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Maciel Degollado, l’oscuro fondatore dei Legionari di Cristo

Redazione Spazio70

Nel 2006, di fronte agli esiti dell’inchiesta che dimostrano la colpevolezza di Maciel ormai vecchio e malato, Benedetto XVI lo sospende a divinis e gli impedisce di apparire in pubblico. Solo dopo la sua morte, il 30 gennaio 2008, si scoprirà che oltre agli abusi sui seminaristi, si era costruito una doppia (o tripla) vita in diverse parti del mondo

di Annalisa Meriggi

«Guardate che nessuno vi seduca», tuona Gesù. E la seduzione non è mai, solo, donna. È maschio, femmina, è tutto ciò che la maschera concede. Il mistero del peccato e del male è vestito di nero cuoio stretto in nastri e di bianco del colletto; questi sono i codici estetici di una pagina che non muore. Che non morirà mai. Lo spettro aleggia prima che nei templi, nelle coscienze. Lo stoppino è quello di un braciere stregato, che avvampa in un incenso, che lascia una profonda scia. Dalla nigredo della morte, alla rubedo della fede, che non è perita nemmeno quando al falso profeta è caduta, la maschera: metà in latex, metà in ceramica greca, con motivi di pederastia. A fabbricarla, forse il diavolo. È la maschera del sobillatore, quella dell’avversario, del falso profeta. Di chi fa finta di lucidare l’armatura della santità e la spada dell’esemplarità alla maniera dei grandi fondatori carismatici, solo per nascondere altri talenti. Di certo non quelli di chi disinfetta le ferite ai lebbrosi timorati di Dio, ma di chi contratta, dice bugie, e occulta la propria vita sessuale, la propria libidine agli angoli bui di case, di chiese e di seminari; che imbastisce rituali di pedofilia da infliggere ai Legionari di Cristo; che chiama adolescenti nella sua stanza fingendo mali incurabili, affinando tecniche seduttive indecenti e abominevoli.

Alcuni seminaristi erano letargici, raccontano. Certo, perché non era permesso il riposo notturno, bisognava darsi da fare. Lenire i bollori di Marcial Maciel Degollado, un Padre per i Legionari, il Padre dei Legionari, il cui rapporto ha finito per assumere tratti incestuosi. Ha rotto gli argini dell’umanità e ha prolungato insensatamente una tirannia manipolatoria e narcisistica, criminale. E pare proprio se la sia cavata per decenni, Maciel, fra i panneggi e le ombreggiature dell’intrigo. La seduzione dell’avversario che con lingua di rettile insinua le grazie di Eva. Quando cadrà la maschera, questo spaccherà tutti i cocci della credibilità della Chiesa.

IL «CULTO» DI MACIEL DEGOLLADO E LE ACCUSE DI ABUSI SESSUALI

Padre Marcial Maciel Degollado

Padre Marcial Maciel Degollado

Sono finiti i tempi delle sorprendenti operazioni di «polizia» francese, all’alba del 13 ottobre 1307, quando i soldati di Filippo il Bello arrestano a tappeto e contro la volontà del Papa tutti i Templari di Francia, accusati di partecipare a scabrose cerimonie in cui issano Bafometto palpandosi a vicenda; e sono finiti i tempi, rapidi come una folgore, della campagna di espulsione dei gesuiti dall’Europa, accusati di sincretismo e di metodi lassisti di inculturazione. Nel 1773 Papa Clemente XIV firma la Dominus ac redemptor ed è fatta. Qui, invece, nel Novecento inoltrato, tutto è celato. Sotto una coperta che è troppa corta e infeltrita. Quelli sedotti in questa vicenda sono giovani graziosi in abito talare, milizie cariche di entusiasmo e di fede, soggiogati da un falso oracolo. Una guida sbilenca e depravata, eppure dal carisma efficace e longevo proveniente dall’America del Sud.

Ma Legioni di cosa? Di demoni o di angeli? Di ciò che sussiste nel mezzo. Giovanni Pico della Mirandola nella sua Orazione sulla dignità dell’uomo scriveva che l’uomo è l’unica creatura in grado di innalzarsi al livello degli angeli e al tempo stesso di abbassarsi al livello delle bestie. A mezza via sia: Legione di uomini. Uomini capitanati da Maciel Degollado. È una storia con richiami evangelici: troviamo la Legione degli spiriti impuri e i porci, in Marco, ma non solo. Qui è diverso. Era già diverso in Matteo, in cui Legione corrisponde sì al nome di un demone, ma anche a un corpo unico, umano-spirituale, quello dell’esercito romano che aveva arrestato e ucciso Cristo, ma Egli rinuncia. Non vi opporrà dieci legioni di angeli. I Romani adoravano Dio-Imperatore, e consideravano atei i cristiani poiché non vi si piegavano, i Legionari di Cristo adoravano Maciel, in un fermento quasi messianico, di abnegazione cieca e stregata. Contraffatta.

