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«Fu Prospero Gallinari ad uccidere Moro». Parlano i pentiti delle Brigate Rosse

Redazione Spazio70

Stralci dalle deposizioni dei collaboratori di giustizia nel corso del Processo Moro (1982). Mario Moretti, tuttavia, si dichiarerà esecutore materiale dell'omicidio

Roma, 15 giugno 1982. Il collaboratore di giustizia Patrizio Peci, ex militante delle Brigate Rosse, depone dinnanzi ai giudici del Processo Moro. «Durante le giornate del rapimento – afferma Peci –, il comportamento di Moro è sempre stato corretto e dignitoso, assai più di quanto lo siano stati altri personaggi rapiti. Mi hanno detto che Moro, se si fosse arrivati al riconoscimento politico delle Br e quindi alla sua liberazione, aveva deciso di tirarsi fuori da quella storia, di lasciare la Democrazia Cristiana e continuare l’attività politica magari nel gruppo misto…».

Alcuni brigatisti dalle gabbie chiedono di abbandonare l’aula per protesta. Si ode anche qualche frase di scherno all’indirizzo del pentito, il quale, tuttavia, prosegue senza lasciarsi intimidire. Del resto, nel corso della precedente udienza, lo stesso Peci non aveva esitato ad attaccare i suoi ex compagni:

«Non riuscendo ad arrivare a me si sono vendicati su mio fratello ammazzandolo dopo avergli fatto dire tante falsità, dipingendolo come un agente della contro-guerriglia, facendogli dire che era un infiltrato dei carabinieri. Ma sapevano bene che tutto ciò era falso. Loro sanno bene che, se io veramente avessi collaborato con i carabinieri prima del mio arresto a Torino, avrei potuto far catturare tutti, tutti i componenti della direzione strategica. Allora, fino a quattro mesi prima dell’arresto, sapevo dove erano nascosti […] I primi veri pentiti sono stati i grossi dirigenti di Lotta Continua, che prima avevano propugnato certe ideologie lanciando il sasso, poi sono tornati sui loro passi lasciando allo sbaraglio decine e centinaia di giovani come me, allora ventenne… così siamo finiti nelle Brigate Rosse».

Patrizio Peci

Patrizio Peci (Vol. LXXVI Cpim, pag. 337, udienza innanzi alla Corte d’Assise di Roma – 15.06.1982).

Presidente: Chi avrebbe trasportato il corpo dell’onorevole Moro fino al luogo dove è stato lasciato?

Peci: Gallinari, però non so con chi altri; per quello che ne so io, Gallinari. Anche questo me lo diceva il Fiore.

Presidente: Fiore che cosa le disse del ruolo di Gallinari nella morte di Moro?

Peci: Che era stato l’esecutore.

Presidente: E come l’aveva ucciso?

Peci: Con una pistola, mi sembra; una pistola a raffica.

Presidente: Non con la Skorpion?

Peci: Con lo Skorpion, una pistola a raffica, sì.

Presidente: E disse qualche particolare sulla morte dell’onorevole Moro?

Peci: Mi disse che non gli avevano detto che sarebbe stato ucciso, gli avevano detto che sarebbe stato liberato.

Presidente: La Renault sarebbe stata guidata da Gallinari?

Peci: Sì, per quello che ne so io, sì.

Presidente: E c’era solo Gallinari nella Renault?

Peci: No. Lui mi disse che l’uccisore materiale era Gallinari, però non mi disse chi c’era insieme a lui, anche perché io non potevo dire: chi c’era insieme a te?

Presidente: Chi guidò la macchina, non lo sa?

Peci: No, non lo so.

Presidente: E perché fu scelto quel luogo, lo sa?

Peci: No.

Presidente: Se era un luogo scelto simbolicamente o perché era vicino?

Peci: No, questo non lo so, non l’ho mai chiesto.

Presidente: Ma facendo delle lezioni, o esponendo le proprie esperienze in materia di tecnica del sequestro e di custodia dell’ostaggio e di restituzione del corpo, mi pare logico che si parli anche di questo.

Peci: Sì, ma chi gestiva tutto questo sequestro non è che passava attraverso la colonna torinese in particolare; passava attraverso l’esecutivo, era l’esecutivo che gestiva tutto.

Presidente: Ma lei ha detto che, per esempio, Moro fu interrogato esclusivamente da Moretti.

Peci: Sì.

Presidente: Come fa a dire che lo interrogò esclusivamente Moretti?

Peci: Io ho saputo che Moretti l’interrogava.

Presidente: L’ha saputo da Fiore?

Peci: Sì.

Presidente: Chi sorvegliava Moro?

Peci: Gallinari. Gallinari era chiuso lì. Non so se insieme a Gallinari c’era altra gente, comunque, di sicuro, c’era Gallinari in quella casa, Prospero Gallinari.

INTERROGATORIO DI EMILIA LIBERA

Emilia Libera: • Vol. LXXV Cpim, pag. 185, interrogatorio innanzi alla Corte d’Assise di Roma – 17.05.1982:

Emilia Libera

Abbate (giudice a latere): In relazione al discorso che lei ha fatto con la Braghetti, sulla scorta delle voci e delle impressioni che circolavano all’interno del suo gruppo, ebbe mai modo di parlare con la Braghetti della casa dove venne tenuto prigioniero Moro?

