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Caso Gregori: perché Sonia De Vito cambiò versione sul suo rapporto con Mirella?

Tommaso Nelli

Nella seconda inchiesta giudiziaria Sonia De Vito affermò che si era esaurito dopo l’inizio del suo fidanzamento. Ma la disamina dei diari e delle agende di Mirella Gregori la smentiscono e lei stessa nel 1983 aveva dichiarato il contrario. E allora: perché questo voltafaccia?

Tra domande e falsità. Nuove pesanti contraddizioni alimentano il caso di Mirella Gregori, la quindicenne scomparsa a Roma il 7 maggio 1983. Stavolta, a finire sotto la lente di ingrandimento è il radicale cambio di atteggiamento tenuto nel corso del tempo dalla sua amica, Sonia De Vito, circa il loro legame. Profondo e intenso sino alla fine (Sonia fu l’ultima persona a parlare con Mirella poco prima che se ne perdessero per sempre le tracce), ma che la diretta interessata negò con decisione nel corso della seconda inchiesta giudiziaria sulla vicenda, il 17 maggio 2011, negli uffici della Squadra Mobile di Roma: «Io e Mirella non uscivamo più insieme da almeno un anno; io mi ero fidanzata e spesso ci incontravamo per qualche breve minuto nel bar, magari perché lei veniva a cercarmi».

Un’affermazione categorica, ma con altrettanta risolutezza smentita dai diari scolastici e dalle agende di Mirella risalenti agli anni 1982 e 1983. Reperti consegnati spontaneamente agli investigatori, da suo padre Paolo, il 7 agosto 1983 (tre mesi dopo la scomparsa, quando invece avrebbero dovuto acquisirli loro e fin da subito), dei quali vi proponiamo alcuni stralci inediti che fanno emergere continuità e confidenza evidenti tra le due ragazze anche dopo il fidanzamento tra De Vito e Fabio De Rosa — avvenuto il 17 aprile 1982, come disse Sonia ai Carabinieri del Reparto Operativo all’epoca. Già quel giorno sull’agenda di Mirella si legge: «Oggi Sonia doveva andare dal parrucchiere e io l’ho accompagnata». Non fu certo il canto del cigno del loro rapporto, come si desume dal 26 maggio: «La madre di Sonia doveva andare dalla ragioniera a Torre Argentina e siccome mio padre anche doveva darle delle carte (dunque i Gregori e i De Vito avevano lo stesso contabile, ndg), sono andata insieme a Sonia dalla ragioniera». Una volta uscite, le due si presero un gelato e Mirella chiamò il suo fidanzato del tempo, Massimo C. Al quale raccontò una bugia – «Gli ho detto che stavo telefonando da scuola in un’ora di buco» – resa però credibile dal fatto che, nel primo anno di superiori, la sua classe alternò le lezioni tra mattina e pomeriggio per problemi con le aule. Quel giorno era però uscita «alle 3,00 per mancanza di acqua (meno male)».

Con l’arrivo dell’estate, complici le vacanze scolastiche di Mirella (Sonia si era fermata alla scuola media), le due intensificarono gli incontri. Per un gelato alla vicina Casina dei Pini dove trascorsero il pomeriggio del 23 giugno a parlare dei loro fidanzati – «Abbiamo chiacchierato sempre di M. o di Fabio» – oppure per farsi compagnia in giornate ordinarie: «Oggi non ho fatto niente di speciale, perché sono scesa da Sonia dalle 17 alle 19» (25 giugno); «In serata stavo da Sonia» (1°luglio).

UN’AMICA LATINO-AMERICANA: STELLA

De Vito lavorava nel Bar Italia, di proprietà dei suoi genitori, situato al civico 81 di via Nomentana, proprio accanto al palazzo dei Gregori. Un posto popolato da un variegato campionario umano, che andava dai poliziotti del vicino Commissariato di Via dei Villini a individui tutt’altro che raccomandabili, come raccontato dall’ex cameriere Giuseppe Calì a Fabio Rossi, autore del libro Mirella Gregori: la ragazza inghiottita dalla terra. E come mise a verbale il 28 agosto 1983 Vladimiro F., portiere di un hotel della vicina via Alessandria, infatuato di Sonia per un breve periodo: «Non frequento più molto spesso il bar dei De Vito, perché non mi piace la gente che vi bazzica».

Nel locale le due ragazze avevano fatto conoscenze. Come una certa Stella, che troviamo nella giornata del 20 giugno 1982. Dopo un pomeriggio al luna-park con Sonia, Fabio De Rosa e un loro amico di nome Sergio, Mirella ritornò «a casa che erano le 10». «Al bar Italia c’era Stella e allora», continua la ragazza, «ho colto l’occasione per poter stare insieme uno dei giorni successivi». Dove e per fare che cosa? Non lo sappiamo. Proseguendo però la lettura dell’agenda, si intuisce che fosse una persona a lei cara. Perché la inserì tra le destinatarie delle cartoline degli auguri di Natale; perché il 2 luglio scrisse: «Oggi è partita Stella e perché la si ritrova fra i contatti telefonici del 1982 e del 1983. Dai quali si desumono le sue origini centro-nordamericane (oltre al cognome, Citlalli Jurado, sono presenti un’utenza del Messico che rimanda all’impiego della madre – «Lavoro madre tel. 0052-5-5753711» – e l’indirizzo dell’ambasciata messicana in Nicaragua), ma soprattutto il suo abitare (insieme a un Umberto dallo stesso cognome – «Stella e Umberto Jurado» – come  si legge nel diario 1981/82) a Val Melaina, al tempo estrema periferia della Capitale.