Il contesto, comunque, non passa mai di moda: è quello dell’allarmante realtà degli abusi sessuali compiuti da uomini di Chiesa a danno di minori. Pedofilia e cattive condotte. Le accuse bestiali a carico di Maciel Degollado, quelle a sfondo sessuale, cominciano a solidificarsi ufficialmente in una nube di fumo pestilenziale altissima, quando ex appartenenti dell’ordine dei Legionari di Cristo, di cui egli è fondatore dal 1941, iniziano a cantare. Questo dal 1976. In quell’anno il Superiore provinciale per gli USA dei Legionari, padre Juan Vaca, lascia ex abrupto la Congregazione; si sarebbe sposato di lì a poco ricominciando una nuova vita. Scrive una lunga lettera aperta a Maciel, accusandolo di anni di abusi sessuali reiterati su di lui e su altri venti Legionari; quattro fra questi confermeranno l’accusa, insieme ad altri, nel 1997; il fondatore mitologico dei Legionari, di un ordine religioso internazionale, è un pedofilo-pederasta e manipolatore di coscienze, a quanto pare. Vaca fa suonare una sirena tetra di allarme: in realtà è un corno lugubre da requiem.

GIOVANNI PAOLO II E IL VIAGGIO IN MESSICO DEL 1979

Un'immagine del viaggio di Giovanni Paolo II in Messico (1979)

Un’immagine del viaggio di Giovanni Paolo II in Messico (1979)

Ex seminarista e legionario dell’ordine, ha trentanove anni mentre verga la lettera, e rivelerà di essere stato reclutato da Maciel Degollado a dieci anni e di essere stato molestato fino ai venticinque. Il suo personale cayer de doléances lo redige direttamente indirizzandolo al proprio persecutore; a un uomo che in fanciullezza ha ritenuto una specie di santone, un martire. Elenca altri venti uomini, identificandoli con i loro cognomi, messicani e spagnoli. Attacca il Regnum Christi, attacca la Legione, i metodi «da lavaggio del cervello», il modello assunto dalla Congregazione simile a quello di una società segreta e i metodi formativi poco ortodossi. La denuncia è una lettera che è un grido del cuore: «Per me, padre, la vergogna e la sofferenza morale della mia vita sono iniziate in quella notte di dicembre, nel 1949. Con la scusa che stavate soffrendo mi ordinaste di giacere nel vostro letto. Non avevo ancora tredici anni, allora; sapevate che Dio mi aveva mantenuto intatto nella mia purezza fino a quel momento […]. Ero arrivato alla legione bambino, senza esperienze sessuali di alcun tipo. […] Siete stato voi a iniziare, quella notte, l’aberrante e sacrilego abuso; l’abuso che sarebbe andato avanti per tredici penosi anni». (Dalla lettera di Vaca a Maciel Degollado del 20 ottobre 1976)

Nel 1997 i giornalisti Jason Berry e Gerald Renner raccolgono le testimonianze di una ventina di ulteriori seminaristi e legionari. Aprono un’inchiesta grossa, fatta confluire nel volume intitolato: I legionari di Cristo. Abusi di potere nel papato di Giovanni Paolo II. Si accusa Maciel di nuovo, ma con più potenza e precisione. Di molestie, di manipolazione, coercizione fisica e psicologica, strategie di controllo, culto della personalità inflitto ai seminaristi e altre amenità. Tutto ai tempi dei seminari. Roma è apparsa stretta per troppo tempo in un elegante e gelido riserbo. Questo ha destato sospetti, soprattutto nei riguardi di Giovanni Paolo II. Vaticanisti del calibro di Sandro Magister, Franca Giansoldati, e la stessa inchiesta condotta da Jason Berry e Gerald Renner, hanno vagheggiato ipotesi di insabbiamento da parte del Vaticano.

La sabbia è fatta di granelli però. Non è quella mobile e acquitrinosa di questa vicenda. Nel 1979 il Papa polacco reggente compiva il suo primo viaggio pontificale in Messico. A un giornalista, sull’aereo, avrebbe detto che sarebbe stata sua cura richiedere alla Vergine di Guadalupe, la santa nazionale, di pregare per la popolazione del Messico, che da sempre aveva molto sofferto, proprio come la sua, quella polacca. La Chiesa del Messico non aderiva alla nauseante Teologia della liberazione che imperante si era imposta come nuovo modello. Si sperava in una Chiesa diversa con questo pontificato mondializzato. Una Chiesa che avrebbe cercato di curare i rapporti col Cile, che avrebbe fatto strategia politica, una Chiesa che avrebbe predicato sempre l’accordo con l’autorità vaticana. In linea con l’idea restauratrice di Chiesa di quel Papa. Quel maledetto viaggio in Messico si trasforma in scintilla di simpatia. Giovanni Paolo II rimane sedotto dalla falsa efficienza dei Legionari che volevano rompere con la Chiesa del compromesso degli anni Sessanta e Settanta, favorendo un Cristianesimo in grado di imporsi senza vie brevi.

