Qui potrai trovare una vasta rassegna di materiali aventi ad oggetto uno dei periodi più interessanti della recente storia repubblicana, quello compreso tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso.
Il sito comprende sei aree tematiche e ben ventidue sottocategorie con centinaia di pezzi su anni di piombo, strategia della tensione, vicende e personaggi più o meno misconosciuti di un’epoca soltanto apparentemente lontana. Per rinfrescare la memoria di chi c’era e far capire a chi era troppo giovane o non era ancora nato.
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Una scuola da studiare. Tra gli ambienti di Mirella Gregori trascurati dalle indagini sulla sua scomparsa c’è anche l’Istituto Professionale per il Commercio e il Turismo Padre Reginaldo Giuliani. La sua scuola superiore. Dove frequentava la classe 2ª D. Quando se ne persero le tracce, aveva la media del sette e nove in condotta. Un profitto che le valse la promozione alla classe successiva con una valutazione più che lusinghiera: «L’allieva sempre intenta a migliorare la propria cultura ha raggiunto una discreta preparazione», si legge nel verbale dello scrutinio finale, tenutosi il 10 giugno 1983, che vi proponiamo inedito assieme alla sua pagella.
I docenti premiarono il suo rendimento nonostante la tragedia che la privò dell’ultimo mese di lezioni e ne gonfiò le ore di assenza del secondo quadrimestre. Ben 161, dalle quali si devono togliere quelle del mese intercorso tra la sua sparizione (7 maggio) e l’ultimo giorno di scuola, di cui però non conosciamo né la data e né quante ore effettivamente si svolsero (per esperienza personale era una proforma di sessanta o novanta minuti, in clima tutt’altro che asburgico, prima dell’atteso liberi tutti).
Queste mancanze ci impediscono di determinarne il numero esatto, sebbene corrisponda alla stragrande maggioranza della sua lontananza dai banchi da scuola di quel quadrimestre.
Semmai sono le 44 ore del primo quadrimestre a suscitare qualche domanda sulle loro ragioni, che però scivolano sullo sfondo rispetto a tre episodi anomali, risalenti a poco tempo prima della scomparsa, con Mirella diretta o indiretta protagonista e, soprattutto, la sua scuola come loro teatro involontario. Proprio questa costante avrebbe dovuto indurre gli inquirenti a più di un approfondimento dentro e fuori quell’istituto, all’epoca situato a via dell’Olmata, rione Esquilino, di fronte alla Basilica di Santa Maria Maggiore e a un chilometro dalla Stazione Termini, già allora coagulante sociale di variopinta delinquenza.
Il primo episodio è l’abbordaggio subìto da Mirella nel marzo del 1983 all’uscita dal Giuliani a opera di un giovane biondo che le offrì un passaggio in auto, ma senza successo. Lei lo confidò all’amica Sonia De Vito, ulteriore riprova del loro legame, che a sua volta lo riferì agli inquirenti il 4 novembre di quell’anno. Il secondo avvenne invece il pomeriggio di lunedì 2 maggio, quando due individui si presentarono, sempre al Giuliani, chiedendo informazioni su una studentessa della 2ª B o D, spacciandosi come suoi fratelli. Lo raccontò una bidella dell’istituto alla madre di Mirella Gregori, la signora Vittoria Arzenton, che il 26 maggio lo riportò in Procura, specificando come uno dei due – giovane, alto e biondo – fosse molto somigliante a uno dei soggetti che venerdì 6 maggio si erano presentati al loro bar, dove era in corso un rinfresco, chiedendo di poter scattare delle fotografie. Avevamo dettagliato questi due episodi ad agosto 2023, ma in relazione alla presenza di una figura maschile bionda negli ultimi mesi di vita conosciuta di Mirella.
Qui invece la nostra attenzione si sposta sul Giuliani, composto al 99 per cento da ragazze in un’epoca dove, come mi è stato raccontato per la vicenda di Emanuela Orlandi, succedeva che uomini più o meno giovani si appostassero fuori dalle scuole con un’alta percentuale femminile per tentare approcci. Per cui, davanti al biondo che le propose un passaggio in macchina, ci si chiede: capitò soltanto a Mirella Gregori oppure anche ad altre studentesse, a cominciare dalle sue compagne di classe? Lei fu importunata soltanto in quella circostanza o anche in altre? Domande senza risposta. Perché della sua classe (trenta persone) furono interrogate appena cinque ragazze – Simona Bernardini, Paola Fagiani, Giovanna Manetti, Rossana Sommei e Cinzia Valenzi – senza però chiedere loro niente a riguardo.
