logo Spazio70

Benvenuto sul nuovo sito di Spazio 70

Qui potrai trovare una vasta rassegna di materiali aventi ad oggetto uno dei periodi più interessanti della recente storia repubblicana, quello compreso tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso.
Il sito comprende sei aree tematiche e ben ventidue sottocategorie con centinaia di pezzi su anni di piombo, strategia della tensione, vicende e personaggi più o meno misconosciuti di un’epoca soltanto apparentemente lontana. Per rinfrescare la memoria di chi c’era e far capire a chi era troppo giovane o non era ancora nato.
Buona lettura e non dimenticare di iscriverti sulla «newsletter» posta alla base del sito. Lasciando un tuo recapito mail avrai la possibilità di essere costantemente informato sulle novità di questo sito e i progetti editoriali di Spazio 70.

Buona Navigazione!

Mirella Gregori: quel 7 maggio e gli orari che non combaciano

Tommaso Nelli

Ci sono due ricostruzioni divergenti sull'orario della scomparsa di Mirella. In base a quali dati oggettivi una sia stata preferita all'altra, non è ancora chiaro a distanza di quarant'anni

Novità nel segno della contraddizione. Dal vaso di Pandora della scomparsa di Mirella Gregori fuoriescono altre anomalie investigative che perplimono anche dopo quarant’anni. Perché, se da una parte rilanciano l’eterno interrogativo sull’operato delle forze dell’ordine, dall’altra offuscano la ricostruzione ufficiale di quel 7 maggio 1983 dal momento in cui la giovane uscì da scuola (13:15) a quando si lasciò alle spalle la porta di casa, ignara che non vi avrebbe più fatto ritorno. Una fascia temporale nella quale, confrontando le testimonianze del periodo, ci si accorge come gli orari non combacino. E di molto.

Secondo la versione fino a oggi conosciuta e desunta dalle parole della madre della ragazza (Vittoria Arzenton) nella denuncia di scomparsa e nella prima deposizione in Procura (rispettivamente, 7 e 26 maggio 1983), Mirella nel giorno della sparizione «uscì di casa verso le ore 15:30» dopo aver ricevuto «verso le ore 14:45-14:50» una chiamata al citofono di casa da parte di un individuo che si era presentato col nome di un suo ex compagno di classe delle medie (Alessandro) e l’aveva indotta a incontrarsi per un breve saluto nel vicino piazzale di Porta Pia.

LE PAROLE DI VITTORIA ARZENTON E SONIA DE VITO

Scomparsa di Mirella Gregori. Verbale di Sonia De Vito. Carabinieri di Roma, reparto operativo, 5 luglio 1983

Verbale di Sonia De Vito. Carabinieri di Roma, Reparto operativo, 5 luglio 1983

Due anni dopo, il 9 settembre 1985, al cospetto del giudice istruttore Ilario Martella, la signora dettagliò meglio quella giornata funesta: «Verso le ore 13:40, Mirella mi ha telefonato dal bar di nostra proprietà ubicato in via Volturno dicendomi che di lì a poco sarebbe tornata a casa accompagnata dal padre. All’incirca verso le 14 me la sono vista giungere in casa da sola […] Mio marito Paolo Gregori è giunto in casa all’incirca verso le 14:30 […] Verso le ore 14:45 suonava il citofono e a rispondere era la stessa Mirella. Ricordo bene che […] diceva: “Chi sei? Se non mi dici chi sei, riattacco… Sei della 3^media? Va bene, dimmi chi sei… Alessandro? Ah, ciao! … Ma sei matto? Io devo ancora pranzare! … Ci vediamo alle tre e mezza a Porta Pia sulla scalinata”». A specifica domanda sull’orario di uscita della figlia, la donna così rispose: «Ricordo bene che erano le 15:25 […] pochi minuti prima si è rimessa gli abiti che aveva la mattina e si è precipitata fuori di casa».

Prima di percorrere i duecentocinquanta metri che separavano la sua abitazione da Porta Pia, Mirella si fermò a scambiare due parole con l’amica Sonia De Vito nel bar dei genitori di quest’ultima, al tempo adiacente al palazzo dei Gregori.