«WOJTYLA? VENNE CONVINTO DELL’INNOCENZA DI MACIEL DEGOLLADO»

Maciel Degollado e Giovanni Paolo II

Maciel Degollado e Giovanni Paolo II

Nel 2001, lo scandalo. Dopo castelli di accuse e inchieste a carico di Maciel Degollado che avevano già sfondato le maglie della discrezione, Giovanni Paolo II lo elogia ufficialmente durante la celebrazione del sessantesimo anniversario della fondazione della Legione. Questa assoluzione simbolica non va giù, ha il sapore dello sfregio. Un Papa che si era fatto difensore dei diritti umani sotto le dittature, lascia ora sgomenti e atterriti. C’è chi ha parlato di distacco dimostrato dal Pontefice polacco, rispetto alla crisi sessuale del clero e, in particolare, rispetto a questo scandalo. Un distacco in linea con il suo stile di governo, però, e che forse si innesta nella visione astratta di un teologo-filosofo, desideroso di ricomporre i tasselli del mondo della Chiesa attraverso i viaggi. Una Weltanschauung fatta di calotte diplomatiche che si urtano, l’un l’altra, ma alcune cerniere non vengono considerate, o peggio, non vengono viste. Giovanni Paolo II ammirava molto l’insegnamento cattolico dei Legionari, la loro fedeltà a Roma e al Papato, e il successo nel generare vocazioni tra i giovani cattolici.

Sia notato: dal 1999 l’atteggiamento di Wojtyła verso Maciel Degollado cambia direzione e colore. Il fondatore dei Legionari non accompagna più il Pontefice nei suoi viaggi in Messico. Salvatore Izzo, vaticanista, asserirà che «di fatto chi ha fermato le indagini della Congregazione per la dottrina della fede ha anche ingannato Giovanni Paolo II, fino a convincerlo dell’innocenza di Maciel riguardo alle accuse di pedofilia. Se non se ne fosse convinto, Papa Wojtyla non avrebbe certo indirizzato ai Legionari, ma altrove, il figlio di un proprio collaboratore che voleva diventare sacerdote».

Ricatti psicologici, coscienze turbate e lavorate come cotenne al macello, mistificazioni e violenze. Certo, tutto col senno di poi. Un’organizzazione, la Legione, che respira attraverso due apparati, quello consacrato, dal 1941, e quello laicale, di fondazione più tardiva, nel 1959; la Legione e il Regnum Christi, unica la testa. La prima, con centinaia di sacerdoti provenienti da diversi Paesi, la maggior parte di giovane età e di bell’aspetto, e le consacrate e i consacrati del Regnum Christi, l’associazione laicale contigua. Guida indiscussa lui, Maciel, criminale, orco, che della Legione fece un boudoir per ragazzini, un’infermeria sconcia, un viscido scriptorium. Tutto sotto la lampada del diavolo, come quella ritratta da Goya.

«NON DOBBIAMO DIRE O SCRIVERE NULLA, NÉ CRITICARE I SUPERIORI»

Lo stemma dei Legionari di Cristo

Lo stemma dei Legionari di Cristo

È il riflettore dia-bolico della distorsione della verità e della sua mistificazione; quello della trasformazione di un comportamento patologico, criminale, in immagine di virtù. Luci dia-boliche, poiché divisive. È dal 1941 che ne è a capo, di questa organizzazione, diffusa ovunque per il mondo; da Roma al Messico. Dal Messico a Roma. Operatori, educatori, laici, scuole, università, reti diplomatiche. Spagna, America Latina, persino Irlanda e Stati Uniti. Maciel Degollado cresceva, è sempre cresciuto: nel 2003, prima del declino di questa orrida parabola, la Legione vantava un capitale di undici università e centocinquanta scuole private in tutto il mondo. Si è guardato spesso con sgomento ai secoli del passato, al monopolio educativo della Compagnia di Gesù che ha fatto storcere il naso all’evo moderno. E qui, invece, nulla. Nessuno ha da obiettare. Qui, dove la Legione è nemesi, è realmente l’angelo caduto dei Gesuiti. E nessuno che se ne accorga. È l’altra faccia del bene, la privazione di esso, il male. Ed ha fatto proliferare bozzoli maligni, abortiti solo tardivamente.

