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«Evola? Mi diede del pazzo». Intervista a Giovanni Canonico, «padre» delle Edizioni Mediterranee

Giacomo Di Stefano

«Aveva un carattere, in apparenza, difficile e spigoloso. Detengo ancora i diritti d’autore di Evola: l'obiettivo era di pubblicarne le opere anche dopo la sua morte»

Julius Evola, in una foto dei primi anni Settanta

A chiunque, in una libreria o in un mercatino dell’usato, almeno una volta nella vita è capitato in mano un libro delle Edizioni Mediterranee. Ad attirare l’attenzione non è solo la veste grafica e la rilegatura – inconfondibili – ma i temi trattati: quante persone in Italia, è un pensiero che immaginiamo possa essere ricorrente, sono interessate a leggere approfondimenti sulla cabala ebraica, sul tantrismo o sul potere della mente? Eppure le Edizioni Mediterranee, negli anni, sono diventate un punto di riferimento decisivo per tanti curiosi e appassionati di esoterismo, religioni orientali, spiritismo, alchimia, occultismo e arti marziali.

Nel 1968, mentre le contestazioni studentesche erano in pieno corso e Feltrinelli pubblicava Critica della società repressiva di Herbert Marcuse, Giovanni Canonico e le Edizioni Mediterranee davano alle stampe Lo Yoga della potenza di Julius Evola, filosofo, esoterista e punto di riferimento del neofascismo italiano, creando una nicchia culturale ed editoriale vista da molti osservatori con interesse, da altrettanti con sospetto.

Nonostante la particolarità e l’esclusività dei temi trattati, nel 2021 le Edizioni Mediterranee hanno compiuto sessantotto anni, godono di ottima salute e continuano a pubblicare testi in linea con la propria impostazione editoriale. A dirigerla dal 1953 è appunto Giovanni Canonico, classe 1932, che ha vissuto la seconda metà del Novecento dall’osservatorio di una casa editrice che da quasi settant’anni incuriosisce, scandalizza e attira il pubblico più disparato, proponendo testi fuori dal tempo.

Cosa ha significato presentare testi esoterici nell’Italia cattolica degli anni Sessanta? Il tradizionalismo e la vicinanza con uomini legati al fascismo come Evola e Scaligero possono far definire le Edizioni Mediterranee di destra? Quali sono le sfide per il futuro che attendono la casa editrice?

Spazio70 ha parlato di questo e altro con Giovanni Canonico. Insieme a lui andremo alla scoperta delle questioni più interessanti e controverse che aleggiano sopra un piccolo tempio nascosto dell’editoria italiana.

Come nascono le Edizioni Mediterranee?

«Era il 1953. A 21 anni, decisi di prendere il testimone della Casa Editrice Mediterranea, nata nel 1925 su iniziativa del dottor Wilhelm Krenn. Questi era un austriaco molto colto, laureato in Scienze Politiche a Padova e proprietario di varie librerie nel Nord Italia. I testi pubblicati da Krenn dalla metà degli anni Venti agli anni Cinquanta erano libri giuridici, di narrativa straniera e per ragazzi. Dunque molto diversi da quelli che avrei trattato io. Lavoravo con Krenn dal 1950 e tre anni dopo cambiai l’impostazione della casa editrice: decisi di riprendere diversi testi esoterici pubblicati nei decenni precedenti e aprii le Edizioni Mediterranee all’esoterismo, all’alchimia, all’occultismo e alla sessuologia».

Cosa spinse un ventenne degli anni Cinquanta ad aprirsi a tematiche così coraggiose?

«Da giovane studiavo poco ma leggevo molto. E avevo letto titoli che mi avevano colpito molto, come quelli pubblicati dai fratelli Bocca, la cui casa editrice era fallita e che forse avevano anticipato troppo i tempi; le Edizioni Mediterranee riuscirono invece a inserirsi in un periodo e in un contesto più pronto ad accogliere alcuni testi e certe tematiche. Nel 1955 pubblicai «Lo Yoga per l’Occidente» di Kerneiz e fu un fatto notevole, perché nonostante di yoga in Italia non parlasse praticamente nessuno si trattò di un gran successo. Poi, sicuramente, la chiave di volta c’è stata il decennio successivo con l’incontro con Julius Evola».