Libera: No.

Presidente: Da che cosa lo trasse ? Ci dica gli elementi sui quali basò questo giudizio.

Libera: Mi sembra che ne avevamo già parlato l’altra volta. Quando fu arrestata la Braghetti, Iannelli leggendo il giornale disse che non si erano accorti che la casa della Braghetti era stata la prigione di Moro.

Presidente: Quindi, lei mi dice che leggendo il giornale dissero che non si erano mai accorti che la casa della Braghetti era stata la prigione di Moro?

Libera: Sì.

Presidente: Non era mai stata in quella casa?

Libera: A quella di via Laurentina, sì.

Presidente: E a quella di via Montalcini?

Libera: No. Ho saputo che c’era dopo che sono stata arrestata. Comunque a quella in via Laurentina ci sono andata fino al 1977, poi mi fu detto semplicemente di non frequentare più la Braghetti.

Presidente: Perché?

Libera: Si faceva così rispetto a gente che entrava nell’organizzazione e che faceva parte di altre strutture, così ho immaginato che la Braghetti fosse nell’organizzazione.

Presidente: Indubbiamente avrà visto sui giornali e in televisione che il cadavere dell’onorevole Moro fu trasportato con quella Renault?

Libera: Sì.

Presidente: Avrà domandato a qualcuno dove era stato ucciso Moro?

Libera: No.

Presidente: Se era stato ucciso in quella autovettura o meno?

Libera: No. Le ho detto anche l’altra volta questa cosa. Non succede praticamente mai che uno faccia domande, succede che chi ha fatto delle cose le racconta.

Presidente: Qualcuno non glielo ha raccontato?

Libera: No.

Presidente: Materialmente dove avvenne l’omicidio dell’onorevole Moro?

Libera: Non mi è stato raccontato.

Vol. LXXV Cpim, pag. 196, interrogatorio innanzi alla Corte d’Assise di Roma – 17.05.1982:

Presidente: Durante il sequestro Moro vide la Braghetti?

Libera: No.

Presidente: Mai?

Libera: No. L’ultima volta che vidi la Braghetti fu durante l’estate del ’77 perché eravamo andate in vacanza insieme.

Presidente: Con chi stava allora la Braghetti?

Libera: In che senso?

Presidente: Con chi conviveva?

Libera: Credo non convivesse più con Seghetti dall’estate del ’77.

Presidente: Le risulta che dopo la Braghetti convivesse con Gallinari?

Libera: Quando la vidi nel dicembre del ’77 da alcuni discorsi che fece capii che viveva con Gallinari.

Presidente: Nella stessa casa?

Libera: Penso di sì. Di seguito seppi che la Braghetti come ruolo aveva quello di prestanome.

Presidente: Lei vuole dire che durante il sequestro Moro la Braghetti era il prestanome di Gallinari ?

Libera: Non lo so. So che lei entrò nell’organizzazione come prestanome e in seguito, verso il settembre del ’78, Savasta mi disse che un prestanome era ricercato; aveva visto movimenti strani e gli era sembrato di essere seguito tornando dal lavoro quando andava a casa ed era stato fatto passare in clandestinità. Quando vidi la Braghetti, perché venne a lavorare con me nella struttura, seppi che era lei.

Presidente: Le parlò dei sospetti che aveva avuto?

Libera: Non me ne parlò lei in modo specifico, me ne parlò la Balzerani.

Presidente. Che le disse la Balzerani?

Libera: Mi disse che era ricercata e che aveva paura di essere stata seguita.

Presidente: Ricercata da chi?

Libera: Si presumeva che fosse ricercata perché aveva visto dei movimenti strani; infatti, si pensò che fosse ricercata fino all’80. Quando poi pensò di non esserlo più ricominciò a girare con la sua macchina.

Presidente: Qualcuno vi aveva informato che era ricercata la Braghetti?

Libera: No. Si era pensata questa cosa in base a deduzioni.

Presidente: Quali deduzioni?

Libera: Aveva visto movimenti strani.

Presidente: Quali erano questi movimenti strani?

Libera: Aveva visto qualcuno seguirla quando tornava a casa dal lavoro. Questa cosa la so con sicurezza perché quando furono fatti tutti gli arresti a maggio discutemmo la situazione della sicurezza a Roma con Iannelli e si parlò anche di quei sospetti che c’erano sulla Braghetti senza riuscire a dire una parola definitiva, senza avere elementi di fatto; se l’avesse detto qualcuno, Iannelli avrebbe detto che quella casa era sicura mentre invece si parlò sempre di sospetti e si fece riferimento al fatto che era stata pedinata.

Presidente: Le disse la Braghetti se, durante il periodo di tempo in cui si facevano perquisizioni a tappeto in tutta Roma, il qualcuno avesse bussato alla sua porta per effettuare una perquisizione?

Libera: In quel periodo non vidi la Braghetti.

Presidente: Successivamente?

Libera: Non me lo disse.