L’impero della milizia legionaria è una cattedrale gotica dalle guglie che sembrano incubi. Avvoltoi, rapaci, corvi, scheletri, feticismi grotteschi e sfrenati. I Legionari: si tratta di un ordine religioso, di quelli tradizionali, sulla carta. Alla maniera antica. Alla maniera degli ordini tradizionali, dei francescani, dei domenicani, dei gesuiti. Un ordine di Milizia dal sapore anacronistico. I soldati di Cristo. Armi bianche, di certo, per un combattimento spirituale, a suon di alapa militaris. Uno schiaffetto all’insegna dello Spirito. E negli anni Quaranta del Novecento, il tempo si ferma fra quelle regole: voti di povertà, carità, obbedienza, ma è previsto altro. Alcuni voti privati: Maciel, il Padre, il fondatore, Nuestro Padre per la precisione, così come amava farsi chiamare, non può essere osteggiato o criticato; mai parlare male di lui o della gerarchia; inoltre, in un passaggio di testimoni diabolico, fare la spia è considerato espressione di fede. Ma attenzione: questi voti privati, così definiti dai Legionari, sono roba alla buona, sibili nel vento delle mura seminariali, flatus vocis; di diritto ecclesiastico e normato non c’è traccia. Voti, questi ultimi, mai approvati dalla Congregazione del Clero.

«Non dobbiamo dire o scrivere nulla contro i legionari di Cristo, né criticare i nostri superiori. Se qualcuno pensa che ci sia qualcosa di sbagliato non deve abbandonare la Legione, ma portare le sue lamentele all’attenzione dei superiori. Non dobbiamo mai parlare con chi non fa parte della Legione. Tutto questo perché il diavolo vuole distruggere i legionari di Cristo», riferirà Vaca in un’intervista, sotto l’effetto rammemorante di un comando che lo faceva apparire lobotomizzato, carcassa stanca per il riposo rubato e la verginità.

LA «VOCAZIONE» DI MACIEL DEGOLLADO

Capi cristeros con la bandiera messicana sul cui centro campeggia l'effigie della Madonna di Guadalupe

Capi «cristeros» con la bandiera messicana sul cui centro campeggia l’effigie della Madonna di Guadalupe

Nuestro Padre nasce il 10 marzo 1920 a Cotija, a ovest di Città del Messico. Il padre è affetto da machismo, sindrome acuta, mentre la madre è una pia donna e il figlio sta attaccato alle sue sottane: «Suo padre voleva che divenisse un uomo duro, non una femminuccia […] Lo lasciava dormire con gli uomini nelle casupole dei campi. Maciel disse che una volta, mentre dormiva, fu molestato da uno di quegli uomini», racconterà sempre Vaca, stavolta a Gerald Renner, in una intervista del 2003. È la catena mimetica del morso del vampiro, quella della violenza di cui teorizza Girard. Le durezze del Padre, le durezze subite, la durezza rurale.

La società messicana in cui cresce Maciel Degollado è afflitta da persecuzioni anticlericali che la tramortiscono. Il Messico aveva ottenuto l’indipendenza nel 1821 e la Chiesa Cattolica era stata privata di una parte consistente delle sue ricchezze, di terre e di beni. La cristiada era la rivolta cattolica contro la Costituzione del 1917 che dichiarava di non riconoscere «personalità alcuna ai gruppi religiosi denominati chiese». I sacerdoti erano esclusi. Era loro proibito criticare le leggi e perfino votare alle elezioni; era stato tolto il valore legale ai titoli di studio conferiti da scuole religiose; era vietato ogni riferimento confessionale nei nomi di associazioni politiche; era inibita alle chiese ogni tipo di proprietà.

Questa furia anticlericale è il perimetro entro cui l’avventura dei legionari si snoda. Il perno è il controverso carisma di Maciel. È il periodo della rivolta dei Cristeros, è la resistenza, fino alla tregua del 1929 tra governo messicano e Pio XI che pone fine al sangue. Maciel Degollado gioca alla resistenza, si veste da cowboy, scala le montagne anticlericali, presenzia alle messe di nascosto. È il periodo della clandestinità, dell’adrenalina da sotterfugio. Vite clandestine, le messe in case private come nel Cristianesimo antico: gli splendori della domus, l’eucaristia casalinga sotto le due specie. È un periodo di conflitto che attraversa le vite anche degli zii di Maciel, almeno un paio, che prendono parte attiva tra le forze ribelli. Uno nelle vesti di generale, l’altro di vescovo. Quest’ultimo è il lasciapassare per la vocazione di Maciel; ha nome Rafael Guizar e gestisce un seminarietto a Città del Messico; Maciel si unirà a questo gruppo, a partire dal 1934, dopo l’episodio vocazionale, la grande rivelazione.

