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Mino Pecorelli e il trionfo di Bettino. L’ascesa di Craxi negli articoli di OP

Redazione Spazio70

Il giornalista molisano osservava il Partito del garofano molto attentamente, arrivando così a capire con grande anticipo che il PSI craxiano sarebbe diventato l’ago della bilancia della politica italiana

Di Tommaso Minotti

Le notizie riservate che hanno sempre trovato spazio sull’Osservatore Politico, creazione giornalistica di Mino Pecorelli, hanno anche riguardato Craxi e la sua ascesa all’interno del PSI. Il giornalista molisano osservava il Partito del garofano molto attentamente. E arrivò così a capire con grande anticipo che il PSI craxiano sarebbe diventato l’ago della bilancia della politica italiana. Il direttore di OP prima identificò in Craxi il leader designato a riportare il PSI in orbita democristiana con lo scopo di sventare il compromesso storico di morotea ispirazione e rassicurare i potenti alleati d’oltreoceano. Poi capì, con netto anticipo, la futura sistemazione del panorama politico italiano, basato sull’alleanza tra Democrazia Cristiana e socialisti riformati da Craxi. Ma come fece a comprendere tutto ciò? Le sue fonti e il suo fiuto politico furono gli elementi fondamentali. Fonti che Pecorelli sapeva maneggiare scorgendo i preamboli di un cambiamento importante e per questo possibile solo dopo un’attenta preparazione. Le tracce lasciate da questa fase interlocutoria furono messe in ordine sulle colonne di OP con rara lucidità.

“PER CHI VINCERÀ C’È UN PREMIO: LA CUCCAGNA, CHE FA RIMA CON MAGNA, MAGNA, MAGNA…”

Craxi divenne segretario del PSI il 16 luglio 1976 dopo le dimissioni di Francesco De Martino dovute alla débâcle elettorale del 20 giugno. I socialisti erano passati dal quindici per cento del 1968 al nove del 1976. Il partito era spaccato da correnti che facevano fatica a trovare una quadra su chi eleggere segretario. Si decise così di convergere sul nome di Bettino Craxi. Considerato il “pupillo di Nenni”, avrebbe dovuto essere un segretario di transizione e invece, nell’arco di due anni, finì per cannibalizzare l’opposizione interna divenendo dominus incontrastato del PSI.

Il 19/7/1975 Pecorelli, con quasi un anno d’anticipo sull’effettiva decisione di fare Craxi segretario, pubblicò una nota dal titolo “Sarà Craxi il nostro Soares?”. Il direttore di OP scriveva: “Panico borghese in via del Corso. L’operazione di risocialistizzare il PSI la stanno conducendo proprio i nenniani d’antica data e con Bettino Craxi in prima fila. E i risultati non dovrebbero tardare troppo. Tra l’altro col congresso d’ottobre è previsto un ricambio alla segreteria De Martino. Con una soluzione che, transitoria in Giovanni Mosca, diventerà poco dopo definitiva proprio con Craxi.” Le fonti di Pecorelli sanno già che Craxi sarà tra i protagonisti della fase congressuale socialista e che trionferà da lì a poco. Qualche giorno dopo, il 24/07/1975 in una nota dal titolo “Duello Bettino-Gigi” Pecorelli, con il suo tipico stile sibillino, scrive: “È in corso un duello all’ultimo sangue tra Bettino e Gigi per stabilire tra i due chi è più americano. Per chi vincerà c’è un premio: la cuccagna, che fa rima con magna, magna, magna…” Il direttore di OP, lo scriverà anche in seguito, sottolinea il carattere spiccatamente filoamericano del PSI riformato da Craxi. Un partito che, una volta arrivato al governo sostenuto dagli USA, potrà mettere mano sui lucrosi affari, spesso opachi, che si connetteranno nebulosamente con la politica.

