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di Gianluca Falanga©
L’apertura degli archivi del Bundesnachrichtendienst (Bnd), il Servizio d’intelligence della Repubblica federale tedesca (Rft), relativamente al periodo (1945-1968) in cui fu diretto dal suo fondatore Reinhard Gehlen, ha consentito alla comunità scientifica di avere accesso a documenti che precisano le conoscenze sulle carriere postbelliche del personale degli apparati del terrore nazista. La presenza di veterani delle SS negli organi di sicurezza della Germania Ovest era cosa assodata da molto tempo, ma la documentazione originale dell’Organizzazione Gehlen ci ha fornito un quadro preciso e assai più grave di quanto immaginato: fino a metà degli anni Sessanta, almeno il 20% del personale del Bnd non solo proveniva dai criminali apparati repressivi del Terzo Reich (Reichssicherheitshauptamt, Gestapo, SS-Sicherheitsdienst, ma anche Waffen-SS e Geheime Feldpolizei), ma aveva partecipato a eccidi, «liquidazioni» di ebrei e altri crimini contro l’umanità.
Da contro, il Ministero della Sicurezza di Stato (Stasi) dell’altra Germania, la Repubblica democratica tedesca (Rdt), avrebbe rinunciato a reclutare nei propri ranghi i cosiddetti «esperti», vale a dire ex agenti nazisti, ma questo è vero solo in parte. Innanzitutto, nella prima generazione di funzionari della Stasi vi erano non pochi ex soldati della Wehrmacht selezionati dai sovietici nei campi di prigionia militare, dove nel 1945 si trovavano oltre tre milioni di soldati tedeschi catturati, per essere rieducati all’ideologia marxista-leninista in cosiddette scuole di antifascismo (la più importante si trovava a Krasnogorsk) e poi essere impiegati come quadri di polizia nella Germania occupata e amministrata dall’Armata rossa dopo la sconfitta. Fino al 1949 furono «rieducati» e preparati al rientro nella zona di occupazione sovietica della Germania circa 18.000 prigionieri militari tedeschi. Alcuni di questi fecero brillanti carriere nelle nomenclature della Rdt come funzionari del Partito, dirigenti di polizia e ufficiali della Stasi, per esempio il generale Rudi Mittig, che fu viceministro della Stasi e membro del Comitato centrale della Sed.
Si trattava ad ogni modo di elementi che non avevano partecipato a crimini efferati, i quali non erano considerati idonei a fare parte di un organo così elitario, ideologicamente quadrato ed essenziale per blindare il potere della dittatura comunista nonché per combattere la guerra fredda contro l’Occidente, quale era la Stasi. Diversamente si operò invece sul fronte del reclutamento e della gestione degli informatori. Di fronte all’esigenza di assicurarsi preziose informazioni da fonti confidenziali, l’etica e la dottrina dell’antifascismo di Stato della Rdt, che si professava la Germania migliore fra le due, perché dava la caccia ai responsabili dei crimini nazisti per punirli, a differenza della Rft che invece li integrava negli apparati dello Stato e nella classe dirigente, furono messe da parte oppure osservate in maniera molto selettiva. Nell’immediato dopoguerra, agenti reclutatori delle strutture informative della Sed, presenti e attive nelle zone di occupazione occidentali della Germania divisa, prima ancora che venisse costituita la Rdt (ottobre 1949) e fondata la Stasi (febbraio 1950), si misero alla ricerca di persone compromesse col nazismo, che cercavano di tenere nascosto i propri trascorsi negli anni del regime hitleriano e della guerra, per costringerle col ricatto a spiare in favore dei comunisti.