La vocazione di Maciel non ha esattamente i tratti mistici e visionari di una caduta da cavallo, secondo i crismi paolini, e nemmeno quelli di una tempesta spaventosa alla maniera di Lutero; non è nemmeno una illuminazione simile a quella di Loyola, logorato, lettore malato e febbricitante. Non ha niente dell’estasi mistica, o dell’epica dello spirito, niente di seducente. Il grande input gli viene da una suora che dai bassifondi rientra dal rosario mariano, durante il mese di maggio. Maciel Degollado la incontra per strada, dinoccolata: «Anch’io potrei fare il prete?» le chiede. «Sì, certo…». E tutto gli diviene mirabilmente chiaro. Così. Lo narra lui stesso: «Dio usava ciò che chiamiamo “confusione” per farmi capire che mi stava chiamando. In quel momento mi divenne eccezionalmente chiaro che Dio mi aveva messo gli occhi addosso, che mi aveva scelto come prete, nonostante il mio scarso valore e la mia miseria».

UNA PERSONALITÀ PROBLEMATICA

Maciel Degollado durante una messa in una scuola irlandese della Legione di Cristo. La foto risale ai primi anni Sessanta (fonte: ncronline.org, CNS/Catholic Press Photo)

Quanta epica, e quanta umiltà. Icona umana, già santa, che sbatte contro il proprio destino vocazionale. Un destino vocato alla mistificazione, alla distorsione e a fingere di vivere una vita non sua. Una falsa pietas e atti di eroismi finti, artificiosi, artificiali. La vocazione è solo l’inizio di questa gigantografia di sé stesso, contraffatta, durata anni: Maciel Degollado viene a essere il ragazzo che si prende cura dei Cristeros feriti e dell’umido delle loro ferite, come Caterina Benincasa, che suggeva il pus dalle pieghe infette dei lebbrosi per essere d’esempio a chi li rifuggiva; è il ragazzo all’ombra dell’operazione antigovernativa di quell’altro zio, farmacista part-time e generale; è l’anti-eroe mascherato da eroe; è l’emissario del diavolo mascherato da santo; è un ragazzino complessato per gli atteggiamenti di un padre duro e anaffettivo che lo vuole Uomo prima del tempo.

Dai vari complessi edipici, senza padre, risorgerà Nuestro Padre, così come tutti i Legionari lo chiamavano. Seguono un paio di arresti a Tierra Blanca, ma esce su cauzione della zia ricca. La sua istruzione è affidata ai gesuiti, nemesi profetica, con i quali stringerà un rapporto dolceamaro. Riesce a entrare nel 1938 in seminario, attraverso i soliti agganci di famiglia, ma dura poco. Viene cacciato dopo due anni per certe «incomprensioni», che poi diventeranno calunnie a suo carico, sul suo conto; diventeranno le prime cospirazioni mitologiche, da manuale, che gli avrebbero impedito, come da copione, di fondare il nuovo ordine religioso.

La verità è che Maciel risultava già problematico. In tempi non sospetti. In aggiunta non riusciva a barcamenarsi fra ebraico e greco biblici, mai stato uno studente modello. Si è macchiato di errori ortografici per tutta la vita, questo è ravvisabile nella sua corrispondenza, così raccontano i suoi ex Legionari. Inizia a fare il giocoliere-postulante suonando a vari seminari, nessuno che lo raccolga. E anche questo, secondo la pura logica della contraffazione e della narrazione mistificata, retrospettivamente, diventerà la fonte della magia del personaggio: è bene che gli adepti colgano nei corsi e nei ricorsi della tormentata biografia del fondatore dell’Ordine l’intensità della lotta, la difficoltà nel non reperire un proprio posto nel mondo, perché ovunque gli è negato; e le barriere? E gli ostacoli che avrebbe dovuto sormontare per fondare i Legionari? Una fondazione già santa perché osteggiata. Un mito capovolto proprio come una croce.

IL «CARISMA» DELLA PALLOTTOLA

Uno dei passi più significativi della missiva inviata da Juan Vaca a Maciel Degollado nel 1976

Uno dei passi più significativi della missiva inviata da Juan Vaca a Maciel Degollado nel 1976

È il 1941, finalmente: Maciel inizia a reclutare adolescenti per il suo progetto di misericordia e disciplina. Senza una preparazione minimamente adeguata. Un progetto di religiosità militare, che si caratterizza per l’ammirazione nei riguardi di Francisco Franco, così caro ai conservatori latini, i riverberi del cattolicesimo e del fascismo in un unico uomo. Si forma un esercito di marionette di pezza in abito talare, addestrate a loro volta a educare. A cosa, esattamente? Al rigore, al senso della gerarchia, all’analisi, alla diplomazia, al senso del denaro, a immagine e somiglianza di papà Maciel. La lucida follia di un Eliogabalo del Messico e tutto il corredo; culto personale, proscinesi, congiure del silenzio, omertà. Il Sole-Maciel: obbedienza a lui e al Papa.