I DUE CAPISALDI DEL PSI CRAXIANO: IL FILOAMERICANISMO E L’ANTICOMUNISMO

L’ascesa del futuro segretario socialista prosegue imperterrita, ma sotterranea, sotto l’occhio attento di Pecorelli. Il 2/10/1975 compare un articolo dal titolo “Craxi sempre Craxi fortissimamente Craxi” in cui si legge: “In via del Corso, ormai sempre più chiaramente, la linea emergente è di nuovo quella del confronto con la DC. Anche la battaglia precongressuale ha espresso questa direttrice. Il suo primo vincitore, Bettino Craxi, almeno per ora, pare ci sia riuscito. Sarà il futuro segretario politico dei socialisti. […] Con Craxi segretario quindi rientrano nel partito del solnascente autonomia e anticomunismo e il rapporto preferenziale e di reciproco rispetto sarà solo quello con Piazza Sturzo”. Il PSI craxiano avrà due capisaldi: il filoamericanismo e l’anticomunismo. Con queste caratteristiche si apriranno le porte del governo con la DC su posizioni e rapporti di forza completamente diversi rispetto a quelli del centrosinistra degli anni Sessanta. Infine, Pecorelli prevede la scelta di Craxi come segretario con quasi dieci mesi d’anticipo, quando ancora i socialisti erano un partito in preda a dilanianti tensioni interne. Si legga infatti l’articolo del 18/10/1975 dal titolo “Socialisti e buone intenzioni: saremo autonomi e tecnocratici”: “Ormai l’accordo è stato raggiunto: il nuovo segretario sarà Bettino Craxi. Sulla linea di una duplice autonomia: né subalterni alla DC, né tanto meno fratelli poveri di via delle Botteghe. Craxi piuttosto intende porsi come punto di riferimento a PRI e PSDI e, una volta raggiunto un completo accordo con le forze laiche su una piattaforma globale, andare da posizioni di forza a quelle trattative con una DC di cui frattanto ci si auspica la rifondazione. Solo a questo punto, dai 4 partiti potrà, finalmente, uscire un patto di ferro e un governo di legislatura.”.

Di fatto si parla già di quello che verrà definito Pentapartito e che sarà realtà da lì a poco meno di un decennio. Da sottolineare il concetto, ripetutamente espresso dal giornalista molisano, della DC come partito da rifondare su basi diverse. Un leitmotiv che si nota in altri articoli di Pecorelli che vedeva la Balena bianca come caposaldo imprescindibile per l’Italia, ma anche enorme meccanismo affaristico e politico da purificare. Pecorelli scrive, però, la più interessante opinione sul PSI il 25/10/1975 con l’articolo “La grande virata della barca socialista”: “… a Washington s’è deciso: il nuovo potere in Italia sarà assicurato da una santa alleanza, anticomunista ma riformatrice, tra un PSI e una DC tutti rinnovati. Che magari potranno giovarsi dell’estemporaneo appoggio esterno di un PCI che vorrà far confluire su qualche disegno di legge anche i suoi voti. Ma che resterà rigorosamente escluso dall’area del governo. Pena la nascita, coll’appoggio degli USA, di nuove formazioni politiche, gemelle e parallele a DC e PSI”.

Due sono gli elementi da sottolineare con più attenzione. Il primo è il fatto che il nuovo governo DC-PSI craxiano nascerà perché negli USA vogliono che nasca. È il modo con cui a Washington si assicurano che verrà strettamente rispettata la conventio ad excludendum contro il PCI berlingueriano in ascesa. Il secondo spunto che emerge dal breve scritto di Pecorelli è la punizione che gli USA adotteranno qualora il PCI venga coinvolto nel governo. Con i soldi statunitensi si finanzieranno infatti partiti rivali della DC e del PSI. Una vera e propria minaccia quella riferita dal direttore di OP, ben inserito negli ambienti atlantici che contano e quindi molto ben informato sui sentimenti di Washington. 

LA TRAGEDIA DI MORO E IL FUTURO POLITICO DELL’ITALIA

Dopo quasi tre anni Pecorelli torna a puntare la lente d’ingrandimento sul PSI di Craxi. Lo fa in un momento tragico. La prigionia di Moro oramai è agli sgoccioli e la tragica esecuzione del leader democristiano apre scenari politici inediti. Qui si inserisce Bettino Craxi. Il futuro esule di Hammamet, nell’arco di tre anni, ha preso totale possesso del partito. Prima con il XLI congresso di Torino del 2 aprile 1978. Craxi si allea con la sinistra di Signorile ed estromette De Martino accettando un compromesso. Il PSI continuerà a sostenere la linea dell’alternativa a sinistra che punta a un accordo con il PCI contro la DC. Ma è una mossa per prendere tempo. Il futuro presidente del Consiglio, infatti, rafforza sempre di più la sua posizione nel partito e il 27 agosto 1978, dalle colonne dell’Espresso, inizia la sua offensiva ideologica contro il leninismo. Copertura culturale necessaria per l’attacco al PCI e la fine della possibilità di accordo con i comunisti. Ora il segretario e il Partito possono guardare solo verso Piazza del Gesù. Pecorelli segue con attenzione questi sviluppi politici, strettamente legati alla sorte di Moro. Il 2/5/1978 scrive un articolo dal titolo: “Il Paese si può e si deve salvare”: “Il caso Moro ha finalmente mostrato il suo profondo significato; un ultimatum delle due superpotenze alla capricciosa e smemorata classe politica italiana. Su piani diversi, latori del messaggio sono stati Paolo VI, Waldheim e lo stesso Aldo Moro. A raccogliere un invito che non offre alternative, per il momento è stato solo il Partito socialista italiano. Oggi passa per il PSI ogni nuovo equilibrio politico italiano”.