In funzione di interessi e calcoli differenti, entrambe le parti ovvero i Servizi segreti di entrambi gli Stati tedeschi contrapposti e concorrenti nella Guerra fredda, il Bnd (ma anche l’Agenzia per la protezione della Costituzione, l’intelligence interna del Governo di Bonn) e la Stasi, contribuirono a proteggere, sottraendole alla giustizia, figure direttamente responsabili dei peggiori crimini commessi dal regime nazista, consentendo loro non solo di farla franca ma anche di godersi una vita agiata e sostegno finanziario. Sul versante occidentale, Gehlen s’illuse di trovare nei veterani SS dell’apparato del terrore nazista non solo personale esperto, competente nel lavoro di intelligence, ma anche «patrioti» di ferma osservanza anticomunista. Fu un grave errore, perché l’anticomunismo si rivelò tutt’altro che una garanzia: gli ex agenti nazisti erano in molti casi pessime spie, ricattabili per il loro passato, noto al nemico (la maggior parte dei crimini nazisti era stata commesso nell’Urss e nei Paesi dell’Europa orientale, dove molti documenti abbandonati dalle forze tedesche in ritirata erano finite nelle mani degli apparati di sicurezza comunisti), ma soprattutto corruttibili, propensi a fare affari con tutti, comunisti compresi, vendendosi al migliore offerente, commerciando informazioni per soldi, necessità, per ostilità contro gli angloamericani o verso le istituzioni democratiche della Rft, qualche volta per vendicare torti, sgarbi e ingiustizie subiti.
Molti nazisti accolti nell’Organizzazione Gehlen si lasciarono reclutare come agenti doppi dalla Stasi, dal Kgb sovietico o dal Stb cecoslovacco, aprendo una falla nel sistema di sicurezza tedesco-occidentale e della Nato. Sull’altro versante, invece, quello della Rdt, l’interesse a servirsi di ex agenti nazisti per infiltrare gli apparati di sicurezza e governativi della Rft e per monitorare ciò che avveniva nei circoli del reducismo e dei gruppi neonazisti, mettendo in secondo piano le concrete responsabilità di quegli uomini, di fatto rese anche il regime comunista tedesco-orientale, a parole rigorosamente e inflessibilmente antifascista, complice dell’impunità assicurata ai carnefici. A dimostrazione di ciò parlano le vicende di due fra i principali responsabili dei crimini di guerra commessi dai nazisti nella Francia occupata: August Moritz e Hans Sommer.
Classe 1913, originario di Hannover, August Moritz iniziò la sua militanza nazista arruolandosi nel 1933 nelle SA, le camicie brune comandate da Ernst Röhm. Cinque anni dopo passò nelle SS e fece carriera nel Sicherheitsdienst (SD), il Servizio segreto delle SS, grazie al sostegno e alla protezione del suo mentore Helmut Knochen, dal 1940 al 1944 capo delle forze di sicurezza del Reich a Parigi. Al comando centrale dello SD a Berlino, Moritz lavorò prima sotto Franz Six, docente di scienze politiche e fanatico nazista, cui Reinhard Heydrich affidò il comando dell’Ufficio VII del Reichssicherheitshauptamt (RSHA), responsabile per la conduzione di studi e ricerche funzionali alla guerra ideologica e alla preparazione di operazioni contro gruppi sociali, minoranze e popoli «nemici». Più precisamente, Moritz si occupò fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale di massoneria (Ufficio VII B1). Quindi, fu assegnato alla sezione dell’Ufficio VI (spionaggio all’estero) preposta alle operazioni segrete in Francia, diretta dal tenente colonnello dello SD Heinrich Bernhard. Alla fine di giugno 1940, conclusa la campagna di conquista della Francia, il comandante Knochen formò un Sonderkommando che fu inviato a Parigi per impiantare reti informative sul territorio francese sotto occupazione della Wehrmacht.