Il posto della Legione degli inizi è una vecchia casa, una specie di granaio, un allestimento di fortuna fatto di giornali e coperte; la grazia della povertà. Maciel Degollado inizia a insegnare senza mai essere giunto a una reale formazione accademica: «Non era abbastanza in gamba: questo è quel che mi è stato detto dai suoi professori», dichiarò un gesuita messicano, ex collega del seminario. Lì dentro ne ricavano una cappella, una sala studio, dei pagliericci, un seminario arrangiato. Pane, sardine, pasti frugali.

Nel 1944 si tiene l’ordinazione di Maciel Degollado che ha ventiquattro anni, nella Basilica di Nostra Signora di Guadalupe. Un fuoco giovane, il suo, che è sempre rimasto fatuo e ignorante, spurio, poco accurato; competenze teologiche inferiori alla media, sapeva di certo meno di un ordinario presbitero in odore di ordinazione. Il 1949 è l’anno inaugurato «dal carisma della pallottola». Un incidente che inspiegabilmente e in maniera grottesca cesella il volto di Maciel alla stregua di quello di un santo. Un traumatico evento. Un attentato al Padre dei Legionari da parte dei comunisti, almeno così sembra dalle cronache: Degollado entra da una finestrella del granaio adibito a seminario, dopo che i figlioli hanno sentito degli scoppi da fuori. Spaventato, ha il cappello in mano, mentre rifluisce in avanti, che è perforato da una pallottola, esce il fumo ancora. Stava per essere perforato alla tempia, ha scampato la morte, ma è un miracolo un po’ improbo. In controluce, la miracolosa salvezza di un verme che striscia in avanti. Molti anni a seguire saranno proprio quei ragazzi cresciuti da abusati, Juan Vaca e José Barba Martin, a dire che con ogni probabilità si sarebbe trattato di una messa in scena che avrebbe potuto fornire le basi per la costruzione ad hoc di un culto martiriale di foggia messicana. Quello di un crociato col cappello sfondato, un inviato di Dio, un profeta dall’altro mondo scampato alla morte. Tutto per impressionare i suoi adepti. Che continuano ad aumentare.

«APPROVO E BENEDICO LE FORME DI APOSTOLATO CHE PROPONETE»

Pio XII nei primi anni Cinquanta

Pio XII nei primi anni Cinquanta

È l’ambizione, la sete, a fare da ponte fra Messico, Spagna, Roma. Terminato il secondo conflitto mondiale, l’ambizione di Maciel decolla oltreoceano. Fabbricante di storie e di incubi inanellati sapientemente, venditore di fumo, e di corone con cui adornare il capo dell’adolescente di turno, corrompe addirittura la narrazione con cui sarebbe avvenuto il primo incontro col germofobico ed esile Pio XII. Il Pontefice, successivamente, in un’udienza predisposta ad hoc nel 1948 per i progetti dell’ordine religioso, avrebbe benedetto le forme di apostolato proposte da Maciel, superiore generale, mentre già costui veniva definito sottovoce negli ambienti curiali «un bugiardo, un alcolizzato e un ladro». A Maciel, però, il timbro definitivo: «Approvo e benedico le forme di apostolato che proponete», scrive il Pontefice in una lettera datata 12 maggio 1948.

Sarebbe stato Pio XII, in particolare, a insistere sulla necessità di «formare dei leader per l’America latina e per il mondo, e metterli al servizio di Cristo». Come un esercito in assetto di battaglia, Sicut acies ordinata. Ed è proprio in questa occasione che il nome originario, Missionari del Sacro Cuore di Nostra Signora delle sofferenze, viene trasformato in Legionari di Cristo. Pio XII taglia i nastri inaugurali, ma si ricalca comunque, anche qui, l’intuizione del fondatore: la milizia della battaglia, quella dei Cristeros che si erano ribellati all’anticlericalismo militante dei capi rivoluzionari e liberali. Da qui, l’ascesa. Stille di fasullo Logos spermatikòs si propagano; il Logos fecondo dei Padri, di Giustino Martire, la semenza di Dio (capovolta): Maciel riesce ad aprire il Collegio Maggiore a Roma nel 1950, la sede degli studi superiori della Legione. Per andare e tornare dalle lezioni i legionari marciano con un’andatura da reggimento militare; dal Collegio al Vaticano, spesso; e dal Vaticano al Collegio. Riesce ad aprirne un altro a Città del Messico nel 1954; un noviziato a Salamanca nel 1956, e costruisce la Basilica Minore di Nostra Signora di Guadalupe a Roma tra 1958 e 1960.