La leggenda narra che lei abbia conosciuto Evola rintracciandolo al telefono di casa dopo averlo trovato sull’elenco telefonico.

«Non è una leggenda, è la verità! Squillò il telefono di casa sua, quando qualcuno alzò la cornetta chiesi “Pronto? Chi parla” e sentii una voce dall’altra parte che disse “562123”. Non era una formula alchemica ma Evola che ripeteva il suo numero di telefono» (ride, ndr) 

Qual è stato il vostro rapporto e che tipo di persona si è trovato di fronte? In molti lo descrivono come un uomo molto difficile e spigoloso

«Come dice lei era un uomo in apparenza difficile e spigoloso, ma nei miei confronti aveva una certa simpatia, anche perché io mi posi nei suoi confronti con grande umiltà. Prima che conoscessi Evola, un libraio di Piazza del Popolo a Roma mi diede un suo libro, “Lo Yoga della potenza”, che mi colpì molto. Prima di allora non conoscevo Evola: era un testo difficile ma più grande di quello che avrei potuto immaginare. Tutt’ora detengo i diritti d’autore di Evola e così ho potuto pubblicare le opere anche dopo la sua morte».

Quale fu la sua proposta editoriale?

«Gli dissi che avrei voluto ripubblicare “Lo Yoga della potenza” in 3mila copie. Mi disse senza mezzi termini: “Sei pazzo!”. Era abituato a pubblicare non oltre mille copie di cui 400-500 venivano vendute all’uscita e le altre negli anni successivi. Riempii le stazioni ferroviarie e le edicole cittadine dei libri di Evola. Oggi gli edicolanti sono pieni di volumi, all’epoca c’erano quasi solo i miei come “Introduzione alla magia” del Gruppo di Ur».

Evola come commentò la sua decisione di ripubblicare il Gruppo di Ur?

«Disse con tono grave e profetico: “Questo segnerà la fine della sua casa editrice”» (qui Canonico imita con ironia Evola, con un tono di voce solenne e profondo ndr)

I vostri incontri avvenivano nell’abitazione romana di Evola a Corso Vittorio Emanuele?

«Esattamente. Era invalido, quindi lo trovavo sulla poltrona, sulla scrivania o su un letto ottomano su cui lavorava. Aveva una cultura infinita, conosceva migliaia di libri e passavo ore ad ascoltare i sui racconti e i suoi aneddoti».

Aveva problemi economici?

«Non ne aveva. Era un invalido di guerra, come tale aveva una pensione e viveva in una bella casa al centro di Roma. Viveva con una fantesca altoatesina dai colori color polenta, dall’aspetto non proprio avvenente, diciamo così. Evola è stato un grande tombeur de femmes, tantissime ragazze lo andavano a trovare».

Le date sono importanti. Lei ha pubblicato «Lo Yoga della potenza» nel 1968, in anni di grandi proteste sociali e generazionali. Evola è stato anche il punto di riferimento dei giovani neofascisti del dopoguerra. Questo le ha creato dei problemi?

«Vero, lui era un emblema dei fascisti, ma io di politica, con lui, non ho mai parlato. Qualche volta raccontava aneddoti divertenti su Mussolini, con il quale spesso non andava d’accordo. Pensi che una volta a Monteverde su un muro c’era scritto “Canonico a morte”. Non so se si riferissero a me o a un altro Canonico (ride, ndr) ma il clima in quegli anni era un po’ pesante».

Quindi la sua casa editrice veniva associata alla cultura di destra.

«Certo, tant’è che Feltrinelli non voleva vendere le Edizioni Mediterranee perché c’era Evola. Io di certo non sono di sinistra ma non sono neanche fascista».