Presidente: La Braghetti vi accennò a dei litigi con dei vicini di casa?

Libera: No.

Presidente: Non vi accennò mai cose di questo genere?

Libera: No.

Presidente: Sa che si è parlato di un ingegner Altobelli?

Libera: Sì.

Presidente: Ci può dire qualcosa?

Libera: No. L’ho sentito nominare per la prima volta dopo l’arresto.

Presidente: Da chi l’ha sentito nominare?

Libera: Da un magistrato che mi rivolgeva alcune domande su questo fatto.

Presidente: C’era nell’organizzazione uno che si faceva chiamare ingegnere Altobelli?

Libera: Non lo so. In ogni caso se era la sua falsa identità non si sarebbe presentato con questo nome agli altri, ma senz’altro soltanto ai vicini e in caso di fermo.

Presidente: Quella casa di via Montalcini fu poi venduta, sa qualcosa di quella vendita?

Libera: No, gliel’avevo detto. Ho sentito parlare per la prima volta di quella casa dopo che sono stata arrestata. Quando si parlava della casa della Braghetti pensavo sempre che si parlasse di quella in via Laurentina.

Vol. LXXV Cpim, pag. 302, interrogatorio innanzi alla Corte d’Assise di Roma – 17.05.1982:

PM: A proposito dell’omicidio dell’onorevole Aldo Moro, lei ha appreso dei particolari riguardanti il momento dell’uccisione da parte di Barbara Balzerani?

Libera: Ne ho già parlato di questa cosa.

PM: Lei che cosa apprese?

Libera: Stavo con Savasta e con la Balzerani questa estate. Savasta raccontò dell’uccisione di Taliercio e la Balzerani disse che con Moro era successa la stessa cosa.

PM: Disse quante armi erano state adoperate?

Libera: No, raccontò però che erano stati sparati diversi colpi.

PM: Disse anche chi sparò?

Libera: No, la Balzerani non lo disse.

PM: E da chi l’ha saputo?

Libera: L’ha saputo da Seghetti.

PM: … che aveva sparato … chi?

Libera: Gallinari:

INTERROGATORIO DI ANTONIO SAVASTA

Vol. LIX Cpim, pag. 151, interrogatorio reso al giudice istruttore dr. Priore, presente il pubblico ministero dr. Amato, il 23.04.1982:

Antonio Savasta

Antonio Savasta: Io sono venuto a conoscenza dell’esistenza di trattative condotte da Piperno e Pace con esponenti del Partito Socialista Italiano al momento della pubblicazione del n. 0 di Preprint di Metropoli, quella pubblicazione comunque ove era riportato l’articolo ‘dal terrorismo alla guerriglia’ di Piperno, contenente l’accenno alla coniugazione tra la geometrica potenza dispiegata a via Fani e la eccezionale bellezza del 12 marzo a Roma. A quel tempo ero già in direzione di colonna. Proprio in sede di direzione di colonna questa pubblicazione fu l’inizio di un’aspra polemica. La riunione, ricordo, si tenne a Moiano, al comando, come chiamavamo quella base. Eravamo io, Seghetti, Piccioni, Gallinari, Morucci, Faranda, Balzerani. Gallinari esordì, indicando l’articolo dicendo: ‘qui vi siete smascherati. Sono le stesse cose che andate dicendo da Moro in poi!’. I due si difesero affermando che quella era una posizione politica che si trovava all’interno del Movimento e che non poteva essere oggetto di una indagine poliziesca. Morucci aggiunse che essi militanti delle Br non potevano essere confusi con parolai che non avevano mai impugnato le armi. C’è da dire che Gallinari da tempo, su incarico di del CE – ciò lo seppi anche da Moretti in un momento successivo – cercava di fare chiarezza su questi rapporti tra Piperno e Pace da una parte e Morucci e Faranda dall’altra. In un intervallo della riunione, la Balzerani parlando solo con me mi rivelò che da tempo c’era questo gioco delle parti di Morucci, militante Br in contatto anche con Piperno e che tutta la storia della trattativa era opera sua. Mi spiegò allora che c’erano state trattative tra Pace e Piperno e il Partito Socialista Italiano e che quello era stato il momento di ingerenza politica dei due per assumere la direzione di tutto il Movimento combattente e in particolare delle Br. Ricordo che mi disse precisamente: ‘In tal modo Piperno si assume il ruolo di rappresentante politico delle Br’.

Seghetti, sempre in quella riunione, affermò che Morucci continuava a incontrarsi spesso con Pace anche dopo Moro. La prigione di Moro, mi disse Seghetti, era stata tenuta nell’unica casa in cui viveva il prestanome, cioè l’unica casa dove abitava una persona, con il suo vero nome, fino a quel tempo tutte le altre case erano prese con falso nome, come via Gradoli, che era la casa più importante di Roma. Ricordo che Seghetti aggiungeva anche che in questa maniera si erano previste e anticipate le mosse dello Stato, che di lì a poco avrebbe emanato il decreto Andreotti sulla denuncia degli acquisti e dei fitti.