Moritz fece parte di questa struttura fino all’estate 1942, quando lasciò lo spionaggio per andare a ricoprire il ruolo di vicecomandante delle forze di sicurezza del Reich, prima nella città di Orléans, poi a Marsiglia. In questo periodo partecipò attivamente alla deportazione di circa 40.000 ebrei, come si evince da uno scambio di lettere con Heinz Röthke, capo dell’Ufficio Affari ebraici della Gestapo a Parigi e insieme al suo predecessore in quella funzione, il capitano Theodor Dannecker, uno dei due principali responsabili per la cosiddetta «soluzione finale della questione ebraica» nella Francia occupata. I trasporti erano diretti al campo di internamento e transito di Drancy, terminale degli arresti e dei rastrellamenti di ebrei condotti su tutto il territorio francese e punto di partenza per le deportazioni nei campi di sterminio Auschwitz-Birkenau, Majdanek e Sobibor. Nell’autunno 1943, Moritz fu trasferito a Lione per fare il vice di Werner Knab, già capo della Gestapo a Oslo e Kiev, in qualità di comandante del Einsatzgruppe C responsabile dell’organizzazione di omicidi di massa di ebrei in Ucraina e dall’estate 1943 capo delle forze di sicurezza del Reich a Lione. Altro strettissimo collaboratore di Knab nel capoluogo sul Rodano era il capo della Gestapo Klaus Barbie, il famigerato «macellaio di Lione» per i barbari metodi coi quali faceva torturare i suoi prigionieri.
A Lione Moritz dirigeva la IV sezione, che si faceva carico dei rapporti con i collaborazionisti. Nello specifico, Moritz gestiva il Mouvement national antiterroristes (MNAT), organizzazione filonazista francese composta di criminali comuni, protettori di prostitute e membri della milizia fascista del regime collaborazionista di Vichy, che operava al soldo della Gestapo. Capo e fondatore del MNAT era Francis André, il più fedele torturatore al servizio di Barbie. Nei mesi di permanenza di Moritz a Lione, il comando di Knab organizzò numerosi eccidi di civili e fucilazioni di partigiani. Alla vigilia dello sbarco degli Alleati in Normandia, Moritz fu richiamato a Berlino per rilevare la direzione della scuola di addestramento degli agenti dello SD.
Dai fascicoli della Stasi apprendiamo che Moritz fu preso prigioniero dagli americani a Milano il 30 aprile 1945 e internato in un campo di prigionia militare. Lì fu interrogato dal Counter Intelligence Corps, agenzia di controspionaggio delle Forze armate statunitensi. Moritz riuscì a fuggire due volte. Un conoscente lo denunciò al Field Security Section britannico che lo arrestò e internò nel campo di Fallingbostel per estradarlo poi in Francia. Nella notte del 6 gennaio 1948 riuscì ancora a fuggire dal campo e, con l’aiuto di un amico che gli prestò documenti a nome Dr. Rolf Müller, si stabilí ad Amburgo. Lì prese contatto con l’Unione dei perseguitati dal nazismo, organizzazione dominata dai comunisti, i quali non riconoscendolo gli diedero un lavoro all’archivio del loro organo di stampa ufficiale. Il presidente dell’Unione lo mise in contatto con emissari del Servizio informativo della Sed, una struttura che nel 1951 fu affidata al comando di Markus Wolf e confluì successivamente nella Hauptverwaltung Aufklärung (HVA), l’agenzia di spionaggio della Rdt, incardinata nella Stasi.
Nella Rft da poco costituitasi (maggio 1949) il cancelliere Adenauer lavorava alla cosiddetta Westbildung della Rft, la piena integrazione politica, economica e militare dello Stato tedesco-occidentale nel blocco occidentale. Questa politica non incontrava il favore di tanti veterani nazisti, ostili alla democrazia, al liberalismo e agli americani. Anche il Cremlino e di conseguenza il regime comunista della Rdt osteggiavano l’integrazione di Bonn nella Nato, così lo spionaggio tedesco-orientale riconobbe in esponenti della destra radicale tedesca orfana e nostalgica del Terzo Reich e in opposizione ad Adenauer una sponda per lavorare contro la Westbindung della Rft e cercò di sfruttare questa convergenza di interessi per reclutarne il più possibile come informatori e agenti provocatori. August Moritz era uno di questi.