Tutto questo che spinge a chiedersi: come nacque la sua amicizia con Mirella? E come aveva fatto a diventare una habitué di quel bar distante ben 7 km da casa sua? Dove sabato 24 luglio Mirella cenò su richiesta esplicita di Sonia. Dopodiché le due si intrattennero con una coppia adulta: «In serata è venuta Pina con il marito e ci siamo fatti le risate».

LE DICHIARAZIONI DISCORDANTI

Anche se in quei diari e in quelle agende Mirella riversava una minima parte della sua vita, visto che erano alla portata di chiunque come dimostrato dalle scritte di alcune sue compagne di classe, questi racconti rappresentano spunti per guardare una buona volta dentro gli ambienti da lei maggiormente frequentati e però trascurati dalle indagini. Come, appunto, il Bar Italia. Da dove Mirella talvolta chiamava il suo fidanzato oppure riceveva telefonate. E che ritorna ancora nel suo vissuto con Sonia. Domenica 4 luglio: «Ho cenato e poi sono scesa da Sonia per andare al mare l’indomani». Cosa che avvenne, visto che al 5 luglio si legge: «FREGENE». Anche qui ci si domanda: con chi andarono? E siccome Fregene dista quaranta chilometri da Roma e non è servita dal treno, chi aveva la macchina?

Tutti questi episodi smentiscono altre affermazioni rese da De Vito alla Procura di Roma tra il 2010 e il 2011: «Per quanto io ricordi, noi non conversavamo con nessuno»; «Non siamo mai andati al mare insieme e non ci siamo mai frequentati in compagnia tutti e tre» (lei, il marito e Mirella). Ma non solo. Fanno strike anche di quelle rese da De Rosa il 10 agosto 1983 ai Carabinieri del Reparto Operativo: «La mia fidanzata usciva con Mirella una volta a settimana quando io non andavo a trovarla […] Oltre a me, la mia ragazza non ha altre conoscenze maschili […] Mirella, che io sappia, tra le amicizie della mia fidanzata conosce solo mio cugino nonché mio fratello».

Singolare notare invece come nei suoi numerosi faccia-a-faccia del 1983 con gli inquirenti, De Vito non ebbe problemi a riconoscere la sua amicizia con Mirella, contraddicendo così il futuro consorte. «La vedo ogni giorno quando ritorna a casa da scuola» (31 maggio); «Noi eravamo molto amiche e ci confidavamo molto» (5 luglio); «Conosco Gregori Mirella da circa otto anni e posso dire di essere la sua amica del cuore» (15 luglio); «Tra di noi in genere ci dicevamo tutto, ma alcune cose le tenevamo ognuno per sé» (8 agosto). E non avrebbe potuto fare diversamente. Perché, se riprendiamo le agende di Mirella, troviamo scritto in data 25 luglio 1982: «Erano le 9, sono passata da Sonia e lei ha cenato, poi siamo andate fino al “Fagiano” a prenderci il gelato. Abbiamo fatto un giro e abbiamo chiacchierato a lungo». 6 agosto: «Questa sera abbiamo cenato io e Luciana (parente del fidanzato di Antonietta Gregori, ndg) al “Bar Italia” insieme a Sonia, poi siamo andate a fare un giro». 7 agosto: «In serata siamo andate con Sonia a fare un giro ed era deciso che domani dopo pranzo saremmo andate a Latina». E così fu. Addirittura, lunedì 9, Mirella e l’amica Luciana andarono a casa di Sonia a Colleverde.

UN’AMICIZIA SALDA FINO ALL’ULTIMO

A settembre, ricominciò la scuola. Mirella rafforzò l’amicizia con le compagne di classe, ma continuò a coltivare anche quella con Sonia. Sabato 30 ottobre: «Ho mangiato la pizza da Sonia». Mercoledì 1°dicembre: «La sera sono uscita alle 19.30 con Sonia e siamo andate in via Salaria dove lei ha consumato in un bar un frullato e io una pasta. Poi c’era venuto il pallino di andare in un bar a consumare una cioccolata calda e infatti così abbiamo fatto, siamo andate in un bar alle 20.30 e ci siamo sedute ai tavoli e abbiamo preso una cioccolata con una pasta! MI SONO DIVERTITA!». Non conosciamo i nomi dei locali e la loro esatta ubicazione, anche se via Salaria inizia a 600 metri dalle loro abitazioni al tempo, ma più di una domanda sorge spontanea su quella giornata: com’è possibile che due quindicenni, nella Roma dei primi anni Ottanta, godessero di così tanta libertà e a metà settimana andassero per bar col buio e all’ora di cena? Fu episodica quell’uscita? Da che fu determinata? E la scelta dei due bar? Niente si può trascurare in un’indagine. Soprattutto se riguarda la vittima, di cui si devono scandagliare gli universi sociali, e l’ultima testimone.