Vol. LXXIV Cpim, pag. 404, interrogatorio innanzi alla Corte d’Assise di Roma – 05.05.1982.

Mentre viene affrontato l’argomento dell’omicidio di Italo Schettini, si fa riferimento all’arma con cui venne compiuto, una Walther calibro 9 corto, e in risposta alla domanda se quella pistola fosse la stessa che aveva ucciso anche Moro:

Savasta: Silenziata c’era solo quella, mi pare: una Walther PPK. Poi si ruppe.

Presidente: Poc’anzi, quando l’abbiamo interrogata su via Fani e sulla scorta di Moro, lei ha detto che Gallinari aveva due pistole. Che pistole erano?

Savasta: Non lo so. So soltanto che c ‘era questa Walther.

Presidente: Lei non sa materialmente come fu ucciso Moro? Quanti colpi furono sparati ? Con quale arma ?

Savasta: Questa storia l’ho sempre sentita dire da Barbara Balzerani.

Presidente: Ce la racconti.

Savasta: In concomitanza dell’uccisione di Taliercio. Anche lì furono usate due pistole, e a usarle e a usare tutte e due le pistole sono stato io. Anche lì uscì fuori la cosa che erano stati sparati numerosi colpi. La Balzerani mi disse che la stessa cosa era successa per l’uccisione dell’onorevole Aldo Moro. I primi colpi furono dati con una pistola; gli altri con una seconda pistola. Ciò accadde semplicemente per il fatto che chi sparava non aveva capito che l’onorevole era morto e perciò ha continuato a sparare.

Presidente: Era morto o non era morto ? Che vuol dire ‘non aveva capito ?’. E’ come se si fosse accertato che era morto al primo colpo. Allora accertiamo subito qual era la prima pistola usata.

Savasta: Non lo so.

Presidente: Allora, Che vuol dire questo bisticcio? Ce lo spieghi.

Savasta: Di bisticcio non c ‘è niente.

Presidente: Un bisticcio linguistico.

Savasta: Che invece è molto pesante. Una persona, quando riceve i primi colpi, può continuare a vivere per alcuni istanti, anche se i colpi sono mortali. Sia nel caso Taliercio che nel caso dell’onorevole Aldo Moro, vi è stata l’incomprensione di questo che stava succedendo. Perciò chi sparava, finito il primo caricatore, ha usato un ‘altra pistola.

Presidente: Chi sparava era Gallinari. In tutti e due i casi sparò Gallinari?

Savasta: Non lo so.

Presidente: In tutti e due i casi, cioè con le due armi.

Savasta: Non lo so.

INTERROGATORIO DI MASSIMO CIANFANELLI

(Vol. LXXV Cpim, pag. 362, interrogatorio innanzi alla Corte d’Assise di Roma – 19.05.1982)

Massimo Cianfanelli

In un contesto più ampio il presidente affermava: “… Desidero soltanto porle una domanda: qua e là, nel corso degli interrogatori che ha reso durante l’istruttoria formale, affiora l’episodio Moro e l’episodio dell’assassinio della scorta. Affiora quest’episodio in un’affermazione, nell’affermazione cioè della paternità dell’omicidio Moro, dell’esecuzione materiale dell’omicidio Moro, a capo di Gallinari. Vediamo un po’ che cosa di specifico sa su questo punto. Poi io le voglio fare un ‘altra domanda alla quale lei dovrebbe essere in grado di rispondere per una semplice ragione che le contesto subito: per il dopo. Cioè, visto che lei è uscito dall’organizzazione ‘Brigate Rosse’ e ha contribuito a mantenere in vita (o a creare, non mi interessa) un’altra organizzazione, come risulta dalle sue stesse dichiarazioni, accanto a persone imputate di questo processo e che erano nelle ‘Brigate Rosse ‘ al tempo del sequestro Moro, lei dovrebbe essere in condizione, proprio in base al dopo e al livello di conoscenza che lei ebbe con alcuni protagonisti di questo episodio, di riferirci alcune cose sul sequestro Moro. Allora vediamo prima la riferibilità a Gallinari della esecuzione dell’onorevole Moro, da chi l’ha saputo e che cosa ha saputo.

Cianfanelli: La prima volta che sentii parlare di Gallinari in riferimento all’omicidio di Moro fu in un periodo successivo al 9 maggio, poco dopo, quando ancora stavo nella brigata universitaria, in occasione di una discussione che ebbi con Nadia e la Libera, su questo fatto dell’uccisione di Moro. Rispetto a questa cosa io e Spadaccini eravamo contrari per tutta una serie di motivazioni di ordine politico. Però, come avevo detto prima, quando vengono meno le motivazioni di ordine politico, automaticamente perdono valore le motivazioni di carattere umano; per di più si trattava, in quel caso, di una persona che era stata prigioniera e, almeno per il fatto che una persona sia detenuta, in qualsiasi forma, è un vincolo a non farle assolutamente del male. C’è poi anche un riferimento politico generale a un tipo di società in cui le restrizioni, le carcerazioni, dovrebbero essere ridotte al minimo, se non abolite. Quindi, al di là delle motivazioni politiche, su cui in seguito è andato avanti un dibattito che sarebbe stato anche uno dei motivi della spaccatura delle ‘Brigate Rosse ‘, di quel gruppo, non solo io, ma anche la stessa Libera, ci ponemmo il problema della pesantezza, di come si potesse riuscire a sparare contro una persona non solo inerme, ma in stato di prigionia. E lei disse che sicuramente questo fatto era pesantissimo e che, se uno l’aveva fatto (e qui fece il nome di Gallinari), non l’aveva fatto a cuor leggero.