Passando al secondo episodio, chi scrive innanzitutto si scusa per non aver menzionato nell’articolo di agosto 2023 anche la sezione D quale possibile classe della ragazza di cui quei due uomini chiesero informazioni. Una dimenticanza figlia soprattutto della grafia, ai limiti della leggibilità, presente nel verbale della mamma di Mirella. Ma ciò che conta, è sapere chi quelli stessero cercando, visto che Mirella sparì cinque giorni dopo quell’inquietante visita. E per riuscirci, sarebbe stato sufficiente interrogare la bidella, sottoponendole l’elenco dei nomi delle allieve sia della 2ª B che soprattutto della 2ª D. E si sarebbe potuto chiedere anche alla preside della scuola per sapere se fosse stata messa al corrente di quell’episodio e per capire se ve ne fossero stati di analoghi in precedenza. Invece non fu fatto nulla. Perché?
E ancora: perché ancora le forze dell’ordine convocarono la professoressa di Lettere delle scuole medie di Mirella, la signora Calogera Campo (7 agosto 1983), che però non sapeva più nulla di lei dagli esami del 1981 – «Non vedo Mirella da quando ha lasciato la scuola, non so quale istituto frequenti» – ma ignorarono le sue insegnanti del Giuliani che invece la vedevano tutti i giorni?
Queste avrebbero dovuto essere ascoltate anche per il terzo e ultimo episodio anomalo che ci conduce nuovamente dentro quell’istituto: la richiesta di Mirella Gregori di andare in gita a Venezia con una classe del terzo anno. La notizia fu riportata da un taglio basso del Corriere della Sera del 15 giugno 1983. Per la professoressa di italiano non ci sarebbero stati problemi, ma fu la stessa famiglia Gregori a porre il veto perché dovevano risparmiare a fronte delle spese sostenute per la ristrutturazione del bar. Ciò che però colpisce, è quel desiderio di Mirella: perché voleva partecipare alla gita di quella classe? Di solito, lo si faceva con la propria. Aveva amiche molto strette in terza? Chi scrive, si è procurato i nominativi di tutte le classi terze del Giuliani dell’anno scolastico 1982/83. Ma nessuna di loro compare tra i cinquantasette contatti presenti nel diario di Mirella di quell’anno. Considerando che all’epoca non c’erano i telefoni cellulari e che delle persone care si annotavano indirizzi e numeri di telefono perché uniche forme per mantenere i contatti a distanza, non avere un recapito equivaleva ad avere rapporti sporadici od occasionali, oppure a non averli proprio.
Ma allora da dove nacque la voglia di Mirella di andare a quella gita? Per caso, dalla meta? L’ipotesi avrebbe dovuto indurre gli investigatori ad accertare se, negli stessi giorni di quella terza del Giuliani, andarono in gita a Venezia anche altre classi di altre scuole di Roma. A partire da quelle comprese nella zona tra l’abitazione di Mirella e il bar dei genitori di via Volturno per verificare, in caso di risposta affermativa, se qualcuno di quegli studenti conoscesse o meno Mirella Gregori.
Ma anche questo spunto fu lasciato cadere nel vuoto. Al pari degli altri due. Riprenderli oggi sul piano investigativo non è impossibile perché, tolte le cinque già sentite, Mirella aveva i contatti di altre ventitré compagne di classe, divenute nel frattempo donne di mezza età e quindi ascoltabili. Un tentativo da fare, già soltanto per emendare l’incuria delle indagini precedenti, anche se non esente da criticità perché sono trascorsi oltre quarant’anni. Un lasso di tempo che sfuma la memoria e nel quale il Giuliani è rimasto un suolo lunare. Come altri ambienti frequentati dalla vittima di questa tragedia: il bar dei coniugi De Vito, la parrocchia di S. Giuseppe al Nomentano e lo stesso bar di famiglia. Col risultato che tutti noi purtroppo conosciamo.
tommaso.nelli@spazio70