Nell’estate 1950, l’agente comunista Bruno Korthaus, nomi in codice «Max» e «Menzel», lo prese nella sua rete di spionaggio col nome in codice «Kornbrenner». Dopo alcuni mesi, Korthaus, che aveva notato alcune contraddizioni nella biografia del suo informatore, lo costrinse a confessare chi era veramente. Moritz riconobbe la sua appartenenza alle SS e spiegò di stare cercando protezione dai francesi che lo volevano imprigionare. Korthaus decise di non interrompere la collaborazione. Moritz ricambiò ingaggiando come confidenti altri suoi ex camerati e altre persone a loro collegate, ben inserite in diversi settori della società tedesco-occidentale. Fra questi c’era Uwe Wehlen alias «Tom», ex SS e collaboratore dello SD, Leo Schulz alias «Rabe», austriaco, ex maggiore delle SS ancora in contatto con molti veterani dello SD, Arnold de Lannoy alias «Hof», fiammingo, studente fascista e spia dello SD in Belgio nonché reduce della Legione fiamminga delle Waffen-SS. Moritz operava sotto la copertura di collaboratore dell’Istituto tedesco di Storia contemporanea di Berlino Est, istituzione statale della Rdt che si occupava di contropropaganda contro l’Ovest e fungeva da copertura per gli agenti operativi nella Rft. Moritz fornì alla Stasi/HVA informazioni sulla «Fratellanza» e i suoi legami con l’Opera evangelica ad Amburgo e poi sulle attività di vari gruppi neonazisti e nazionalisti. Dietro la «Fratellanza» si celava un movimento di ex ufficiali della Wehrmacht, dirigenti SS e funzionari del disciolto Partito nazista, che ambivano a conquistare rilevanza politica soprattutto nel nord della Germania. Moritz stesso e molte delle sue fonti erano membri della «Fratellanza».
Nella primavera 1951, Korthaus cedette la gestione della cellula spionistica che faceva capo a Moritz al suo sostituto Gerhard Leo alias «Paul», figlio di un avvocato ebreo socialdemocratico fuggito a Parigi per le persecuzioni, partigiano francese decorato per meriti in battaglia. Secondo la testimonianza di Markus Wolf, fu la comprensibile avversione di Leo verso Moritz a provocare la fine del rapporto confidenziale. Il quadro complessivo suggerisce tuttavia che fu Wolf a sospettare Moritz e la sua rete di lavorare come doppi agenti del Bnd. Infatti, Moritz e la sua cellula spionistica erano effettivamente finiti nel mirino del controspionaggio di Gehlen e furono arrestati nel maggio 1952. Nel dicembre 1953, si aprì il primo grande processo per alto tradimento davanti all’Alta Corte federale della Rft, imputati Moritz, Arnold Delannoy e Uwe Wehlen, tutti identificati come spie della Rdt. Al processo vennero portati alla luce alcuni dettagli scabrosi sulla collaborazione di ex nazisti con lo spionaggio tedesco-orientale. Secondo Wolf, questo confermava il sospetto che dietro Moritz vi fosse una trappola, una provocazione degli avversari occidentali per fare il pubblico processo allo spionaggio comunista.
Moritz fu condannato a 4 anni di carcere, di cui ne scontò tre. Le sue gravi responsabilità nei crimini nazisti commessi in Francia durante la guerra rimasero in gran parte sotto silenzio, circostanza che gli consentì di portare avanti i suoi rapporti confidenziali con l’intelligence della Rdt. Fino agli anni Settanta, Moritz visse indisturbato ad Amburgo, protetto dalla fama di attivista pacifista nei circoli della sinistra extraparlamentare cittadina. Nel 1973, i «cacciatori» di nazisti Serge e Beate Klarsfeld riuscirono a individuarlo nel quartiere di Sankt Pauli e lo convinsero a concedere loro una intervista, nella quale Moritz negò di avere conosciuto Barbie. I Klarsfeld resero pubblici i risultati delle loro investigazioni sui crimini ai quali aveva contribuito Moritz negli anni della guerra. In Francia aveva due condanne a morte pendenti dal 1954 emesse dai tribunali militari di Marsiglia e di Lione. Dal 1967 era in corso un’indagine della Procura speciale per i crimini nazisti di Ludwigsburg per sospetto concorso in omicidio: era accusato di avere partecipato all’organizzazione della deportazione degli ebrei francesi nei campi di sterminio. L’inchiesta fu archiviata nel 1970 dalla Procura di Amburgo. Come avvenne anche con altre indagini della magistratura, non si riuscì a provare che era stato consapevole della meta delle deportazioni.
