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«Di Male in meglio». Intervista ai redattori del settimanale satirico più dissacrante di sempre

Redazione Spazio70

Articolo di Guido Vigna per il Corriere d'Informazione del 30 ottobre 1978

L’intervista sfuma — c’era da dubitarne? — in un happening maligno, pieno d’effetto, coinvolgente. Noi siamo per lo spionaggio di massa, siamo lo strumento di tutti, dateci carteggi segreti e pubblicheremo tutto. Siamo maleducati. Siamo per la dissacrazione totale. Craxi è un uomo di spettacolo. In Vaticano il nostro giornale è tra i più letti. La nostra forza? Semplice: siamo incapaci di programmare. Vogliamo distruggere tutte le carceri: speciali e no. Stiamo ampliando la nostra rete di informatori a Montecitorio? Ancora qualche mese e arriveremo a un milione di copie. Pertini? Siamo un po’ arrabbiati con lui: non ci ha ancora invitato. Forse siamo un po’ maschilisti. Il segreto della nostra satira? Interpretiamo i desideri della gente e giochiamo senza regole. Ieri ha telefonato il grande direttore del grande settimanale: voleva che collaborassimo, abbiamo sparato «un milione e mezzo sull’unghia», ha buttato giù il telefono. Siamo libertari.

«CI DIVERTIAMO DA PAZZI»

I disperati, gli scapigliati, gli sbrindellati del Male ridono, si divertono, sotto i grandi cartelli della curva delle vendite (in ascesa quasi verticale) e tra una telefonata e l’altra di «avvenuti sequestri», di copie esaurite, di richieste di arretrati. Striscia il sospetto che i primi a divertirsi per quella satira dissacrante che, inserita in origine negli scontati canali dell’ultra sinistra, è poi straripata, siano loro stessi. «Sì — ammettono — ci divertiamo da pazzi. Facciamo tanti progetti, poi, il giornale, finiamo per farlo in un giorno, ma no, in una notte. La domenica notte. L’ambasciatore del Ghana, che abita vicino, ha fatto capire che, diciamo con discrezione, che proprio la domenica notte non riesce a riposare».

Il Male, unico settimanale italiano di satira politica, ha nove mesi di vita. Prima quindicinale, poi uscita ogni sette giorni, è arrivato al numero 29. Di fronte a un mercato freddo di fronte alla satira politica (i successi travolgenti nei primi del Novecento dell’Asino, del Becco giallo e nell’immediato dopoguerra del Don Basilio e dell’Uomo qualunque appartengono a ricordi già frantumati), il Male ha impiegato poco a conoscere il trionfo. La prima tiratura è stata di sessantamila copie (diecimila vendute), l’ultima oltre le centodiecimila, con una percentuale di resa che supera di poco il 10%. «Pensavamo — spiegano — di consolidare una vendita media di trentacinque-quarantamila copie…». Sfiorano ormai le centomila. Il successo è travolgente e gli arresti una settimana fa, di Vincenzo Sparagna, redattore della rivista e di un compagno di passaggio, per l’happening sul terrazzo della palazzina rossa che accoglie la redazione del Male (processione con finti paramenti e discorso di finto Papa) fanno pensare, sull’onda di un’inevitabile pubblicità, a una nuova scalata.

Commenta Vincino Gallo, palermitano approdato a Roma cinque anni fa: «Dateci qualche mese, arriveremo a un milione di copie». C’è il gusto della boutade, ma anche un’ambizione nascosta. Il trionfo in edicola del Male ha molti contorni. La rivista ha collezionato una quantità di denunce (oscenità, vilipendio, eccetera, eccetera) e, in media, un sequestro ogni numero. Sequestri locali che, comunque, hanno sottratto al mercato parecchie decine di migliaia di copie. «Con la giustizia — e ridono — ci perdiamo». E sfiorano appena il tema della «persecuzione politica» così sentito all’estrema sinistra.

Come spiegare — senza scivolare — il successo di una rivista che offre la satira più dissacrante che si possa immaginare, che non ha risparmiato nessuno, che ha gettato graffiate velenose su ogni leader, su Paolo VI, su Giovanni Paolo I, su Giovanni Paolo II, sulle Brigate rosse? Dice Vincenzo Sparagna, galeotto per due giorni, giornalista professionista già al Tempo e assertore dei suoi meriti per i trionfi editoriali («… dal terzo numero sono arrivato io e siamo subito andati a gonfie vele…»): Fotografiamo, interpretiamo i desideri della gente, i sogni. Noi diamo contorni alla voce del popolo».

Così si comprende come il settimanale – nato dalle ceneri de I quaderni del sale della fuga, da Lotta Continua, dell’Avventurista, – partito dal circuito iniziale dell’ultrasinistra, abbia finito per superare i confini, toccando un pubblico composito. «Ci leggono anche i bottegai» dicono. E si scopre la fierezza di aver trovato un lettore non tradizionale. E’ fuor di dubbio, comunque, che la massa di tifosi (o lettori) del Male sia nell’area della sinistra. Le piazze rosse tirano a meraviglia: Modena, Parma, Bologna portano a punte record. Nella sola Reggio duemila copie.

«NON ABBIAMO ALCUNA INTENZIONE DI FARE AUTOCRITICA»

A Modena quasi il doppio. Malignano: «Che il comunista emiliano non riesca a identificarsi in Berlinguer?» Berlinguer, Craxi, Silverio Corvisieri sono i politici «più facili» da mettere alla berlina. Dicono: «Con Craxi ci divertiamo, è l’ideale per fare satira…». E Zaccagnini? ve lo siete dimenticato? Ha un trattamento di favore per il figlio — in arte Carlo Cagni — che è tra i redattori del Male? La risposta è nelle copie arretrate, tanti fogli raccontano, a colori, in bianco e nero, con battute feroci, che anche Zac è tra le vittime del Male.

Dicono, con narcisismo dissacrante, che «sanno interpretare i sogni della gente» e propongono i loro falsi clamorosi. Una pagina del Corriere dello Sport con titolo a nove colonne — in piena avventura argentina — «Gli olandesi erano drogati». Il giornale andò a ruba e giunse puntuale una denuncia. Ma il successo più clamoroso venne con la falsa prima pagina dell’Unità. Titolo: «Basta con la DC» e poi: «Un’imponente manifestazione di oltre 7 milioni di persone», «hanno sfilato per 28 ore», «restituita ufficialmente la parola a Pietro Ingrao», «la DC è un partito di malfattori». Con quel falso qualcuno si è divertito a Montecitorio. Raccontano di due deputati democristiani che sbandieravano il giornale e di parlamentari comunisti, presi in contropiede, che telefonavano allarmati a Botteghe Oscure.

«In alcune sezioni — dice Sparagna — il Male è stato appeso. Molti comunisti si sono riconosciuti, tanti vi hanno visto una proiezione dei loro desideri». Se, con questi falsi, siamo ad un divertissement apparente che fa politica, che cosa dire del grande poster con la foto di Moro prigioniero delle BR e il fumetto: «Scusate, abitualmente vesto Marzotto»? E’ la dissacrazione totale, come tanti, gridando allo scandalo, hanno ammonito? No, rispondono al Male. «Non abbiamo alcuna intenzione di fare l’autocritica. Quel poster conteneva due messaggi di guerra contrapposta: la guerra dello Stato, la guerra delle BR. Noi abbiamo detto al lettore: questa foto si può leggere anche in un altro modo.

Non c’era cinismo, non c’era dissacrazione per la dissacrazione: se si guarda a quello che abbiamo scritto o disegnato di Moro si scoprirà che abbiamo rivalutato la sua umanità».