Per chi votava negli anni Sessanta e Settanta?

«Non ho mai votato a sinistra, diciamo così. Non ho mai apprezzato la spocchia di una certa sinistra e la sua ambizione di avere il monopolio della cultura, una tendenza che a mio avviso si nota anche oggi».

Perché il concetto di «tradizione» ancora oggi è molto divisivo ed è considerato un patrimonio culturale della destra?

«Perché la sinistra non ha fatto in tempo ad appropriarsene» (ride, ndr)

Cosa ha rappresentato pubblicare un famoso spiritista come Allan Kardec in un’Italia ancora molto cattolica e bigotta?

«Io sono un uomo libero e pubblico ciò che mi piace e quello che può interessare ai lettori. Ho pubblicato anche la storia dei papi e opere sugli angeli. Ho sempre cercato di stimolare la curiosità del pubblico, purché ovviamente certe dinamiche non diventassero un’ossessione. Se ci pensa, Evola e Kardec sono agli antipodi».

Quali autori famosi pubblicati dalla casa editrice ha avuto modo di conoscere direttamente? Eliade?

«Eliade mi fu suggerito da Evola, ma non ho avuto mai la possibilità di conoscerlo. Invece ho avuto modo di conoscere di persona il celebre orientalista ed esploratore Giuseppe Tucci. Con molti altri intrattenevamo rapporti epistolari».

Per la sua esperienza, com’è cambiato il tipo di lettore medio delle Edizioni Mediterranee negli anni Settanta rispetto a oggi?

«Negli anni Settanta i lettori erano più giovani, oggi invece c’è un ritorno di lettori di una certa età, più preparati e inclini all’approfondimento».

Se dovesse spiegare a un ragazzo nato del 2000 perché leggere un vostro libro potrebbe essergli utile, che cosa gli direbbe?

«Gli direi che è un tesoro di cui dovrebbe far tesoro. Un gioco di parole, vero, ma che spiega il mio punto di vista. Le cose tradizionali rimangono e hanno contribuito a formare il mondo. Oggi leggiamo ancora Platone, i classici greci e La Divina Commedia. Non smettiamo di leggere testi solo perché superati dagli eventi e dal corso del tempo, anzi».

Oggi viviamo in un’epoca dominata dai social network, a loro volta caratterizzati dall’impulsività, dalla superficialità e dal culto esteriore dell’immagine. Tutto ciò rappresenta il contrario dei libri che pubblicate, che sono mistici, profondi, riflessivi e introspettivi. La vostra si configura come una battaglia piuttosto complicata, perché si tratta di lottare contro una tendenza di questi tempi che appare ostile alla vostra missione.

«È vero, ma tenga conto di una cosa. I nostri titoli e gli autori di riferimento sono a un livello che chiunque voglia approfondire un tema, non so, il tantrismo oppure lo sciamanismo, non può non finire tra le braccia delle nostre pubblicazioni. Anche all’epoca dei social e del copia-incolla, ci sarà sempre uno spazio per l’approfondimento e per la profondità».

Quali sono le sfide del futuro della casa editrice?

«Io ho quasi novant’anni e le Edizioni Mediterranee vengono gestite dalle mie figlie, che hanno di fatto le chiavi della mia casa editrice. L’indicazione è quella di continuare a pubblicare libri di qualità e di grandissimo spessore, senza abbandonare le linee tracciate negli anni e aprendosi ai nuovi linguaggi. L’importante è non cambiare l’essenza dei temi trattati bensì il modo di proporli e di raccontarli. Uno spazio per queste tematiche ci sarà ancora: per fortuna ci sarà sempre qualcuno affascinato dalla cabalistica cristiana o dai faraoni. Possono cambiare i tempi, l’uomo può distruggere l’ambiente ma non la curiosità e la fascinazione verso il sole e le stelle. E voglio lasciare questo pianeta con il pensiero che queste passioni continueranno».