Il suo fascicolo rimasto negli archivi della Stasi, che copre il periodo dal 1954 al 1968, è contenuto in ben 21 raccoglitori di diverse centinaia di pagine ciascuno. Sono faldoni che offrono uno straordinario affresco della neonata Rft, nella fattispecie dei movimenti delle cordate di ex camerati nazisti che si organizzavano e proteggevano a vicenda, cercando di riottenere influenza nel nuovo ordinamento democratico della società tedesca postbellica. Nato nel 1914 nella regione settentrionale dello Schleswig-Holstein, Hans Sommer divenne membro della Gioventù hitleriana nel 1930, si arruolò nelle SS nel 1932 e si iscrisse al Partito nazista nel 1933. Come giovane ufficiale, fu assegnato al comando dello SD a Kiel. Durante l’addestramento alle armi nel 1936-38 conobbe Otto Somann, allora dirigente dello SD a Liegnitz, in Bassa Slesia, successivamente alto funzionario dello SD col grado di generale delle SS, condannato ai processi di Dachau per crimini di guerra, dal 1951 al 1953 dirigente dell’Organizzazione Gehlen a Brema, corteggiato fino alla sua morte improvvisa nel 1956 dalla Stasi, che voleva ingaggiarlo come informatore a tutti i costi. Insieme a Somann, Sommer fu assegnato al comando SD a Breslau e, nell’autunno 1938, partecipò all’occupazione dei Sudeti. L’anno successivo fu richiamato al comando centrale dello SD a Berlino, dove operò fino all’aprile 1940 nell’ufficio responsabile per le operazioni di spionaggio in Francia.
Con l’inizio della campagna di Francia, fu arruolato anche lui, come August Moritz, nel Sonderkommando diretto da Helmut Knochen e mandato a Parigi per organizzare il Comando delle forze di sicurezza del Reich nella capitale francese. Fu operativo per lo SD nel settore degli «affari ebraici» e della «soluzione finale della questione ebraica» in Francia, diventando così uno dei principali esecutori della Shoah in Francia insieme ad Herbert Hagen, Kurz Lischka e Ernst Heinrichsohn. Sin dall’estate 1940 partecipò alla caccia agli ebrei, per identificarli e registrarli. Su disposizioni di Knochen, prese contemporaneamente contatto con i gruppi separatisti baschi, corsi e bretoni per consolidare il regime di occupazione nazista e reclutare collaborazionisti. Ugualmente fece con i collaborazionisti francesi di estrema destra di vari gruppi, il più importante dei quali era la Cagoule (altrimenti nota come Organisation secrète d’action révolutionnaire nationale o Comité secret d’action révolutionnaire), organizzazione terroristica fascista che negli anni Trenta aveva agito per rovesciare la Terza repubblica. Forte di circa 7000 militanti solo a Parigi, con lo scoppio della guerra i cosiddetti cagoulard si erano divisi, alcuni entrarono in vari movimenti fascisti francesi fiancheggiatori dei tedeschi, altri assunsero incarichi nel governo collaborazionista di Philippe Pétain. Il capo della Cagoule e Nizza, Joseph Darnand, divenne capo della Milice française, formazione paramilitare di Vichy che combatté la Resistenza francese e fece rispettare le politiche antisemite (prestò giuramento di fedeltà a Hitler, ebbe un rango nelle Waffen-SS e fece da ufficiale di collegamento fra la Cagoule e il SIM, il Servizio segreto militare dell’Italia fascista). Hans Sommer reclutò molti membri della Cagoule e delle altre milizie come informatori dello SD. Col loro aiuto riuscì ad allacciare rapporti coi nazionalisti arabi per impiantare una rete di spionaggio in Nordafrica, operazione decisa dal comandante delle SS Walter Schellenberg, divenuto capo dello spionaggio all’estero nazista nell’autunno 1941.