Nel 1983, De Vito fu sentita cinque volte dagli inquirenti: una in Procura, le restanti tra polizia e carabinieri. In almeno quattro di queste parlò dell’ultimo incontro con Mirella. A piazzale Clodio (31 maggio) disse che l’amica «passò dal bar intorno alle 15:30 circa e si fermò per circa 15 minuti». Il 5 luglio ripeté la circostanza ai Carabinieri del Reparto Operativo: «Ho riferito alla madre di Mirella che l’avevo vista verso le ore 15:30 e dopo aver parlato per circa quindici minuti, era andata via». Dieci giorni più tardi, anche alla Squadra Mobile: «Alle 15:30 era venuta da me e ricordo che chiacchierammo per circa un quarto d’ora». Infine, la confermò nuovamente ai Carabinieri l’8 agosto: «Il giorno della sua scomparsa, verso le ore 15:30, Mirella è venuta nel mio bar». Da notare, invece, come mai menzionò la chiacchierata con Mirella al suo rientro da scuola. Lo fece il 10 settembre 1985 al giudice Martella: «Sì, si è fermata da me tornando da scuola; abbiamo chiacchierato per circa cinque minuti; a distanza di tempo non ricordo l’oggetto del colloquio, anche perché privo di ogni importanza».

LA TESTIMONIANZA DI GIOVANNA MANETTI

Scomparsa di Mirella Gregori. Verbale di Giovanna Manetti. Carabinieri di Roma, Reparto operativo, 4 luglio 1983

Verbale di Giovanna Manetti. Carabinieri di Roma, Reparto operativo, 4 luglio 1983

Considerando che la mamma e Sonia furono le ultime due persone viste da Mirella prima di sparire per sempre, non si addenserebbero nubi all’orizzonte dei suoi ultimi movimenti. Sennonché, fra le persone ascoltate dagli investigatori nei mesi successivi alla scomparsa, ce ne furono altre due a lei molto vicine: il suo fidanzatino, Massimo Forti, e una sua compagna di classe, Giovanna Manetti, con la quale Mirella aveva un appuntamento telefonico per le 16:30 di quel 7 maggio.

Il 4 luglio 1983, ai Carabinieri del Reparto Operativo, Giovanna raccontò che chiamò l’amica all’orario concordato senza però trovarla in casa: «Mi ha risposto la madre dicendomi che verso le ore 14:20 aveva citofonato certo De Luca Alessandro e la figlia era uscita con il predetto per andare a Porta Pia». Un’affermazione più che sufficiente per incrinare la ricostruzione ufficiale di quel giorno, perché anticiperebbe l’orario nel quale Mirella andò all’appuntamento fatale dalle 15:30 alle 14:20. Con una particolarità: la fonte di entrambe le informazioni, una in forma diretta e l’altra de relato, fu sempre la stessa: la madre di Mirella. Come mai questa differenza? Al momento, non c’è una risposta. Certo è che Manetti fu consapevole delle sue parole. Perché ripeté altre due volte quell’orario, associandolo anche all’altra persona che vide per ultima Mirella: Sonia De Vito. «Alle 17:30 ho ritelefonato a casa di Mirella e, parlando con la madre, mi ha riferito che non era rientrata. Così, pensando che la stessa fosse al bar di De Vito Sonia, altra nostra amica, le ho chiesto il numero di telefono. Ho chiamato il bar, ma Sonia mi ha detto che non vedeva Mirella dalle 14:20, ora in cui era stata da lei per dirle che andava a Porta Pia da Alessandro». La temporalità di questa telefonata fu confermata da De Vito: «Verso le ore 17 del 7 maggio, è venuta al bar la madre di Mirella chiedendo notizie di Mirella; […] successivamente, sempre al bar, ho ricevuto alcune telefonate da Giovanna Manetti». Quest’ultima il giorno dopo (domenica 8 maggio), accompagnata dal padre e da un’amica, andò a casa di Mirella per avere notizie e portare solidarietà alla famiglia. Dopodiché si fermò al bar di Sonia, che le confermò «nuovamente di aver visto Mirella alle 14:20 di sabato».

