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Hagi, Nicu e Valentin Ceausescu. Una storia di sport e di regime

Matteo Picconi

«Non illudetevi, voi del calcio occidentale: un giocatore tanto incantevole non lo lasceremo andar via»

«Eu nu sunt rege»: io non sono un re. Negli ultimi anni Gheorghe Hagi ha provato spesso a liberarsi di quel soprannome così ingombrante e a lasciar libero quel trono, occupato fin dalla metà degli anni Ottanta. Che lui sia regele, il re, il più grande calciatore della storia del calcio rumeno, ancora è fuori discussione. Per quasi vent’anni Hagi non ha regalato solo magie sul rettangolo di gioco: ha rappresentato l’orgoglio di una nazione ferita, povera, uscita a pezzi dal ciclo comunista prima, consumata dall’economia del mercato occidentale poi. Al popolo rumeno non è mai stato concesso di sognare, salvo quando lui scendeva in campo con la maglia numero 10 della nazionale.

Raccontare l’ascesa al professionismo di Gica Hagi significa ripercorrere l’ultimo decennio della Repubblica Popolare Rumena di Nicolae Ceausescu, dove il calcio ha rappresentato molto di più di uno sport nazionale, ossia uno strumento di propaganda e controllo politico, e dove «vincere» – citando il giornalista di Repubblica Fulvio Bianchi – «significava anche nascondere i problemi alla gente». La storia del più grande giocatore del calcio rumeno è dunque legata alla famiglia del Conducator e, soprattutto, ai suoi due figli, Nicu e Valentin; una storia di sport ma non solo, conclusasi con la caduta del regime nel 1989, quando per il venticinquenne Hagi si aprono le porte del calcio occidentale.

«UN RAGAZZINO FERMA LA SQUADRA DI BUCAREST»

Hagi Farul Costanza

Un giovane Hagi con la maglia del Farul Costanza

La vita e la carriera di Gica sono state segnate dalle vicende politiche e sociali del suo Paese. Hagi nasce a Sacele, nel distretto di Costanza, il 5 febbraio 1965. È un momento cruciale per la storia della Romania comunista perché appena un mese dopo muore Gheorghe Gheorghiu-Dej, in quel momento Presidente del Consiglio e segretario del PCR. A succedergli nella segreteria del partito è proprio il suo delfino, Nicolae Ceausescu, anche lui fautore della politica «nazionale» di stampo stalinista ma indipendente dalle direttive del Patto di Varsavia. Nel giro di due anni colui che in seguito si autodefinì il «genio dei Carpazi» arriva alla carica presidenziale, sbaragliando gli oppositori della cosiddetta «ala sovietica» e accentrando tutto il potere nelle sue mani, conservandolo fino al fatidico Natale del 1989.

Mentre il «genio» consolida il suo potere, la famiglia del futuro «Maradona dei Carpazi» si sposta sulle sponde del Mar Nero. A Costanza Hagi cresce col pallone tra i piedi e ben presto un allenatore sconosciuto, Joseph Bukossi, si accorge del suo talento e lo recluta tra le giovanili del Farul Costanza. Da quel momento l’ascesa del «ucenicul vrăjitor», dell’apprendista mago (come cominciano a chiamarlo), prosegue in maniera inarrestabile. Tra il 1975 e il 1982 il giovane Gica si alterna tra le maglie del Farul e del Luceafarul Bucarest, una sorta di accademia per giovani promesse, situata nella Capitale. Come spesso accade per i talenti in erba, in molti gli mettono gli occhi addosso.

L’annata che decide la carriera del promettente Hagi è senza dubbio il 1982/83 quando a diciassette anni fa il suo esordio nella prima divisione rumena. C’è una data in particolare che segna il suo destino di calciatore ed è il 6 novembre 1982, quando il suo Farul Costanza, ultimo in classifica, è ospite della Steaua Bucarest: «A soli due mesi dall’esordio nella massima serie», scrive João Vítor Roberge su craiovano.com, «il giovane giocatore riesce a segnare il suo primo gol e non su un campo qualunque ma al Ghencea, contro la Steaua. I “militari” hanno perso un punto prezioso dopo che Hagi ha sorpreso il portiere Vasile Iordache con un tiro da 35 metri e a due minuti dal termine del match».

