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«Siete stati cattivi con me». Cicciolina denuncia la Rai (1980)

Redazione Spazio70

Da un articolo di Angelo Maria Perrino per «Panorama» (maggio 1980)

Ilona Staller ha denunciato la Rai dopo il programma «C’era due volte», trasmesso giovedì 8 maggio. Motivo: i tagli apportati alla trasmissione hanno, come è scritto nella denuncia firmata dall’avvocato romano Paolo Nuzzo, «gravemente compromesso il personaggio di Cicciolina che, privato della sua conturbante spontaneità e dell’aggressiva, vibrante effervescenza che lo hanno sempre caratterizzato, scade a piatta immagine, travolgendovi la personalità stessa dell’attrice e sbiadendone i contorni». Avverte l’avvocato Nuzzo: «La Rai non ha scelte: o proietterà in versione integrale le prossime puntate o dovrà interrompere le trasmissioni. Altrimenti chiederemo che lo faccia, d’autorità, la magistratura». Aggiunge Ilona: «La Rai non può scritturare la Cicciolina, farle girare scene da Cicciolina e poi censurarla selvaggiamente, facendola apparire un’educanda, a uso e consumo dei bigottoni di tutta Italia».

Tutto è cominciato mercoledì 30 aprile, quando, in una saletta della bassa frequenza, in viale Mazzini a Roma, il programma è stato trasmesso in anteprima per i giornalisti. Ilona, onnipresente, ha notato subito che al programma mancavano alcune parti. Due in particolare: era stata ridotta a un flash di pochi secondi una lunga scena con Bruno Lauzi, nella quale la Staller, in tanga e a seno nudo, abbracciava il cantante nelle vesti di Pollicino e con lui finiva per terra mimando un fantasioso rapporto sessuale. E poi la sigla finale della trasmissione era saltata del tutto, sostituita da una sequenza a fumetti.

«SCELGA ALTRE TRIBUNE PER I SUOI SPETTACOLI, SIGNORINA»

Una locandina del programma «C’era due volte», ideato da Enzo Trapani

A quel punto Ilona è esplosa in un battibecco con Emilio Colombini, braccio destro di Massimo Fichera, il direttore della Rete 2. Ilona: «Dottor Colombini, perché tutti quei tagli? Siete stati cattivi con me». Colombini: «Signorina, le conviene accontentarsi se vuole tornare in Rai. Non le bastano sei puntate all’inizio della stagione estiva? È un bel colpo». Staller: «Ma io non voglio tradire il mio pubblico». Colombini: «Per carità, non mi parli del suo pubblico». Ilona: «Ma perché avete tagliato Pollicino?». Colombini: «Il funzionario delegato al programma non l’ha ritenuto artisticamente opportuno. La televisione è un mezzo, il cinema un altro. Non può pretendere di dare in tv i suoi spettacoli. Questa è la televisione di Stato, abbiamo un pubblico dai 7 ai 90 anni. Scelga altre tribune per i suoi spettacoli».

Colta da una crisi di pianto, ferita da un titolo di copertina del Radiocorriere, il giornale della Rai, che afferma: «C’era una volta Ilona Staller…», la Cicciolina è corsa a cercare conforto dall’avvocato. Un’abile mossa propagandistica? O il timore di vedere compromesso il suo alone di donna-scandalo costruito in anni di lavoro e sopravvissuto tra polemiche, denunce e stroncature? Chi la conosce bene ed è vaccinato alle sue trovate assicura che mai come questa volta l’artista ungherese fa sul serio. Troppo importante è la posta in palio. Un debutto artistico in televisione troppo castigato rischia di deludere la «tribù dei cicciolini», quella schiera di fan che corrono in massa a vedere i suoi spettacoli, che le scrivono decine di lettere d’amore e che, più che alle sue qualità canore, è sensibile alle sue «godutine» o «leccatine» in diretta. A quel personaggio conturbante che la Staller ha creato sin dai primi vagiti della sua carriera italiana.

L’ARRIVO IN ITALIA SULLE NOTE «DI VILLA E MODUGNO»

Figlia di un funzionario del ministero degli Interni ungherese e di una ostetrica (si chiama Ilona anche lei), la Staller è nata il 26 novembre 1955 a Budapest. «Sin da ragazza ero molto disinibita. Non ho mai capito che cosa sia il concetto del pudore. Mi piaceva girare nuda per casa», ricorda. Portata per la musica e per il ballo (ha studiato parecchi anni violino), appassionata di fotografia, cominciò a fare la modella a 13 anni nel modo più banale: una risposta a un annuncio economico dell’unica agenzia fotografica ungherese. Il primo nudo arrivò pochi mesi dopo per conto di una pellicceria tedesca.

Iscritta alla facoltà di medicina, la Staller capì presto che allo studio dell’anatomia e a un futuro di tranquilla donna borghese, preferiva l’avventura, il rischio, l’imprevisto. Fu così che, assecondando la sua natura fortemente esibizionista, raccolti gli echi di un mondo occidentale meno grigio e rigoroso della Budapest di quegli anni, decise di fare, in autostop, un giro dell’Europa. Prima tappa l’Italia, della quale l’avevano affascinata le canzoni di Claudio Villa e Domenico Modugno. L’impatto con l’Italia e con Milano, che all’inizio degli anni Settanta era ancora «la capitale morale», fu subito ubriacante. Decise così di fermarsi. Conobbe un uomo, un calabrese geloso che lavora a Milano in un’agenzia di viaggi e lo sposò.