Manetti potrebbe aver ricordato male le parole della signora Arzenton. Ma allora avrebbe fatto confusione anche per quelle di Sonia, visto che in entrambe ricorrono le 14:20. Un orario di per sé circostanziato e ben distinto dalle 15:30.

LE PAROLE DI MASSIMO FORTI E I DUE DIFFERENTI SCENARI

Scomparsa di Mirella Gregori. Verbale di Massimo Forti. Questura di Roma, squadra mobile, 30 settembre 1983

Verbale di Massimo Forti. Questura di Roma, Squadra mobile, 30 settembre 1983

Sennonché non fu l’unica a verbalizzare come alle 14:20 del 7 maggio Mirella non fosse in casa. Il 5 luglio 1983, sempre ai Carabinieri del Reparto Operativo, lo fece anche Massimo Forti, coetaneo di Mirella con la quale da pochi mesi aveva una relazione che li vedeva frequentarsi due o tre volte la settimana: «Ho telefonato a casa di Mirella, erano le 14:20 circa, e ho parlato con la madre. Mi ha riferito che la figlia non era ancora rientrata, ma che comunque avrebbe riferito che l’avevo chiamata». A parte notare come l’orario della sua telefonata coinciderebbe con quello della citofonata nella deposizione di Manetti, il punto è un altro: da dove Mirella non era ancora rientrata? Una prima risposta arrivò il successivo 30 settembre, quando Forti fu sentito dalla Squadra Mobile: «Il giorno della sua scomparsa, alle 14:30 circa, ho telefonato presso la sua abitazione e la madre mi ha detto che Mirella non era ancora rientrata da scuola». Successivamente, intervistato dalla collega Rita Mattei per una puntata di Speciale TG2 andata in onda il 17 marzo 1988, il ragazzo motivò l’assenza con la stessa ragione di Manetti e cioè l’appuntamento con Alessandro: «Chiamai verso le 14:30, mi rispose la madre e mi disse che era uscita in quanto le aveva citofonato un suo amico di scuola». Come si può osservare, a distanza di cinque anni Forti cambiò la ragione dell’assenza di Mirella, ma confermò il fatto: il 7 maggio 1983, che fossero le 14:20 o le 14:30, Mirella si sarebbe trovata già fuori casa.

Non conoscevo questo contributo, che mi fu segnalato su Instagram nella tarda sera dello scorso 28 giugno dal collega Francesco Mastromatteo. E l’indomani, durante la diretta su Florence International Radio dedicata proprio a questo caso, a un utente che chiese se fossi al corrente di quelle dichiarazioni, risposi che le avrei approfondite.

Il risultato sono due diversi scenari per l’epicentro del dramma: il momento della scomparsa. Il più importante da ricostruire in un cold case, perché consente di capire che possa essere successo alla vittima e velocizza (o almeno, dovrebbe) l’individuazione dei responsabili del misfatto. Quello di Mirella Gregori adesso è oggetto di un’evidente contrapposizione.

Perché da una parte abbiamo la versione Arzenton-De Vito, che vuole la citofonata di Alessandro alle 14:45-50 e l’uscita da casa di Mirella per le 15:25. Dall’altra, la versione Manetti-Forti, secondo la quale Mirella alle 14:30 non era più in casa perché già andata all’appuntamento con Alessandro (14:20). Le differenze si fanno ancora più marcate se consideriamo che la notizia dell’incontro tra Mirella e Sonia dopo l’uscita da scuola e la descrizione del 7 maggio da parte della signora Arzenton arrivarono a due anni dalla scomparsa (settembre 1985). Mentre i resoconti di Manetti e Forti solo due mesi dopo (luglio 1983) e grazie a informazioni apprese proprio dalla madre di Mirella e da Sonia. Il cui marito, Fabio De Rosa, fornì una testimonianza singolare. Al giudice Martella, che gli chiese se si fosse incontrato con Mirella Gregori nel giorno della sparizione, rispose: «No, anche perché io sono giunto nel bar verso le 15, allorché Mirella si era già congedata da Sonia». Parole che colpiscono perché, supportando la versione Forti-Manetti, contrastano con quelle della moglie (e di conseguenza con la madre di Mirella). Doveroso comunque precisare che giunsero il 16 ottobre 1986, cioè a tre anni e mezzo dal fatto.