L’operazione più delicata alla quale partecipò Sommer furono gli attentati alle sinagoghe parigine della notte del 3 ottobre 41, un’infame campagna terroristica ideata per impressionare l’opinione pubblica francese. Traendo ispirazione dai pogrom del novembre 1938 («notte dei cristalli»), si voleva mettere in scena un’ondata di rabbia antiebraica della popolazione francese. Sommer organizzò l’arrivo da Berlino dell’esplosivo. Con la complicità di militanti del Mouvement social révolutionnaire, fondato nel 1940 da Eugéne Deloncle, ex dirigente fondatore della Cagoule, furono fatte esplodere sei bombe, che causarono molti danni e feriti. La cosa scatenò un conflitto fra lo SD e i vertici della Wehrmacht. Sommer fu richiamato a Berlino e punito, anche per avere rivelato in stato di ubriachezza di avere partecipato all’azione. Schellenberg, che cercò di proteggerlo, lo inviò all’inizio del 1942 al consolato generale tedesco a Marsiglia come semplice funzionario di polizia presso il regime di Vichy. Rimase a Marsiglia fino all’agosto 1944, poi in ritirata si spostò a Sanremo. Dopo la capitolazione delle forze tedesche in Italia, fuggì insieme a suoi agenti in Spagna e fu arrestato dagli americani, che lo portarono in Germania per interrogarlo presso il centro d’intelligence di Oberursel, vicino Francoforte. Venne poi estradato in Francia, dove riuscì a ottenere una pena modesta dal tribunale di Marsiglia grazie alla testimonianza di un avvocato, il cui figlio Sommer aveva fatto rilasciare da un campo di concentramento durante la guerra. Tornò in Germania, ad Amburgo, nel 1950 e riuscì a entrare subito nell’Organizzazione Gehlen in virtù della sua esperienza nello spionaggio. Ma il suo passato non lo abbandonava.
Quando a fine luglio 1954 entrò in contatto con la Stasi, Sommer era stato allontanato da Gehlen da quasi un anno. Era stato messo alla porta perché elemento scomodo. La sua delusione, la sua rabbia per essere stato tradito dal Servizio di Gehlen e soprattutto il bisogno acuto di soldi aiutarono la Stasi a convincerlo a lavorare per loro. A metterlo in contatto con Berlino Est fu Ernst-Jochen Schwarzwäller, anche lui ex agente SD e spia della Stasi dal 1953 fino al 1959, quando per timore di essere finito nel mirino del controspionaggio Bnd (lo era davvero), riparò nella DDR, portando con sé molti documenti riservati sottratti dall’ufficio del capo del distaccamento Bnd di Amburgo (diretto superiore di Sommer) Frank Göring. A preparare e dirigere l’operazione di reclutamento di Hans Sommer furono il capo dell’amministrazione distrettuale della Stasi a Berlino, generale Hans Fruck, e il capo del controspionaggio, il colonnello Josef Kiefel, col permesso del viceministro Erich Mielke. Insomma: a reclutare un criminale di guerra, carnefice della Shoah, furono tre comunisti tedeschi di lunga militanza: Fruck era stato attivo nella resistenza antinazista in una formazione di ebrei comunisti attiva a Berlino fra il 1936 e il 1942; Kiefel, operaio comunista bavarese, era emigrato nell’Urss nel 1931, aveva combattuto con l’Armata rossa e come partigiano e agente segreto del NKVD sovietico nella Polonia occupata dai nazisti; Mielke veniva invece dall’apparato paramilitare del Partito comunista tedesco, era fuggito nell’Urss dopo avere assassinato due poliziotti a Berlino, era stato commissario politico sovietico in Spagna durante la guerra civile e poi militante comunista in clandestinità in Francia, Belgio e Germania negli anni della Seconda guerra mondiale.