Si arriva al 1983. Giovedì 17 marzo: «È venuta Sonia» scrisse Mirella. Dove? E il motivo? Il 6 maggio De Vito e De Rosa parteciparono al rinfresco nel bar dei Gregori per il rinnovamento degli interni, come dichiararono entrambi alle forze dell’ordine. Ma c’è di più. Molto di più. Mirella e Sonia si videro anche il giorno dopo: quello della scomparsa. Quando Mirella si fermò dall’amica prima di recarsi al fatale appuntamento di Porta Pia dove l’avrebbe attesa un certo Alessandro. Ora, se non avessero avuto più rapporti, Mirella, che quel pomeriggio aveva già un altro impegno, non l’avrebbe fatto. Invece non solo entrò da Sonia, ma ci parlò per un quarto d’ora nella toilette del bar. Dove addirittura «sarebbe ripassata in quanto con Alessandro si sarebbe intrattenuta solamente cinque minuti», come dichiarò De Vito ai Carabinieri del Reparto Operativo l’8 agosto 1983. Ulteriore riprova di un’amicizia salda fino all’ultimo.

Ma allora perché nel 2011 De Vito la disconobbe? Di solito, si sminuisce o si mistifica la realtà quando c’è qualcosa da nascondere e si temono conseguenze. In poche parole, quando si ha paura. Ma è un processo che si compie nell’immediatezza del fatto. Qui invece è successo dopo ventotto anni. Come mai?

Osservando l’evoluzione investigativa della vicenda, si rileva come nel 2010 e nel 2011 la Procura chiese a De Vito anche dell’ignoto signore degli aperitivi, il quarantenne notato dalla madre di Mirella parlare a più riprese con lei e la figlia ai tavolini del Bar Italia salvo poi volatilizzarsi dopo la sparizione di quest’ultima. Ma Sonia negò anche questo episodio: «Non ho mai capito a quale persona facesse riferimento la madre di Mirella quando ha parlato di un uomo che lei avrebbe riconosciuto come persona che aveva visto spesso conversare con me e Mirella nel mio bar». La signora Arzenton rivide quell’individuo alla fine del 1985 nel corpo di vigilanza di Giovanni Paolo II mentre era in visita alla parrocchia di S. Giuseppe al Nomentano. Tutta questa storia fu portata a conoscenza degli inquirenti nel 1987 (quattro anni dopo i primi interrogatori a De Vito) e approfondita soltanto nel 1993 dalla giudice Adele Rando, anche se i suoi tentativi non riuscirono a dare un nome e un volto a quel soggetto.

Secondo un appunto del Sisde, pubblicato inedito da chi scrive, sempre De Vito nel bar di famiglia, il 26 ottobre 1983, disse a un’amica: «Lui ci conosceva […] quindi poteva fare quello che voleva. Come ha preso Mirella, avrebbe potuto prendere anche me visto che andavamo sempre insieme». Parole purtroppo dimenticate dagli inquirenti, ma eloquenti nel riferirsi a qualcuno di preciso. Perché, quando Sonia le pronunciò, si sapeva che Mirella Gregori era scomparsa, ma non chi fosse coinvolto. Per cui, ad attenderla a Porta Pia, avrebbero potuto esserci più persone o, ipotesi estrema, anche una donna. Dunque, perché Sonia disse «lui»? E perché specificò che conosceva entrambe? Non avrebbe potuto essere qualcuno a lei estraneo e che aveva messo gli occhi su Mirella perché l’aveva vista in un altro luogo, per esempio il bar di famiglia a via Volturno?

L’annotazione dei nostri 007 ci riporta ancora al Bar Italia. Dove si recavano anche persone di un altro ambiente frequentato da Mirella Gregori e però mai perlustrato: la parrocchia di S. Giuseppe al Nomentano. Sennonché, non appena negli atti dell’inchiesta è confluito un possibile anello di congiunzione tra questi due microcosmi, vale a dire l’ignoto signore degli aperitivi, con la storia di quest’ultimo divenuta di dominio pubblico (apparve per la prima volta sulla stampa nel 1993), ecco che Sonia, nel frattempo diventata adulta, ha preso a negare la sua amicizia con Mirella. È questo il motivo del suo voltafaccia? Oppure c’è altro? E invece: perché De Rosa rilasciò affermazioni contraddittorie sul rapporto tra Mirella e la fidanzata già nel 1983?

Spetterà a chi sta indagando sulla vicenda, rispondere a tutti questi interrogativi, che riaccendono i riflettori sull’ultima persona che parlò con Mirella Gregori: Sonia De Vito. Quando la cercai, lo scorso 23 maggio, mi rispose una voce maschile, che mi liquidò in pochi secondi e poi mi bloccò.

Un silenzio buono solo per aumentare il mistero.

tommaso.nelli@spazio70