Presidente: Desidero collocare nel tempo questo fatto.

Cianfanelli: Poco dopo.

Presidente: Che significa ‘poco dopo’?

Cianfanelli. Qualche giorno dopo; una settimana, dieci giorni dopo. Qualche giorno dopo il 9 maggio.

Presidente: Nei limiti dell’attendibilità della sua versione dei fatti, si può dare per certo che la Libera, nello spazio di una settimana dalla morte dell’onorevole Moro sapeva (secondo quello che le ha riferito) che a uccidere l’onorevole Moro era stato Gallinari.

Cianfanelli: Che lo sapeva, sicuramente. Sullo spazio …

Presidente: Nello spazio di una settimana ebbe a collocarsi questo suo colloquio con la Libera.

Cianfanelli: Era ancora sotto l’impressione del fatto; l’emotività del fatto era ancora viva. Non posso essere preciso sul numero dei giorni: posso solamente dire questa cosa.

Presidente: Dove glielo disse? Dove vi siete incontrati?

Cianfanelli: Al Verano.

Presidente: Eravate nella brigata universitaria?

Cianfanelli: No.

Presidente: Vogliamo agganciarlo a qualche dato che le ravvivi la memoria ? Che cosa stavate facendo in quel periodo? Facevate opera di volantinaggio ancora?

Cianfanelli: No. Credo fosse il periodo successivo all’arresto di Spadaccini.

Presidente: Di quanto successivo?

Cianfanelli: Non di tanto. Non posso essere preciso.

Presidente: Lei lo colloca, comunque, nello spazio di pochi giorni.

Cianfanelli: Comunque, entro quindici giorni.

Presidente: La Libera le disse da chi aveva saputo che a uccidere Vonorevole Moro era stato Gallinari?

Cianfanelli: No, non me lo disse.

Presidente: Disse comunque, la Libera, che Gallinari, uccidendo Moro (uomo in vinculis, come direbbe qualcuno di noi), aveva avuto le sue ragioni e non l’aveva fatto a cuor leggero.

Cianfanelli: Sì. Stavo dicendo che non c’era più attività di volantinaggio: ricordo perfettamente che tra i volantini distribuiti non c’erano né i primi né gli ultimi, né quelli della rivendicazione del rapimento di via Fani (anche perché in quel periodo non ero ancora nella brigata), né quelli relativi all’uccisione di Moro. Erano dei comunicati, dei numeri interni (il 2, il 5, non ricordo di preciso). Dopo l’uccisione di Moro sicuramente non facevamo più nessuna attività, se non incontrarci isolatamente.

Presidente: Quando ha conosciuto Gallinari?

Cianfanelli: Alla fine di giugno, primi di luglio. Questo mi fa pensare che io già conoscevo Gallinari e che quindi questo dialogo è successivo all’incontro con Gallinari.

Presidente: Allora il dialogo con la Libera non è di qualche giorno dopo?

Cianfanelli: Sarà un mese, o forse anche di più.

Presidente: Bisogna che questo sia chiaro. Non ho voglia di giocare ai bussolotti.

Cianfanelli: Non è questione di giocare ai bussolotti. Il fatto è che quell’impressione di vicinanza è determinata dall’importanza del fatto.

Presidente: E invece, nel luglio, lei era ancora nella brigata universitaria?

Cianfanelli: Sì.

Presidente: E Gallinari lo conobbe quando le comunicò che si doveva sciogliere la brigata?

Cianfanelli: No. Ci furono incontri precedenti: quando ci fece delle critiche per il fatto che … Dopo il periodo di congelamento della brigata universitaria, Gallinari fece delle critiche sul funzionamento della brigata universitaria …

Presidente: Lei seppe dunque dalla Libera che Moro era stato ucciso da Gallinari non una settimana, ma circa un mese dopo; anche di più. La Libera non le disse chi glielo aveva detto. Lei ha conosciuto la Braghetti ?

Cianfanelli: No.

Presidente: Non l’ha mai incontrata?

Cianfanelli: No. Ne ho sentito parlare.

Presidente: Lei ebbe poi lunga dimestichezza con Morucci; aderì alla sua linea; partecipò alle attività di Morucci; tenne in vita l’organizzazione, mi pare, anche dopo che Morucci era stato arrestato; e non c’erano più delle strutture in cui lei era immesso, le rigide compartimentazioni che c’erano prima, per sua stessa esplicita ammissione al giudice istruttore. Quindi non c’erano più quelle ragioni di compartimentazione, di segretezza, che c’erano nelle ‘Brigate Rosse’. E allora, un discorsetto su Moro, con Morucci, ci sarà stato, al di là della posizione che il gruppo di Morucci assunse circa la sorte finale dell’ostaggio: sul luogo, sulle modalità con le quali fu commesso l’eccidio di via Fani, sui partecipanti a questo eccidio, sul modo in cui fu eseguito il sequestro, sul modo in cui venne tenuto l’ostaggio e sulla modalità con cui i messaggi venivano portati. Vediamo che cosa ha saputo da Morucci, quando non c’erano più quelle compartimentazioni.