«Un ragazzino ferma la squadra di Bucarest», titola il quotidiano nazionale Sportul il giorno seguente. Sembra la classica favola sportiva, simile a molte altre, ma non avviene né nella Serie A italiana, né in un qualsiasi altro campionato del blocco occidentale. Nella Repubblica Popolare Rumena il calcio è appannaggio esclusivo del potere militare e politico. La figura dei procuratori sportivi, inoltre, è pressoché inesistente; basti pensare che in quegli anni Gheorghe Gigi Becali (insieme ai suoi fratelli e futuri procuratori Ioan e Victor) era noto più per la sua azienda di formaggi che riforniva la nazionale rumena piuttosto che per le sue abilità di manager nel mondo del calcio.

La magia realizzata allo stadio Ghencea pone Hagi nel mirino della Steaua e, in particolar modo, del suo patron ombra Valentin Ceausescu, il figlio adottivo del Conducator. La questione è rimandata all’estate del 1983. Nel corso della stagione, le prodezze del giovane mancino di Sacele con la maglia del Farul portano alla sua prima convocazione nella nazionale maggiore di Mircea Lucescu, un’amichevole contro la Norvegia terminata 0 a 0. Durante il ritiro, il giovane Hagi probabilmente ha altro per la testa: ormai diciottenne, deve iscriversi al college e su di lui e i suoi familiari ci sono molte pressioni. Su tutti c’è quella dello stesso Valentin Ceausescu ma, ovviamente, non è il solo. A intromettersi nell’affare Hagi vi è anche il suo fratellastro, Nicusor «Nicu» Ceausescu, il terzo figlio del dittatore, che in quegli anni controlla diversi club rumeni, tra cui la Dinamo Bucarest, squadra della Securitate, la polizia segreta del regime.

«A quest’ultimo», scrive Paolo Camedda su goal.com, «il calcio non interessava di per sé, ma lo utilizzava spesso per i suoi affari o per contrastare il fratellastro, non esitando a manovrare i risultati delle partite e persino a deciderne i marcatori, a pagare gli arbitri e a spostare giocatori da un club all’altro».

Una contesa tra fratelli, tra esercito e polizia segreta; un affare decisamente più politico che economico. Ancora oggi, in Romania, la controversa vicenda sul trasferimento di Hagi del 1983 è piuttosto discussa e conosce diverse versioni.

L’AFFARE HAGI, LO «STRAPPO» DI NICU

Hagi Nicu Ceausescu

Nicu Ceausescu nei primi anni Ottanta

Secondo fonti prevalenti, sembra che tra i due contendenti la famiglia Hagi abbia optato inizialmente per una terza scelta: la facoltà di economia della città di Craiova. All’epoca non era un’opzione di basso profilo. La Universitatea Craiova si era aggiudicata il titolo nazionale appena due anni prima; nella stagione precedente aveva raggiunto i quarti di finale in Coppa dei Campioni mentre nell’annata 1982/83, oltre ad aggiudicarsi la Coppa di Romania, si era classificata tra le prime quattro in Coppa Uefa. Insomma, l’acquisto di Hagi avrebbe coronato il momento magico del club olteniano nella scalata al calcio internazionale. Quel che certo è che il fantasista del Farul partecipa con successo al test d’ammissione e, probabilmente, firma il contratto con l’università.

«Nell’estate del 1983», scrive Şerban Comanescu su republicaoltenia.ro, «alla prima sessione di ammissione, nell’elenco dei candidati ammessi alla facoltà di economia di Craiova vi era anche Gheorghe Hagi. Con una media del sette, ottenuta negli esami di analisi matematica, economia politica e geografia… I dirigenti guardarono l’elenco esposto davanti all’università e si sfregarono le mani».