La lunga collaborazione di Sommer con la Stasi fu oltremodo lucrativa per l’ex agente nazista, il suo gestore, il maggiore Helmut Träger, lo pagava profumatamente: dal 1954 al 1960 gli fece pervenire circa 190.000 marchi dell’Ovest. Ma anche la Stasi ne trasse grande profitto. Sommer alias fonte «Rumland» fornì in quantità considerevole e di qualità sopra la media informazioni sull’organizzazione e il personale dei Servizi segreti della Germania Ovest, in special modo informazioni preziosissime per mettere fuori uso il controspionaggio occidentale, come documenti originali contenenti elenchi di informatori della Stasi nella Rft e dossier indirizzati a Gehlen sull’organizzazione clandestina della Stasi e dell’apparato informativo e paramilitare clandestino del Partito comunista tedesco (vietato nel 1956 ma riorganizzato in clandestinità con l’aiuto della Rdt) in Germania Ovest. Nel complesso, oltre 2200 pagine di documenti originali. Anche i suoi contatti operativi francesi e parigini interessarono particolarmente la Stasi, mentre fu consentito a Sommer di tacere dei crimini che aveva commesso. Agli ufficiali della Stasi raccontò che il suo lavoro in Francia era stato limitato alle sole operazioni di spionaggio. Dal canto suo, la Stasi si guardò bene di rivelare a Sommer che alcuni dei suoi camerati, divenuti agenti di Gehlen, che menzionava erano spie del Kgb.
Sommer fornì anche moltissime info sul complesso Rote Kapelle («Orchestra rossa»), nome dato dalla Gestapo ai gruppi della resistenza antinazista durante la guerra, presumendo fossero tutti diretti da Mosca. Nel dopoguerra era divenuta una leggenda cui molti Servizi segreti occidentali credevano, ritenendo come faceva Gehlen che pezzi della fantomatica organizzazione di resistenza e spionistica comunista fossero ancora operativi. Hans Sommer conservava ancora molti contatti con membri dello SD-Sonderkommando di Parigi, per esempio con Rolf Richter, torturatore di agenti nemici e partigiani arrestati, e il suo capo Heinrich Reiser. Quest’ultimo, già dirigente della Gestapo, aveva comandato a Parigi il Sonderkommando Rote Kapelle, una struttura speciale incaricata di dare la caccia alle spie sovietiche e alle reti di militanti comunisti clandestini. Nonostante fosse direttamente responsabile per la tortura sistematica dei prigionieri ed esecuzioni sommarie di lavoratori forzati sovietici, fu reclutato nel 1950 dall’Organizzazione Gehlen e assegnato al distaccamento del controspionaggio denominata Generalvertretung L a Karlsruhe, un autentico covo di ex funzionario della Gestapo e dello SD, voluti da Gehlen, che ambiva a dare alla sua agenzia funzioni di polizia segreta (ma gli Alleati intervennero a impedirlo).
Conteso dai Servizi britannici e dal CIC americano, Reiser sviluppò per Gehlen l’azione «Fadenkreuz», un vasto e paranoico programma di schedatura illegale con operazioni per individuare nella società tedesco-occidentale le «quinte colonne» sovietiche. In questo contesto, Reiser aveva scelto Sommer come agente da infiltrare nella redazione dell’emittente radiotelevisiva pubblica NWDR per stanare eventuali infiltrati e fiancheggiatori filosovietici. Quando ne apprese, la Stasi chiese a Sommer di muoversi per sapere di più di Reiser e dell’azione «Fadenkreuz».