Il PSI si gioverà del caso Moro perché la superpotenza che “gestisce” l’Italia ha scelto i socialisti come alleati prediletti della DC per i governi futuri e per evitare l’approdo del PCI al governo del Paese. Il rapimento di Moro è, in questo senso, un avvertimento. Pecorelli affermerà chiaramente che in via Fani ha agito un “lucido superpotere” e che “è Yalta che ha deciso via Fani”. Craxi sfrutta però l’occasione datagli dal caso Moro per guadagnare credibilità internazionale e interna, sposando anche la linea della trattativa con le Brigate rosse. Cosa che lo accumunerà a Pecorelli e che lo renderà uno dei pochi leader politici italiani, assieme a Pannella e a Fanfani, ad aprire al dialogo con le Br.

“CRAXI? NAVIGA CON IL VENTO IN POPPA”

Pecorelli sottolinea questa vivacità in una nota del 2/5/1978 dal titolo “L’arcangelo Bettino”: “In contatto diretto con Schimdt che gli media l’appoggio americano, Bettino Craxi s’è inserito da protagonista in questo scenario internazionale. Compreso subito che in via Fani in realtà era stata sequestrata la praticabilità politica del sogno berlingueriano, il leader del Partito socialista, acclamato vincitore del 41° congresso di Torino, ha proposto alla DC una strategia post Moro”. Pecorelli poi continua: “La terribile prova cui è stato sottoposto Moro, sotto il profilo politico potrebbe risultare persino utile al Paese. Tacito scrisse che l’uccisione di Cesare sembrò ad alcuni un efferato delitto, ad altri un faustissimo evento. Duemila anni dopo, il rapimento di Moro potrà risultare un faustissimo evento solo se sarà servito a invertire la attuale tendenza che spinge DC e PCI verso una progressiva integrazione che egemonizza la vita politica italiana. Ecco così spiegata anche la posizione di Craxi, che sta facendo fuoco e fiamme per riuscire ad avviare le trattative con i custodi dell’onorevole Moro. È questo l’unico modo sufficientemente clamoroso per dare una praticabilità istituzionale alla svolta politica decisa per l’Italia a livello internazionale”.

Craxi è abile nello sfruttare i benefici del rapimento del politico pugliese che, con un ragionamento cinico ma limpido, Pecorelli sottolinea. La tragedia umana e politica di Moro sarà l’occasione del grande balzo in avanti del PSI. Il corpo dell’ex presidente del Consiglio e della DC verrà ritrovato il 9 maggio in una Renault 4 rossa parcheggiata in via Caetani. Poco dopo, Pecorelli sottolineerà il trionfo interno di Craxi, capace, in soli tre anni, di distruggere la concorrenza interna. In un articolo del 6/6/1978 titolato “A tutto Craxi” si legge: “Lo scioglimento forzato della corrente di Enrico Manca ha ottenuto l’effetto immediato di mettere Bettino Craxi in una botte di ferro. Ormai forte dell’85 per cento, il segretario del Partito socialista al garofano ha mano libera per continuare la sua politica tesa a presentare al Paese un PSI moderno, europeista, occidentale e, se i tempi lo permetteranno, anche alternativo alla DC.”

Il PSI non diventerà alternativo alla DC ma, seppur con le dovute differenze e con i contrasti tra personalità forti, organico alla Balena bianca. La metamorfosi atlantista invece si compirà totalmente, al netto dell’incidente di Sigonella. Ma la nota decisamente più interessante sull’ascesa e il consolidamento del segretario meneghino del PSI è datata 25/7/1978 e intitolata “Craxi col fiore in bocca”: “Bettino Craxi naviga con il vento in poppa. Il segretario del partito del garofano è forte e ben protetto. Si trova al centro di una fortunata convergenza di interessi politici, economici e giornalistici. Può disporre dell’incondizionato appoggio di potenti gruppi industriali, primo tra i quali quello capitanato dal costruttore milanese Silvio Berlusconi, cavaliere del lavoro proprietario del complesso residenziale Milano due. “Corriere della sera” e “Giornale nuovo”, anche se per opposti motivi, hanno per lui un occhio di riguardo. Un occhio di benevolenza anche dal procuratore della Repubblica di Milano, Gresti. Lo sguardo dell’alto magistrato, sfiorando Craxi, si è steso su molte vicende meneghine, metropolitane e no.”