Cianfanelli: Il fatto che non ci fossero più compartimentazioni riguardava quello che si stava creando. E poi, non è che non ci fossero compartimentazioni: erano molto più lente, non erano rigide, ma in certe cose c’erano.

Presidente: Non è un giudizio del dopo?

Cianfanelli: No, le sto dicendo come dato di fatto, perché anche lì certe cose non si potevano sapere: alcuni militanti certe cose non le sapevano. Per esempio, non tutti sapevano dove c’era un deposito di armi.

Presidente: Non voglio offendere nessuno.

Cianfanelli: Era per chiarire quali potevano essere i livelli…

Presidente: I livelli della sua amicizia con Morucci?

Cianfanelli: In certe cose io sono abbastanza riservato, non sono uno che chiede molto. Comunque, di fronte a un fatto così importante, è ovvio che alcune cose sono uscite, e quindi anche in riferimento a cose particolari.

Presidente: Ci dica tutto quello che è uscito. Se deve dire anche una sua valutazione politica, ce la dica. Senza che io la forzi in alcun modo, ci dica, se ce lo vuol dire, le cose che sa.

Cianfanelli: Quando siamo usciti, Morucci ha portato con sé un certo numero di armi. Tra queste armi c’era lo Skorpion. Fu proprio parlando dello Skorpion che gli chiesi – non ricordo i termini precisi, ma il senso era questo – tenuto conto che già era uscito fuori che l’arma potesse essere stata quella usata per uccidere Moro, gli chiesi, dicevo, la ragione di questo fatto e lui ammise che quella era l’arma usata per uccidere Moro e disse che l’aveva portata via perché era un’arma che gli apparteneva, perché era stata comprata prima che entrasse nelle ‘Brigate Rosse’; quindi se l’era portata via. Questo so sull’arma usata per sparare a Moro. Non so poi se furono usate altre armi. Io ho sempre pensato che fosse stata usata quell’arma. Disse che la gestione del sequestro era stata opera di pochissime persone, tra cui Gallinari.

Presidente: E gli altri?

Cianfanelli: Degli altri, l’esecutivo e il vecchio, cioè Moretti.

Presidente: Era il termine con cui lo designava Morucci?

Cianfanelli: Non solo Morucci. Io l’ho sentito da Morucci per la prima volta; però ho saputo da lui che era un termine con cui veniva designato Moretti.

Presidente: Dunque, Morucci le disse che la gestione del sequestro Moro era opera …

Cianfanelli: … dell’esecutivo, segnatamente del vecchio e di Gallinari. Chiesi conferma che fosse stato Gallinari a sparare. Lui mi lasciò capire che non si chiede chi è la persona.

Presidente: E lui come lo sapeva?

Cianfanelli: Mi ha detto questa cosa.

Presidente: Cioè?

Cianfanelli: Ha detto: ‘non si chiede chi è stato’.

Presidente: Ma lui come sapeva chi era stato?

Cianfanelli: Non lo so; però era nella direzione di colonna, aveva probabilmente contatti di alto livello.

Presidente: Il Morucci le disse solo questo sul sequestro Moro?

Cianfanelli: Ammise la sua partecipazione a via Fani; la sua e quella della Faranda. Non si parlò delle modalità, se non che erano state usate le divise da aviatore. Disse qualcosa anche in ordine alla questione del lago della Duchessa e in qualche modo mi lasciò capire che era una cosa usata per depistare.

Presidente: Usata da chi.

Cianfanelli: Dall’organizzazione. Non mi disse da chi.

Presidente: Non da lui soltanto, contro l’organizzazione?

Cianfanelli: Non disse altro; disse soltanto che era per allentare la pressione sulla colonna romana.

Presidente: Le disse di sapere dove era stato detenuto Moro?

Cianfanelli: No, mi disse di non sapere dove era stato detenuto Moro.

Presidente: Le disse se aveva incontrato Moro durante la prigionia?

Cianfanelli: No.

Presidente: Lo escluse?

Cianfanelli: No, non lo escluse, perché sembrava ovvio che non l’avesse incontrato.

Presidente: Le disse qualche cosa che concernesse gli sforzi compiuti per liberare l’onorevole Moro?

Cianfanelli: Del rilascio da parte delle ‘Brigate Rosse’ ? Sì, di questo ha parlato.

Presidente: Che disse?

Cianfanelli: Anche relativamente al fatto che io seppi che si incontrava con alcune persone …

Presidente: Guardi che lei ha detto in istruttoria cose che risultano dal verbale: durante la prigionia, lo escluse.