La storia andrà diversamente e a sfregarsi le mani, alla fine, è proprio Nicu Ceausescu che porta Hagi a vestire la maglia dello Sportul Studentesc di Bucarest, altro club posto sotto il suo controllo, che in quegli anni viaggia ai piani alti della massima divisione. A persuadere Gica a firmare per lo Sportul è innanzitutto il CT della nazionale Lucescu ma, soprattutto, la minaccia di una squalifica da parte della Federazione rumena per aver firmato un accordo con più club contemporaneamente.

Donnaiolo, violento, alcolizzato, dedito al gioco d’azzardo e alle scommesse clandestine, sono in molti a ritenere che le manovre di Nicu Ceausescu in merito all’affare Hagi del 1983 siano state tutt’altro che trasparenti. Racconterà brevemente la sua versione nel 1991 in una bellissima intervista, realizzata nel carcere di Jilava dal giornalista Adrian Paunescu, cinque anni prima la sua prematura morte, sopraggiunta all’età di quarantacinque anni per una cirrosi epatica:

A.P.: Hai preso Hagi nel modo più criminale possibile, da Craiova, dove era studente.

N.C.: No, i primi a sbagliare sono stati i militari.

A.P.: Perché?

N.C.: Perché Hagi era uno studente a tempo pieno e lo hanno nominato sottufficiale.

A.P.: L’hanno fatto diventare un sottufficiale studente?

N.C.: Lo hanno nominato sottufficiale a tempo pieno. Inoltre, Hagi e suo padre avevano firmato quando lui aveva solo diciassette anni.

A.P.: Firmato dove?

N.C.: Allo Sportul, alla Steaua, alla Dinamo e a Craiova, in quattro posti diversi…

Tale versione, ossia che Hagi abbia firmato con tutti i club interessati alla trattativa, non è mai stata confermata, né dal giocatore né dagli altri protagonisti della vicenda. Quel che è certo è che il fantasista, una volta a Bucarest, comincia la scalata nel calcio che conta, portando lo Sportul a competere anche a livello internazionale. Gli italiani lo scoprono in un match contro l’Inter di Karl-Heinz Rummenigge nel settembre del 1984, vinto a sorpresa dallo Sportul in casa per 1 a 0 con un gol propiziato proprio da Hagi su calcio di punizione. L’anno seguente, il «Maradona dei Carpazi», a soli vent’anni, diviene il capitano della nazionale; lo rimarrà fino al 2000.

Considerato il mancino che più di tutti si è avvicinato al Dies argentino di Villa Fiorito, in quei primi anni Ottanta Hagi rappresenta l’emblema del grande calcio a est della Cortina di Ferro. Vero artista dell’assist e dei calci di punizione, capace di giocate imprevedibili ma anche di reazioni violente ai danni di rudi marcatori o arbitri poco benevoli, in meno di tre anni allo Sportul Studentesc gioca 107 partite, siglando 58 gol e conquistando per ben due volte il titolo di capocannoniere. Riprendendo ancora l’articolo di Paolo Camedda:

«Sul titolo del 1985/86 c’è tuttavia ancora una volta la mano di Nicu Ceausescu, che aveva scommesso che il titolo di re dei bomber sarebbe andato a Gheorghe e non all’attaccante principe dei campioni d’Europa (la Steaua, ndr). Così nell’ultima giornata del torneo, se Piturca fa tripletta, il futuro bresciano realizza ben 6 reti in una vittoria per 7 a 5 dello Sportul».

Genio e sregolatezza nel rettangolo verde, una vita regolare fuori dal campo. Oltre a continuare il suo percorso universitario (conclusosi proprio nel dicembre del 1989, quando cade il regime), Hagi si tiene lontano dagli eccessi del suo padrino Nicu e dalle sue feste a base di belle ragazze e alcolici. Dopo tre campionati giocati a grandissimi livelli, lo Sportul comincia a stargli stretto: proprio in quel 1986, inoltre, la Steaua di Valentin Ceausescu conquista il tetto d’Europa, aggiudicandosi la Coppa dei Campioni ai danni del Barcellona di Terry Venables. Il «giocattolo» Hagi è ormai pronto a passare al fratello maggiore.