Ma fu un infortunio: oggi di quella unione resta solo il diritto di soggiorno in Italia. «Ilona Staller: nudo, corsetteria, beauty, moda, pubblicità, cinema» prometteva un suo dépliant pubblicitario di quei tempi. La Staller, allora rossa di capelli e piuttosto in carne, vi si offriva con castigate parure di biancheria intima o con abiti di alta sartoria.

L’INCONTRO CON RICCARDO SCHICCHI

A lanciarla definitivamente nel mondo dello spettacolo fu nel 1974 il regista Alberto Lattuada. «La conobbi a Lecce, durante le riprese del film “Le farò da padre”», racconta Lattuada. «Lei faceva la hostess accompagnatrice per un’agenzia di viaggio. Mi disse che voleva fare del cinema e mi lasciò il suo numero di telefono. Qualche mese dopo, quando girai “Cuore di cane”, mi ricordai di quegli occhi, di quel viso vago, fresco, di quella voce bassa e velata, di quella grazia gattesca». Dopo il suo esordio nel film di Lattuada (con una particina di poco conto ma molto piccante), arrivarono per la Staller molte offerte. Un po’ di tutto: particine immacolate in filmetti rosa, soggetti pecorecci per pellicole un po’ spunte, film pubblicitari.

Proprio questi fecero la sua fortuna. Nel 1975 infatti un giovane reporter, Riccardo Schicchi, vedendola nei panni di Cappuccetto rosso in una réclame dello Stock 84, volle conoscerla. «Compresi che non era la solita modella», dice Schicchi. «Il suo amore per la natura, la sua aria selvaggia, la sua voce conturbante promettevano scintille». Cominciò così un fortunato sodalizio. Schicchi la mente, Ilona il braccio che, evitati ostinatamente i circuiti dello spogliarello e del porno pesante (Schicchi è stato selvaggiamente picchiato da due produttori senza scrupoli che pretendevano Ilona in una pellicola hardcore), ha fatto della Staller un personaggio amato od odiato, ma comunque non indifferente al pubblico italiano.

Il lancio avvenne con le trasmissioni di Radio Luna, nel 1977, dove la Staller, antesignana dell’erotismo via radio, nelle vesti di un’ingenua ma conturbante «Cicciolina» (nella vita privata Schicchi l’ha sempre chiamata così) sollazzava le notti dei romani mimando in diretta coiti quasi sempre lesbici («Pressai i fianchi dei suoi seni in un lungo movimento circolare, mentre il mio indice era… eh sì… mi lasciai allora andare respirando sui suoi seni. Ci risvegliammo bagnate, anche dalle onde del mare», sussurra una registrazione dell’epoca), i suoi espliciti inviti alla masturbazione di massa («L’autoerotismo è la forma più sublime del rapporto sessuale» spiega la Staller), i suoi rapporti con gli animali (autentici, dice lei: con i tre serpenti e il cane con cui vive).

«IL SUO SUCCESSO? È DOVUTO AL PROVINCIALISMO DEGLI ITALIANI»

Arrivarono così le copertine sui rotocalchi, qualche altro film, le prime fortunate apparizioni in tv. La trasmissione «Proibito» di Enzo Biagi fu tanto controproducente per una Eleonora Giorgi in vena di confessioni autodistruttive, quanto utile per lei. Riuscì, infatti, opponendo a domande serie e impegnate un atteggiamento opportunamente ebete ma di grande effetto propagandistico, a sopravvivere alle obiezioni taglienti di Biagi. «Ma quale messaggio, signorina, quale messaggio!» si spazientì Biagi quando Ilona, serissima disse di non essere un oggetto sessuale e tanto meno una porno-diva ma di voler diffondere, attraverso il suo personaggio, un «messaggio» di liberazione sessuale e un ritorno alla semplicità e alla naturalezza nei rapporti umani. Stesso atteggiamento e identico successo, un anno dopo, nella trasmissione «Acquario» di Maurizio Costanzo. Messa a confronto con il più severo magistrato italiano in fatto di censura, il pretore di Palermo Salmeri, e al democristiano Mauro Bubbico, riuscì a spiazzarli, con la sua flemma e i suoi miagolii e, capolavoro nel capolavoro, riuscì a guadagnare alla sua causa una severa femminista come Dacia Maraini.

Del resto quello di risolvere a suo favore le situazioni più difficili è una prerogativa della Staller. Il suggello definitivo al lancio del suo personaggio è arrivato infatti dalla pioggia di sequestri dei suoi spettacoli, dalle denunce di decine di cittadini e di associazioni cattoliche, dagli interventi di molti pretori (in uno di questi rapporti un pretore lamenta di aver personalmente intravisto «la vulva»), l’intervento dei carabinieri che lei stessa, volutamente, provoca («Cicciolino carabiniere, te la fai la godutina?», dice ai carabinieri addetti al servizio d’ordine durante i suoi spettacoli, sollevando loro il cappello e accarezzando la testa.