Cianfanelli: Ho detto che s’incontrava con Lanfranco Pace e con Piperno. Questo lo seppi da alcune persone che facevano riferimento all’area morucciana. D’altra parte, avevo saputo da Gallinari accuse specifiche nei riguardi di Morucci, cioè che aveva un rapporto politico con Piperno e Pace fin da prima di entrare nelle ‘Brigate Rosse’ e anche durante l’attività nelle ‘Brigate Rosse’. Gli chiesi ragione di questo fatto, cioè se fosse vero, in che termini fosse la cosa. Disse che queste persone erano amici di vecchia data, per cui non c’era niente di strano nel fatto che li vedesse. Comunque, facendo questo discorso sul rilascio dell’onorevole Moro, uscì fuori da parte di Morucci che lui aveva tentato di porre l’organizzazione ‘Brigate Rosse’ di fronte a un fatto compiuto; trovandosi canali propri di mediazione con alcune forze istituzionali, spingerlo ad alcuni atti non meglio precisati (di clemenza nei confronti di qualche prigioniero o detenuto) e porre l’organizzazione di fronte al fatto compiuto e modificare l’atteggiamento maggioritario dell’organizzazione per l’uccisione dell’ostaggio. Lasciò anche capire che anche tramite queste due persone sperava di agire in questo senso. Poi, rispetto anche al sequestro Moro, l’altra cosa che ho saputo è relativa all’inchiesta fatta all’università sul professore Tritto, che fu condotta da Seghetti: sul professore Tritto nell’ambito degli atti preparatori al sequestro di via Fani. Lo seppi perché la Libera mi raccontò che, nel periodo precedente la mia entrata nella brigata universitaria, stavano conducendo un’inchiesta su un professore. Il fatto che fosse Tritto non lo disse, comunque era una deduzione logica, quasi in termini di certezza, per quello che era avvenuto. Essi stavano concludendo un’inchiesta su un professore universitario amico dell’onorevole Moro nell’ambito del lavoro normale che faceva la brigata universitaria, di inchiesta sui personaggi dell’università legati alla De. In quella occasione, cioè nello stesso istituto dove insegnava questo professore, avevo incontrato Seghetti, il quale aveva detto che anche lui stava facendo un’inchiesta su quello stesso professore, ma per altre cose. Poi, dopo i fatti di via Fani, il ruolo che si è attributo al professore Tritto pubblicamente è apparso evidente, dato che l’inchiesta di Seghetti era finalizzata al rapimento di via Fani.

Presidente: Questo discorso glielo fece la Libera?

Cianfanelli: Sì.

Presidente: Quando glielo fece?

Cianfanelli: Lo fece sicuramente dopo il 9 maggio, dopo il ritrovamento del cadavere di Moro e prima della chiusura della brigata universitaria, che avvenne alla fine del mese di luglio, anche se fu comunicato all’inizio di settembre, perché durante l’estate non ci fu attività.

Presidente: Morucci le disse che, assieme alla Faranda, ha partecipato all’uccisione degli uomini della scorta di Moro e al sequestro dell’onorevole Moro, Morucci le ha detto se lo Skorpion, in quell’occasione, era in suo possesso?

Cianfanelli: No.

Presidente: Non le ha spiegato come mai questo Skorpion che era servito a Gallinari per uccidere Moro – lei dice – poi lo aveva recuperato ? Come aveva fatto?

Cianfanelli: Morucci, nel periodo immediatamente antecedente alla sua uscita dall’organizzazione – essendo nel fronte logistico a livello nazionale ed essendo la persona considerata come quella che più si intendeva in fatto di armi e avendo accesso al patrimonio logistico dell’organizzazione – si era dato da fare per accentrare presso di sé la maggior quantità possibile di armi, in vista di una situazione che si andava delineando, di rottura dell’organizzazione. Prima questi problemi non c’erano, per lo meno non nei termini di una rottura a tempi ravvicinati e le armi erano dislocate normalmente, secondo l’uso per il quale dovevano servire, nei depositi e nelle basi. Gallinari l’avrà chiesto, non so. Gallinari aveva la possibilità anche di chiedere un’arma e farsela portare.

Presidente: Lei aveva un altro elemento in mano. Stando a credere a lei, aveva due elementi di fatto: una notizia su una certa Renault rossa, che poi lei stesso collegò alla consegna del cadavere dell’onorevole Moro; aveva la notizia dell’esecuzione in capo a Gallinari. Non domandò nulla sulla Renault ? Dov’era stata portata ? Se Moro era stato ucciso nella Renault o in un altro posto? Eppure, erano elementi che aveva in mano.

Cianfanelli: Su questo non domandai nulla. Sul come fosse uccisa una persona non è una cosa che si domanda. Una persona è morta. Posso domandare come è andata l’azione di via Fani.

Presidente: Lei lo domandò?

Cianfanelli: Lo domandai, e mi disse …

Presidente: Che cosa le disse?

Cianfanelli: Non mi parlò degli altri partecipanti. Mi escluse la presenza di qualche appoggio da parte di qualche altra organizzazione. Disse di no.

Presidente: C’erano dei tedeschi?

Cianfanelli: Non lo disse.

Presidente: Lo escluse?