«HA SEMPRE VOLUTO ESSERE DELLA STEAUA»

Hagi Valentin Ceausescu

Valentin Ceausescu nel campo dello Steaua

Nonostante i grandi risultati ottenuti sul campo, per la squadra universitaria dello Studentesc diviene impossibile trattenere un campione come Hagi. Ma le logiche ambizioni sportive del mancino di Sacele trovano il netto rifiuto di Nicu Ceausescu che declina ogni tipo di offerta, tanto da suo fratello Valentin, quanto da altri club oltre cortina, che già nel 1985 avevano mostrato il loro interesse per quel fenomeno dal sinistro diabolico. In prima fila ci sono soprattutto i club italiani, come la Fiorentina di Baretti, la Roma di Dino Viola e il Bologna di Luigi Corioni (quest’ultimo riuscirà a portare Hagi nel «Brescia dei rumeni» anni dopo, nel 1992). Per superare le resistenze di Nicu, quindi, serviva un comando dall’alto:

«Valentin escogitò ogni sorta di piano per dirottarlo alla Steaua», scriveva nei primi anni Novanta il giornalista Dan Claudiu Tanasescu sulla rivista Sapunana. «Nonostante tutte le offerte, Nicusor non ha voluto rinunciare. Alla fine, Valentin è stato più intelligente e si è rivolto al cordone sentimentale di suo padre. Sapendo di essere attratto dalla divisa militare, gli spiegò che la sua squadra del cuore, quella dell’esercito, aveva bisogno di un giocatore di alto profilo come Hagi. Partite all’estero, prestigio internazionale, chissà quali argomenti mette sul tavolo Valentin! È certo che Ceausescu, un ex generale dell’esercito, è intervenuto nella disputa tra fratelli, dando così a Valentin la tanto sognata possibilità».

La vicenda è piuttosto nota: in vista della Supercoppa UEFA, in programma il 24 febbraio 1987, tra la Steaua Bucarest e i sovietici della Dinamo Kiev, vincitori della Coppa delle Coppe, Valentin Ceausescu chiese in prestito il fantasista dello Sportul. Hagi non solo giocherà quella finale, ma la vincerà da protagonista, siglando il gol vittoria su calcio piazzato per il definitivo 1 a 0. Quello che doveva essere un prestito diviene infine una cessione a titolo definitivo, in quanto Gica rimarrà in forza allo Steaua per altri tre campionati.

Una piccola curiosità: nelle settimane che precedono il big match di Montecarlo, la Steaua è impegnata in un tour di amichevoli in Europa. Il 12 febbraio 1987 scende sul prato dello stadio Flaminio contro la Roma di Sven Goran Eriksson. Una partita non proprio emozionante, vinta da giallorossi per 1 a 0. Unica nota di merito, le giocate di quel numero 10 che, in Italia, conoscono ancora in pochi: «Le finezze di Hagi», commenta Enzo Sasso sulla pagina sportiva del Corriere della Sera il giorno seguente, «da poco acquistato dalla Steaua e nettamente il migliore in campo, sono state le poche cose belle viste ieri al Flaminio».

Insomma, dopo tre anni di lunga attesa e di trattative andate in fumo, Valentin Ceausescu riesce nell’intento di portare Hagi in rosso-blu. Il primogenito adottivo del Conducator è un personaggio completamente diverso dal fratellastro Nicu. Sempre lontano dai riflettori e dalla vita politica del regime, si sposa con la figlia di un avversario politico del padre e preferisce studiare fisica nucleare a Londra piuttosto che nelle università rumene. L’unica affinità che ha con papà Niculae è, appunto, la passione per la rappresentativa militare di Bucarest. In una rara intervista, rilasciata al giornalista Cristian Otopeanu nel 2009, Valentin ha spiegato in breve il trasferimento di Hagi alla sua Steaua:

«Il CT Alecsandrescu lo voleva molto. Inizialmente, non volevo Hagi. All’epoca ho pensato che non fosse necessario portarlo. Gica era un giocatore molto bravo ma con una personalità molto forte, temevo che questo potesse cambiare lo stile di gioco della squadra. Prima della Supercoppa del 1987 gli chiesi se voleva venire. Se avesse rifiutato, non lo avrei costretto. Allo Sportul è stato proposto di scegliere tra Balint e Majearu ma hanno rifiutato. Hagi, inoltre, non aveva un vero e proprio contratto con lo Studentesc. L’accordo, siglato con tanto di documenti presso la Federazione, prevedeva di prenderlo in prestito dal match della Supercoppa fino alla fine del campionato. Hagi, poi, ha deciso di continuare con noi. Ha sempre voluto essere della Steaua. Io non ho obbligato nessuno… Solo ora mi rendo conto che se fosse venuto subito da noi, sia lui che la Steaua avrebbero vinto di più».

Che il trasferimento del 1987 sia stato frutto di un normale accordo, di un ordine impartito dal dittatore rumeno, oppure di un vero e proprio sfregio tra fratellastri, non è dato sapere con assoluta certezza. Hagi, dal canto suo, si è sempre speso in smisurati elogi nei confronti del suo patron Valentin. Le tre stagioni giocate con la maglia della Steaua rappresentano forse il momento migliore della sua carriera: tre scudetti, tre coppe di Romania, 76 reti in 97 partite. Alla soglia dei ventitré anni, ormai, è un giocatore di caratura mondiale; trattenerlo, diviene un affare politico.

«NO, HAGI NON È MERCE DA ESPORTAZIONE»

Hagi Steaua Bucarest

Hagi con la maglia della Steaua Bucarest

Per il fantasista rumeno cominciano ad arrivare offerte da capogiro da tutta Europa, soprattutto dall’Italia. È rimasta famosa l’offerta fatta da Gianni Agnelli nel 1988: «l’Avvocato» propose alla Steaua 5 milioni di dollari più l’apertura di diverse fabbriche in Romania finalizzate alla produzione di Fiat Ritmo. L’intermediario dell’affare tra Juve e Steaua era tal Ermanno Zacchini, esponente PCI, dirigente dell’UISP e agente in cerca di talenti nell’Europa dell’Est, che nel 2015 ha rilasciato un’intervista per il quotidiano rumeno Gazeta Sporturilor. Di seguito alcune sue dichiarazioni sulla trattativa del 1988:

«Quello che hanno proposto era qualcosa di enorme per la Romania. La Fiat avrebbe regalato allo Stato rumeno la catena di montaggio e costruzione dell’auto Fiat Ritmo, oltre al diritto di vendere quelle auto in “campo socialista”. Le auto erano in esclusiva per la Romania, ma anche i ricavi delle vendite! Quando ho messo questa proposta sul tavolo, Valentin è rimasto sorpreso e mi ha detto di tornare dopo due giorni. Dopo due giorni, non se ne fece nulla. L’ultima volta che ho incontrato Valentin, mi disse: “L’offerta che ci ha fatto la Juventus e la Fiat è ottima per la Romania, ma mettiti nei miei panni. Come potrei andare allo stadio e vedere la squadra senza Gica Hagi?”. Hagi non è arrivato alla Juventus e gli italiani hanno poi acquistato Oleksandr Zavarov dalla Dinamo Kiev».

Non c’era, ovviamente, solo un rifiuto «romantico» dietro la scelta di Valentin. A ribadirlo è lo stesso Hagi in una recente intervista rilasciata al Corriere dello Sport nel marzo del 2020: «Non ci fu niente da fare, anche perché il regime non faceva uscire nessuno in quegli anni. E con me non volevano creare un precedente». Gica non è un giocatore qualsiasi e in quella seconda metà degli anni Ottanta è già un idolo, il trascinatore e capitano della nazionale. Persino i suoi ex compagni «traditi» dello Studentesc, alla vigilia di un ottavo di finale contro l’Hellas Verona di mister Bagnoli, lo difendono a spada tratta contro le insidie del calcio europeo:

«Abita ancora coi suoi ex compagni», si legge sul comunicato dello Sportul, riportato dall’inviato del Corriere della Sera il 9 dicembre 1987, «studia ancora economia in una di quelle casette per universitari intorno allo stadio. Sarà in tribuna a far tifo. E non illudetevi, voi del calcio occidentale: un giocatore tanto incantevole non lo lasceremo andar via. Non assegnatelo sui vostri giornali alle vostre ricche società (…). Se sarete buoni ve lo faremo vedere in Italia ai mondiali con la maglia della Romania. No, Hagi non è merce da esportazione».