Boicottata dagli studiosi del costume («Il suo successo è dovuto al provincialismo deli italiani, sedotti dal fascino della straniera», sentenzia Maurizio Costanzo), tenuta a distanza nello stesso mondo dello spettacolo, oggi, a dispetto dei santi, la Staller è un personaggio molto popolare. Ai suoi show, più di 400 in tre anni, chiede solo tre milioni per tenere prezzi bassi alla portata di tutti, nonostante debba pagare una trentina tra orchestrali, ballerini e tecnici. Nelle balere di tutt’Italia, c’è sempre il tutto esaurito.

«CICCIOLINA? È UNA GROSSA PROFESSIONISTA»

Spesso si rende necessario l’intervento della polizia, come è accaduto a Lugo di Romagna, dove il pubblico l’ha aggredita e trattenuta in sala e non aveva nessuna intenzione di farla tornare sul palcoscenico. Oppure come è successo in Sicilia dove la gente, trascinata da una irresistibile estasi erotica, ha marciato minacciosa verso la pedana e si è lanciata sulla palla di vetro dentro la quale miagolava la Staller nuda.

La ragione del suo successo? «Cicciolina è una grossa professionista. A differenza di molte sue colleghe italiane si fa guidare e fa il suo lavoro con molta serietà», dice il regista della Rai Enzo Trapani, autore di C’era due volte. «Come cantante non è eccezionale. Ma è un vero animale di scena: la sua capacità di muoversi e di seguire la macchina da presa ha un precedente solo in Anna Magnani». Però assicura chi la conosce oltre che alla sua bellezza fisica e alla fotogenia, gran parte del merito va alla regia sapiente di Riccardo Schicchi. Inventore del personaggio, calibra attentamente le sue uscire per evitare che il pubblico si stufi.

Figlio di un generale dell’esercito, ex studente di architettura, piccolino, occhi chiari, un po’ curvo e con una dentatura che ricorda Fernandel, Schicchi è l’unico fotografo «autorizzato» di Ilona. Del fisico di Cicciolina conosce i pregi da valorizzare (gli occhi e il sedere a forma di violino) e i difetti da nascondere (le costole e gli zigomi troppo sporgenti). Innamorato della Staller («solo del personaggio, però») questo manager dalla voce suadente e il sorriso eternamente stampato sulle labbra, scrive per lei i testi, crea le coreografie e le scenografie, consiglia i registi, orchestra le campagne pubblicitarie del suo «prodotto», veglia sulle interviste concesse dalla Staller (nessun giornalista le ha mai potuto parlare senza che lui in un angolo, attento e sornione, sorvegliasse tutto). Con la Staller, Schicchi finisce così per vivere giorno e notte nel loro appartamento-studio-ufficio sulla Cassia. «Senza fare l’amore», spiega. «Sarebbe irrispettoso da parte di un uomo fare l’amore con Cicciolina. E poi Ilona non fa mai l’amore. Non ne ha il tempo».

LA « GUERRA» ALLA RAI

Insomma il loro è un sodalizio ben oliato che poggia sugli sforzi di entrambi (dormono tre ore a notte e ogni giorno, quando sono a Roma, vanno in una clinica privata a farsi delle flebo di un potente medicinale svizzero) che solo da poco si è dato una struttura più professionale. La Dna, una società in nome collettivo. Che ha scelto di chiamarsi come il principio della vita: una sede a Roma e una a Milano, un fatturato di 500 milioni annui tutto reinvestito (Ilona ha denunciato 3 milioni di redditi annui), un paroliere e un musicista fisso, una serie di luci e impianti scenici pronti a partire in un giro d’Italia più provocatorio che mai: «Resterò in mezzo a un fiore alto tre metri e mi farò penetrare da un fallo trasparente nascosto tra i petali. Proprio come piace ai miei cicciolini», annuncia la Staller. Intanto, alla testa di questo esercito ideale fatto di camionisti e carcerati (erano i suoi tifosi più accesi ai tempi delle trasmissioni di Radio Luna), ma anche di donne e di bambini, ha dichiarato guerra alla Rai.

Che fare? Difenderla? In favore della libertà di opinione? O restare indifferenti alla sua battaglia personale? La polemica promette scintille. La apre il sociologo Domenico De Masi: «Che la Staller sia un Bignami dell’erotismo, un piccolo compendio dei desideri evasi nella nostra adolescenza, non c’è dubbio. Ma non è giusto che tutte le volte che si parla di lei ci si veda costretti a regredire ai mortificanti, insulsi, discorsi di sempre: il nudo è osceno? E fin dove lo è? È più osceno il capezzolo sinistro o quello destro? Oggi i bigotti non hanno più alcun diritto per attirarci in simili trabocchetti. Chi non apprezza il corpo di Ilona Staller, chi lo apprezzerebbe ma non può perché il confessore glielo vieta, non ha che da premere il bottone della terza rete. Vi troverà di certo un castigato, innocuo, spettacolo di marionette».