È del 1959, poi, l’inaugurazione ufficiale del Regnum Christi, il movimento di apostolato laico parallelo alla Congregazione. Il curriculum accademico che non si era mai procurato, Maciel, eccolo: ha assunto forme anche qui contraffatte. Papa Paolo VI, nel 1965, decide di innalzare la Legione al rango di Congregazione di diritto pontificio cosa che, certamente, rende più agevole la diffusione.

LA DIPENDENZA DAI NARCOTICI

Il cardinale Valerio Valeri

Il cardinale Valerio Valeri (fonte: araldicavaticana.com)

Dagli archivi di Berry e Renner emergono dettagli raccapriccianti; i seminaristi perdevano i contatti con le loro famiglie una volta all’interno delle strutture educative della Legione: «ai ragazzi veniva detto che abbandonare la Legione significava che le loro anime sarebbero andate all’inferno: “vocazione perduta, dannazione sicura” era il ritornello che faceva sì che molti rimanessero anche quando desideravano andarsene, generando un senso di colpa che anni dopo li avrebbe portati in terapia». Pare di sentire tintinnare, analogamente, il sonaglio dell’adagio cinquecentesco ai tempi delle indulgenze del predicatore Johann Tetzel, che pure un santo non era: «quando cade il soldin nella cassetta, l’anima vola al cielo benedetta». La porta per il Paradiso era già aperta per chi pagava. Abissi di contraffazione e desolazione.

Il galateo della perdizione brevettato da Maciel prendeva le pieghe di una cerimonia oscura fatta di misoginia, di feticismo, di estremi. Le illustrazioni della Venere di Botticelli, persino, venivano oscurate nei seminari. Donne nude nei libri di arte sacra coperte con lo scotch. Fruste, staffili, cilici, in un’orchestra uncinata fatta di tonfi e rombi notturni di carne. Flagellazioni per far restare pulita la coscienza. Parrebbe di precipitare in un’atmosfera faustiana, fatta di volte gotiche alte e anguste, alla lettura di certe memorie di alcuni ex novizi, che descrivono alcune aree del seminario come una sorta di laboratorio alchemico fatto di campioni di liquido seminale: «Come scusa per le sue avance, ad alcuni Maciel diceva che il suo dottore gli aveva ordinato di liberare un accumulo di sperma; ad altri, che aveva la prostata ingrossata, affermazione che tradiva l’ignoranza dei seminaristi troppo giovani e ingenui per sapere che una prostata ingrossata causa l’impotenza. Disse loro anche che Papa Pio XII gli aveva dato una dispensa speciale per il sesso a causa di un male cronico».

A partire dal 1956, però, il Vaticano inizia condurre un’indagine su di lui. È l’inizio, non definitivo, della parabola discendente. Maciel ha un piccolo vizio, è dipendente dal Dolantin, un derivato della morfina. Sguinzaglia da mesi di nascosto i suoi fidi ragazzi a procurarglielo per Roma. Si fa sorprendere sotto effetto di narcotici dal cardinal Valerio Valeri, che infuriato si rivolge immediatamente al segretario del Sant’Uffizio, Alfredo Ottaviani. Lamentele e voci giungono alla Congregazione per i Religiosi. Maciel, prima donna, fa una scena madre: lagrimevole, dice ai seminaristi di Roma che aveva insegnato loro a obbedire al Papa, e che ora lui stesso, in tempi difficili, avrebbe dovuto mostrare obbedienza dimettendosi. Le lacrime di un uomo, le lacrime di un santo. Un santo stordito, la cui carne è piena di punture di siringhe. Valeri e Ottaviani nutrono dubbi sull’integrità di Maciel. Alcuni visitatori apostolici iniziano così a osservare più da vicino il seminario e piombano come falchi sulla congregazione. I discenti sono debitamente istruiti da Maciel sul fatto che i visitatori sono «gente malvagia, con cattive intenzioni», e in nome del quarto voto, colpo di scena: i cinquanta studenti interrogati giurano sulla Bibbia che Maciel è innocente, totalmente innocente, azzerati i capi di accusa rispetto a tossicodipendenza, pedofilia e bestialità.