UN DIVARIO DI OLTRE UN’ORA. PERCHÉ?

Scomparsa di Mirella Gregori. Denuncia di scomparsa di Mirella Gregori. Questura di Roma, 7 maggio 1983

Denuncia di scomparsa di Mirella Gregori. Questura di Roma, 7 maggio 1983

Davanti una situazione così intricata e a tratti kafkiana, ci si chiede come sia possibile che queste incongruenze siano arrivate non da testimoni occasionali o periferici, tipo Alessandro De Luca (che alle 14:20 di quel 7 maggio era a casa sua) e i suoi amici, ma da persone strettamente legate alla vittima. Nessuna di loro avrebbe avuto interesse a mentire e non esistono elementi per sostenere il contrario. Non certo la mamma di Mirella, che mai ebbe pace fino all’ultimo dei suoi giorni per quella figlia scomparsa all’improvviso; non Sonia che, se meriterebbe essere riascoltata per altro, in questa occasione è allineata alle parole della signora Arzenton; non Giovanna, amica di Mirella al punto da essere stata più volte a casa sua e da presentarle Massimo, che aiutò i Gregori nelle ricerche fin da subito.

La buonafede però non esclude gli errori. Una dinamica che chiama in causa l’operato degli inquirenti. Come mai non sciolsero questi nodi quando apparvero e cioè nel luglio 1983? Dopotutto, non stiamo parlando di marginalità, tipo che cosa mangiò a colazione Mirella quella mattina, ma dell’orario nel quale scomparve. Dire 14:20 piuttosto che 15:30 non è ascrivibile a un’approssimazione per difetto o per eccesso dei dichiaranti. Perché non si tratta di una differenza di cinque o dieci minuti, ma di un divario di oltre un’ora riferito a un episodio vissuto da vicino e risalente a due mesi prima, quindi ancora fresco nella memoria.

De Vito e Forti furono interrogati lo stesso giorno e in sequenza: perché non richiamarli a stretto giro di posta e dirimere una volta per tutte l’enigma dell’orario? Manetti fu convocata anche dalla Squadra Mobile (30 settembre 1983): confermò la telefonata alle 16:30 del 7 maggio ma, diversamente da quanto fatto dai Carabinieri, non le fu chiesto niente sull’orario riferitole dalla signora Arzenton circa l’uscita di casa di Mirella. Perché? E perché la signora Arzenton, ricevuta dai Carabinieri a fine settembre 1983 per verbalizzare la telefonata dei vestiti o la storia della lettera indirizzata all’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, non fu interpellata per ricostruire con meticolosità gli ultimi movimenti della figlia? Si dovette aspettare che lo facesse il giudice Martella, ma intanto erano trascorsi più di due anni.

Come sappiamo, la ricostruzione ufficiale della vicenda segue la versione Arzenton-De Vito e non è certo nostra ambizione decretarne la falsità. Anche perché non abbiamo elementi per farlo. Però li abbiamo per voler sapere come mai esistano due ricostruzioni così divergenti sull’orario della scomparsa di Mirella Gregori e in base a quali dati oggettivi una sia stata privilegiata rispetto all’altra. E qualora non ci fossero risposte a queste domande, ci sarebbe un motivo in più per auspicare una nuova indagine della magistratura che esplori ambienti della giovane mai indagati e ascolti persone mai sentite o persone che tutto, su questa triste storia, non hanno ancora raccontato.

Perché la verità è un percorso a tappe che passa anche dall’attraversamento di paludi come questa, senza il quale dare soluzioni sulla vicenda, come è stato fatto con ipotesi senza riscontri e talvolta lesive dell’immagine della povera Mirella Gregori, è vanagloria buona solo a intensificare il mistero e acuire il dolore.