L’OSSERVATORE POLITICO, UNA VERA E PROPRIA “MINIERA” DI APPROFONDIMENTI

Se la figura di Silvio Berlusconi non ha bisogno di approfondimenti, anche se è da sottolineare che Pecorelli è tra i primi a notare il rapporto stretto tra l’imprenditore piduista e il futuro presidente del Consiglio, occorre puntare l’attenzione sull’appoggio del Corriere e del procuratore Mauro Gresti. Il quotidiano di via Solferino nel 1978 è una centrale piduista. Il proprietario, Angelone Rizzoli, il direttore, Franco Di Bella e il direttore generale Bruno Tassan-Din ma anche il giornalista di punta del CDS Maurizio Costanzo sono tutti iscritti alla loggia massonica di Licio Gelli. Non è quindi un caso che il Corriere sostenesse Craxi, su cui aleggiava la figura del Venerabile Maestro. Secondo il giornalista Ferruccio Pinotti, che ne parla nel suo libro “Potere Massonico”, Craxi incontrò Gelli almeno due volte dopo il 1980. Incontri mediati dal capo ufficio stampa, piduista, del PSI Vanni Nisticò. E quindi il riferimento di Pecorelli è tutt’altro che casuale. Il giornalista molisano era iscritto alla P2 per scopi informativi e aveva un rapporto conflittuale con Gelli. Ma era anche un frequentatore di quegli ambienti massonici a metà tra affari e politica. Ed è proprio in questo contesto opaco che Pecorelli ha captato le simpatie dell’ambiente P2 per il leader socialista. Una vicinanza tutt’altro che disinteressata ma utile a Craxi per controllare il partito e assicurarsi l’ascesa politica.

Su Mauro Gresti, procuratore capo di Milano, occorre aprire un’altra parentesi. Egli fu accusato di collusione con il gruppo di Calvi, ma venne in seguito prosciolto da ogni addebito. Fu anche al centro di un episodio che coinvolse Francesco Pazienza, ex membro dei servizi segreti sempre oscillante tra dichiarazioni roboanti e rivelazioni di verità nascoste. Secondo il giornalista Andrea Barboni, ascoltato come testimone in un procedimento penale a carico di Pazienza, l’agente segreto avrebbe affermato in una conversazione confidenziale di ricattare il procuratore della repubblica di Milano a suo dire coinvolto in un giro di carte e donne a Roma. Gresti, venuto a conoscenza dei rumors che lo riguardavano soltanto in occasione della pubblicazione del loro contenuto nel bollettino di informazioni dell’agenzia “Axel”, sporse una querela per diffamazione a mezzo stampa che portò a una condanna del direttore della stessa agenzia. Ma la figura di Gresti rimane da approfondire. Gherardo Colombo affermò, in un’intervista al Corriere della Sera, che l’allora capo procuratore di Milano chiese a Colombo stesso e al suo collega Giuliano Turone di riconsegnare a Gelli i documenti ritrovati nel corso delle perquisizioni di villa Wanda e della famosa fabbrica di Castiglion Fibocchi. Durante la retata del 17 marzo 1981 i finanzieri trovarono, insieme ad altri documenti, i famosi elenchi della P2 che evidentemente Gresti non voleva diffondere al pubblico.

Pecorelli queste connessioni le conosceva già — perché le viveva e perché lì si trovavano le sue fonti privilegiate — e le descriveva ai lettori con un anticipo di due anni rispetto alla magistratura. La sua capacità di raccogliere notizie e informazioni all’interno di ambienti estremamente ben informati rendono l’Osservatore Politico una vera e propria miniera di approfondimenti. E l’ascesa di Craxi non fa eccezione. Dalle colonne del giornale diretto dall’avvocato molisano emerge un’immagine poco limpida della salita al potere del politico milanese. Un trionfo dovuto agli appoggi d’oltreoceano, guadagnati con le posizioni adottate nei tragici cinquantacinque giorni della prigionia di Moro, e alla vicinanza con ambienti piduisti. Berlusconi, il Corriere della Sera e Gresti vedono tutti di buon occhio il nuovo PSI. Quest’ultimo ha abbandonato la falce e il martello e ha adottato il garofano, testimoniando un cambio di passo che ha un solo protagonista: Bettino Craxi. Il segretario milanese porterà il suo partito al governo grazie all’accordo con la DC e si avvereranno così le profezie, in realtà analisi fatte alla luce di fonti informative di livello altissimo, di Pecorelli. Ma il giornalista molisano non vedrà mai il Pentapartito, Craxi presidente del Consiglio e la creazione del famoso CAF. Pecorelli verrà infatti orribilmente ucciso il 20 marzo 1979 in un barbaro assalto che vergognosamente, a quarantatré anni di distanza, non ha ancora colpevoli.