IL PONTIFICATO DI BENEDETTO XVI E LA SOSPENSIONE «A DIVINIS»

Sono interrogatori che, almeno per atmosfera, non di certo per grado di responsabilità, ricordano tanto quelli in cui vennero buttati i templari, alla vigilia di quel 13 febbraio infausto, prima del proscioglimento. Non c’è De Molay, certo. C’è Maciel, che di Gran Maestro ha ben poco. Pressati, quei ragazzi, proprio come i templari, storditi, interrogati dalla stessa gerarchia ecclesiastica che li aveva resi soldati di Cristo, ma allo stesso tempo legati per sempre alla paternità di Maciel, padre padrone, ma pur sempre padre. Ne professano l’innocenza. «Negai il suo abuso di droghe. Feci una grande difesa di Maciel, tessendo le sue lodi», dirà Vaca.

Per diciotto mesi Maciel viene rimosso dalla direzione della Legione e viene anche allontanato da Roma. Per troppo poco. Tornerà, inspiegabilmente, a rivestire la sua carica. Secondo Berry e Renner, torna alla testa della Legione il 9 ottobre 1958, dopo la morte di Pio XII e appena prima dell’elezione di Giovanni XXIII. I vuoti di autorità (papale) fanno danni. Berry, in particolare, spiega che approfittando di quella fase di vuoto, quando il governo della Chiesa era affidato al cardinale camerlengo, Maciel sarebbe entrato in contatto forse con il vicario di Roma, Clemente Micara; questo, ossessionato dalla ricostruzione della città di Roma devastata dalla guerra, avrebbe ricevuto da Maciel un «piccolo» finanziamento, diecimila dollari, per la costruzione di Nostra Signora di Guadalupe e San Filippo. La leggenda vuole che Micara avrebbe posto la prima pietra di quel sacro edificio, strizzando l’occhio a Maciel.

Tornato saldamente al timone, nel 1966 i Legionari creano la prima di numerosissime scuole per i poveri, Mano Amiga, che diviene un ricettacolo di vocazioni; nel 1970 ottengono da Paolo VI la Prelatura di Quintana Roo nello Yucatán e la missione presso il popolo Maya; nel 1991 fondano il Collegio Maria Mater Ecclesiae a Roma; nel 1993 l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Maciel viene nominato membro dell’Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi per la formazione dei candidati al sacerdozio e membro della IV Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano nel 1992. È sotto il pontificato di Benedetto XVI che la fase discendente della parabola accelera, sempre più. Soltanto a partire dal 2005 verrà annunciato il ritiro dalle scene curiali di Marcial Maciel. Giovanni Paolo II, in fin dei conti, malato, aveva affidato la cura della Via Crucis del venerdì santo al cardinale Ratzinger, che aveva denunciato pubblicamente «la sporcizia del clero».

Nel 2006, di fronte agli esiti dell’inchiesta che dimostrano la colpevolezza di Maciel ormai vecchio e malato, Benedetto XVI lo sospende a divinis, lo ostracizza, gli impedisce di apparire in pubblico. Solo dopo la sua morte, il 30 gennaio 2008, si scoprirà che oltre agli abusi sui seminaristi, si era costruito una doppia, una tripla vita in diverse parti del mondo. Maciel, si sarebbe saputo a tempo debito, ce lo racconta Franca Giansoldati nel suo Il Demonio in Vaticano, aveva due mogli e figli. Forse due, forse tre. Mai chiarito. Due nuclei familiari, ignari di avere a che fare con un prete; una famiglia viveva in Messico, una in Spagna. Agiva nella menzogna, attraverso un meccanismo di coperture, fingendosi manager di una compagnia petrolifera.

La Legione, nel 2010, si scusa ufficialmente per la prima volta: «Esprimiamo il nostro dolore e il nostro rincrescimento a tutte le persone che hanno sofferto a causa delle azioni del nostro fondatore. (…) Vogliamo chiedere perdono a tutte le persone che lo hanno accusato in passato, a cui noi non abbiamo creduto e che non abbiamo saputo ascoltare, perché a quell’epoca non potevamo immaginare simili comportamenti».

Demonio o essere mediocre, Maciel? Un demonio mediocre, forse, e contraffatto. Nemmeno un processo canonico regolare gli è stato riservato, pur avendo polverizzato intere vite. Conviene stare dalla parte della medietas, virtù che si mostra non «stando a un’estremità, ma toccando insieme le due estremità e riempiendone lo spazio intermedio», come scriveva Pascal. Lo spazio intermedio, qui, oltre lo stato limite oggettivo dell’orrore, è quello tra demoniaco e mediocrità. Lo spazio intermedio abitato dal fantasma di Maciel Degollado, colui che si premurava umilmente così, ancora in vita: «Non iniziate il mio processo di canonizzazione fino a che non sarò morto da trent’anni».

Troppi rischi a rovistare nelle vite altrui.