Prima che il matrimonio forzato tra Gica e la Steaua si sciolga, vale la pena citare due partite. La prima, abbastanza nota, è la finale di Coppa dei Campioni del 24 maggio 1989. Dopo l’eliminazione alle semifinali nell’edizione precedente, per Hagi si presenta finalmente l’occasione di consacrarsi come il giocatore più forte d’Europa. Il suo sogno s’infrange però contro il Milan di Arrigo Sacchi e Silvio Berlusconi, del trio olandese Rijkaard-Gullit-Van Basten e di altri grandi campioni come Maldini e capitan Baresi. Quel 4 a 0 non fu solo una sconfitta sportiva: preludeva simbolicamente la fine di un corso, quello della Romania comunista.

La seconda partita, apparentemente di secondaria importanza, ha luogo nel pre-campionato dell’estate 1989, con la Steaua ospite in Spagna per la Cupa Teresa Herrera, un quadrangolare da giocarsi contro PSV, Bayern Monaco e Real Madrid. Proprio contro i blancos di Butragueno e Hugo Sanchez, Hagi gioca una partita formidabile e sigla il gol vittoria con un tiro dalla distanza. È il biglietto da visita che gli vale il trasferimento a Madrid nell’anno seguente.

Il resto è storia. La «Rivoluzione di Natale», l’esecuzione di Niculae e Elena Ceausescu, un Paese allo sbando e il via libera alla frontiera per i calciatori più in vista. Lo smembramento dello Stato comunista si ripercuote sul mondo del calcio rumeno: «Dopo la caduta del Conducator», scrive il già citato Bianchi su Repubblica nel 1992, «e del suo folle regime, ci fu anche un quotidiano sportivo, Sportul, che chiese scusa ai suoi lettori: “I risultati delle partite si sapevano in anticipo, bastava telefonare a qualche membro del partito per sistemare tutto…”. Ora il calcio romeno è scomparso: i bravi, quei pochi, sono tutti all’estero. Steaua e Dinamo hanno le casse piene di dollari, ma in Europa non valgono più nulla».

Il 27 giugno 1990, in pieno mondiale italiano e esattamente due giorni dopo l’eliminazione della Romania agli ottavi di finale da parte dell’Irlanda, viene resa ufficiale la cessione di Hagi al Real Madrid per 4,3 milioni di dollari. Per il «Maradona dei Carpazi» si apre un nuovo capitolo della sua carriera, fatta di alti e bassi, di grandissime prestazioni e poca continuità. In Italia accetta di retrocedere in Serie B col Brescia di Corioni, dopo una prima annata poco esaltante, per poi riportarla in Serie A l’anno seguente a suon di gol e magie. Lascia il segno nel mondiale statunitense del 1994, guadagnando la quarta posizione nella corsa al Pallone D’Oro. Nella seconda metà degli anni Novanta, dopo una parentesi non del tutto felice col Barcellona del suo idolo Johan Cruijff, sbarca in Turchia e riscrive la storia del Galatasaray, vincendo quattro titoli consecutivi, due coppe di Turchia e annesse Supercoppe, ma soprattutto porta il club di Istanbul a vincere la Coppa UEFA e la Supercoppa UEFA nel 2000, un anno prima del suo ritiro dal calcio. Dopo aver intrapreso la carriera di allenatore, è tornato alle sue origini e attualmente è alla guida del Farul Costanza, la società dove ha iniziato a dare i primi calci al pallone. La Romania non è più la stessa e aspetta ancora che arrivi un nuovo «regele» a prendere il suo posto.