole lo smentiscono perché spesso esprimono una concezione violenta globale. «Il nostro metodo di vita è il rischio — ripete una voce — noi dobbiamo disprezzare la morte». Risponde Daniele, il giovane di sinistra in studio: «Questo modo di vedere la vita — fa notare — condanna di fatto i più deboli e teorizza la vittoria dei forti. E’ la legge della giungla mentre tutto lo sviluppo storico suggerirebbe il contrario».
Si alternano al telefono voci di ragazzi di sinistra e di destra: in genere accettano di dialogare, pochi si scagliano contro «lo spazio concesso ai neri». Da Taranto chiama un certo Giampaolo che senza saperlo riassume tutto il significato dell’essere fascisti, tema della trasmissione: «Noi alla violenza ci siamo costretti… — balbetta, ed aggiunge — noi non siamo niente di definito; possiamo essere ugualmente aristocratici e democratici, reazionari e progressisti, per la massa o per l’individuo, a seconda di come le circostanze richiedono». Interviene Donatella in studio: «Questo si chiama opportunismo». E da Roma chiama Cristina: «Sono una compagna: quello che ha detto il fascista di Taranto prova che loro sono sempre utili al sistema». Continuano le voci fasciste sui temi più vari: dalla violenza alla famiglia fino alla prostituzione (che nella società fascista non ci sarebbe — secondo loro — anche se nel ventennio c’erano le case chiuse).
Una telefonata da Roma di un certo Enzo si era scagliata contro la «moda» di far parlare i fascisti. «Non ci sono solo i rossi e neri, ma anche i grigi — aveva detto — che non si rendono conto di molte cose, così farli parlare potrebbe essere controproducente». Scade il tempo. Mentre il telefono continua a squillare ed è prova lampante che, pur se tra mille critiche, i giovani vogliono parlare tra loro, magari litigare, ma discutere. «La trasmissione — conclude Massa al microfono — non è dedicata né ai neri né ai giovani di sinistra troppo politicizzati, ma appunto ai grigi perché capiscano cosa i giovani fascisti pensano della vita e della politica». Il problema è che quello che pensano è così confuso e contraddittorio che si capisce anche come i giovanissimi possano essere strumentalizzati.