Nel gennaio 1955, gli incontri di Sommer col suo gestore della Stasi furono sospesi per ragioni di sicurezza, ma la comunicazione fu portata avanti a distanza attraverso un corriere, evidentemente la fonte era considerata preziosa. Nell’autunno 1956 Sommer si trasferì per ragioni di affari e per la sua sicurezza a Brescia. Vi sono indizi che, effettivamente, in quel periodo aveva addosso il controspionaggio di Gehlen e quello britannico. A Brescia fondò un’impresa che gli serviva a mascherare i suoi introiti dal lavoro di informatore. Come direttore commerciale poteva inoltre viaggiare nella Rft e mantenere contatti con vecchi camerati, amici e colleghi. Per conto della Stasi fece anche visita a sue vecchie conoscenze dai tempi della guerra che, nel frattempo, in Francia avevano fatto carriera di imprenditori e politici con una certa influenza. Su richiesta della Stasi, seminò fra questi false informazioni circa esperti militari americani infiltrati nel Marocco spagnolo per addestrare i nazionalisti algerini contro la Francia.
L’obiettivo di questa disinformazione era creare tensioni e diffidenza in Francia e nel blocco occidentale. In Italia contattò invece Karl Hass, fra i responsabili dell’eccidio delle Fosse ardeatine del marzo 1944, che lavorava per diverse agenzie occidentali. Sia in Francia che in Italia, Sommer intrattenne rapporti con ex agenti dello SD coinvolti in traffici illegali di armi, falsari, contrabbandieri e criminali comuni. Ripetutamente chiese alla Stasi se fosse di loro interesse infiltrarlo in quegli ambienti. Nel 1957 propose addirittura di vendere droghe nelle basi europee dell’esercito americano per fiaccarne il potenziale di combattimento. La Germania orientale avrebbe dovuto fornire ai trafficanti francesi cocaina, eroina e marijuana in cambio di valuta occidentale. Gli ufficiali della Stasi verificarono, consultarono i sovietici e poi rifiutarono la proposta, evidentemente non convinti dell’efficacia di questo metodo di guerra non ortodossa, possibile che furono i sovietici a esprimere parere contrario.
Sommer fu soprattutto prezioso per infiltrare e neutralizzare le operazioni dell’Organizzazione Gehlen/Bnd. Collaborando strettamente coi compagni del Kgb, gli ufficiali della Stasi potevano verificare la qualità delle informazioni fornite da Sommer mettendole a confronto con quelle fornite dalle numerose talpe del Servizio sovietico nel Bnd. Tali verifiche incrociate permisero di arrivare, nella primavera del 1958, all’identificazione sicura di una quantità di fonti del Bnd e del Verfassungsschutz sul territorio della Rdt, con conseguente arresto di quattro di queste, si svolsero indagini su più di 800 persone e furono stanate anche una serie di spie doppie dirette dal Bnd. Intanto Sommer, cambiato il suo nome di copertura in «Seemann», continuò a fornire materiali e informazioni che servivano ai propagandisti e disinformatori della Rdt per lanciare campagne di stampa che dovevano documentare la tesi del regime, secondo la quale la Rft sarebbe stato uno Stato fascista che portava avanti la tradizione militarista tedesca e dove si conservava l’ideologia nazista. Sommer indicò ben 132 nomi di ex «uomini di Himmler» in posizioni di responsabilità nelle istituzioni civili e militari della Rft, autorizzando la Stasi a renderne pubblici una ventina.
Hans Sommer costava caro, nell’agosto 1960 il colonnello Kiefel preferì metterlo in ghiaccio, riattivalo solo nella primavera 1963, ma allora, dopo il clamoroso arresto della spia sovietica nel Bnd Heinz Felfe nel 1961, la Stasi aveva ordinato di sospendere tutti i contatti con gli ex agenti dello SD. Nel 1965, Sommer avvisò Berlino Est che la polizia di Kiel stava indagando su di lui. L’ultimo incontro col suo gestore data 1968. Tre anni dopo, il suo dossier fu definitivamente archiviato presso l’archivio centrale a Berlino, nel deposito dei fascicoli «bloccati» per via della loro particolare sensibilità. Sommer sarebbe morto a Brescia nell’autunno 1987.