Cianfanelli: Sì. Gli chiesi se c’erano stati appoggi di qualche altra organizzazione. Lui disse che era stata condotta interamente dalle ‘Brigate Rosse’. Poi disse che la Faranda aveva guidato una macchina, mi sembra di ricordare, durante l’azione. Forse quella che ha bloccato la strada alle due macchine.

Presidente: Le dissero, poi, dove accompagnarono Moro?

Cianfanelli: No; disse che di questo si occupò Gallinari (di portare Moro). Lui, fatta l’azione di via Fani, non seppe più niente di dove fosse stato portato, dato che non stava nell’esecutivo e non doveva partecipare alla gestione dell’interrogatorio o del sequestro. Era pertanto inutile che sapesse dove doveva essere condotto. Quindi, poiché non serviva nell’azione, non lo seppe. Fu portato via da altre persone e non seppe dove andò a finire.

Presidente: Dacché fu scoperto il cosiddetto ‘covo’ di via Gradoli, lei dove si trovava?

Cianfanelli: Non ricordo quando fu scoperto. Credo che fossi ancora nella brigata universitaria. Non ricordo il periodo.

Presidente: Parlò con qualcuno della storia della fuga d’acqua?

Cianfanelli: Sì, ma secondo quello che ne uscì sui giornali.

Presidente: Come mai ? Dopo tutto, ha detto che si intendeva di idraulica. Poteva anche essere un suo pallino.

Cianfanelli: Non era un mio pallino. Il fatto è che ho fatto quel tipo di lavoro perché mi serviva.

Presidente: Ma lei non ne parlò, dopo, per esempio con Morucci? Per sapere se Moro era stato portato in via Gradoli?

Cianfanelli: Sì, di questo ne parlai, e mi disse che, per quanto ne sapeva, Moro non era stato portato in via Gradoli. Rispetto alla fuga d’acqua, c’era stata una perdita dalle tubazioni, un guasto che avrebbe portato in poco tempo a suscitare della curiosità nei vicini, per cui era stata sgomberata la base. Disse anche che Moretti, che stava in quella casa, per pura fortuna non incappò nella rete. Infatti, quando tornò a casa, si accorse dell’animazione che c’era intorno a quell’appartamento, e quindi se ne andò, questa era una cosa che già gli era capitata rispetto alla tipografia di via Foà.

Presidente: Cioè?

Cianfanelli: Il fatto di arrivare un momento dopo la polizia, cioè un momento in cui poteva capire che la tipografia era stata scoperta e quindi allontanarsi.

Presidente: Chi?

Cianfanelli: Moretti. Queste sono cose che ho saputo nell’ambito di quel rapporto instaurato con Morucci in seguito.

Presidente: Quando filtrarono sui giornali le cosiddette rivelazioni di Peci; quando Peci parlò, e sui giornali filtrò la notizia secondo la quale Moro sarebbe stato tenuto in un certo posto piuttosto che in un altro …

Cianfanelli: In un negozio? Io ci credetti…

Presidente: Ne parlò con Morucci?

Cianfanelli: In quel momento Morucci era in galera.

Presidente: Con chi ne parlò, di gente che poteva sapere?

Cianfanelli: Non c’era nessuno che potesse sapere di questo fatto.

Presidente: Lei disse che ci credette. Perché?

Cianfanelli: Perché ritenevo attendibile Peci. Solo per questo.

Presidente: Non le ho chiesto la sua opinione personale.

Cianfanelli: Mi ha chiesto perché ci credetti.

Presidente: Ho sbagliato io nel modo di formulare la domanda. Mi correggo subito. Il fatto che lei ci abbia creduto o meno ha un’importanza relativa. Volevo sapere se lei credette a questo
fatto perché lo collegava a qualche altro fatto.

Cianfanelli: No; solamente per il fatto che Peci era il capo della colonna torinese, e quindi aveva legami a livello molto alto nell’organizzazione, per cui le sue rivelazioni erano attendibili e ciò anche alla luce dei fatti. Le altre rivelazioni rispetto al Piemonte avevano portato alla scoperta di molte basi e all’arresto di moltissime persone; quindi erano vere.

Presidente: Le risulta che Morucci conoscesse da tempo la Braghetti?

Cianfanelli: Sì, penso di sì.

Presidente: Morucci, essendo in direzione di colonna, conosceva praticamente tutta la colonna romana.

Cianfanelli: Tutta la direzione di colonna.

Presidente: Anche tutte le case.

Cianfanelli: Non lo so. Credo di no.

Presidente: Come mai ? Quali altri livelli autonomi c’erano ?

Cianfanelli: Credo che non tutti conoscessero tutte le case.

Presidente: Non dico tutti. Questo era nella direzione di colonna.

Cianfanelli: Non so se ogni membro della direzione di colonna conoscesse tutte le case dell’organizzazione a Roma.

Presidente: Pare che la casa della Braghetti l’avesse frequentata, secondo qualcuno.

Cianfanelli: È probabile.

Presidente: Quindi, Morucci non le parlò mai del luogo dove sarebbe stato tenuto l’onorevole Moro ?

Cianfanelli: No, se non per dire che non lo conosceva.